
Il Miur ha deciso di indire delle simulazioni delle due prove scritte, in modo che i ragazzi che dovranno affrontare la Maturità possano entrare in confidenza con le nuove prove dell'esame di Stato 2019.
Oggi noi di Skuola.net seguiremo passo passo la seconda simulazione di prima prova maturità 2019 del 26 marzo.
Soluzione simulazione maturità 2019: tipologia B traccia Trieste e 4 Novembre (Prima Guerra Mondiale)
Qui di seguito troverete la soluzione alla terza traccia della tipologia B su Trieste e il 4 Novembre (Prima Guerra Mondiale) che i nostri tutor hanno svolto in modo da aiutarvi a confrontare i nostri risultati con quelli che avete ottenuto voi in classe.Qui invece trovate la terza traccia del testo argomentativo simulazione maturità 2019.
ESEMPIO TIPOLOGIA B - ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO Paolo Rumiz, L'eredità del 4 novembre. Cosa resta all'Italia un secolo dopo la vittoria, La Repubblica, 2 Novembre 2018
Soluzione a cura di
Angela Giuliano
Insegnante di Italiano su Skuola.net Ripetizioni
La diversità è un diritto, la diversità è una ricchezza
Quale significato della Prima Guerra Mondiale l’autore vede nel mutamento del nome della principale piazza di Trieste dopo il 4 novembre 1918? Con quali altri accenni storici lo conferma?
Il cambiamento della toponomastica che racconta di un’Unità specificamente italiana è il primo gesto di forza con cui viene tracciata un’idea di Nazione che non tiene conto della pluralità etnica rimuovendola e relegandola ai confini storici e geografici. La carica di questa forzatura prende forma anche nella lingua al punto che durante il periodo fascista centinaia di migliaia di famiglie si videro cambiati i cognomi per decreto, poiché il tedesco e lo sloveno divennero lingue proibite.
In che cosa consisteva la «"diversità" triestina» alla fine della guerra e come venne affrontata nel dopoguerra?
Alla fine della guerra Trieste da città plurinazionale, crogiuolo e crocevia di culture si ritrova ad essere arcipelago di isole culturali e nazionali chiuse ognuna nel proprio nazionalismo, nutrendosi di una diffidenza che ha la violenza come conseguenza inevitabile. Del resto la fine della guerra a Trieste non è altro che un episodio di una lunga storia di scontri fra nazionalità che si erano sviluppati dopo il 1848 in tutta l’Europa. Nel novembre del 1918 finisce la guerra ma prendono forma le aspirazioni della stragrande maggioranza di cittadini che vivevano in una città reclamata fin dalla fine del XIX secolo per la presenza maggioritaria di una popolazione italiana. La conquista di Trieste, così come quella di Trento, legittimano una rivendicazione italiana di diversi decenni che si basava sulla logica dell’applicazione di un principio di nazionalità. La maggioranza degli 220 mila Triestini erano infatti italofoni e molti favorevoli all’Italia. Molti giovani erano passati clandestinamente nell’esercito italiano, con il rischio di trovarsi a combattere contro i propri familiari o contro vicini di quartiere appartenenti alla minoranza slovena. Ne consegue, inevitabilmente, una convivenza forzata con le minoranze slave e croate che rende fertile al fascismo il terreno per reclutare nuovi adepti e creare nuovi nemici da combattere. Basti pensare che già il 3 aprile 1919, a pochi giorni di distanza dalla fondazione dei Fasci di piazza San Sepolcro a Milano, avvenuta il 23 marzo 1919, venne creata la sezione triestina. La violenza nei confronti delle minoranze slave e delle classi lavoratrici furono giustificate in nome di una “difesa nazionale” che voleva cancellare un passato considerato spurio in nome della purezza della razza italica.
Quali sono le cause e le conseguenze delle «memorie divise» nella storia di Trieste dopo la Prima Guerra mondiale?
Le rivendicazioni unitarie delle diverse nazionalità danno luogo a tutta una serie di azioni che hanno come unico comune denominatore la forzatura in nome di un’idea di patria che non tiene conto della straordinaria importanza della multietnicità. Esemplari sono, in tal senso, l’italianizzazione forzata imposta dal regime fascista a cui fanno da contraltare le pesanti esazioni perpetrate dalle truppe di Tito nei 43 giorni di occupazione di Trieste, del maggio-giugno 1945. La frammentazione geografica ed identitaria, la forzatura nella definizione di nuovi confini territoriali e mentali se da un lato ha rafforzato un senso di appartenenza dall’altro ha certamente alimentato un sentimento schizofrenico. Il risultato è lo sconcerto nel sentir pronunciare parole in sloveno miste a frasi italiane da parte di persone dalla cittadinanza italiana ma sloveni. Quasi come se fosse per loro una vergogna.
Perché secondo l’autore è importante interrogarsi sulla Prima Guerra Mondiale oggi, un secolo dopo la sua conclusione?
La necessità di interrogarsi sulle vicende del passato urge in ogni presente. Nel caso specifico la riflessione è necessaria alla luce dell’attuale situazione geopolitica che alzando muri con politiche di respingimento crea confini mentali e culturali che fomentano una distorta idea di alterità e preparano pericolosamente il terreno al ripetersi di vicende il cui verificarsi dovrebbe fornirci gli strumenti per permettere che non accada più.
Quale significato assume l’ammonimento «Le fanfare non bastano più», nella conclusione dell’articolo?
L’ammonimento è chiaro e categorico: non dimenticare cosa una guerra comporta, cosa la storia insegna. Le fanfare non bastano più ed è necessario aprire gli occhi su quello che ci accade attorno. Posare le fanfare e dare fiato ad un’ideale di nazione umana che non ha confini né categorie.
Il valore che si può riconoscere al primo conflitto mondiale è quello di aver dimostrato cosa la devastazione e la frammentazione comportano: un allontanamento dalla natura degli esseri umani che, come affermava Aristotele, sono “animali sociali” e che per sopravvivere hanno quindi bisogno di una cooperazione fondata sulla reciprocità e sul rispetto della diversità.
Questo deve essere l’antidoto al progressivo “sprofondamento nell’amnesia” a cui assistiamo tutti i giorni. Ricordare ed essere consapevoli del fatto che per natura non siamo fatti per vivere entro i confini.
Produzione
Il valore che si può riconoscere al primo conflitto mondiale è quello di aver dimostrato cosa la devastazione e la frammentazione comportano: un allontanamento dalla natura degli esseri umani che, come affermava Aristotele, sono “animali sociali” e che per sopravvivere hanno quindi bisogno di una cooperazione fondata sulla reciprocità e sul rispetto della diversità. Questo deve essere l’antidoto al progressivo “sprofondamento nell’amnesia” a cui assistiamo tutti i giorni. Ricordare ed essere consapevoli del fatto che per natura non siamo fatti per vivere entro i confini. La guarigione dalle ferite rimosse passa per l’integrazione di queste. E l’integrazione avviene attraverso l’educazione. Smettere quindi di parlare di “triestini veraci”, non alimentando polemiche sempre attuali - a distanza di tanto tempo - sul numero delle minoranze. Secondo alcune stime del ministero dell’Interno sarebbero circa 60-70 mila coloro che parlano sloveno o dialetti sloveni in Italia ma sono numeri che vengono utilizzati per rivendicare eccessive concessioni di diritti rispetto alla presenza sul territorio mentre altro canto la parte slovena lamenta la scontrosità italiana alimentando un clima di ostilità.
Smettere quindi di utilizzare termini come “sciavo” per indicare, indiscriminatamente, tutto coloro che abitavano l’ex Jugoslavia. Un termine entrato nella consuetudine linguistica dei triestini che non sono consapevoli della valenza negativa del termine. Laddove anche la lingua crea confini bisogna creare ponti. L’esperienza di Trieste allora diventa così emblematica nella giusta accezione perché può ricordarci come la convivenza con l’alterità può essere fonte di ricchezza se si getta lo sguardo al di là di confini che producono realtà desolanti. Paolo Rumiz dice che «l’Italia, sappiatelo, finisce a Mestre. Solo che da lì non comincia l’efficienza mitteleuropea. Sul binario per Trieste cominciano i Balcani […] ti avvicini alla Jugoslavia-che-non-c’è e i vagoni già sferragliano come a Bucarest, arrivano vuoti in una Trieste che pare capolinea sul nulla». Dalla Storia, da questa storia, dovremmo imparare a fare di questa città, di ogni città, un porto che storicamente è sempre stato un luogo di accoglienza e scambio. Nonostante le contraddizioni del passato e le incertezze del futuro è di vitale importanza cogliere in un presente schizofrenico i germi per la costruzione di una storia italiana ed europea che faccia tesoro di una guerra che ha portato ad un’unità nazionale ma non a quella umana.
Simulazione prima prova 26 marzo 2019: le tracce della simulazione
Le simulazioni stabilite dal Miur per aiutare i maturandi e i loro professori a familiarizzare con le prove saranno quattro in tutto, due dedicate alla prima prova scritta e due dedicate alla seconda prova scritta, simili quanto più possibile alle prove che i ragazzi dovranno affrontare a giugno 2019 durante il nuovo esame di Maturità 2019. Le date delle due simulazioni di prima prova scritta sono il 19 febbraio e il 26 marzo, mentre le simulazioni delle due seconde prove scritte si svolgono il 28 febbraio e il 2 aprile 2019. Tutte e quattro le simulazioni saranno seguite da tutto il team di Skuola.net che pubblicherà le tracce, le soluzioni i consigli e ogni informazioni e news utile.
Testo argomentativo prima prova 2019: ecco come svolgerlo
Il saggio breve, che ormai era uno dei capisaldi del vecchio esame di Maturità è stato sostituito dal nuovo arrivato: il testo argomentativo. Ma non lasciatevi impaurire dalla novità, questo nuovo testo non è così difficile come sembra, ecco perché noi di Skuola.net abbiamo deciso di scrivere una guida con le istruzioni d’uso del testo argomentativo:Dopo aver dato un’occhiata d’insieme alle tre tracce proposte, scegliete l’argomento sul quale vi sentite più preparati, iniziate quindi a leggere il testo con molta attenzione e cura, più volte se necessario e sottolineando i passaggi che vi possono essere utili per costruire il vostro elaborato.
Una volta che vi sarete fatti un’idea chiara dell’argomento, del mondo in cui intendete trattarlo, le tesi che volete esporre e le conclusioni alle quale volete giungere tramite il vostro eleborato, allora è giunto il momento di mettere tutto per iscritto. Non iniziando a scrivere il testo vero e proprio, ma iniziando a buttar giù la scaletta che indicherà l’ordine in cui intendete procedere.
Ora sarete pronti per costruire il vostro testo argomentativo. Ricordate sempre che è bene cominciare con una breve introduzione dell’argomento in questione, dove poter esporre una presentazione della traccia. Subito dopo potrete dare il via alla vostra tesi: il vero corpo del vostro testo argomentativo. Quindi fate ben attenzione a non essere ripetitivi, siate efficaci, evitando inoltre di essere troppo prolissi nel comunicare il vostro pensiero. Avrete carta bianca per sostenere la vostra posizione con esempi, esperienze personali e naturalmente anche prendendo anche spunto dal testo della traccia scelta. A questo punto vi consigliamo anche di proporre un antitesi o una confutazione, così da mettere in evidenza ciò che secondo voi c’è di sbagliato nella controparte, per valorizzare ancora di più le vostre posizioni. Infine non vi rimane che concludere il testo, ma nel farlo non dimenticate di proporre un riassunto del vostro trattato, così da chiarire una volta per tutte le idee che avete in merito e per mostrare risultato della vostra riflessione.