In un articolo di un quotidiano nazionale si suggeriva, con diverse motivazioni, l’introduzione a scuola del gioco degli scacchi, sino dalle elementari. Si sosteneva che aiuta gli allievi a trovare strategie risolutive nelle situazioni che il gioco prospetta. Mi sta bene.
Indice
- La Didattica Tradizionale e le Difficoltà nell'Approccio ai Problemi
- L'Importanza della Geometria e del Problem Solving
- L'Assiomatica a Base Metrica e la Geometria Modifica
- L'Introduzione dei Numeri Complessi e le Loro Applicazioni
- La “derivata” prima delle derivate.
- Teorema di Fermat
- Teorema di Lagrange
La Didattica Tradizionale e le Difficoltà nell'Approccio ai Problemi
Quello che non sta bene è che la nostra scuola non è strutturata per abituare i giovani a scoprire strategie risolutive, com’è evidente nei libri di testo che sono aridi, formali, non coinvolgenti.Solo da qualche anno, nella Prova scritta di Matematica degli Esami di Stato dei Licei Scientifici, si è avviata l’introduzione dell’aspetto problematico nei temi presentati. Ma il problem solving, cioè la didattica per problemi, deve essere un’attività sistematica, da iniziare subito. Invece, purtroppo, di solito si prendono le mosse da definizioni astratte e perciò poco “problematiche” per i giovani.
È consuetudine premettere alle equazioni molto, troppo calcolo, mentre equazioni (e disequazioni) elementari di primo grado potrebbero essere introdotte partendo da problemi della vita reale. E non si tiene conto del fatto che, laddove lo studio della fisica comincia al primo anno, le equazioni sono utilizzate, senza avere chiarito in modo appropriato l’importanza dell’applicazione dei due principi d’equivalenza (che si possono far capire con l’esempio della bilancia a bracci uguali). Inoltre i grafici sono utilizzati dagli insegnanti di fisica, che ne hanno necessità, senza avere fatto maturare i concetti che ne sono alla base.
In genere si è colpevolmente trascurata - quasi eliminata - la geometria, ricca di situazioni problematiche. Molte di esse si possono presentare a partire da problemi concreti per risolvere i quali l’allievo può essere coinvolto opportunamente nel prospettare strategie risolutive. E ciò sia per quanto riguarda i teoremi da dimostrare, sia per quel che si riferisce all’aspetto applicativo. Inoltre, senza un consistente substrato geometrico gli efficaci mezzi della geometria analitica diventano una serie di formule prive di contenuto.
E ancora, con qualche rara eccezione, non si attua l’interdisciplinarità tanto sbandierata.
Quanto segnalato suggerisce, a mio avviso, di modificare, in modo sostanziale, la nostra impostazione didattica e l’impianto dei libri di testo.
Sarebbe opportuno, qualunque sia l’argomento da introdurre:
- inserirlo nel contesto storico-culturale che gli è proprio (fonte di suggestioni per i giovani);
- prendere le mosse da un problema concreto o astratto;
- coinvolgere i giovani anche nelle dimostrazioni dei teoremi, proposti spesso come problemi;
- prospettare diversi ambiti di utilizzo, sia applicativi sia teorici.
L'Importanza della Geometria e del Problem Solving
Per la geometria in particolare l’assiomatica abituale, quella di Euclide-Hilbert, è molto pesante –ventuno proposizioni – che sarebbe opportuno non infliggere sino dall’inizio. Non si tiene conto del fatto che né gli Elementi di Euclide né la loro revisione critica I fondamenti della geometria di Hilbert, che colmava le lacune degli Elementi, sono stati concepiti come libri di testo scolastici.Inoltre né l’uno né l’altro suggeriscono strategie di risoluzione: in nessuna parte si fa cenno all’intuizione, alle analogie o a congetture che possano aiutare a trovare un metodo risolutivo, come invece si legge ne Il Metodo dell’insuperato Archimede, che di queste cose, forse!? s’intendeva.
In aggiunta, come veniva segnalato già nel Congresso internazionale di Cagliari del 1982:
- A quattordici anni non si ha la maturità sufficiente per comprendere bene il concetto di assioma (e di metabolizzarne ventuno).
- La strutturazione delle conoscenze in teorie organiche deve essere l’obiettivo finale di tutta l’attività didattica, ma non ne può costituire in alcun modo il punto di partenza.
L'Assiomatica a Base Metrica e la Geometria Modifica
Si potrebbe utilizzare più efficacemente dal punto di vista didattico – all’avvio in maniera sottintesa - l’assiomatica a base metrica, proposta da Choquet nel 1959 al Congresso internazionale di Royamont, che consiste di soli sette assiomisemplici, intuitivi e forti e suggerita dal professore Villani, già presidente dell’UMI (Unione Matematica Italiana). Essa si fonda sull’uso delle isometrie sia come strumento euristico sia dimostrativo. In particolare della simmetria bilaterale, che è presente in natura da seicento milioni di anni ed è evidente negli animali superiori e nelle forme di arte di tutti i luoghi e di ogni tempo. E consente, come esposto nel Programma di Erlangen di Klein, di pensare «una geometria come studio delle proprietà che rimangono invariate quando si sottopone il piano a un gruppo di trasformazioni».Chiarisco quanto illustrato presentando la comparazione delle dimostrazioni nei sistemi tradizionale e “moderno” di un semplice teorema e quattro proposte didattiche.
In ogni triangolo isoscele le altezze e le mediane relative ai lati congruenti (isometrici) sono congruenti (isometriche); inoltre le bisettrici degli angoli alla base sono congruenti (isometriche).

Nello sviluppo tradizionale si devono fare tre dimostrazioni con tre criteri di congruenza (tra cui quello dei triangoli rettangoli poco “frequentato”) e che sono complesse perché i triangoli sono “incastrati” uno nell’altro (cfr. figura).
Nello sviluppo “moderno”, un triangolo si dice isoscele se ha un asse di simmetria, CH per noi: C è unito e
Altezze: nella simmetria considerata CA e CB sono corrispondenti e il punto E, che è quello di CB a distanza minima da A, si trasforma nel punto di CA a distanza minima da B, cioè D, perché le distanze si conservano: allora
Mediane: In (S_{CH}) CA e CB sono associati ed
Bisettrici: In (S_{CH} ) CA e CB sono corrispondenti e la semiretta AE si tramuta nella semiretta di origine B – immagine di A - e che forma con la semiretta BA un angolo di ampiezza pari a
1) Problema
In una zona pianeggiante c’è un lungo tratto rettilineo di autostrada a (figura).
Si deve costruire un casello che serva due cittadine A e B, dalla stessa parte rispetto ad a. In quale punto P di a si deve costruire il casello affinché la somma dei tragitti
[Le risposte più gettonate dei giovani sono in genere:
- Andare perpendicolarmente da A ad a in H e quindi a B.
Muoversi da A al punto medio M delle proiezioni di A e B su a – rispettivamente H e K - e poi da M a B.
Qualche suggerimento?.... OK, vediamo se la simmetria, come in altri casi, ci può aiutare.
Si, giusto, la simmetria di asse a

Tracciamo il segmento AB'; esso interseca a nel punto P perché…Si, A e B' stanno nei semipiani opposti individuati da a. Poiché P appartiene ad a è unito, quindi
Prendiamo ora su a un punto qualunque punto (Q e C) e confrontiamo
È interessante poi legare riflessione della luce e simmetria assiale.
Tradotto in geometria quanto dimostrato è quello che è noto come problema di Erone (I secolo d.C.), matematico, ingegnere e inventore di Alessandria d’Egitto:
Dati una retta e due punti generici appartenenti a uno stesso semipiano rispetto a essa, trovare il percorso più breve che li congiunge dovendo toccare la retta.
In questo come in altri problemi sia di dimostrazione sia di applicazione, l’uso delle isometrie, in particolare la simmetria assiale, costituisce un valido strumento per strategie risolutive.
2) Equazioni algebriche di secondo grado.
I babilonesi, grandi astronomi, costruttori di canalizzazioni e commercianti, avevano escogitato un sistema di numerazione sessagesimale agile nei calcoli. Affrontarono e risolsero problemi concreti relativi alle loro diverse attività, molti dei quali comportavano anche equazioni di secondo grado.
Le informazioni che abbiamo si fondano su migliaia di tavolette di terracotta, scritte in caratteri cuneiformi, risalenti circa al 1800-2000 a.C., in cui si trovano le risoluzioni di problemi.
Una di esse contiene il seguente problema che riguarda le aree di terreni:
Dividere l’area di un quadrato di lato 10 in due quadrati più piccoli tali che il lato dell’uno sia ( 3/4 ) dell’altro.
Lo scriba indica passo per passo la procedura risolutiva da cui si deduce che i babilonesi sapevano risolvere alcune equazioni di secondo grado; non vi è traccia però, in questo come negli altri problemi babilonesi, di un procedimento generale di risoluzione.
Matematizziamo il problema traducendolo in termini algebrici moderni. Per determinare le aree dei quadrati dobbiamo cercarne i lati, di cui uno sia ( 3/4 ) dell’altro, quindi... Si, conviene indicare come incognita, sia z, la misura del lato del quadrato più grande; quello del quadrato più piccolo è allora
Esprimiamo mediante l’incognita la richiesta del problema.
Otteniamo
Il problema conduce a un’equazione di secondo grado dato che, fatti i calcoli, l’incognita si presenta con esponente massimo
Facciamo un salto avanti di circa tre millenni e occupiamoci di quello che è considerato il padre dell’algebra, il grande matematico e astronomo arabo al-Khwarizmi, attivo nella prima metà del IX secolo d.C. nella Casa della Sapienza a Bagdad, la nuova Alessandria d’Egitto, faro della cultura.
Nel suo lavoro più importante, Kitab Al-Jabr (vi ricorda qualcosa?), si trova questo problema:
Il quadrato più dieci volte il suo lato danno come somma trentanove unità; trovare il lato.
Traduciamo in calcolo. Indicata con x la misura del lato incognito, poniamoci innanzitutto il quesito: quale limitazione dobbiamo assegnare per x, visto che rappresenta la misura di un segmento?... Giusto,
Traduciamo ora le informazioni del problema in calcolo. Otteniamo facilmente l’equazione
Veniamo ai nostri giorni e affrontiamo il seguente problema.
L’assessore allo sport del comune di una città, come ogni anno, vuole organizzare un torneo notturno di pallavolo con un girone all’italiana, cioè in cui ogni squadra incontri tutte le altre.
Dispone di 30.000 euro, e, dalle esperienze precedenti, le spese per ogni incontro sono state valutate in 1.000 euro per ciascun incontro fra cena, trasporto ecc.: quante squadre può invitare?
La scelta dell’incognita da determinare, sia
Per mettere in relazione l’incognita con le informazioni di cui disponiamo dobbiamo sapere quanti incontri si devono svolgere. Cosa suggerite? ... Benissimo, dato che
Come suggerite di procedere? ... OK, per prima cosa applichiamo il secondo principio d’equivalenza e dividiamo ambo i membri per il fattore comune
I problemi esaminati distano millenni fra loro e si riferiscono a civiltà differenti e a situazioni di natura diversa; per poterli affrontare dobbiamo però sapere risolvere equazioni di secondo grado, le quali si presentano in molti altri contesti concreti oltre a quelli segnalati. Ma noi sappiamo svolgere quelle di primo: attrezziamoci.
Introduciamo innanzitutto un poco di terminologia.
Un’equazione di secondo grado nell’incognita x, svolti i calcoli e applicato il primo principio d’equivalenza, ha, nella sua forma più generale, la stessa struttura della (1): (*)
e 0 ). Essa viene detta forma normale, canonica o ridotta dell’equazione. Se nella (*) (b
e 0) e (c
e 0 ), l’equazione si dice completa. Alla sua risoluzione giungeremo per gradi, muovendoci dal semplice al complesso come suggeriva Cartesio.
Un caso particolare: se nella (*)
e 0 ), dalla proprietà di annullamento del prodotto,
Un’equazione della forma
Riprendiamo il nostro percorso.
Consideriamo un altro problema che si trova nel Kitab Al-Jabr:
Dividere 10 in due parti tali che il quadrato della prima sia uguale a quattro volte il prodotto delle due parti.
Al-Khwarizmi espone passo per passo il procedimento risolutivo. Cerchiamo di trovarlo anche noi.
Traduciamo il problema in algebra tenendo conto che l’incognita è il primo fattore... Si, se indichiamo con
Cercate di risolverla utilizzando le conoscenze che avete... Va bene. Raccogliendo a fattore comune
Generalizziamo il procedimento usato per risolvere un’equazione che ha la stessa struttura della (2), cioè nel caso in cui i coefficienti di
Va bene, possiamo di nuovo utilizzare il procedimento precedente:
da
L’equazione
N.B. Un’equazione spuria ammette, qualunque siano
e 0 ), la soluzione
[Immediate applicazioni di risoluzione di equazioni spurie e di problemi che a essa si riconducono, alcuni dei quali si riferiscono a situazioni tratte dalla vita reale.]
Riprendiamo il problema babilonese che ci aveva condotto all’equazione
Come proseguireste?....
Giusto! Come se si trattasse di un’equazione di primo grado; dividendo ambo i membri per il coefficiente dell’incognita, cioè per 25, otteniamo
L’equazione precedente si può scrivere
Essa si può scrivere come
e 0)) e:
- se [math]a[/math]e[math]c[/math]hanno segno opposto[math]–c/a>0[/math], quindi ha due soluzioni opposte[math]z=pm sqrt{-frac{c}{a}}[/math], come abbiamo visto nell’esempio precedente;
- se [math]a[/math]e[math]c[/math]hanno segno uguale[math]–c/a \lt 0[/math], abbiamo[math]z^2=-c/a[/math], dunque l’equazione non ha radici reali perché un quadrato, qualunque ne sia la base, è un numero non negativo.
Per affrontare la risoluzione dell’equazione completa di secondo grado riprendiamo il problema del Kitab Al-Jabr considerato all’inizio.
Il quadrato e dieci volte il suo lato danno come somma trentanove unità; trovare il lato.
Come abbiamo visto il problema porta a (1)
È interessante seguire la risoluzione di Al-Khwarizmi [significativa dal punto di vista didattico] perché ci consentirà di ottenere con naturalezza il procedimento risolutivo generale.
Il matematico arabo prospetta un’interessante strategia nella risoluzione dell’equazione:
Se non sai risolvere un problema cerca di collegarlo con uno più semplice che hai già risolto.
Questo è uno dei suggerimenti che darà Cartesio nel Seicento per risolvere i problemi.
Al-Khwarizmi riconduce questo caso a quello di un’equazione di secondo grado del tipo (#)
Vediamo se riusciamo nello stesso intento.
Riprendiamo la (1)
Per avere il quadrato di binomio dobbiamo allora aggiungere a
Un ulteriore esempio di risoluzione di un’equazione completa.
Il problema contenuto nella Tavoletta BM 13901:1*, trovata vicino a Babilonia e che risale al 1800 a.C. circa, chiede di determinare un numero tale che, sommandolo al suo quadrato, si ottenga 3/4 .
Trasferiamolo nel linguaggio dell’algebra...
Sì, indicato con
Come prima cerchiamo di costruire un quadrato a primo membro. In questo caso però non c’è il 2 del doppio prodotto, allora, per non alterare
A questo punto, utilizzando l’esempio precedente, possiamo ottenere la formula risolutiva generale dell’equazione algebrica di secondo grado ridotta a forma normale
Per avere il quadrato di
e 0).
Otteniamo
Come sopra introduciamo il fattore
Otteniamo così
Come nel caso delle equazioni pure possono presentarsi due casi:
- se [math]b^2-4ac \ge 0[/math]l’equazione ha due soluzioni reali;
se[math]b^2-4ac \lt 0[/math]l’equazione non ha soluzioni reali.
- Se nella (*) [math]b^2-4ac=0[/math], abbiamo[math]\Big(x+\frac{b}{2a}\Big)^2=0[/math], quindi[math]x+\frac{b}{2a} = 0[/math]e infine[math]x=-\frac{b}{2a}[/math]L’equazione ha una sola soluzione reale o come si dice anche due soluzioni reali e coincidenti.
- Se nella (*) [math]b^2-4ac \gt 0[/math], otteniamo[math]x+\frac{b}{2a} = \pm \sqrt{\frac{b^2-4ac}{4a^2}}[/math], cioè[math]x=-\frac{b}{2a}\pm \frac{\sqrt{b^2-4ac}}{2a}[/math]da cui
(**)[math] x = \frac{-b \pm \sqrt{b^2-4ac}}{2a}[/math].
Poiché il risultato è stato ottenuto utilizzando coefficienti qualunque, per risolvere un’equazione completa è sufficiente applicare la (**).
[Immediate applicazioni di risoluzione di equazioni spurie e di problemi che a essa conducono, alcuni dei quali si riferiscano a situazioni tratte dalla vita reale.]
N.B.
I tre tipi di equazioni spuria, pura e completa vanno introdotte uno alla volta nel progetto didattico. Va inoltre segnalato ai giovani che, in presenza di un’equazione spuria o pura è assurdo usare la formula risolutiva: sarebbe come se per smuovere un fuscello usassimo una ruspa.]
3)
L'Introduzione dei Numeri Complessi e le Loro Applicazioni
In uno dei libri di testo che va per la maggiore, per quel che si riferisce all’introduzione dei numeri complessi, si legge:Si dice numero complesso una coppia ordinata di numeri reali
Tutti gli studenti stapperanno certamente bottiglie di champagne!
Un possibile percorso potrebbe essere il seguente, in cui si tiene conto del fatto che, come vedremo tra breve, nuovi “oggetti numerici”, che verranno poi chiamati numeri complessi, si presentano da sé, irrompendo nella matematica nella risoluzione delle equazioni algebriche di terzo grado.
È bene prendere l’avvio illustrando l’importanza degli algebristi italiani del Cinquecento, Del Ferro, Fontana - noto come Tartaglia - Cardano, Ferrari, Bombelli, che a vario titolo, hanno avuto il merito di contribuire alle risoluzioni per mezzo dei radicali delle equazioni algebriche generali di terzo e quarto grado e alle loro applicazioni.
Cardano, nell’Ars Magna (La grande arte), vuole risolvere il seguente problema:
dato un segmento lungo 10 metri dividerlo in due parti tali che l’area del rettangolo da esse determinato sia
Il problema conduce all’equazione
Ma
Cardano nota però una stranezza; se considera
Scatta così una molla che gli fa intravedere la possibilità di introdurre nuovi “oggetti numerici”.
Il matematico che riconobbe per primo la necessità di ampliare l’insieme dei numeri allora conosciuti fu Bombelli (1526-1573). Nella sua opera L’Algebra, raccoglie e completa i risultati ottenuti in campo algebrico precedentemente da diversi matematici; si propone così di completare i vari casi di risoluzione delle equazioni di terzo grado, anche nel cosiddetto caso irriducibile, cioè quando nella formula risolutiva si presenta la radice quadrata di un numero negativo.
Del Ferro e Tartaglia avevano determinato la formula risolutiva dell’equazione algebrica generale di terzo grado
Ecco uno degli esempi di Bombelli, l’equazione
Nota che
Questa, applicata al nostro caso, dà:
Bombelli pensa di estendere ai nuovi oggetti numerici le proprietà note dei radicali e scrive quindi la soluzione precedente come
Se in essa poniamo
A questo punto Bombelli prova che, applicando le consuete proprietà delle operazioni ai nuovi oggetti numerici, ottiene
da cui
Questo risultato corrobora le sue idee.
Bombelli espone le formule della somma e del prodotto di quelli che considera, dai risultati ottenuti, nuovi numeri, che chiama “numeri silvestri”. Egli, nell’introduzione di questi nuovi numeri, cerca di conservare le proprietà formali delle operazioni e delle relazioni già note tra numeri che sono alla base del calcolo.
Questi nuovi “oggetti numerici” verranno chiamati numeri complessi e si possono scrivere, come visto, sotto la forma
Osserviamo innanzitutto che, come le frazioni sono individuate da coppie ordinate di numeri interi
e 0), che noi scriviamo solitamente come
Ciò suggerisce un’interessante rappresentazione geometrica di questi nuovi “numeri”.
Sappiamo che ogni numero reale si può rappresentare biunivocamente come un punto su una retta munita di un sistema di coordinate ascisse. La scrittura precedente vi suggerisce qualche interpretazione grafica di un numero complesso
Bene! Gauss (1777-1855), detto il principe dei matematici, propose proprio di associare a ogni numero complesso

Questa corrispondenza biunivoca, come vedremo in seguito, stabilirà un espressivo legame fra numeri complessi, trigonometria e rotazioni del piano.
Si possono adesso introdurre la relazione di uguaglianza e le operazioni fra numeri complessi utilizzando anche la loro rappresentazione mediante vettori uscenti dall’origine.
Se la parte immaginaria
Perché non crediate che i numeri complessi siano solo un gioco matematico, è bene chiarire che essi hanno trovato e trovano importanti applicazioni, oltre che in matematica come studierete, in: Dinamica dei fluidi, elettronica, informatica, telecomunicazioni, teorie dei segnali e fisica quantistica, un ramo della fisica quest’ultima sorto agli inizi del Novecento e ha rivoluzionato il nostro modo di concepire il mondo delle particelle atomiche e subatomiche.
4) Teoremi di Fermat e Lagrange
Il primo presenta un altro significativo esempio dei motivi che stimolarono l’introduzione del calcolo differenziale: la risoluzione di problemi di massimo e di minimo, come attesta anche il lavoro di Keplero Nova stereometria doliorum vinariorum pubblicata nel 1613.
Pierre de Fermat (1601-1665) era magistrato a Tolosa, sua città natale. Diceva di essere un matematico per diletto. Schivo nel pubblicare i suoi risultati, fu assieme a René Descartes (1596-1550) il più grande matematico della prima metà del XVII secolo.
Nel breve testo dal titolo Methodus ad disquirendam maximum et minimum Fermat espone il suo metodo per trovare massimi e minimi relativi delle funzioni polinomiali. In tale criterio, come vedremo tra breve, utilizza un procedimento che in sostanza prelude alla derivata di una funzione. Egli non precisa che la funzione deve essere continua perché, come per Leibniz e Newton successivamente, la “continuità” di una funzione era una proprietà……ovvia. Questi poi non avevano formalizzato il concetto di limite e non possedevano la più pallida idea di cosa fosse un numero reale. Gli strumenti di calcolo che avevano ideati, indipendentemente, erano straordinariamente efficaci per risolvere molti problemi, sia in matematica che in fisica, quindi dovevano essere….corretti. Per nostra fortuna l’aspetto euristico ebbe la meglio sul rigore, altrimenti non avremmo avuto lo straordinario sviluppo scientifico del XVII e XVIII secolo.
Limiti e continuità cominciano ad avere un assetto rigoroso dopo oltre un secolo con D’Alambert e soprattutto con Cauchy e Weierstrass che nell’800 presentano le definizioni e i procedimenti rigorosi che usiamo ancora oggi. Nello stesso periodo, a opera di Cantor e Dedekind, furono introdotte due definizioni di numero reale e la continuità della retta.
La “derivata” prima delle derivate.
Torniamo a Fermat.
Aveva notato che nei punti “vicini” ai massimi e ai minimi, a piccole variazioni della variabile indipendente corrispondevano piccole variazioni della funzione. Ciò lo spinge a congetturare che i valori della funzione relativi a tali punti dovessero essere “quasi uguali” a quello del massimo o del minimo. Per esporre con chiarezza il suo procedimento presenta innanzitutto un semplice problema che già si trova risolto geometricamente negli Elementi di Euclide:
«Dividere un segmento

Riportiamo le sue argomentazioni perché molto istruttive.
«Posto
Fermat conclude asserendo: «Il metodo non sbaglia mai»… «È impossibile dare un metodo più generale di questo». Applica poi tale metodo per trovare la tangente a una curva in un suo punto.
Osserviamo che Fermat, in effetti, procede in modo analogo a come facciamo noi per la derivata in un punto. Infatti, quando scrive «sia ora
Il valore della funzione area inizialmente è
A leggere con attenzione, il tolosano impone che le due aree differiscano per meno di una quantità “piccolissima”, per noi il limite della loro differenza è zero.
A questo punto Fermat divide ambo i membri per
Prosegue dicendo “elidantur”, cioè sopprimendo
È importante osservare che la (#) è il rapporto incrementale della funzione area quando si passa da
cioè
Il procedimento si può considerare, nella sostanza, un approccio istintivo al concetto di derivata.
Teorema di Fermat
Se una funzione
Per fissare le idee supponiamo che
e 0), tale che
Per dimostrare che
Poiché la derivata prima di una funzione in un punto
Nel teorema di Rolle
Veniamo al teorema di Lagrange.
È legittimo chiedersi: se nell’intervallo chiuso e limitato
Teorema di Lagrange
Se
Nei libri di testo si comincia in genere in uno dei seguenti modi.
- Consideriamo la funzione [math]g(x)= f(x)+kx[/math], con[math]k[/math]costante...
- Consideriamo questa nuova funzione: [math]g(x)= f(x)(b-a)- x(f(b)-f(a))[/math]...
La conclusione geometrica precedente suggerisce una possibile strategia.

Detta
Sì, bene, che la funzione
Il risultato ottenuto è quello che si chiama teorema di Lagrange, di cui si presenta l’enunciato.
Concludo dicendo: ben vengano gli scacchi a scuola. Ma non sarebbe di gran lunga più efficace modificare l’approccio ai vari argomenti così che risulti più concreto e coinvolgente per gli allievi e usare le ore curricolari per abituare i giovani a escogitare sistematicamente strategie risolutive?
Giarre 11/09/2016
Alfio Grasso
grassoalfino@yahoo.it