In questo appunto di matematica si tratta il Teorema di Pitagora, la sua dimostrazione e le sue applicazioni.
Indice
Il triangolo rettangolo
Nell’insieme dei triangoli vi è un sottoinsieme che comprende una particolare categoria chiamati triangoli rettangoli, caratterizzati dal fatto di avere un angolo di 90°.
I lati formanti l’angolo retto sono chiamati cateti, il rimanente che risulta essere il maggiore (in quanto opposto all’angolo maggiore), prende il nome di ipotenusa.
Fra i triangoli rettangoli si distinguono a sua volta due particolari categorie:
- triangoli rettangoli isosceli;
- triangoli rettangoli con angoli di 30° e 60°.
Nel primo caso vengono chiamati isosceli poiché i cateti sono congruenti fra loro e gli angoli acuti sono entrambi pari a 45°; il triangolo rettangolo isoscele può essere pensato come la metà di un quadrato i cui lati sono i cateti e l’ipotenusa costituisce la diagonale.
Dato un triangolo rettangolo, siano a e b i cateti e sia c l’ipotenusa.
In questo caso si ha che a = b = l, conseguentemente
c = l(\sqrt{2}).
[/math]
Nel secondo caso gli angoli acuti sono rispettivamente di 30° e 60° ed il triangolo rettangolo può essere pensato come la metà di un triangolo equilatero in cui il cateto maggiore coincide con l’altezza di questo ed il cateto minore con metà del lato, mentre l’ipotenusa coincide col lato stesso.
Quindi posto a
nota l’ipotenusa, c, si ha che:
a = c/2 è il cateto opposto all’angolo che ha ampiezza 30°
b = c (\frac{(\sqrt{3}}{2})
[/math]
è il cateto opposto all’angolo di 60°.
Il teorema di Pitagora
In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa, c, è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, a e b:
a^2 + b^2 = c^2
[/math]
per la dimostrazione di tale teorema di deve utilizzare i Primo Teorema di Euclide. Secondo tale teorema si ha che:
In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la proiezione del cateto sull'ipotenusa e l'ipotenusa stessa:
a^2 = (m) (c)
[/math]
b^2 = (n) (c)
[/math]
dove m ed n sono le proiezioni dei cateti a e b sull’ipotenusa.
Sia dato il triangolo rettangolo ABC, retto in A.
Detta a la lunghezza del cateto AB, c la lunghezza dell'ipotenusa BC ed m la lunghezza della proiezione di AB su BC, dimostriamo la tesi del teorema:
a^2 = (m) (c)
[/math]
sfruttando le proprietà dei parallelogrammi.
Costruiamo il parallelogramma ABKL ottenuto prolungando il lato DE del quadrato costruito sul cateto AB fino ad incontrare le perpendicolari a BC condotte da B ed H (prolungamenti dei lati più lunghi del rettangolo di dimensioni m e c). H può essere visto anche come il piede dell’altezza del triangolo relativa all’ipotenusa condotta dal vertice A.
Notiamo che il quadrato ABDE e il parallelogramma ABKL sono equivalenti perché hanno la stessa base AB e la stessa altezza AE (distanza tra AB ed LE). Successivamente dimostriamo che il parallelogramma ABKL è equivalente anche al rettangolo che ha per dimensioni BH e BC. A tal fine consideriamo i triangoli BDK e ABC.
Essi sono rettangoli, hanno un lato congruente (i cateti AB e BD, lati del quadrato costruito su AB) e l'angolo in B congruente (l'angolo KBD è la rotazione di 90° di centro B dell'angolo ABC); se ne conclude che sono congruenti. A sua volta i lati KB e BC sono congruenti ed hanno lunghezza pari a c.
Concludiamo quindi che il parallelogramma ABKL è equivalente anche al rettangolo BFGH, in quanto hanno la stessa base (BK e BF hanno lunghezza c) e la stessa altezza m. E' dunque immediato che il quadrato ABDE, di lato a, è equivalente al rettangolo BFGH di lati m e c (sono entrambi equivalenti al parallelogramma ABKL) e quindi è dimostrato il Primo Teorema di Euclide:
a^2 = (m)(c).
[/math]
Considerazioni del tutto analoghe si possono fare per il quadrato di lato b costruito sull'altro cateto (AC), che sarà equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la proiezione n e l'ipotenusa c:
b^2 = (n)(c)
[/math]
In base a tale teorema si può adesso dimostrare il teorema di Pitagora.
Consideriamo ancora il triangolo rettangolo ABC, rettangolo in A.
La nostra tesi è la seguente:
a ^2 + b^2 = c^2.
[/math]
Le relazioni che derivano dal Primo Teorema di Euclide, appena dimostrato ci forniscono quanto segue:
a ^2 = (m)(c)
[/math]
b^2 = (n)(c)
[/math]
Se si sommano membro a membro le due uguaglianze otteniamo che:
a ^2 + b^2 = (m)(c) + (n)(c)
[/math]
da cui
a ^2 + b^2 = (m+ n)(c)
[/math]
e infine, essendo la somma di m ed n uguale alla lunghezza c dell'ipotenusa, ossia
m + n = c
[/math]
, ricaviamo la tesi del teorema:
a ^2 + b^2 = (c)(c)
[/math]
da cui la nostra tesi
a ^2 + b^2 = c^2.
[/math]
Dal Teorema di Pitagora si ottengono le seguenti formule inverse:
b^2 = c^2 – a^2
[/math]
a^2 = c^2 – b^2
[/math]
b = \sqrt{c^2 – a^2}
[/math]
a = \sqrt{c^2 – b^2}.
[/math]
Applicazione del Teorema di Pitagora
Analizziamo un esempio di calcolo applicato ad un qualunque triangolo rettangolo.
Sia dato il triangolo rettangolo ABC, rettangolo in A. Sapendo che l’ipotenusa BC è 5/4 il cateto AC e che la loro somma è 117dm, ossia: BC + AC = 117dm. Trovare il perimetro di tale triangolo.
Dati
BC + AC = 117dm
[/math]
BC = (\frac{5}{4}) AC
[/math]
2p = ?
Svolgimento
Si determina il segmento unitario:
s. u. = \frac{117}{5 + 4} dm
[/math]
s. u. = \frac{117}{9} dm
[/math]
s. u. = 13 dm
[/math]
per cui si ha che
BC = (13)(5) dm = 65 dm
[/math]
AC = (13)(4) dm = 52 dm
[/math]
Tramite il Teorema di Pitagora possiamo trovare il secondo cateto:
AB = \sqrt{(BC)^2 – (AC)^2}
[/math]
AB = \sqrt{(65)^2 – (52)^2}
[/math]
AB = 39 dm
[/math]
Per cui il perimetro del triangolo ABC è dato:
2p = AB + AC + BC
[/math]
2p = (39 + 52 + 65) dm
[/math]
2p = 156 dm
[/math]
Cenni storici
Al tempo degli assiro-babilonesi e degli egiziani questa relazione fra i lati del triangolo rettangolo era già nota, ma solo limitatamente ad alcuni casi particolari. Gli egiziani sapevano che un triangolo che soddisfa la relazione di Pitagora è sicuramente rettangolo, quindi si servivano di tali triangoli per costruire angoli retti.
In particolare si servivano di un triangolo avente i lati rispettivamente 3, 4 e 5 volte un segmento dato.
La realizzazione di tale costruzione era piuttosto ingegnosa: su di una fune venivano fissati 13 nodi tutti ad uguale distanza l’uno dall’altro e, dopo aver fissato il primo ed il quarto al suolo, l’ottavo veniva fissato in modo che il tredicesimo, ossia l’ultimo, coincidesse col primo.
In tal modo ottenevano un triangolo avente lati rispettivamente di 3, 4 e 5. Secondo Plutarco, gli egiziani si servivano dei numeri 3, 4 e 5 per rappresentare le loro divinità ed un’applicazione di questa terna numerica si riscontra nelle dimensioni della piramide di Cheope, costruita circa 3000 anni a. C.
Furono gli antichi greci che, attraverso speculazioni astratte, dettero per primi la dimostrazione del teorema oggetto di questo appunto. Non si sa per certo come Pitagora lo dimostrò. Si suppone che lo generalizzasse partendo dai casi particolari. La prima dimostrazione storicamente accertata, per il caso particolare del triangolo rettangolo isoscele risale a Platone ed è da lui esposta in un dialogo fra Socrate e Menone.
Per il caso generale la prima dimostrazione pervenuta si deve ad Euclide.
per ulteriori approfondimenti sul teorema di Pitagora vedi anche qua