Fabrizio Del Dongo
Genius
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Indice

  1. L’intersecarsi dei due piani
  2. Il piano dei promessi sposi: l’inganno
  3. Il piano di don Rodrigo: la violenza
  4. La galleria degli antenati di don Rodrigo
  5. Simmetrie e simultaneità
  6. Il motivo delle voci della sera nel villaggio

L’intersecarsi dei due piani

Il capitolo VII costituisce il preludio ai motivi che saranno presenti e ampliati in quello successivo. Esso è dedicato all’organizzazione da più parti e al primo intrecciarsi di due trame opposte: il piano dei promessi sposi per arrivare al matrimonio a sorpresa e quello di don Rodrigo che lo scopo del rapimento di Lucia.

Il piano dei promessi sposi: l’inganno

All’inizio, l’obiettivo coglie separatamente due diversi ambienti: la povera casetta di Agnese e Lucia fino al culmine dei preparative delle nozze e poi, con un flashback il palazzaccio di don Rodrigo, ancora sotto gli effetti della premonizione di padre Cristoforo. Nel primo episodio, la notizia portata da padre Cristoforo spinge alla crisi le tendenze che operano già alla fine del capitolo precedente: in Renzo, si scatena di nuovo il desiderio di violenza e di vendetta e per placare l’animo del giovane, Lucia si decide ad acconsentire al piano del matrimonio a sorpresa, preferendo quindi la via dell’inganno alla violenza. Nel discorso di Renzo, si nota un’accentuazione dell’ “io”, un “io” frustrato che si ribella con ogni sorta di progetto violento per schiacciare l’antagonista ridotto, per contrasto ad un’entità disumana [….cane assassino…]. Il binomio violenza-astuzia torna così ad imporsi come una specie di passaggio d’obbligo: anzi i due protagonisti optano per il ricorso all’inganno proprio mentre, a loro insaputa, don Rodrigo sta scegliendo per vincerli, la via della forza. Ai silenziosi preparativi che hanno luogo in casa di Lucia, s’intrecciano, allora, a poco a poco, i sintomi della violenza mal dissimulata dei bravi, proprio subito dopo che, col consenso di Lucia, il contrasto fra i due protagonisti si è risolto.

Il piano di don Rodrigo: la violenza

Il flashback permette di cogliere la storia del piano del rapimento di Lucia, escogitato da don Rodrigo: specchiandosi nei ritratti dei suoi antenati e nelle riverenze dei suoi sudditi, il signorotto riprende consapevolezza della sua superiorità e il richiamo attrattivo della forza; i due colloqui col conte Attilio e con Griso, rappresentano i passi successivi verso l’attuazione del disegno, proponendo il tema della complicità e della violenza fine a se stessa.
Tale flashback incomincia esattamente al punto in cui si era interrotto il colloquio fra padre Cristoforo e don Rodrigo: si può notare che dall’inizio del romanzo, l’autore cerca di non lasciare spazi vuoti nella vicenda dei personaggi principali, informandoci minuziosamente sulle loro mosse.

La galleria degli antenati di don Rodrigo

De gli altri personaggi è stato finora mostrato l’aspetto, il carattere, il passato, ma fino adora don Rodrigo risultava essere un uomo senza un passato e dalla coscienza ignota. In questo capitolo, invece, affiora il suo albero genealogico fatto di superbia e di violenza: nei ritratti dei suoi antenati pare specchiarsi il volto ancora sconosciuto del personaggio col suo presente. Dobbiamo anche notare l’ironia dell’ “eroe tutto di ferro” e del magistrato “tutto nero” e della minuta enumerazione dei tratti che compongono queste maschere. Ogni figura rappresenta una categoria: militare, civile, religiosa. Non abbiamo riferimenti temporali precisi, ma nel personaggio “eroe” dipinto ritroviamo il tipo del fratello del nobile ucciso da Ludovico e nel magistrato un modello solenne dell’Azzeccagarbugli. Tutti hanno in comune il terrore che deriva dal potere.

Simmetrie e simultaneità

Mentre sul villaggio scende la sera, la simultaneità dei due meccanismi in azione (inganno e violenza) è rappresentata in modo ironico dalla trama di corrispondenze che si intesse all’osteria e con la mediazione ambivalente dell’oste fra il terzetto dei bravi da una e dal gruppo (formato anch’esso da tre persone) di Renzo, Tonio e Gervasio. Nella bocca dell’oste, tutti sono definiti “galantuomini”, veri o falsi che siano.
Tuttavia non si giunge ad uno scontro diretto fra i due gruppi e la macchinazione continua, nascosta nel silenzio e nell’ombra, per cominciare ad emergere quando farà notte, su cui tutti concentrano le proprie attese.

Il motivo delle voci della sera nel villaggio

Prima dell’ultimo atto delle due imprese, caratterizzate rispettivamente da inganno e violenza, abbiamo una pausa riservata alle voci della sera nel villaggio. Le varie fonti di provenienza del brusio (famiglie povere, le cene misere, le conversazioni fra paesani, la carestia, la fatica dei contadini, le preghiere sommesse) sono raccolti in questa sequenza e accompagnati dal rintocco delle campane. Questi suoni che a poco si spengono nel silenzio, collegati al modo imperfetto, per far capire al lettore che si tratta di abitudini, si riaccenderanno bruscamente nel cuore della notte, con un procedimento inverso, l’uno dopo l’altro, sollecitati dal suono iniziale delle campane. Dopo aver letto il capitolo VIII, si può capire, tornando a questa sequenza, il carattere provvisorio e fragile dello stato di quiete descritto e il passaggio da un’atmosfera idillica al dramma.

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