Concetti Chiave
- Manzoni's "Storia della colonna infame" critiques the unjust legal actions during the 1630 plague, emphasizing human responsibility and advocating for societal improvement through literature.
- The spread of the plague in 1630 Milan led to widespread fear and irrational behavior, with Manzoni analyzing the psychological impact and societal breakdown, including ineffective authority responses and the rise of scapegoating.
- The figure of the "untore" emerged as a scapegoat for the plague, satisfying the collective need to find someone to blame, despite the lack of evidence for such malicious actions.
- Manzoni's works highlight the destructive power of superstition and prejudice, critiquing the unjust actions of institutions and the populace's irrationality during times of crisis.
- The concept of "untore" persists in modern times with metaphorical applications, notably during the AIDS epidemic and COVID-19 pandemic, illustrating ongoing human tendencies to seek blame in health crises.
Indice
Analisi delle responsabilità dei giudici
La Storia della colonna infame, opera in cui è descritto l’ingiusto e deplorevole processo ai presunti untori durante la peste del 1630, è una cosciente ed implacabile analisi delle responsabilità dei iniqui giudici che condannarono, agendo con volontaria ingiustizia dinanzi all'evidenza della realtà, degli innocenti.
Non è legittimo né lecito giustificare le atrocità commesse dai giudici attribuendone la responsabilità all'ignoranza dei tempi e alla barbarie dei costumi, considerandoli come effetti fatali ed inevitabili, e Manzoni, credendo nella responsabilità dell'azione umana, considera dunque le istituzioni totalmente colpevoli della morte di uomini innocenti. Tuttavia, dalla responsabilità umana scaturisce anche la fiducia nella possibilità di intervenire per migliorare le condizioni della società, poiché alle atrocità che sono conseguenza di azioni umane è possibile porvi rimedio intervenendo su chi ne è responsabile, cosicché le inclinazioni perverse dell'uomo, le “passioni perverse” dei giudici, siano per lo meno attenuate. Ne consegue la funzione dell'opera e, in senso generale, della letteratura manzoniana: Manzoni, nella Storia della colonna infame come in altre sue opere, compie opera civilmente impegnata e utile, trasmette valori civili e morali, agendo sulla coscienza del lettore e, attraverso di essa, sulla realtà. La letteratura possiede dunque la possibilità concreta di smuovere le coscienze, di incidere sul reale e di alterarlo, di render le cose “un po' più come dovrebbono essere”. La concezione della letteratura manzoniana, la poetica di Manzoni, è fortemente influenzata dal concetto del “Vero”, che corrisponde essenzialmente per l'autore a ciò che è stato, la Storia, concepita come vicenda dominata dalla volontà di sopraffazione e dell'arbitrio dei potenti, dal peccato e dalla violenza. La figura dell'untore tra superstizione e giudizio è dunque rappresentata in un contesto in cui il concetto del Vero, definito come rappresentazione fedele della realtà, e la visione tragica della Storia sono tematiche e concetti costantemente presenti e di conseguenza, al fine di comprendere nella sua totalità l'identità storica dell'untore, è necessario esaminare l'importanza del Vero e della Storia. Secondo Manzoni il Vero è il rifiuto dei contenuti e delle forme della letteratura del passato concepita come falsa ed artificiosa: egli difatti pone polemica sul Romanzesco della tragedia che è il convenzionale e l’uniforme che distrugge l’individualità dell’opera stessa ed è la ragione per cui il Vero diviene espressione di un bisogno da concretizzare. Manzoni pertanto assume un’espressione critica nei confronti del reale con l’intento di riprodurre fedelmente i caratteri drammatici presenti negli eventi storici. La Storia invece assume per l’autore un carattere tragico dal momento che è scaturita dal peccato originale e da esso contaminata, quindi distinta dal trionfo del male, che si presenta nelle forme dell’ingiustizia, della violenza, della fame, della guerra, del flagello della peste.Il contesto storico della peste
L’opera è ambientata nella Lombardia del 1630, quando in Milano dilagava il morbo delle peste e la gente, sebbene in un primo momento avesse sottovalutato il male incombente, era sovrastata dalla sofferenza delle numerose morti e dal timore del contagio. Le calamità causate dalla peste furono oggetto di analisi storica da parte di Manzoni all’interno dei capitoli XXXI e XXXII del suo celeberrimo romanzo “I Promessi Sposi” e nel saggio storico “Storia della colonna Infame”, in cui, oltre ad esaminare l’evento storico in sé, analizza le conseguenze della peste sulla psicologia collettiva che produssero fenomeni quali la caccia all’untore. Il morbo della peste si diffuse con estrema facilità e rapidità nei territori milanesi perchè il popolo come le autorità dubitava fortemente della sua esistenza e soltanto col trascorrere dei mesi, nel momento in cui vi furono le prime morti, i medici ammisero la presenza “di febbri maligne, di febbri pestilenti”: miserabile trufferia di parole. Tuttavia, dinanzi alla mortalità è inevitabile negare l’esistenza del male e dunque si cercarono delle cause non veritiere che furono trovate in “arti venefiche, operazioni diaboliche, gente congiurata a sparger la peste, per mezzo di veleni contagiosi, di malìe”: nelle unzioni. Tutti furono colpevoli, in diversa misura, del dilagare del flagello: le autorità adottarono provvedimenti inefficaci e tardivi, la maggior parte dei medici negò il contagio ma poi dinanzi all’evidenza dei fatti non ammisero l’errore e ricorsero all’utilizzo del linguaggio come strumento di prevaricazione definendo la peste come una febbre generica e il popolo a causa del terrore del lazzaretto non denunciò alcun contagiato o caso sospetto. La peste irretisce l’uomo nella follia, nella credenza delle unzioni e il “celebre delirio” è conseguenza dell’inconscio bisogno collettivo di attribuire a singoli individui la responsabilità del flagello, quasi a diminuirne la terribilità. Manzoni, nell’addentrarsi nella psicologia collettiva della folla, dalla gravità dell’afflizione e della sofferenza transita allo sdegno per il comportamento umano: gli episodi, sempre documentati, evidenziano sublimazioni di virtù e degradazioni indicibili suscitate dalla peste, ma in primo luogo meccanismi psicologici collettivi, ai quali Manzoni presta la sua attenzione. Tra i più deflagranti effetti della peste vi sono il cedimento delle istituzioni, il vanificarsi di ogni norma di convivenza civile e umana ( attestato dal poter assunto dai monatti, coloro che portavano sui carri i cadaveri alle fosse, che si rendono colpevoli di ignobili violenze, tra le quali la violazione delle case ) e il progressivo accecamento della ragione che si manifesta in aberranti comportamenti: la caccia all’untore. La diffidenza, il rifiuto nei confronti delle masse cittadine guidate da irrazionali superstizioni e istinti erano già manifesti e dichiarati nel romanzo “I promessi Sposi”. In occasione prima della carestia con l’assalto ai forni, poi dell’epidemia di peste con la caccia agli untori, e in generale di fronte a ogni situazione di sommossa e ribellione, Manzoni condanna aspramente i comportamenti del popolo come forme pericolose di reazione nei momenti di crisi e bisogno: il ricorso cieco alla violenza, la sottomissione ai capipopolo più facinorosi, la ricerca di false cause ( questa ferma persuasione, questa pazza paura d’un attentato chimerico ) e di capri espiatori, la credulità verso qualunque voce e “rumore”, la diffidenza elevata a sistema ( il pazzo sospetto delle donne che denunciano i presunti untori ) sono le più evidenti manifestazioni della psicologia di massa.
L’untore ( il cui termine deriva dal latino unctor - oris: colui che unge, ungitore ) è una figura di rilevanza storica nel periodo in cui si diffuse la peste in Milano, nel 1630. Egli era l’individuo che secondo la diffusa e falsa credenza popolare diffondeva con intenzioni criminali l’epidemia imbrattando con ungenti venefici i muri della città e le porte delle case e cospargendo polveri malefiche per le strade. L’untore soddisfa il meccanismo psicologico del capro espiratorio: quando di fronte alla situazione di emergenza pubblica si diffuse nel popolo milanese un sentimento di paura e di panico per il pericolo rappresentato dal morbo della peste, di cui non si conoscono le cause precise, sorse il bisogno di trovare un “colpevole” su cui sfogare irrazionalmente rabbia, insicurezza e impotenza, ispirate più da un sentimento di vendetta che di giustizia. Il presunto colpevole diventa dunque il “capro espiatorio”, cioè l’innocente sul quale con pretesti più o meno plausibili si concentra l’odio collettivo per esorcizzare i timori e illudersi di aver trovato la risposta alla “crisi” da affrontare.
Critica alla società del Seicento
All’interno delle opere “I promessi sposi” e “Storia della colonna infame”, Manzoni pose polemica e critica la società della Lombardia del Seicento che rappresentò il trionfo dell’ingiustizia, dell’arbitrio e della prepotenza, da parte del governo, nella sua condotta politica caratterizzata dall’ingiustizia, dalla corruzione e dall’inefficienza della legge, cause per cui i potenti prevalevano sugli umili, sui deboli, sugli indifesi e sugli innocenti. Se nel suo celeberrimo romanzo Manzoni si focalizzò sulla giustizia del governo spagnolo descrivendo come le leggi e le grida di questo accrescessero soltanto le violenze peggiorando la situazione preesistente, nel saggio storico “Storia della colonna infame” denunciò e criticò l’ingiustizia personale e volontaria dei giudici responsabili del processo contro i presunti untori. In entrambe lo scrittore condanna le istituzioni del tempo che agiscono grazie anche all’ignoranza de’ tempi che acquisì forma nel popolo e fu determinata dai limiti culturali dell’epoca, “incolpevole” ma che comunque non giustificava i comportamenti disonesti dei iniqui giudici. La società disconosceva i concetti odierni della medicina e, per motivare l’esistenza dell’epidemia, essa iniziò a credere nelle unzioni, ossia la dispersione in luoghi pubblici di unguenti velenosi che venivano spalmati su monumenti, statue ed opere da individui, con intenzioni volontarie e maligne, denominati untori. Manzoni sostenne all’interno delle proprie opere che dei soggetti cosparsero muri e porte della città di una materia unta e sudicia, giallognola, biancastra, esasperando paure e ossessioni fra la popolazione. L’atto vandalico fu da attribuire probabilmente al gusto sciocco di far nascere uno spavento più che ad intenti criminali, ma inevitabilmente consolidò la credenza nelle unzioni: crebbe l’atmosfera di sospetto e diffidenza e si scatenò la furia popolare alla ricerca di “colpevoli” reali o immaginari. E fu in questo clima che il 21 giugno si svolsero i fatti che diedero avvio alla storia della “Colonna Infame”, fatti di banale vita quotidiana che il sospetto, la paura e l’ignoranza trasformarono in atti criminali. Il popolo svolge un ruolo determinante nell’opera: essendo intimorito e furioso per l’epidemia della peste che distrusse le loro vite, protestò contro le istituzioni incapaci di trovare un colpevole da condannare per la diffusione del morbo. I giudici assecondarono la folla, per timore o motivi politici, cercando di rassicurarla accusando uomini del tutto innocenti, dei poveri sventurati. Manzoni critica fortemente il pensiero della moltitudine, esasperata e accecata da un interiore sentimento di vendetta, ed esprime dissenso nei confronti della ribellione cittadina guidata da irrazionali superstizioni e istinti. Il progressivo accecamento della ragione si manifestò in anomali comportamenti collettivi; il terrore della morte e del contagio provocarono la cosiddetta “caccia all’untore”. I pregiudizi non mancarono, infatti l’essere uno sconosciuto, il primo che trovavano nelle vicinanze o non dar di sé un conto soddisfacente rendeva facilmente imputabili. I giudici milanesi non cercavano una verità , ma soltanto una confessione tramite la quale avrebbero potuto sottoporre alla tortura i presunti “colpevoli” e per farlo avevano bisogno di indizi validi. Il più delle volte, non avendoli, ne creavano dei nuovi assemblando un insieme di inverosimiglianze provenienti da molti interrogatori considerati inconcludenti. Il processo che diede vita alla “Storia della Colonna Infame” fu quello che decretò colpevoli due innocenti, ossia Gian Giacomo Mora, un barbiere, e Guglielmo Piazza, un commissario della sanità.
Untori nella storia moderna
Il termine untore ricorre anche nelle vicende relative alla salute e il suo significato metaforico è dunque di chi trasmette una malattia. Nel XX secolo quella che è stata definita peste è la malattia dell’Aids, uno stadio clinico avanzato dell'infezione da Hiv, che ha generato numerose leggende metropolitane legate alle modalità di contagio da possibili untori. L'Aids, vissuto come una malattia persecutoria, induceva a considerare il malato stesso come un persecutore e si pensava vi fosse l’organizzazione di incontri sessuali non protetti con portatori della malattia non dichiarati che svaniscono il mattino dopo lasciando messaggi alle loro vittime. Nel corso della storia, però, sono stati accusati veri e propri untori volontari. Uno di questi è Patrick Sawyer, cittadino nigeriano, nonché primo individuo che ha contratto l’Ebola nel 2014 in Nigeria che, credendo di essere stato tradito dalla compagna e aver contratto il virus dalla medesima, ha volontariamente infettato per vendetta tredici prostitute con cui aveva avuto rapporti sessuali. In Italia il primo processo per untore è avvenuto nel 2017 contro un uomo accusato di aver volontariamente infettato il virus dell’Hiv a più di trenta ragazze. L’imputato incontrava le sue vittime dopo averle conosciute via chat e trasmetteva la malattia senza che le donne fossero a conoscenza della verità.
Il Covid-19 e il concetto di untore
Elencate alcune delle testimonianze che dimostrano che l’esistenza dell’untore è realtà, è doveroso confrontare il particolare momento storico con cui ogni persona si sta confrontando e che sta segnando milioni di famiglie da perdite umane care a loro con la tematica del contagio e dell’untore. Nel dicembre 2019 in Cina la malattia di Covid-19 era ormai diffusa e qualche mese più tardi giunse in America ed in Europa, colpendo gravemente la Spagna e l’Italia. Attualmente il virus circola liberamente ed ogni individuo, con la forza che gli è propria, tenta di contribuire a fermarlo e respingerlo affinché non causi altro male. In Italia i contagi diminuiscono ma è pur sempre opportuno e fondamentale rimanere all’interno delle proprie abitazioni per evitare che il virus si diffonda nuovamente: ormai sono più di due mesi che la popolazione italiana è reclusa dentro casa ed è più che comprensibile che si verifichi in qualcuno un crollo psicologico e durante un periodo di tempo talmente prolungato in cui si è privati della libertà e della normalità è pressoché inevitabile tentare di identificare un colpevole da accusare per la diffusione del Coronavirus, non poiché si è travolti da un’improvvisa vendetta, bensì perchè è un meccanismo psicologico che è proprio all’essere umano. La privazione nel corso dell’esistenza causa l’automatico procedimento in cui si tenta di trovare la causa del problema. È possibile affermare dunque che in questi tempi difficili, in disagevoli e complicate circostanze, la possibilità che esista un presunto untore si è fatta spazio all’interno delle menti degli uomini e le motivazioni che inducono chiunque a pensarlo sono svariate: dal timore di essere contagiati all’avere un minimo contatto fisico con un individuo. Gli stati europei meno colpiti dal Covid-19, poiché spaventati della diffusione del virus, hanno allontanato e discriminato le popolazioni maggiormente contagiate e il governatore della regione Lombardia ha puntualizzato l’appartenenza di alcuni Paesi all’Unione Europea: «Ci sono paesi in Europa che dovrebbero rivedere la loro appartenenza all'Unione dopo la discriminazione nei nostri confronti. Ricordo che siamo un’unica famiglia». Durante un’emergenza sanitaria talmente grave e complicata gli italiani, come dapprima i cinesi, sono stati considerati degli “untori”. Difatti, dal momento che il virus si è diffuso a partire dalla regione cinese di Hubei, è possibile affermare che l’untore, inteso come il Paese da cui il virus si è diffuso e dilagato, è la Cina che non è stata in grado, nonostante possedesse il tempo necessario per farlo, di isolare il virus e di bloccare ciò che in seguito è diventata una pandemia globale. Il Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, recentemente ha dichiarato la propria posizione in merito ai rapporti con lo Stato cinese considerandolo il principale se non l’unico responsabile e colpevole della diffusione del Covid-19 e della pandemia che è conseguita. Dalla Casa Bianca giunge la notizia che Washington pensa a sanzioni economiche contro la Cina, ma al contempo gli unici fattori che attualmente impediscono tensione ed astio tra le due forze mondiali sono proprio i rapporti economici: La Cina è di fatto il terzo partner commerciale degli Stati Uniti e di conseguenza i rapporti tra Washington e Pechino sono fondamentali, ancor di più nel momento in cui l’economia americana entra in una fase di dolorosa recessione e deve perciò pensare alla ricostruzione.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale dell'opera "Storia della colonna infame" di Manzoni?
- Come viene rappresentata la figura dell'untore nel contesto storico della peste del 1630?
- Quali critiche muove Manzoni alla società del Seicento nelle sue opere?
- In che modo il concetto di untore è stato reinterpretato nella storia moderna?
- Come si collega il concetto di untore alla pandemia di Covid-19?
L'opera analizza le responsabilità dei giudici nel processo ingiusto contro i presunti untori durante la peste del 1630, criticando l'ingiustizia e la corruzione delle istituzioni.
L'untore è visto come un capro espiatorio, un individuo accusato ingiustamente di diffondere la peste attraverso unzioni venefiche, riflettendo la paura e il panico collettivo.
Manzoni critica l'ingiustizia, l'arbitrio e la corruzione delle istituzioni, evidenziando come queste abbiano prevalso sugli innocenti e i deboli, alimentando superstizioni e cacce agli untori.
Il termine untore è stato usato metaforicamente per descrivere chi trasmette malattie come l'Aids, con casi di persone accusate di diffondere volontariamente infezioni.
Durante la pandemia di Covid-19, il concetto di untore è riemerso come meccanismo psicologico per identificare un colpevole, con la Cina spesso vista come responsabile della diffusione del virus.