Concetti Chiave
- Alessandro Manzoni nacque in un contesto familiare legato all'illuminismo lombardo, influenzato da Cesare Beccaria e Giovanni Verri, con un'educazione che lo avvicinò a ideologie giacobine e liberali.
- La conversione religiosa al cattolicesimo nel 1810 segnò un punto di svolta nella vita di Manzoni, influenzando la sua produzione letteraria, incluse le celebri "Inni sacri".
- Le tragedie di Manzoni, come "Il conte di Carmagnola" e "Adelchi", esplorano temi di giustizia, morale e lotta contro l'oppressione, mettendo in luce le contraddizioni tra interesse personale e ragione di stato.
- Manzoni riteneva che l'arte dovesse avere uno scopo morale, e criticava le convenzioni teatrali classiche, sostenendo che il realismo si basasse sulla coerenza piuttosto che su regole rigide.
- Nei suoi scritti, Manzoni difendeva la Chiesa cattolica su basi storiche e teologiche, opponendosi alla storiografia tradizionale che sottovalutava il ruolo delle masse e sosteneva la superiorità della morale cattolica.
Indice
Le origini e l'influenza familiare
Il legame di Manzoni con l’illuminismo lombardo non è solo culturale, ma anche “di sangue”: era infatti il nipote –da parte di madre - di Cesare Beccaria.
Sebbene suo padre fosse ufficialmente Pietro Manzoni, in pochi dubitavano che egli non fosse invece figlio dell’intellettuale Giovanni Verri.
Il matrimonio tra Pietro Manzoni e Giulia Beccaria –madre di Alessandro- finì presto: i due si separarono dopo poco tempo, e lei si trasferì a Parigi con Carlo Imbonati.
L'influenza parigina e la conversione
Dopo aver studiati diversi anni in collegio, Alessandro ricevette dal padre un’istruzione alquanto formale.
E’ in questo periodo che egli comincia ad avvicinarsi alle ideologie giacobine.
A Milano conosce anche il Cuoco e il Lomonaco, che lo fanno avvicinare anche alle ideologie liberali.
Nel 1805 muore Carlo Imbonati, e la madre lo prega di raggiungerlo a Parigi. E’ in quel periodo che Manzoni scrive “In morte di Carlo Imbonati”, in cui si ritrovano le idee di Parini e dell’illuminismo lombardo. Quest’opera è concepita come un dialogo intellettuale tra Imbonati e l’autore, nel quale egli mette in bocca all’interlocutore il proprio credo morale. La poesia sembra nascere in Manzoni da un’unione tra meditazione e sentimento.
A Parigi frequenta anche gli ultimi illuministi, in particolar modo Fauriel. Fauriel era un intellettuale illuminista ben disposto però anche verso le nuove idee romantiche provenienti dalla Germania. Grazie a lui, Manzoni passa ben presto all’ideologia romantica.
Nel 1810 avviene in Manzoni la conversione religiosa, favorita anche dalla conoscenza con gli ecclesiastici Eustachio Degola e Luigi Tosi.
Si narra che questa conversione improvvisa del Manzoni al cattolicesimo sia avvenuta in seguito ad un episodio particolare, durante il quale egli fu colto da un attacco di agorafobia.
In occasione di questo importante evento –la conversione religiosa al cattolicesimo - Manzoni compone gli Inni sacri.
Il decennio dei capolavori
Comincia un periodo di grande attività per Manzoni, quello che fu da molti definito “il decennio dei capolavori”, che va dal 1815 al 1825, in cui scrive tutte le sue opere più importanti.
Per quanto riguarda la vita privata, è un periodo molto tranquillo per il Manzoni, senza problemi economici, vissuto circondato dall’affetto della moglie e della madre.
La sfida della lingua e i lutti
A partire dal 1827 Manzoni capisce che risulta essere molto difficile conciliare in un romanzo invenzione e storia.
In questo periodo i suoi interessi riguardano soprattutto però la lingua. Per questo motivo si reca a Firenze, per impossessarsi del toscano, unica lingua comprensibile in tutta Italia.
Nel 1833 cominciano invece i lutti familiari: a partire da questa data muoiono infatti la moglie, otto dei suoi dieci figli, la madre e l’amico Fauriel.
La ripresa di Manzoni si avrà qualche tempo dopo, con un secondo matrimonio con Teresa Borri, vedova Stampa.
Nel 1860 Manzoni viene nominato senatore, e vota a favore del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, in attesa della liberazione di Roma.
Muore a Milano all’età di ottantotto anni.
Gli Inni Sacri e la fede
I primi quattro inni (Resurrezione, Natale, Il nome di Maria e la Passione) furono scritti e pubblicati nel 1815. Dovevano in origine essere 12, scritti per celebrare le principali festività del calendario liturgico.
Il quinto ed il sesto (la Pentecoste e Ognissanti) furono invece pubblicati molti anni più tardi.
Gli inni sacri nascono dalla volontà di Manzoni di comporre qualcosa di nuovo, in grado di interessare un numero maggiore di lettori. La sua deve quindi essere una poesia che non pochi, ma molti sono in grado di intendere ed apprezzare.
A questa convinzione si unisce l’entusiasmo per la fede trovata. Negli inni la religione non è però decantata nel suo mistero, ma viene anzi narrata come una storia umana e divina nello stesso tempo.
Il problema è però rappresentato dal linguaggio: il tentativo da parte del Manzoni di rifarsi alla tradizione popolare urta infatti con l’intento teologico celebrativo, che richiederebbe un linguaggio “di un certo livello”. La perfezione linguistica cercata viene raggiunta da Manzoni solo nella “Pentecoste”.
Ciascun inno consiste nella rievocazione storica di una vicenda religiosa, e nella sua esaltazione gloriosa.
Vi si ritrova lo spirito del cristianesimo nella sua interezza, fondato sull’uguaglianza tra gli uomini e sulla condanna verso gli oppressori.
La divinità non è solo consolazione, ma anche terrore.
Anche il mistero della vita e della morte – descritto nell’inno Ognissanti - è un tema molto importante per Manzoni.
Trattati morali e storici
Trattattistica morale e storiografica:[Nel decennio di grande attività, Manzoni riflette anche molto su problemi storici e morali. Scrive perciò:
1) Osservazioni sulla morale cattolica: sono una risposta all’opera di Sismondi, nella quale l’autore ritiene che la decadenza morale e politica degli italiani derivi dall’operato della chiesa cattolica a partire dalla controriforma.
Manzoni risponde su un piano teologico: la chiesa non ha origini umane, ma divine, e quindi la morale cristiana è assoluta e vera. A differenza quindi delle morali protestanti, quella cattolica è superiore, perché non soggetta alle relatività storica.
2) Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda in Italia:: questo discorso vuole documentare, in chiave storica, ciò che è trattato romanzescamente nella tragedia “Adelchi”. Anche in questi discorsi si vuole difendere la chiesa cattolica, ma stavolta da un punto di vista storico. Manzoni usa in quest’opera un linguaggio chiaro e moderno. La vecchia storiografia si è secondo lui interessante esclusivamente dei potenti, non delle masse che di essi hanno subito l’azione. Se analizziamo dunque la storia dal loro punti di vista,, è possibile rivalutare chiesa e papato, mentre risulterebbe invece negativa l’azione dei Longobardi, che hanno sempre tentato di integrarsi con i popoli dominati.
Questo trattato fu messo in appendice all’ “Adelchi”, quasi per voler contrapporre la storia-invenzione alla verità storica.
Già nella prefazione Manzoni afferma di essere contrario a ritenere l’arte una sorta di religione a cui sacrificare la propria vita: gli interessi della poesia sono invece piccoli, e al primo posto occorre collocare sempre le attività pratiche, e tutto ciò che può giovare alla felicità degli uomini.
L’arte non è inoltre indipendente: il suo fine deve essere morale e pratico.
Anche riguardo la struttura della tragedia, Manzoni ha delle chiare idee:
- il precetto dell’unità di tempo e luogo non ha senso, giacché lo stesso Aristotele, ideatore di tali regole, ne parò considerandolo un dato di fatto, non una regola. Così come non è vero che se tale regola non viene rispettata si perde il realismo della vicenda narrata: il realismo dipende solo dalla coerenza della scena rappresentata.
- E’ falsa l’idea –sostenuta da molti eccelsi astici, secondo cui se un dramma è esteticamente riuscito, allora esso non sia morale, e viceversa.
- Il coro è secondo Manzoni un cantuccio riservato all’autore: attraverso di esso, pur restando estraneo all’azione, egli può esprimere le proprie idee.
Nasce anche in quest’opera il problema del linguaggio: solitamente per le tragedie veniva utilizzato un linguaggio aulico molto lontano da quello in uso, ma ciò non era –a parere di Manzoni- realistico. Occorre dunque trovare un nuovo linguaggio, nel quale l’autore utilizza frequenti vocaboli di uso comune.
Lo spunto per questa tragedia deriva dall’opera “Storia delle repubbliche italiane”, di Sismondi, nella quale si rivalutava la personalità di Francesco di Bartolomeo Bussone, un capitano di ventura dell’inizio del ‘400, divenuto celebre con il nome di “conte di Carmagnola”.
Dopo aver militato sotto il Duca di Milano, Carmagnola era passato al servizio della Repubblica di Venezia, sua rivale.
Aveva così sconfitto i milanesi nella battaglia di Maclodio, presso Brescia. Poi però non aveva inseguito l’esercito sconfitto e aveva permesso che i suoi soldati liberassero i prigionieri.
I veneziani cominciarono, per questo motivo, a sospettare che egli avesse degli accordi segreti con il Duca di Milano.
Accusato di tradimento, il conte fu condannato a morte.
Sono in molti, anche presso gli storici delle epoche successive, a ritenere l’accusa di tradimento non infondata.
Sismondi e Manzoni, invece, sostenevano che egli fosse senza colpa, poiché liberare i prigionieri faceva parte del codice militare dell’epoca: egli è quindi una vittima.
Manzoni fa cominciare la vicenda narrata nella sua opera quando il conte ha appena ricevuto l’incarico di comandante da Venezia. La storia si svolge in sei anni, e termina con la condanna a morte.
Il conte è ovviamente un personaggio storico, tuttavia nella tragedia compaiono anche personaggi di pura invenzione, tra cui Marco, un senatore veneziano suo amico che lo tradisce per la ragion di stato.
Il protagonista ci appare come un uomo che vuole essere onesto anche in un mondo dominato dall’interesse e dall’ipocrisia. E’ un giusto contro una società ingiusta. Questa lotta tra giusto ed ingiusto non può che terminare con la morte.
Un altro tema narrato nella vicenda è quello delle lotte fra italiani, che così facendo facilitano la calata degli stranieri invasori nel nostro paese.
Anche nell’Adelchi c’è un invito rivolto al popolo italiano a non fidarsi dello straniero, e a prendere in mano il proprio destino. La situazione italiana è infatti angusta.
Adelchi vive in sé una doppia contraddizione: quella tra il suo desiderio di gloria che si scontra con ciò che può realmente ottenere.
Inoltre egli è il figlio di un re oppressore, ma coltiva sentimenti di giustizia e fratellanza. Anche lui conosce dunque bene il contrasto fra morale e ragion di stato.
Adelchi è il figlio di Desiderio, re dei Longobardi, che opprimono gli italici. Essi sperano nell’aiuto di Carlo Magno per liberarli dall’oppressione. Questa situazione è simile all’Italia di Manzoni, oppressa dagli austriaci.
Secondo Sismondi, dopo tanti anni di dominazione Longobardi e Latini, si erano fusi. La Chiesa, chiedendo aiuto a Carlo Magno, avrebbe invece impedito questa completa fusione e favorito un dominio straniero.
Secondo Manzoni, invece, la chiesa cercò di aiutare le masse contro l’oppressore.
In questa tragedia personaggi e fatti sono quasi tutti storici, sebbene alcuni episodi siano un po’ “falsati”. Ad esempio Adelchi non morì immediatamente, in seguito alle ferite di guerra riportate, come invece accade nella tragedia.
Ermengarda, sorella di Adelchi, è stata ripudiata dal marito Carlo Magno.
Desiderio, suo padre, vuole vendetta, e cerca di indurre il papato ad incoronare come imperatori i nipoti di Carlo.
Desiderio dichiara anche guerra ai franchi, ma Svarto, un duca longobardo, si appresta a tradirlo.
La guerra inizia, ma le truppe di Carlo Magno sono bloccate nella strettoia di Val di Susa, difesa da Adelchi. Arriva da Carlo il diacono Martino, e mostra una via per eludere il blocco.Adelchi è molto amareggiato.
Intanto i franchi sconfiggono i longobardi: sia Adelchi che Desiderio sono assediati.
Ermengarda, rifugiatasi in convento, scopre che Carlo Magno si è sposato con Ildegarda. Il dolore è tanto che la donna muore.
A Verona, dopo la resa di Desiderio, Adelchi viene ferito mortalmente. In punto di morte, egli esorta il padre a vivere una vita tranquilla, per patire ingiustizia né imporla.
Appare in questa tragedia il tema della provvida sventura e dell’intervento salvifico della grazia: Ermengarda ed Adelchi espiano la colpa del loro popolo, riscattandosi. Entrambi sono personaggi malinconici e romantici, divisi tra volere e potere: Ermengarda è combattuta tra la passione e la morte cristiana, mentre Adelchi ha aspirazioni che non può seguire a causa dei suoi obblighi.
Carlo Magno e Desiderio, sebbene avversari, sono due personaggi molto simili: entrambi non conoscono che il dovere dello stato.
1) La lettera al Signor C*** era una risposta alla recensione di Chauvet al conte di Carmagnola. In essa veniva criticata a Manzoni la mancanza di unità di tempo e di luogo.
Manzoni afferma invece che il suo compito è stato solo quello di cogliere i rapporti causa-effetto, che danno unità e coerenza all’azione: con la storia non è possibile limitarsi ad un solo luogo e sole ventiquattro ore di tempo.
Inoltre lo scrittore non deve inventare, ma attenersi ai fatti realmente accaduti e ricostruire quegli aspetti della storia che restano esclusi dalla storiografia: sentimenti, passioni…ecc.
Ovviamente bisogna che il romanziere resti fedele alla storia e alla realtà.
Così facendo, però, Manzoni finisce per attribuire al romanziere una conoscenza addirittura maggiore dello storico.
2) La lettera al marchese d’Azeglio sul romanticismo è stata scritta poiché quest’ultimo riteneva ormai superate le ragioni del romanticismo; Manzoni invece ne prende le difese.
Del classicismo Manzoni respinge l’uso della mitologia (assurda e falsa, e tale da generare idolatria), il concetto di imitazione e il rispetto delle regole classiche, la fede in un ideale immobile di bellezza.
Il racconto deve invece avere: utile per scopo, vero per soggetto e interessante per mezzo.
Domande da interrogazione
- Qual è l'influenza familiare di Alessandro Manzoni e come ha influito sulla sua formazione culturale?
- Come ha influenzato Parigi la vita e le opere di Manzoni?
- Quali sono le sfide linguistiche affrontate da Manzoni e come le ha superate?
- Qual è il significato degli "Inni Sacri" nella produzione di Manzoni?
- Come Manzoni ha affrontato il tema della storia nei suoi trattati morali e storici?
Manzoni era nipote di Cesare Beccaria, un legame che lo avvicinò all'illuminismo lombardo. Sebbene suo padre fosse ufficialmente Pietro Manzoni, si sospettava che fosse figlio di Giovanni Verri, un intellettuale. Questi legami influenzarono la sua formazione culturale.
A Parigi, Manzoni si avvicinò alle ideologie romantiche grazie a Fauriel e subì una conversione religiosa al cattolicesimo. Scrisse "In morte di Carlo Imbonati", riflettendo le idee illuministe e romantiche.
Manzoni si rese conto della difficoltà di conciliare invenzione e storia nei romanzi e si recò a Firenze per apprendere il toscano, l'unica lingua comprensibile in tutta Italia, per migliorare la sua espressione linguistica.
Gli "Inni Sacri" rappresentano l'entusiasmo di Manzoni per la fede ritrovata e il suo desiderio di creare una poesia accessibile a molti. Essi narrano la religione come una storia umana e divina, cercando un equilibrio tra linguaggio popolare e teologico.
Nei suoi trattati, Manzoni difende la Chiesa cattolica da un punto di vista teologico e storico, opponendosi alla storiografia tradizionale che si concentrava sui potenti. Sostiene che la morale cattolica è assoluta e superiore, e rivaluta la Chiesa come difensore delle masse oppresse.