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Concetti Chiave

  • La biografia di Giovenale è incerta e basata su ipotesi, ma si sa che nacque ad Aquino e visse come "cliens" prima di diventare poeta satirico.
  • Le sue satire, 16 in totale, sono composte in esametri e pubblicate in cinque libri, critiche verso la corruzione e i vizi dell'epoca.
  • Giovenale utilizza le satire per esprimere il suo disgusto verso la società romana, criticando l'ipocrisia, la corruzione morale e le ingiustizie.
  • La retorica scioccante e la virulenza delle sue satire erano finalizzate a "scioccare" il lettore, rendendo le sue opere un grande affresco dell'epoca.
  • Molte delle sue massime, come "mens sana in corpore sano" e "panem et circences", sono entrate nel linguaggio comune e riflettono le sue critiche sociali.
In questo appunto viene descritta la vita e le opere principali dell'autore di epoca romana Giovenale, che nacque ad Aquino, 50/65 e morì nel 140 ca d.C.. Si fa riferimento ai contenuti delle sue satire, opere tra le più importanti. Sono riportate anche delle considerazioni finali su Giovenale e il suo pensiero letterario.

Indice

  1. Vita di Giovenale
  2. La triste condizione di "cliens" e l'esilio
  3. Opera
  4. I contenuti
  5. Considerazioni
  6. Il ruolo "scioccante" della retorica
  7. Giovenale vero poeta?
  8. Massime famose

Vita di Giovenale

Biografia incerta: della biografia di Giovenale ignoriamo quasi tutto: ciò che è possibile ricostruirne non può che reggere su ipotesi, le quali del resto si possono dedurre dalla sua stessa opera (a meno che non si tratti, nei brani dove si pensa di cogliere un'allusione, di semplici finzioni letterarie).

Così, adottato da un ricco liberto, Giovenale fu probabilmente soldato e poi maestro di scuola, prima di redigere, a Roma e già in età avanzata (forse quarantenne), le 16 "Satire" che compongono la sua opera.

Forse esercitò l’avvocatura, ma probabilmente con scarso successo. Non mostra amare, invece, la filosofia.

La triste condizione di "cliens" e l'esilio

Il nostro poeta visse nella disagiata condizione di "cliens", come il suo amico Marziale (ha contatti anche con Stazio e Quintiliano): ma forse questa condizione > [Bellandi]. Giovenale, Decimo Giunio (2) articoloGiovenale conobbe anche rovesci di carriera, o per lo meno si creò delle inimicizie (forse proprio a causa delle allusioni più o meno esplicite contenute nella sua opera): per questo motivo, a 80 anni, sarebbe stato fatto governatore dell'Egitto dall'imperatore Adriano (in realtà, si sarebbe trattato di un esilio). E lì sarebbe morto, di sicuro dopo il 127 (ultimo accenno cronologico rinvenibile nelle sue satire).

Opera

Giovenale scrisse "Satire"(100-127 d.C.?), in esametri, in numero di 16 (l’ultima è incompleta) e per un totale di 3870 versi ca., pubblicate – forse da lui stesso – in 5 libri, che uscirono dopo la morte di Domiziano, quando cioè il clima politico lo permise; le satire sono disposte nella raccolta in ordine cronologico: 5 nel I libro, 1 nel II, 3 nel III e nel IV, 4 nel V.

I contenuti

Eccone brevemente i contenuti:
  • nella I satira, proemio programmatico, il poeta critica le inutili pubbliche declamazioni e afferma che piuttosto il disgusto per la corruzione morale dilagante lo spinge a scrivere, e che però, per evitare le più che certe reazioni violente degli uomini del suo tempo, parlerà dell’immoralità dei tempi passati (l'ambientazione abbraccia principalmente l'età Giulio-Claudia e l'età dei Flavi);
  • la II bersaglia l’ipocrisia in generale, l’omosessualità in particolare (come la IX): sono chiamati in causa anche gl'imperatori Ottone e Domiziano;
  • la III parla di Umbricio, amico di Giovenale, costretto ad allontanarsi da Roma e a preferire la provincia perché non resiste al caos e allo spettacolo dei vizi che la inquinano (di cui causa non minore sono gl'immigrati greci);
  • la IV, sferzante, è contro la cortigianeria e lo stupido uso del potere (in particolare, vi si narra la famosa storia di un grosso rombo che si fa pescare per essere offerto a Domiziano, il quale convoca un consiglio di militari per decidere in che modo cuocerlo);
  • la V descrive l’umile condizione dei "clienti" (cui è preferibile addirittura l'accattonaggio) e l’arroganza dei padroni durante i banchetti (cui contrappone il proprio, frugale, nell’ XI);
  • la VI, la più lunga (661 vv.) e certamente la più famosa, costituisce un attacco veemente contro i vizi delle donne, tutte corrotte, nobili o di umili origini che siano (è la satira che, tra l'altro, ha fatto passare alla storia la moglie dell’Imperatore Claudio, la famigerata Messalina, come esempio di donna dissoluta e depravata);
  • la VII depreca la triste condizione dei letterati e degli intellettuali, in tempo di assente mecenatismo (solo il principe può porvi rimedio);
  • l’ VIII afferma che l’unica vera nobiltà è quella dell’anima, che agisce secondo virtù e che è lontana dagli eccessi (com’è ribadito nella X, in cui - in particolare - Giovenale ironizza sui falsi beni che gli uomini son soliti chiedere agli dei);
  • la XII esprime la gioia del poeta perché il suo amico Catullo è scampato da un naufragio; ma oggi in roma, infestata com'è dai cacciatori d'eredità, nessuno può capire ed apprezzare la sua felicità disinteressata;
  • la XIII consola l’amico di Giovenale, Calvino che, fiducioso, ha prestato denaro che poi non gli è stato restituito: è un fatto normale oggigiorno, e la punizione arriva sempre tardi;
  • la XIV tratta della responsabilità dei genitori nell’educazione dei figli, da attuarsi non con l’imposizione, ma soprattutto tramite l’esempio; al cattivo esempio dei contemporanei, poi, è decisamente preferibile la moderazione dei buoni tempi antichi;
  • la XV prende spunto da un episodio di cannibalismo verificatosi in Egitto nel 127 per attaccare superstizione e fanatismo religiosi;
  • la XVI, come detto frammentaria, elenca infine i privilegi della carriera militare.

Considerazioni

Satira "necessaria" di un provinciale contro il "sistema": Giovenale non crede che la sua poesia possa influire sul comportamento degli uomini, giudicati prede irrimediabili della corruzione: la sua satira - ispirata in particolare a Lucilio ed Orazio, ma non aliena dalle suggestioni della diàtriba cinico-stoica - si limiterà a denunciare, a gridare la sua protesta rancorosa ed astiosa ("indignatio", placata - apparentemente? - solo verso la fine, a partire dalla satira X, e soprattutto nelle XV e XVI), senza coltivare illusioni di riscatto, rifiutando in toto la connotazione consolatoria del pensiero moralistico tradizionale romano.

L’invettiva e il sarcasmo di Giovenale, allora, sono rivolti contro tutto il "sistema" (soprattutto nei suoi gangli rappresentativi), quel sistema che lo ha emarginato (il "democraticismo" del poeta è così solo apparente) e che gli fa rimpiangere, ed idealizzare, la tradizione nazionale e repubblicana, coi suoi valori morali e politici, oramai mortificati. La scelta programmatica del genere satirico è, quindi, per il poeta una necessità, dettata dall'ipocrisia e dai vizi che lo circondano (ai suoi tempi, egli dice francamente, "difficile est saturam non scribere"), anche se - come già detto - ambienti personaggi e soggetti sono scelti, con molta cautela, dal periodo precedente.

Nella civiltà che gli sta intorno, Giovenale ha - ad esempio - in orrore tutto ciò che non è "romano", nella buona tradizione del termine: detesta gli orientali, l'ellenismo, i liberti arricchiti, tutto ciò che, a suo giudizio, sottrae ai romani le proprie conquiste. Ma non detesta meno i senatori che non hanno il coraggio di opporsi al tiranno, o le donne che si fanno beffe della fedeltà coniugale e rendono la vita del proprio marito un lungo martirio. In ogni modo, combatte con pari vigore tanto i vizi (di cui talora pur sembra avvertire il pericoloso fascino) e le semplici forme di ridicolaggine, la donna che pratica aborti come la pedante.

Il ruolo "scioccante" della retorica

Ci si può chiedere fino a che punto queste satire non siano anzitutto delle "amplificazioni", espressioni volontarie di estremismo, che non meritano di essere confuse con delle testimonianze obiettive (anche se, indubbiamente, ci propongono un grande affresco dell'epoca). Le "Satire" recano difatti, e in modo forte, l'impronta della retorica: declamatore, Giovenale lo è per i temi che affronta ("luoghi comuni" sui costumi del tempo, la povertà, la ricchezza, ecc, topoi in cui più evidente è l'influsso della diàtriba), e più ancora per il tono che lo distingue, fatto di una virulenza appassionata che si propone di "aggredire" e "scioccare" il lettore e di un'eloquenza che hanno contribuito a modificare fortemente l'evoluzione del genere satirico. E alla violenza dell’ "indignatio" (e alla mostruosità del mondo che ne è oggetto) s’addice - quasi per contrasto - un’altezza di tono e una grandiosità di stile che accostano la satira - rivoluzionariamente - alla tragedia, analogamente "sublime".

Giovenale, Decimo Giunio (2) articolo

Giovenale vero poeta?

Giovenale, dunque, > [Terzaghi].

Massime famose

Infine, di Giovenale sono i celeberrimi detti - passati oramai nel comune odierno buon senso - che vanno dall’ottimistica "mens sana in corpore sano" agli amari "quis custodiet ipsos custodes?" e "panem et circences" di cui si accontenterebbero tanti uomini non desiderosi d’altro, secondo lui, appunto che di mangiare e divertirsi.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le principali opere di Giovenale?
  2. Giovenale è noto per le sue "Satire", un'opera composta da 16 satire scritte in esametri, pubblicate in 5 libri dopo la morte di Domiziano.

  3. Qual è il tema centrale delle satire di Giovenale?
  4. Le satire di Giovenale criticano la corruzione morale e i vizi della società romana, utilizzando un tono sarcastico e indignato per denunciare l'ipocrisia e i difetti del suo tempo.

  5. Qual era la condizione sociale di Giovenale e come ha influenzato la sua opera?
  6. Giovenale visse come "cliens", una condizione di dipendenza economica che lo portò a sviluppare un forte risentimento verso il sistema, influenzando il tono critico e astioso delle sue satire.

  7. Come viene utilizzata la retorica nelle satire di Giovenale?
  8. La retorica nelle satire di Giovenale è usata per amplificare i temi trattati, con l'intento di scioccare e aggredire il lettore, contribuendo a un'evoluzione del genere satirico verso una forma più drammatica e sublime.

  9. Quali sono alcune delle massime famose di Giovenale?
  10. Tra le massime famose di Giovenale ci sono "mens sana in corpore sano", "quis custodiet ipsos custodes?" e "panem et circences", espressioni che riflettono il suo pensiero critico sulla società.

Domande e risposte