Concetti Chiave
- Tito Livio, nato a Padova nel 59 a.C., visse durante le guerre civili tra Marco Antonio e Ottaviano, evento che influenzò la sua gioventù.
- La sua opera "Ab Urbe Condita" è un monumentale lavoro storico che narra la storia di Roma dalle origini fino alla battaglia di Teutoburgo in 142 libri, sebbene incompleto.
- Solo 35 dei 142 libri originali sono giunti fino a noi, coprendo periodi chiave come le guerre sannitiche e la seconda guerra punica.
- Livio è noto per il suo approccio conservatore e filo-repubblicano, e per la sua capacità di narrare la storia con un'enfasi sui personaggi e le loro motivazioni personali.
- Stilisticamente, è riconosciuto per la "lactea ubertas", un'abbondanza fluente nei testi, nonché per la "patavinitas", un accento padovano che influenzò il suo latino.
Tito Livio
Nato a Padova nel 59 a.c., Livio cresce negli anni delle guerre civili tra Marco Antonio e Ottaviano (evento che gli impedì di intraprendere il tradizionale viaggio in Grecia in gioventù).
L’opera Ab Urbe Condita
Stabilitosi a Roma dopo l’inizio del regime augusteo, avviò la scrittura di un’opera storica monumentale, ritornando allo stile annalistico (raccontare la storia descrivendo gli eventi anno per anno) dopo la deriva monografica (raccontare un singolo evento, come una guerra) di Sallustio e Cesare, raccontando la storia romana dalle origini (Romolo e Remo) fino ai suoi giorni (lasciando però l’opera incompleta, arrivando a raccontare fino alla battaglia di Teutoburgo) in 142 libri. Nelle intenzioni originarie delle autore, l’opera avrebbe forse dovuto contare 150 libri.Ai giorni nostri sono giunti in totale 35 libri, ovvero solo i libri dal primo al decimo, che raccontano dalle origini (753 a.c.) fino al 290 a.c. (le guerre sannitiche) e dal ventunesimo (seconda guerra punica, 218 a.c.) fino al quarantacinquesimo (guerre in Macedonia, 168 a.c.). Le parti mancanti sono integrate da riassunti (le periochae), scritti con l’opera intera a disposizione qualche secolo dopo la morte di Livio.
È chiara la sproporzione nel rapporto tra lunghezza dell’epoca storica e numero di libri che la narrano: la storia più antica è quasi priva di documenti scritti, ed è dunque raccontata più velocemente dall’autore; col progredire delle epoche, aumenta l’entità delle fonti e dunque i libri necessari a raccoglierle e raccontarle.
I libri furono pubblicati, nel corso degli anni, a gruppi di cinque (pentadi) o dieci (decadi => Discorso intorno la prima deca di Tito Livio, Machiavelli).
Politicamente, Livio è un conservatore filo-repubblicano che vive agli albori del regime augusteo, che aveva ormai consolidato la presa sul sistema socio-politico romano. Nonostante le proprie convinzioni lontane dal regime imperiale, Livio venne comunque tollerato da Augusto (che definiva scherzosamente lo stesso autore come Pompeianus, repubblicano). Tito Livio, narrando il passato, dimensione a lui più cara, cercava di fuggire dal presente a lui avverso (fuga dalla crisi).
Livio venne anche definito candidus (albus è bianco opaco, mentre candidus il bianco lucido) in riferimento alla sua grande attendibilità e alla sua imparzialità: egli tende infatti a deformare poco i fatti accaduti, seppur con la naturale tendenza, per esempio, a mettere in buona luce il Senato.
Un altro aggettivo riferito spesso a Livio è exornator rerum, un “abbellitore” dei fatti raccontati, in cui si conferisce più importanza all’approfondimento psicologico dei personaggi (come se la storia fosse mossa da ragioni personali, le cosiddette peripezie, più che politiche).
Le fonti, adottate non in base all’ attendibilità ma all’interesse suscitato nel lettore (generando quindi alcune imprecisioni), spaziano dagli antichi Annales agli autori greci come Polibio e altri storici minori.
Il maggiore spazio riservato ai personaggi, più che ai fatti, ha conferito alla storiografia di Livio un aspetto quasi “tragico”, la “maestà epica” osservata dal critico Conte.
Per quanto riguarda lo stile, a Livio sono state abbinatue due espressioni:
- Lactea ubertas, abbondanza che scorre come il latte, in riferimento alla ricchezza dei testi, prolissi ma scorrevoli (rispetto, per esempio, all’incisività di Cesare).
- Patavinitas, padovanità, ovvero l’accusa di essere “troppo padovano”, non è chiaro se in senso linguistico (per il latino che adotta nelle opere, provinciale e dialettale) o in riferimento alla mentalità conservatrice e provinciale.
Domande da interrogazione
- Chi era Tito Livio e quale contesto storico influenzò la sua vita?
- Qual è la struttura e l'intento dell'opera "Ab Urbe Condita"?
- Quali parti dell'opera di Livio sono giunte fino a noi e come sono state integrate le parti mancanti?
- Come viene descritto lo stile di scrittura di Tito Livio?
- Qual è l'approccio di Livio alla storiografia e quali critiche ha ricevuto?
Tito Livio nacque a Padova nel 59 a.C. e visse durante le guerre civili tra Marco Antonio e Ottaviano, un periodo che gli impedì di viaggiare in Grecia in gioventù.
"Ab Urbe Condita" è un'opera storica monumentale di Tito Livio, composta originariamente da 142 libri, che narra la storia di Roma dalle origini fino alla battaglia di Teutoburgo, con l'intento di coprire fino a 150 libri.
Sono giunti 35 libri dell'opera, coprendo le origini di Roma fino al 290 a.C. e dal 218 a.C. al 168 a.C. Le parti mancanti sono state integrate da riassunti chiamati "periochae".
Lo stile di Livio è descritto come "lactea ubertas", ricco e scorrevole, e "patavinitas", con un accento padovano, che può riferirsi al suo latino provinciale o alla sua mentalità conservatrice.
Livio è considerato un "exornator rerum", abbellitore dei fatti, con un focus sull'approfondimento psicologico dei personaggi, conferendo alla sua storiografia un aspetto quasi "tragico" e "epico".