martina_bragano
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Indice

  1. Età classica
  2. Periodo storico
  3. Teatro e tragedia
  4. Storiografia

Età classica

Età che produce i classici, rappresenta l’apice dello splendore in Grecia e in particolare di Atene, centro politico e culturale. Anni dell’esperienza della democrazia radicale di Pericle, in cui catalizza tutta l’attenzione sulla fioritura culturale e politica della città, anche dal punto di vista estetico. Grande attenzione per la classe politica nei confronti della cultura.
Dal 479 con la battaglia di Platea che segna il passaggio dall’età arcaica a quella classica al 323 con la morte di Alessandro Magno.

Periodo storico

Caratterizzato dalle guerre persiane e dall’importanza data alle poleis, come Atene, che diventa il principale luogo di immigrazione da parte di quegli intellettuali dell’Asia Minore che volevano sfuggire alle guerre persiane.
Vi è anche una considerevole trasformazione militare, grazie ad una nuova flotta molto più forte, infatti la vittoria di Salamina è stata possibile grazie all’intervento della flotta ateniese.
Intanto le diverse città dell’Asia Minore si stringono intorno alla Lega Delio Attica e godono così della protezione di Atene mediante un tributo e il rifornimento di materiali.
Atene diventa imperialistica, poiché deve ricostruire dalle fondamenta tutte quelle città che erano state rase al suolo dalle guerre persiane.
Nell’età di Pericle, Atene diventa una democrazia radicale, la cui politica viene aperta anche ai cittadini delle classi più povere. Grazie a questo tipo di democrazia, Atene attua così la sua rinascita culturale. Nasce quindi, a partire dal V secolo aC, la rivalità tra Atene e Sparta, che fino ad allora erano alleate, ma che troverà un periodo di pace di 50 anni, che prende il nome di Pentecotetia, in cui le due città si ignoreranno e ci sarà una situazione di progresso soprattutto per Atene.
Nel 430 inizia la guerra del Peloponneso che dura 25 anni. Arriva una pestilenza che uccide Pericle al quale succede Cleone, un guerrafondaio, ma Nicia nel 421 ristabilisce la Pace.
In Sicilia Alcibiade viene sconfitto nel 413 e processato in contumacia, poiché in quel periodo si trovava a Sparta. Nel 404 ci fu la battaglia di Egospotami con la sconfitta di Atene, ma verrà sancita una pace duratura che portò all’instaurazione di una diarchia dei 30 tiranni.
Nel 338 a Cheronea vengono distrutte le poleis e ciò porta alla caduta del mondo greco.

Nella letteratura di quel periodo nascono la prosa e la poesia drammatica, mentre la scrittura prende piede. Viene inventato il ditirambo (antica forma di lirica corale greca) e fioriscono nuovi generi letterari e alcuni movimenti filosofici (sofisti: pone al centro della riflessione l’uomo).
Nasce la figura di un nuovo intellettuale, prima portavoce di un gruppo, ora solamente di se stesso e che cerca di scardinare le regole di vita delle poleis.

Teatro e tragedia

Da certi punti di vista, la tragedia si colloca all'interno della tradizione poetica precedente, sia epica che lirica, non solo perché ne deriva alcuni strumenti espressivi (l'uso del trimetro giambico, la struttura metrica e stilistica delle parti corali), ma soprattutto perché utilizza lo stesso materiale della poesia epica, vale a dire il mito (con alcune varianti), infatti la resa era ottima poiché gli spettatori conoscevano già il finale. Tuttavia, rispetto all'epica, si verifica una straordinaria novità: i personaggi si staccano dalla trama del racconto per agire autonomamente sulla scena e non sono presentati da un narratore esterno, bensì compaiono davanti al pubblico come distinte individualità, provviste ciascuna di una propria vita psicologica.
Il coro canta e danza, l’attore recita e declama, anche se talvolta vi sono sezioni cantate dall'attore (le monodie); il testo è accompagnato dalla musica, eseguita da flautisti e altri suonatori. Anche l'apparato scenico è costituito da macchine, maschere, costumi e scenografie.
I teatri erano di forma semicircolare (il suono era più bello): κοινών (platea), σκηνή (camerino), προσκήνιο (palco).
Gli spettacoli teatrali di Atene si svolgevano in occasione delle Grandi Dionisie. Altre feste minori sempre in onore di Dioniso, le Lenee furono istituite successivamente. Queste venivano celebrate con spettacoli teatrali generalmente comici: i maggiori poeti tragici preferivano riservare le loro opere per le Dionisie. In quanto festa cittadina, le Dionisie erano organizzate dallo Stato e poste sotto la sovrintendenza dell'arconte eponimo; quest'ultimo, appena assunta la carica, provvedeva a scegliere tre cittadini fra i più ricchi (corego) ai quali affidare la coregia, ossia l'allestimento degli spettacoli di cui dovevano sostenere le spese. La coregia era dunque una “liturgia”, ossia uno degli obblighi cui l'Atene democratica sottoponeva i cittadini più abbienti, che erano tenuti a finanziare i servizi pubblici. Poteva accadere che il corgo prescelto dall'arconte rifiutasse, sostenendo di non essere in grado di accollarsi una simile spesa; in tal caso era tenuto a indicare un cittadino più abbiente al quale trasferire l'incarico. Quest'ultimo era costretto a decidere se accettare la coregia o rifiutare: il rifiuto comportava l'obbligo di barattare il proprio patrimonio con chi l'aveva indicato.
• il 1o giorno: ditirambi (cori), pomeriggio nell’odeon (piccolo teatro) e infine i proagoni (riassunto tragedie)
• dal 2o al 4o giorno: tre tragedie per ogni tragediografo
• il 5o giorno: agoni comici
Generi del teatro:
• tragedia: inizia bene e finisce male, il finale è però psicologico ed educativo
• commedia: inizia e finisce bene
• dramma satirico: parodia del mito
• tetralogia: 3 tragedie e 1 satira
L'azione drammatica consente la possibilità di scavare nei personaggi, nella loro psicologia, nelle loro motivazioni, in sostanza di dare profondità alle figure del mito.
Il fine della tragedia non era soltanto spettacolare: l'esperienza teatrale, infatti, diventa l'occasione per una sorta di psicodramma collettivo, in cui è coinvolta tutta la città.
Lo spettacolo tragico nella Grecia classica è un’esperienza capace di coinvolgere l'intera popolazione in una riflessione collettiva sulla cultura della πόλις.
Sono tre gli elementi principali:
1. il dolore: la tragedia mette sulla scena la sofferenza (πάθος: imparare soffrendo) di un eroe, la cui sorte lo
conduce a spezzarsi contro le prove della vita, e questa è una metafora del destino umano nel suo complesso. La sciagura può derivare da un errore, da una colpa, da un'antica maledizione che si trasmette di padre in figlio o da un oscuro progetto del destino, oppure può essere totalmente assurda, crudele e ingiusta.
2. la scelta: è tipica dell'intreccio tragico mostrare l'eroe davanti a due possibilità, entrambe dolorose: la decisione, qualunque essa sia, non lo porta alla salvezza, bensì a nuove sofferenze.
3. il destino: i personaggi del mito tragico se da un lato sono liberi di scegliere e di agire autonomamente, dall'altro la loro libertà è limitata da forze esterne, con cui si scontrano: gli dei, i nemici umani, il caso, il fato o la comunità con le sue leggi e i suoi vincoli.
Il contributo antico fondamentale per l'analisi del fenomeno tragico si deve ad Aristotele, che elaborò una teoria basata anzitutto sui concetti di μίμεσις (imitazione della realtà in cui lo spettatore si immedesima) e κάθαρσις (purificazione che prevede una profonda empatia tra il pubblico e l’azione drammatica):
• con la parola μίμεσις Aristotele alludeva alla fondamentale funzione espressiva della poesia, che consiste nel
generare una realtà fantastica, modellata sulla realtà ma tuttavia diversa da essa: una realtà particolare, dunque, che obbedisce a leggi sue proprie. Lo spettatore più sapiente è «colui che più si lascia ingannare», ossia trascinare dalla profonda emozione generata dall'illusione teatrale, dimenticando completamente che si trova davanti a una finzione e identificandosi con i personaggi che rappresentano in scena azioni e passioni. L'elemento estetico si unisce a un elemento psicologico.
• la tragedia “attraverso la pietà e il terrore produce la purificazione (κάθαρσις) da simili emozioni”. Il termine κάθαρσις può avere contemporaneamente un valore magico e medico. Prevede una profonda empatia tra il pubblico e l'azione drammatica, mediante la quale gli spettatori si identificano con le passioni rappresentate sulla scena. Il fine della tragedia non è dunque soltanto estetico ma anche psicologico ed educativo.
L'origine della tragedia costituisce uno dei problemi tradizionali della filologia classica. Con la Poetica, Aristotele, che fu il primo a formulare una teoria complessiva sul genere tragico: essa nasce da origini improvvisate e da coloro che intonano il ditirambo.
Oscura è anche l'etimologia di “tragedia”. Si distinguono chiaramente le radici di ωδή (canto) e τράγος (capro): sarebbe quindi “il canto del capro”. Già gli antichi ignoravano il valore preciso dell'espressione e immaginavano che si riferisse ai satiri camuffati da demoni caprini, oppure al capro assegnato come premio al vincitore dei primitivi agoni mimetici.
La maschera è ciò che consente a una persona dì alienarsi da sé, assumendo agli occhi degli altri una natura differente attraverso il mutamento del primo e fondamentale aspetto dell'identità personale, vale a dire il volto.
Subito prima degli spettacoli aveva luogo “proagone”, cioè l'anteprima delle tragedie: poeti, coreghi, cori, attori sfilavano nell’Odeon (un edificio presso il teatro, normalmente adibito a concerti musicali) e presentavano al pubblico i drammi che erano in procinto di mettere in scena.
Agli spettacoli partecipava la collettività interna; probabilmente già nel secolo V a.C. erano ammessi anche donne, bambini e schiavi.
Struttura della tragedia:
1. la tragedia inizia generalmente con un προλογος ( «discorso preliminare»), che può essere costituito da un monologo oppure da un dialogo. In Eschilo e Sofocle il prologo è spesso dialogico e coincide di solito con l'inizio dell'azione drammatica vera e propria, come nell'Edipo re di Sofocle, che si apre con le parole dello stesso protagonista.
2. l'entrata in scena del coro (πάροδος) costituiva originariamente il momento iniziale della tragedia; il coro arrivava attraverso i corridoi laterali (πάροδοι) e si disponeva al centro dell'orchestra. Talvolta prologo e parodo coincidono: questo avviene soltanto in Eschilo (nelle Supplici e nei Persiani) e fa supporre che tale pratica appartenesse a una fase arcaica.
3. solo dopo l'entrata del coro inizia a dispiegarsi l'azione scenica vera e propria, attraverso tre o più (5 di solito) episodi recitati (ma spesso con sezioni cantate) dagli attori che entrano successivamente sulla scena. Mentre le pause erano gli stasimi. Secondo la tradizione, l'attore era in origine uno solo, che dialogava con il coro; sarebbe stato Eschilo a introdurre il secondo attore (deuteragonista) e Sofocle il terzo (tritagonista).
4. la tragedia si concludeva con l’esodo.
Nel dialogo interviene anche il coro (12-15 persone), generalmente solo con brevi battute di commento affidate al corifero, ossia al capocoro. Il dialogo tragico è fortemente stilizzato e si sviluppa in forme tipiche: in particolare, la ρήσεις (discorsο), la sticomitia (battuta di un verso solo), la monodia (canto a solo):
• la ρήσεις, è un lungo brano recitato da parte di un personaggio; si tratta di una modalità espressiva tipica dei
messaggeri, che entrano in scena per narrare eventi che non possono essere direttamente rappresentati davanti agli occhi degli spettatori (come le scene di sangue). La ρήσεις, compare anche all'interno delle parti dialogate: è tipicamente con due ρήσεις contrapposte che due personaggi si affrontano sulla scena nel cosiddetto agone, in cui ciascuno sostiene le proprie ragioni.
• la στιχομυθία si verifica nei momenti più concitati, quando i personaggi si scambiano una serie di battute di un verso ciascuna; essa può prolungarsi per pochi versi oppure occupare uno spazio maggiore. Quando un verso è diviso tra due personaggi si parla invece αντιλαβή.
• la μονώδια è un brano cantato da un attore in metri lirici, generalmente nei momenti di maggiore tensione patetica. Talvolta le parti cantate consistono in un duetto tra il coro e l'attore o tra due attori.
Le modalità di recitazione erano di due tipi (oltre al canto): la recitazione vera e propria, in trimetri giambici, e una forma di recitativo accompagnato dal suono del flauto, detta παρακαταλογή (forma espressiva già nota alla lirica arcaica).
Eschilo: solennità, personaggi monolitici senza spessore psicologico, rapporto ate-genos (colpa-stirpe), dèi garanti di giustizia, trilogia legata, senso di giustizia e ottimismo.
Sofocle: eroi tragici che si stagliano soli sulla scena, profondità ed evoluzione psicologica, dèi incomprensibili, pessimismo.
Euripide: inquietudine dell’animo umano, influenza della sofistica e della retorica, dèi beffardi e malvagi, cinismo.
Teatro comico: Aristofane
Commedia in forte rapporto con la politica contemporanea, è quasi satira politica. Parabasi = sezione della commedia in cui si assiste all’abbattimento della quarta parete e al dialogo con il pubblico (cfr. onomastì komodein = insultare chiamando per nome)

Storiografia

nasce in Asia Minore a Mileto (=filosofia) da simile indagine sulle cause del mondo. I primi logografi si limitano a raccogliere singoli eventi degni di nota, i primi storiografi invece cercano un leitmotiv che metta gli eventi in relazione tra di loro.
Erodoto: “padre” della storia perché dà unità interpretativa a pluralità di storie (al contrario dei logografi). Scopo = conservare memoria di grandi imprese (=epos). Relativismo culturale. Importanza autopsia.
Tucidide: inventore metodo storiografico scientifico. Scopo = κτῆμα ἐς αἰεί = storia come insegnamento, no intento edonistico. Storia politico-militare (guerra del Peloponneso). Analisi delle cause e accertamento delle fonti. Per lettura individuale, no pubblica.
Senofonte: continuatore opera tucididea (Elleniche) e anticipatore mondo ellenistico. Individualismo vs legame con polis + predilezione per monarchia/oligarchia. Vasta produzione: monografie storiche, biografie, scritti socratici, opuscoli. Tendenza autobiografica, quasi diaristica (Anabasi anticipa commentarii).

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