Concetti Chiave
- La vita di Kierkegaard, influenzata dalla religiosità paterna e dalle sue fragilità personali, ha avuto un impatto decisivo sul suo pensiero filosofico.
- L'uso di pseudonimi da parte di Kierkegaard rappresenta una fuga dalla realtà e un mezzo per esprimere verità senza essere identificato nella società.
- Kierkegaard sviluppa una visione critica della massa, considerandola un'entità che sopprime la soggettività individuale, portandolo a margini della società.
- La sua fede travagliata e martiriale, influenzata dalle esperienze personali, è centrale nella sua filosofia, culminando nel concetto di sacrificio come in "Timore e tremore".
- Kierkegaard critica l'astrattezza dei pensieri di Fichte ed Hegel, focalizzandosi invece sulla concretezza dei vissuti individuali e l'importanza della scelta personale.
Indice
Filosofie a confronto
Interessante la biografia, una vita abbastanza normale, che è stata decisiva nel condizionare il suo pensiero, un ruolo decisivo lo ha avuto Michael suo padre, dedito inizialmente alla pastorizia faceva parte dei Fratelli Moravi, era quasi una setta religiosa di predicatori ambulanti che giravano nelle parrocchie più sperdute a pronunciare i loro sermoni, discorsi ai danesi in luoghi di periferia, ed erano discorsi che ruotavano sul senso dell’inferno, sul valore del dolore, e sulla necessita di un risveglio spirituale. Da giovane si era trasferito a Copenaghen e lì, dopo essersi occupato di pastorizia, in un ambiente rurale aveva trovato occupazione in una maglieria, nella fabbrica di uno zio, e poi aveva fatto una sua scalata, aveva messo vicino un po’ di soldi, si era messo in affari, e aveva intrapreso questa attività commerciale senza abbandonare l’interesse allo studio. Nel 1794 il padre si era sposato ma solo dopo 2 anni la moglie era morta senza avergli lasciato eredi, e qualche mese dopo era rimasta incinta la serva e questo Michael si era sposato con la serva, da questa serva avrà 7 figli, l’ultimo dei 7 sarà Kierkegaard. Quando nasce il padre aveva 56 anni e la madre 44, per il tempo era una età molto avanzata per avere bambini, tanto è vero che Soren viene indicato come il figlio della vecchiaia. E come accadeva in queste situazioni erano chiamati così questi bambini nati tardi che erano malaticci, venivano chiamati Tarati e non fa eccezioni, era debole. Tutti questi saranno fatti decisivi sia perché avrà grossi problemi di salute sia perché la situazione sia di salute che familiare condizionerà la religiosità di Kierkegaard e perché sarà abbastanza complesso il rapporto che avrà con il padre.Nel 1830 Kierkegaard si iscrive alla facoltà di teologia e non sarà uno studente modello, ci metterà 10 anni a laurearsi perché era molto disordinato nel modo di studiare e si faceva distrarre, la sua fortuna sarà di avere alle spalle un padre che riuscirà a mantenerlo. Nel 1838 pochi mesi prima che il padre stesso morisse avviene un fatto che nei dialoghi chiamato “il grande terremoto” secondo il quale si pensa che Kierkegaard avesse capito le incoerenze di un padre che aveva idealizzato, per alcuni storici era venuto a conoscenza del tradimento paterno, prima che questo morisse, per altri questo terremoto era legato a delle crisi di fede, che questo padre aveva mostrato, il grande terremoto viene segnato come un anno di svolta e descrive la rottura decisiva con questa figura paterna. Kierkegaard inizia la sua vita più tardi, si laurea nel 1840 con una tesi sull’ironia socratica, intraprende una storia con un’aristocratica, Regina Holsen, figlia di un consigliere di stato, una ragazza molto più giovane di lui e anche questo fidanzamento sarà molto travagliato perché Kierkegaard era una persona irrequieta e sempre insicura, mette più volte a repentaglio la sua storia, fino a concluderla malamente e siccome era figlia aristocratica, non gliela perdona e verrà bersagliato nella piccola Copenaghen. A nulla servirà il tentativo di farsi perdonare, dopo aver pubblicato molti libri morirà nel 1855 ormai malato e debole. Una vita abbastanza semplice ma che fa tutt’uno la sua filosofia, vita di una persona fragile, le sue debolezze vanno dagli insuccessi dello studio, al rapporto complesso con il padre. Ne parla nelle pagine dei diari.
Il tema del padre parte da Flauber che vede la morte del padre una vera liberazione, a Kafka, è ripreso da molti scrittori. Kierkegaard è espressione della fragilità negli studi, della sua debolezza nel reggere i rapporti, e anche il travaglio nelle relazioni amorose. Kierkegaard non firma i suoi testi, utilizza sempre degli pseudonimi:
• il suo testo importante “Enten-Heller” (dentro o fuori) dal 1842 è firmato da uno pseudonimo che è Victor Eremita,
• quando scriverà articoli sul giornale, lo pseudonimo sarà Johannes Climacus.
• L’altra sua opera principale che è “Timore e tremore” verrà firmata con Johannes et silentio.
• Altro testo “In vino veritas” verrà firmato da Frate taciturnus, e
• “La ripetizione” viene firmato come Costantium Costantinus.
Secondo alcuni era un modo per allontanarsi con quel distacco che solo la finzione letteraria consente, di allontanarsi dalla vita reale, modo per vivere altre vite, quasi per esorcizzare il vissuto tormentoso.
1. Questi pseudonimi erano una via di fuga perché consentivano di entrare in altri personaggi, ed è importante perché la finzione letteraria è una sorta di farmaco in Kierkegaard.
2. L’altra ipotesi è legata al fatto che un po’ per la sua reputazione compromessa dopo la fine del fidanzamento, Kierkegaard cerca di trovare la forma più semplice di dire quello che voleva senza essere riconosciuto nella società in cui viveva.
3. È stata avanzata una terza ipotesi secondo la quale è soltanto attraverso lo pseudonimo, la finzione che si può dire la verità, è come se noi senza spogliarci della nostra identità siamo condannati ad essere prigionieri e non potessimo dire il vero, lo pseudonimo diventa una sorta di filtro che ci permette di essere noi stessi, la vita come un costante trasvestirsi, è un’immagine che userà Kierkegaard.
Concezione di massa
Era stato oggetto di scherzi e vignette e di satire, soprattutto su un giornale umoristico che aveva come titolo il Corsaro ed era stato oggetto di derisione, e quindi lui matura un’idea molto negativa della massa, una idea che lo porta ai margini, la definisce così “un informe ammasso di gente in cui i singoli sono solo esemplari che non fanno altro che esprimere la specie” a indicare la tendenza della massa all’ omologazione che non è altro che perdita di soggettività, si rinuncia a realizzarsi come individui. Oltre alla fuga rappresentata dalla scrittura, un’altra via di fuga sarà la religione, cos’era la religione per lui? Kierkegaard era stato educato al rigore della religiosità del padre, intransigenza paterna, lascia la visione paterna della religione e fa sua una visione del cristianesimo collegandola ai suoi vissuti nel senso che lui sente di vivere la vita come un martire, le sofferenze che attraversa sono espressione di martirio, anche le debolezze le vede come un martirio, e la fede è fondamentale ed anche espressione della fragilità dell’uomo, è una fede travagliata, non è sicura, è frutto di cose buone ma anche causa di timore. La figura che presenta questo tipo di fede è proprio il protagonista di “Timore e tremore” che è Abramo a cui viene chiesto di sacrificare Isacco, suo figlio, e tutto il discorso ruota attorno a questo con una valenza filosofica ed etica fondamentale. Viene chiesto di sacrificarlo dal Dio, e lo fa diventando assassino, ma è come se il timore fosse bilanciato da una fede talmente forte, che l’avrebbe salvato, lui sceglie di assecondare il comando di Dio, con una fede di dio. La fede di Kierkegaard è una fede travagliata, è una fede che esige sacrifici, è un Dio che nutre, che dà speranza, è una contraddizione in termini. Altro testo importante è “L’esercizio del cristianesimo” del 1850, e anche in questo discorso come nei “Discorsi edificanti”, Kierkegaard attacca violentemente la chiesa danese, in particolar modo prima il vescovo Mynster e Montersen, suo professore di teologia. Li attacca perché sono portatori di un regime staccato dal reale e quasi disumano, oltre che per alcuni elementi di corruzione interni alla chiesa, muore a 42 anni, gli ultimi mesi era caduto per perdite di coscienza.
Qual è il punto di partenza della filosofia di Kierkegaard?
È visto come l’anticipatore dell’ esistenzialismo, parte da Fichte ed Hegel, però rispetto a loro, coglie sia nel soggetto di Fichte che nella filosofia dello spirito di Hegel, un pensiero eccessivamente astratto, un pensiero anche quando si tratta del soggetto legato al principio logico di identità che è troppo lontano dalla realtà, in qualche modo Kierkegaard fa sua la critica per cui il pensiero di Hegel e quello di Fichte erano distanti dalla realtà materiale, fa suo questo tipo di concetto, ma critica in modo originale, a lui non importa che Fichte ed Hegel fossero distanti rispetto alla realtà materiale, se la realtà materiale si traduce in un soggetto di quello che mangia e in Marx la classe sociale, non vuole riportare il discorso alla concretezza. A lui interessa un’altra questione, Fichte ed Hegel sono troppo distanti da lui, il soggetto concreto non è tanto il soggetto fisico, è i suoi vissuti, le sue esperienze, i suoi sentimenti, un soggetto concreto fatto dalle sue esperienze di vita, unico e irripetibile, ognuno di noi ha i propri obiettivi, non si può mai parlare di universale, non si può parlare di una razionalità come Hegel, ma neanche di soggetti materiali che sono comunque qualcosa di iter-soggettivo. A lui interessa il soggetto nei suoi vissuti e lo distingue dall’ aut aut, cioè il fatto che ognuno di noi, costantemente ogni giorno in ogni momento sceglie, e questa scelta che ognuno di fa, dalle più piccole alle più grandi cose è ciò che ci rende unici, l’aut aut è la cifra dell’uomo, la libertà di scelta, ciò che ci rende unici e ci rende soggetti.Domande da interrogazione
- Qual è l'influenza del padre di Kierkegaard sulla sua filosofia?
- Perché Kierkegaard utilizzava pseudonimi per firmare le sue opere?
- Come viene descritta la concezione di massa da Kierkegaard?
- Qual è la visione di Kierkegaard sulla fede e la religione?
- In che modo Kierkegaard si differenzia da Fichte ed Hegel nella sua filosofia?
Il padre di Kierkegaard, Michael, ha avuto un ruolo decisivo nel condizionare il suo pensiero, influenzando la sua religiosità e il suo rapporto complesso con la fede, come descritto nel testo.
Kierkegaard usava pseudonimi per distaccarsi dalla vita reale, esorcizzare il suo vissuto tormentoso e dire la verità senza essere riconosciuto nella società, come spiegato nel testo.
Kierkegaard vede la massa come un "informe ammasso di gente" che porta all'omologazione e alla perdita di soggettività, rinunciando a realizzarsi come individui, secondo il testo.
Kierkegaard vede la fede come travagliata e fondamentale, espressione della fragilità umana, e critica la chiesa danese per essere staccata dalla realtà, come descritto nel testo.
Kierkegaard critica Fichte ed Hegel per essere troppo astratti e lontani dalla realtà concreta, concentrandosi invece sui vissuti e le esperienze uniche del soggetto, come spiegato nel testo.