Concetti Chiave
- Il Romanticismo contrasta l'Illuminismo superando la limitatezza umana attraverso il sentimento, mettendo l'uomo come parte di un progetto nazionale più grande.
- Hegel, nato a Stoccarda e morto a Berlino, ha sviluppato una filosofia dell'idealismo che esalta la ragione e propone che tutto ciò che è razionale è reale.
- La filosofia di Hegel si basa su una dialettica che unisce pensiero e realtà, interpretando il mondo come un processo dinamico e razionale.
- Nella "Fenomenologia dello spirito", Hegel descrive il processo di consapevolezza attraverso conflitti e dolore, culminando nel raggiungimento del sapere assoluto.
- Hegel distingue tra arte, religione e filosofia nella ricerca dell'Assoluto, con la filosofia che fornisce una giustificazione razionale attraverso l'idealismo assoluto.
Indice
Romanticismo
Nell’Illuminismo prevale l’empirismo, secondo cui è possibile conoscere solo attraverso l’esperienza, di conseguenza non si può andare oltre l’esperienza, altrimenti si andrebbe dove per Kant non è scienza. Nel Romanticismo, invece, si comincia a superare la concezione di limitatezza dell’uomo attraverso il sentimento, in quanto gli permette di andare oltre il limite e cogliere l’infinito, tendendo così a superare i propri limiti. La nuova cultura che si diffonde contrasta pertanto con la visione dell’Illuminismo, e si tratta di un movimento di pensiero che condiziona tutte le varie forme espressive dell’uomo, quali letteratura, arte e musica, filosofia. È un’atmosfera che supera la concezione politica del liberalismo, dove al centro c’è l’uomo con i suoi diritti naturali, poiché nella concezione romantica l’uomo è solo una piccola parte di un tutto che si deve realizzare. In questo modo, il primato dell’uomo sullo Stato si rovescia dando alla Nazione una forza superiore: è un periodo in cui si è disposti a sacrificarsi per un progetto più vasto, quello della Nazione. Quello che conta è il progetto più grande, e non l’uomo, che deve invece contribuire a crearlo. La poesia romantica coglie, inoltre, lo spirito del tutto: mentre l’Illuminismo si riversa nell’arte attraverso una riproduzione di tipo matematico, quella romantica è al di fuori di qualsiasi regola, tanto che il poeta diventa vate (=colui che bisogna seguire).
Georg Wilhelm Friedrich Hegel - Biografia
Egli nasce a Stoccarda, nel Sud-ovest della Germania, nel 1770 e muore a Berlino per malattia (di colera) nel 1831. A causa dell’epidemia di colera chi era infetto doveva stare lì, ma Hegel stava male quindi non può lasciare Berlino. Egli seguì l’università di Tubinga, dove stringe amicizia con Friedrich Hölderlin, un poeta tedesco, e Schelling. Nel ’93 completa studi di filosofia e inizia il ruolo di precettore. Nel ‘97 va a Francoforte, in cui compone scritti teologici giovanili, e nel ‘99 muore il padre, ereditando denaro e intraprendendo la carriera universitaria. Nel 1805 pubblica il Giornale critico della filosofia con Schelling e nel 1807 pubblica la Fenomenologia dello spirito, incentrato sullo studio del fenomeno, ovvero di ciò che appare nella storia dell’uomo, es. conflitti tra i popoli. È un’opera pedagogica, dato che insegna il metodo per capire la storia, che è espressione dello spirito, che solo l’uomo può cogliere (legge razionale che governa lo spirito, il logos di Eraclito). Nello stesso anno di trasferisce a Bamberga, dove si dedica ad attività giornalistica e scrive la Scienza della logica nel 1812. Poi insegna all’università, dove pubblica l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Nel ‘18 si sposta a Berlino e scrive i Lineamenti di filosofia del diritto, in cui afferma l’idea di uno Stato fondato sulle leggi.
Filosofia dell’idealismo
Kant contesta un problema di fondo: la distinzione fenomeno e noumeno. Ma come si può affermare che esista qualcosa al di là del pensiero se non lo si può conoscere? La filosofia di Hegel porta invece tutto all’interno del pensiero, perciò tutto ciò che è razionale è reale. Hegel esaltava la cultura tedesca, e vedeva in questa un primato. È stato un teorico dell’idea del pangermanismo, ovvero l’aspirazione a voler unire politicamente tutte le popolazioni di lingue tedesca. Secondo Karl Popper, la filosofia di Hegel ha prodotto Hitler, in quanto propone l’unione delle popolazioni tedesche, lasciando comunque loro spazio. Hegel è anche colui che ha detto che la filosofia nasce in Grecia. A tradurre le sue opere sono stati Benedetto Croce, un antifascista, e Giovanni Gentile. Hegel, pur mantenendo centrale nella sua filosofia l’Assoluto e finalismo, si allontana dal Romanticismo perché non usa lo strumento del sentimento e dell’intuizione come facoltà conoscitiva, esaltando invece la ragione. La filosofia di H è inoltre giustificazionista perché tende a giustificare tutto.I fondamenti della filosofia di Hegel
Mentre per Platone l’idea è trascendente, per Hegel è il prodotto di una mediazione, è la struttura logica/la ragione, che è dinamica perché è un processo dialettico che la attua. È l’oggetto su cui il pensiero giunge a dedurre tutta la realtà, di conseguenza la realtà è lo svolgimento dell’idea. Se è reale è razionale. Realtà come prodotto della razionalità. La sua dialettica, intesa come legge sia del pensiero che del reale, riprende quella di Eraclito, vale a dire quella degli opposti, in cui la differenza è tra ciò che è reale (= svolgimento dell’idea, allora è in un contesto razionale) e ciò che è esistente. Riprende anche il concetto di polemos, ovvero guerra/conflitto tra elementi in continua opposizione gli uni agli altri, ed è in questo che si basa l’armonia del mondo. La dialettica è inoltre legata al principio di non contraddizione (= non è possibile affermare che una cosa è e nello stesso tempo non è), ma è diverso da quello di Aristotele perché non comprende i tre principi, quali i, principio d’identità, quello dell’alterità e quello del terzo escluso. Tale principio necessita di una contradizione per essere superata. Egli va contro l’empirismo, perché ciò che è vero è l’intero, e non solo quello che sta fuori dal pensiero: per Hegel il finito ha senso in relazione al tutto, ed essendo reale il finito è lo stesso infinito. Il reale, quindi la sostanza (= ciò che rende possibile il reale) poi non è statico, ma è un movimento dialettico, e non ha la caratteristica della permanenza del tempo, ma è in divenire. Una cosa diventa concreta quando comprendo il tutto, l’intero: prima ho conoscenza astratta, poi diventa concreta quando sono padrone della struttura logica. Mentre per Kant mettiamo in relazione causa ed effetto con le categorie, aventi solo valenza gnoseologica, per Hegel la categoria è la struttura logica del mondo, e ha dunque ha valenza gnoseologica e ontologica. Per H l’ontologia (metafisica) coincide con la logica. Il fine dell’uomo è arrivare a conoscere tale struttura logica, quello che chiama infinito ‘buono’, raffigurato con circoli e spirali: questo ha carattere della processualità ed è per H soggetto. H dice che la tale struttura rappresenta l’idea di Dio prima di creare il mondo: non c’è un prima cronologico, tutto è logica, ovvero scienza del pensiero puro (studia solo le categorie). Lui studia, infatti, l’Idea in sé, nelle sue articolazioni, che ha proprie categorie come impalcatura logica del tutto; al contrario, la filosofia della natura è l’antitesi dell’idea, è l’idea fuori di sé, in cui l’uomo è lo spirito che emerge dalla natura e che inserisce gli elementi della natura nella logica. L’uomo riesce poi a realizzare il sapere assoluto, perché il suo fine è di prendere consapevolezza, di comprendere, quella struttura logica del tutto, ovvero il pensiero di Dio prima di creare il mondo.Nella Fenomenologia dello spirito (1807) Hegel ci spiega come ogni singola coscienza, ogni singolo individuo, possa arrivare a questa comprensione, sostenendo che tale consapevolezza si raggiunga solo attraverso dolore, sbagli e conflitti (solo così si trova al sapere assoluto). Prima di tutto, per spirito s’intende l’idea in sé e per sé, ma, poiché l’uomo vive in una struttura logica legata alla cultura e alla tradizione, alla lingua, alle leggi del popolo di appartenenza, è questo lo spirito che ci guida. Noi sappiamo chi siamo perché conosciamo lo spirito che ci muove, ma per capire fino in fondo la nostra cultura dobbiamo conoscerne la storia. Per fenomenologia s’intende, invece, ciò che l’umanità ha fatto nella storia, ciò che c’è stato (storia romanzata della coscienza individuale). Pertanto, lo spirito è ciò che l’umanità ha realizzato, è produzione culturale dell’uomo perché noi siamo prodotto storico: dato che la nostra storia è fatta di tanti particolari, l’uomo può ripercorre tutto inserendolo nelle strutture logiche, quindi realizzandolo. Lo spirito dell’essere umano è ciò, dunque, che sta alla base delle sue azioni: sebbene noi agiamo da un punto strettamente individuale, in realtà siamo legati ad una struttura che riguarda la nostra cultura. Tuttavia, si prende consapevolezza delle cose quando qualcosa che esiste si realizza, quindi quando diventa razionale. Di conseguenza appena facciamo qualcosa non abbiamo subito la coscienza di averla fatta.
Figura della coscienza
• Il primo momento è quello della soggettività: entriamo in rapporto con la realtà per mezzo dell’esperienza, dunque l’oggetto esterno permette di costruire la coscienza. Se non c’è qualcosa che sta fuori di noi “qui e ora”, allora non c’è certezza sensibile, ovvero il momento in cui la sensazione proviene dall’esterno. • Il momento della percezione è il rovescio della prospettiva: cogliamo diversi aspetti di un oggetto e il soggetto li mette insieme. • Il momento dell’intelletto fa sì che dalla coscienza si passi all’autocoscienza: quello che prima era estraneo, in realtà è per la coscienza, quindi vale solo all’interno di essa. Perciò, arriviamo all’autocoscienza quando ciò è esterno a noi ha senso solo per la coscienza (ogni essere umano è a questo livello). Ciò significa che prendiamo coscienza in base a quello che gli altri colgono di noi. A questo punto la nostra coscienza si rapporta con altre autocoscienze, mosse dall’appetitus (=bisogno) e dalla voglia di indipendenza. Tale indipendenza riporta alla figura “signore-servo” della Fenomenologia dello spirito: il signore, nel rischiare la propria vita pur di affermare la propria indipendenza, ha raggiunto il suo scopo, e si eleva su quello che è divenuto il suo servo, poiché ha preferito la perdita della propria indipendenza pur di avere salva la vita. In realtà, il signore non raggiunge una vera e propria indipendenza perché il servo prende coscienza attraverso il lavoro e padroneggia i propri desideri, e allo stesso tempo dà al padrone ciò di cui ha bisogno. Inoltre, per mezzo del lavoro prende consapevolezza della sua capacità di modificare la natura; invece, il signore dipende dal servo, non riesce più a fare a meno di lui. Dunque, la subordinazione si rovescia: il padrone diviene servo poiché è strettamente legato al lavoro del servo, e il servo diviene padrone (con la sua attività produttiva) del padrone. Questa relazione descrive così il rapporto tra autocoscienze, che è conflittuale e in cui ogni autocoscienza aspira alla libertà. Tuttavia, vince chi è disposto a sacrificare la propria vita, chi non trema di fronte alla morte, pur di lottare per la libertà, ed è il vincitore che esprime lo spirito dell’umanità. Coscienza infelice = H ritiene impossibile conciliare finito e infinito, in quanto il rapporto della coscienza con l’immutabile, con il trascendente, è irraggiungibile, tanto da essere un rapporto infelice. Allora, non si potrà mai raggiungere l’Assoluto.Momento della ragione
Considerando il momento della storia in cui si manifestano le religioni monoteiste, H fa riferimento: • all’ebraismo, in cui Dio è assolutamente trascendente, l’uomo è umile servo di Dio, e non c’è alcun punto di collegamento tra il finito e l’infinito. • al cristianesimo, che tenta invece di trovare un punto in comune. Tuttavia, se per H il collegamento tra Gesù e il cielo può avere senso per coloro che hanno conosciuto Gesù e gli apostoli, il tentativo di riconciliarsi col finito fallisce. A questo punto H storicamente ci parla delle crociate come tentativo di liberare il sepolcro di Gesù, e come nell’età medievale, nel Cristianesimo, vi siano state varie pratiche messe in atto dalla coscienza individuale per arrivare all’Assoluto. Tra le varie partiche si hanno: • quella della devozione, il momento in cui l’individuo prende coscienza del proprio esistere, del proprio essere; quindi, la devozione è da intendersi come una sorta di ringraziamento nei confronti di Dio per averci concesso la vita. • quella del fare e l’operare, in cui il Cristianesimo si avvicina al Luteranesimo, in quanto il ricongiungimento avviene attraverso l’agire, l’impegno per realizzare gloria di Dio. In ogni caso, io non devo cercare l’Assoluto fuori di me, ma dentro di me: questo è il passaggio dall’autocoscienza alla ragione. Noi per H siamo un fatto storico, di cui siamo inconsapevoli (visione organicistica, una visione che afferma che ogni elemento del tutto è il risultato del tutto), allora in ognuno di noi è presente il tutto. Ecco perché è nella coscienza individuale che bisogna ricercare il sapere assoluto: l’individuo prende consapevolezza di essere ogni realtà, che va ricercata in noi. Il momento della ragione è il momento in cui la coscienza realizza il fatto di essere ogni realtà, e l’uomo ci arriva per momenti progressivi, ciò significa che la consapevolezza arriva alla fine di un processo. L’idealismo, pertanto, si distingue dal romanticismo perché rifiuta dell’idea kantiana di una cosa in sé, perché la realtà è in ognuno di noi. Fasi della ragione: 1. ragione osservativa è quella che si limita ad osservare la natura, cercando universalità nella natura (naturalismo ed empirismo). In un primo momento l’uomo si limita ad osservare la natura, e tenta di fare delle classificazioni. Osservando questa lettura organica c’è l’idea di trovare delle leggi date dall’uomo, non della natura stessa (leggi logiche e psicologiche). La ragione osservativa cerca perciò l’universale nella natura, ma fallisce. Da qui la ragione che vuole agire nella natura. 2. attuazione dell’autocoscienza razionale mediante sé stessa: la ragione agisce, è attiva. In un primo momento guarda il piacere, quindi la sfrutta per soddisfare i propri bisogni. È un godimento però che porta alla morte. 3. momento del dovere, in cui si impone ciò che noi riteniamo giusto, virtuoso (ambito del giusnaturalismo perché parto dal presupposto che consulto la ragione che è uguale per tutti gli uomini). Rousseau parte da presupposto che bisogna moralizzare il mondo, ma questo secondo H porta a conseguenze negative. In realtà, noi non possiamo partire dalla nostra individualità per affermare l’universalità; dovremmo partire dalla consapevolezza che noi siamo prodotto storico e quindi la moralità c’è già, lo devo solo capire. Siamo ancora nella fase in cui dal punto di vista individuale sacrifico me stesso per la moralità, e qui H fa riferimento al Donchisciotte, ma è contraddittorio. 4. Individualità reale in sé e per sé, ovvero pienamente consapevole (una cosa è concreta quando supero l’individuale per H). Regno animale nello spirito: istintivamente anche l’essere umano agisce per la sopravvivenza, ma lui è evoluto più di qualsiasi altro essere animale. È la convinzione che si sta facendo il proprio dovere. Infatti, ha anche valore etico (atteggiamento virtuoso), perché faccio qualcosa di vantaggioso. Ragione legislatrice: il diritto lo ricavo dalla mia ragione. Dunque, se è ragionevole vale per tutti perché la ragione è uguale per tutti. Ma se noi partiamo da una nostra convinzione personale e pensiamo che debba essere universale, ci scontriamo con la posizione logica ma opposta alla nostra, quindi non si può arrivare all’universale. La ragione deve quindi essere esaminatrice delle leggi: quello che posso fare è esaminare le leggi per capire lo spirito del popolo. L’individuo finché non va oltre la propria individualità non potrà conoscere il sapere assoluto; quindi, deve prendere coscienza di essere prodotto storico.
Sistema hegeliano
Comprende più opere. Mentre la fenomenologia parte dalla coscienza individuale, l’impostazione del sistema è diverso. Le categorie sono l’impalcatura del mondo, sono concetti puri, e la realtà è sviluppo dell’idea e la natura, è lo svolgimento di questo impianto logico. Nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche, che ci parla di tutto il sistema, e di come nella storia dell’umanità l’uomo abbia considerato in modo diverso pensiero e realtà. Indica tre posizioni successive: 1. nel primo c’è quello ingenuo in cui s’intende la realtà come un mondo completamente diverso dal pensiero. Allora il mondo si conosce solo attraverso lo studio. 2. il periodo dell’empirismo, che fa riferimento soprattutto agli empiristi inglesi e a Kant, nonostante egli dica che si possa trovare l’universale. 3. nella terza posizione fa rifermento a Jacobi, che recupera il valore conoscitivo della fede, allora parla di un sapere immediato, ma manca la concettualizzazione (solo con l’idealismo c’è identità tra realtà e razionalità). Tutta la filosofia hegeliana si basa sulla dialettica, e si riconduce alla logica. Per H logica e metafisica coincidono, dato che le categorie sono l’impianto concettuale su cui si basa tutta la natura. La logica è quindi scienza del pensiero puro, cioè senza il contenuto, senza determinazioni, è solo formale, c’è solo l’impianto logico. Non è pensiero di qualche cosa, ma di niente. Quest’idea non è rigida ma dinamica perché è dialettica, quindi la sostanza è soggetto. • Dottrina dell’essere, in cui ci parla delle categorie logiche che consento la determinazione, ovvero qualcosa di finito. Per essere determinato un oggetto deve avere una qualità. La misura è la sintesi di qualità e quantità. • Dottrina dell’essenza, in cui possiamo cogliere un certo numero di qualità (essenza come ragione dell’esistenza). Per comprendere lo sviluppo dell’idea, del reale, bisogna comprendere l’essenza. Per gli idealisti l’esistenza è il fenomeno. • Dottrina del concetto, che mette insieme essere ed essenza. H distingue nel concetto, fatto di soggetto e pratico, l’aspetto formale (momento soggettivo), l’aspetto di contenuto, fino all’idea come superamento di forma e contenuto. Il momento della meccanica è quello che fa riferimento al determinismo, e che studia le cause efficienti, quindi le leggi generali della materia. La filosofia della natura è il momento dialetticamente opposto a quello dell’idea. La natura è materia, che viene studiata nella meccanica nelle sue condizioni generali (estensione, movimento, spazio) e nelle sue cause efficienti. La fisica risponde pertanto ad un criterio qualitativo (magnetismo, fenomeni elettrici), e distingue le caratteristiche di ogni tipo di materia. Meccanica + fisica = fisica organica, dove nell’organismo vivente si inserisce il finalismo. In questa distinguiamo la natura geologica, quella vegetale e quella animale, che è superiore perché dotata di auto movimento. H parla di gradi: natura – uomo – spirito. È dalla natura che emerge l’uomo, inteso come spirito che emerge dalla natura oltre che come risultato della propria storia. Emerge, quindi, lo spirito, che realizza ciò che sarebbe pura esistenza, altrimenti nessuno sarebbe in grado di capire la struttura del reale. Lo spirito è momento in cui l’idea si è alienata da sé (per H la natura è un momento negativo ma necessario, “pattumiera del sistema”) ed è dunque l’idea che ritorna in sé. Ecco perché idea in sé e per sé. L’idea ritorna come tale quando l’umanità, che è espressione della natura quindi già pensata da Dio, prende consapevolezza. Finché non c’è l’uomo, la natura ha una propria razionalità ma non è cosciente. È grazie all’uomo che ritorna consapevole, in sé. Se, infatti, l’idea è struttura logica del pensiero di Dio prima di creare il mondo, l’uomo ha lo scopo di svelare il pensiero di Dio. In ogni caso, la natura senza l’uomo si muoverebbe così come si muove ugualmente.
Filosofia dello spirito
Vi sono tre parti dialettiche: 1. Filosofia dello spirito soggettivo, ovvero la presa di coscienza della propria libertà, che per H assomiglia al concetto di libertà di Rousseau e Spinoza. Ci parla di• Anima naturale, in quanto noi siamo mossi dagli istinti, dai bisogni, da qualcosa di contrario alla libertà.
• Anima senziente, cioè quando noi percepiamo qualcosa di diverso da noi, prendiamo consapevolezza che esiste un Io che non ha a che fare con il corpo. Dunque, il fatto di sentire ci fa prendere coscienza della distinzione tra anima e corpo.
• Anima reale, dove l’abitudine riesce a superare l’istinto, di conseguenza ci libera da esso. L’uomo è infatti l’unico che può farlo da solo, che può dominare la necessità. Attraverso poi la coscienza, che comprende tre momenti (coscienza – autocoscienza – ragione) capisco la cultura del popolo in cui vivo. La psicologia (= discorso sull’anima), invece, mette insieme la parte antropologica e quella fenomenologica attraverso le facoltà dello spirito (forme del sapere + ciò che ci fa agire, come i desideri). A questo punto, lo spirito libero è quando qualcuno vuole conoscere (spirito teoretico + spirito pratico), quando mi realizzo e decido io cosa voglio conoscere. Raggiungo, perciò, consapevolezza di essere spirito libero, ma questa libertà va oggettivata. Se conosco bene la logica e do una spiegazione di tutto, sono libero (libertà come caratteristica fondamentale dello Spirito). Ciò che muove lo Spirito dei vari popoli è infatti l’esigenza di libertà: nel momento in cui l’uomo emerge dalla natura aspira alla libertà. 2. Filosofia dello spirito oggettivo, che è il momento in cui il singolo individuo si trova a vivere in una comunità con delle regole. L’uomo, perciò, subisce delle regole, perché vengono dall’esterno, e ciò significa che ha un diritto (prende come punto di riferimento Herder). Il diritto c’è già quando nasciamo, e lo impariamo in famiglia: se noi capiamo le regole, essendo razionali, le interiorizziamo. • Proprietà/contratto, da cui nasce il diritto. Il diritto nasce, infatti, nel momento in cui bisogna formalizzare la proprietà: chi non rispetta il contratto subisce la pena, ed è quindi la pena a dimostrare che esiste un diritto. Questa, tuttavia, non ha significato punitivo o vendicativo, bensì educativo, perché fa rendere conto che si è fatta una violazione (ha valore positivo). La persona che sperimenta il negativo e lo supera prende maggior consapevolezza di sé. • Moralità, che riguarda l’agire e che è interiorizzazione del diritto. Il primo momento è quello del proposito, ovvero scelgo di fare qualcosa (assunzione di responsabilità). L’intenzione è, invece, azione che ha già in sé lo scopo dell’azione stessa. In questo H si rifà alla moralità kantiana, di conseguenza la consapevolezza del bene e del male presuppone un paradosso: nonostante debba sempre dire la verità, non sono sicuro che sia la mia verità sia quella di tutti. Ciò che supera la moralità è l’eticità, e qui H distingue moralità, che riguarda l’individuale (piano soggettivo, situazione kantiana dell’imperativo categorico), e l’eticità (sintesi di diritto e moralità), che va al di là del singolo individuo, è della comunità, dell’istituzione. 3. Spirito assoluto - arte, filosofia e religione sono forme (dalla meno adeguata alla più adeguata) attraverso cui lo Spirito coglie l’Assoluto: • L’arte ha valore universale, cioè esprime un simbolo, è oggettivazione, dunque esteriorità, e la sua forma è caratterizzata dall’intuizione sensibile. Si tratta quindi di qualcosa che viene in modo immediato, di cui non si è davvero consapevoli (arte intesa come Kant, con cui si parla di genio artistico, in cui il talento è spontaneo) e che è sensibile perché utilizza la materia. Proprio perché usa la materia, l’arte sia la forma meno adeguata a comprendere l’Assoluto, riuscendo a coglierne solo un aspetto. Dato che adesso H ha introdotto l’elemento storico, c’è anche una storia dell’arte (una forma d’arte contemporanea, per H, comprende tutte le forme d’arte del passato), poiché la storia segue il percorso del sole, la prima forma è quella orientale. Nella cultura classica, che è la seconda, troviamo perfetto equilibrio tra forma e idea (“bello assoluto”), mentre in quella simbolica c’è un disequilibrio, perché prevale la materia. Bisogna però superare la materia, e arriviamo perciò all’arte romantica, dove prevale l’idea sulla forma: si va verso l’estinzione dell’aspetto materiale a favore dell’idea. • La religione è invece tutta interiorità, è fede, perché ha un unico oggetto, lo Spirito. La religione usa il sentimento e rappresenta l’Assoluto interiormente. La prima forma sono le religioni orientali, in cui non c’è separazione tra spirito e materia; poi ci sono le religioni del trapasso, in cui vi è trascendenza (mette insieme religioni politeiste e l’ebraismo, dove c’è assoluta trascenda tra uomo e Dio); per finire c’è la religione assoluta, quella cristiana, che si fonda sul dogma della Trinità e che rappresenta la struttura logica del tutto. Se però la religione è una forma più adeguata dell’arte, la Trinità è pur sempre un dogma, cioè non è dimostrabile, manca della razionalità. • La filosofia è logos, cerca di dare una giustificazione razionale. Per la filosofia, secondo H, ci sono solo due momenti dialettici, perché non considera quella orientale come vera filosofia. La filosofia nasce in Gracia, allora distingue quella precristiana da quella cristiana. Dal momento in cui inizia la filosofia dalla rivelazione del Vangelo, si approda all’Idealismo (che è culmine della filosofia cristiana, perché dà un senso logico/concettuale alla Trinità): si passa da quello oggettivo di Schelling a quello soggettivo di Fitch, fino all’Idealismo Assoluto, che è struttura logica della realtà perfettamente colta, è punto culminante della coscienza dello Spirito. A questo punto non c’è più filosofia, perché si arriva allo svelamento di quello che c’è sotto la struttura logica, non c’è più niente da comprendere: si arriva alla verità. H è diventato individuo cosmico.
Eticità
L’individuo vive già in un contesto di regole: per questo si parla di diritto esterno, che nasce dalla formalizzazione della proprietà (quella che per Rousseau crea disuguaglianza) e che viene interiorizzato. • nell’eticità la prima istituzione è la famiglia come superamento della dimensione individuale e mossa sulla base del liberarsi dal bisogno: a. il matrimonio mette insieme i sentimenti e le passioni, contenuti che non sono etici finché non sono formalizzati. Quindi, anche il matrimonio è un contratto: è infatti l’etos (=sentimento comune di un popolo) a stabilire quello che è bene e quello che non è bene, che dà una visione oggettiva. Se non è considerato etico, quindi se non è accettato dalla società, è visto come strano. b. nel momento del matrimonio c’è un’unica proprietà, un unico patrimonio e un’unica volontà (si metteva insieme due persone). c. la famiglia si completa con i figli, che rappresentano l’elemento fondamentale del distacco dalla famiglia, perché formeranno un’altra famiglia. Sono quindi il terzo momento dialettico della famiglia. • L’opposto della famiglia è la società civile (ricordo Locke), che è anti-etica: per H questa società è l’alienazione dall’etica, perché se da una parte ogni famiglia essendo unità è mossa dal soddisfacimento dei bisogni, quindi tende ad agire per il benessere della famiglia stessa, dall’altra la società civile è lotta/campo di battaglia tra queste famiglie per il sistema dei bisogni, sistema che determina la stratificazione sociale. Pertanto, la società civile si struttura condizionata dal sistema dei bisogni. Di questa H individua tre ceti: 1. ceto sostanziale che produce le materie prime 2. ceto industriale che lavora le materie prime 3. classe universale, quella dei servizi La società civile è anche caratterizzata dall’amministrazione della giustizia (quella che per i liberali si identifica con i tre poteri), sentita come qualcosa di esterno: si tratta di regole assimilate dalla nostra cultura che esprimono un modo di vivere. Il terzo momento sono la polizia e le corporazioni, dove la polizia svolge un ruolo che rende il campo di battaglia ordinato, impone rispetto delle regole; mentre le corporazioni rappresentano un primo superamento della famiglia. • La famiglia si riconosce nello stato, che è massima espressione dell’eticità, dato che per H tutte le istituzioni, che sono dello stato, sono etiche, ed è definito “sostante etica autocosciente”, anche se in realtà è già inserita in un contesto statale. Anche il lavoro, che realizza la persona, ha valenza etica, perché riconosciuto dello stato. Lo stato crea l’unità: così come la famiglia unisce i singoli, lo stato unisce tutti i cittadini. L’individuo ha senso solo in relazione al tutto, quindi sono riconosciute quelle persone che svolgono un’attività che contribuisce ai valori dello stato. Rispetto ad una posizione liberale (posizione atomistica) dove il primato è l’individuo, per H lo stato viene prima di tutto sia logicamente che cronologicamente perché noi nasciamo già in uno stato. 1. Questo stato è caratterizzato dal darsi le sue regole, è il singolo stato che le produce: la costituzione è l’oggettivazione dello spirito di un popolo, ed è data dal potere legislativo, dall’esecutivo e da quello del principe (il potere giudiziario è della società civile). Il primo è quello dei ceti (potere della massa), che rappresentano interessi diversi; quello governativo è l’esecutivo, che è quello della responsabilità che significa fare qualcosa di interesse per il bene della Nazione; il terzo è quello del principe, che firma le leggi e che rappresenta tutta la Nazione (è l’universale, lui unisce). Quello di H è uno stato di diritto perché a comandare sono le leggi, che non si possono imporre, perché devono seguire lo spirito del popolo. In questa idea, H ha come riferimento la monarchia costituzionale perché il monarca rappresenta lo stato, e questo fa della monarchia l’unità ideale. 2. Per H non c’è una realtà che può far superare l’individualità dello Stato, e sono i contrasti tra famiglie che vengono superati dallo Stato. Per H non c’è dunque la possibilità di poter superare il contrasto tra stati attraverso una Confederazione tra stati, come invece sosteneva Kant, in quanto, se è la dialettica a muovere la storia, superarla vuol dire non avere più storia. A tenere insieme gli stati è infatti la storia, mossa dal conflitto, dalla dialettica, perché solo questa ravviva lo spirito del mondo; invece, la pace è come una putrida acqua di uno stagno. In questo H esalta la guerra e la giustifica. 3. Se fino a qui lo stato rientra in un piano logico, adesso si passa ad un piano storico del divenire all’interno di un sistema logico. La storia ha un’importanza fondamentale per H, e saranno i suoi studenti con cui, raccogliendo i suoi appunti, uscirà postuma la Filosofia della storia, che sottolinea come la storia abbia una sua razionalità. Ciò significa che l’individuo, che ha a che fare con la storia, giustifica l’evento storico perché razionale (atteggiamento giustizionalista). Ne deriva che la storia, fatta dall’uomo, è mossa dallo Spirito del mondo, dal conflitto, e il popolo che prevale è quello che meglio incarna lo Spirito del mondo, quello universale. Tutto ciò che è nella storia è razionale perché rientra nel piano provvidenziale di Dio: il movimento, il divenire, è dato dallo scopo, che è la comprensione della struttura logica (anche la storia è teleologica). Egli, avendo influenzato la filosofia occidentale, svalorizza tutto quello che è orientale; al contrario, nel regno romano c’è una parte più consistente di persone che hanno coscienza della libertà, e nel regno germanico (inteso come Sacro Romano Impero) tutti sono liberi. Il corso della storia va da un momento di minore consapevolezza a uno di maggiore consapevolezza, e la perfezione si giunge nell’Impero germanico, che è quello assoluto, è massima espressione dello stato, dove tutti gli uomini sono coscienti di essere liberi. Il percorso della storia è come il sorgere del sole, va da Oriente a Occidente, che viene così esaltato.Hegel, prima di ammalarsi, era solito tenere delle lezioni di storia, nelle quali si chiedeva il ruolo che hanno gli individui in tutto ciò: la maggior parte di loro non è consapevole di dove stanno andando le cose, e si muovono quindi spinti da qualcosa superiore a loro e di cui non si rendono conto. Ma ci sono alcuni che capiscono dove sta andando il mondo, dove sta andando il corso della storia. Infatti, sembra che qualche individuo agisca per favorire questo processo (“individui cosmici” perché colgono l’universale), e che questa provvidenza, portata avanti dall’iniziativa di qualche individuo, sia strumentalizzata dalla ragione (“astuzia della ragione”).
Domande da interrogazione
- Qual è la differenza principale tra Romanticismo e Illuminismo secondo il testo?
- Qual è il contributo principale di Hegel alla filosofia dell'idealismo?
- Come Hegel descrive il processo di consapevolezza nella "Fenomenologia dello spirito"?
- Qual è il ruolo della dialettica nel sistema filosofico di Hegel?
- In che modo Hegel distingue tra arte, religione e filosofia nella comprensione dell'Assoluto?
Il Romanticismo supera la limitatezza dell'uomo attraverso il sentimento, permettendo di cogliere l'infinito, mentre l'Illuminismo si basa sull'empirismo e la conoscenza attraverso l'esperienza.
Hegel porta tutto all'interno del pensiero, affermando che tutto ciò che è razionale è reale, e sviluppa una filosofia giustificazionista che esalta la ragione.
Hegel spiega che la consapevolezza si raggiunge attraverso dolore, sbagli e conflitti, e che lo spirito è ciò che l'umanità ha realizzato come produzione culturale.
La dialettica è la legge del pensiero e del reale, basata sugli opposti e sul principio di non contraddizione, ed è fondamentale per comprendere la realtà come svolgimento dell'idea.
L'arte è intuizione sensibile e meno adeguata, la religione è interiorità e fede, mentre la filosofia cerca una giustificazione razionale, culminando nell'Idealismo Assoluto.