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Sintesi

Hegel



1. La vita
Nacque nel 1770 a Stuttgart, studiò filosofia e teologia e fu amico di Schelling. Scrisse una lettera a Napoleone in cui lo esaltava e paragonava la rivoluzione francese al sorgere del sole come se fosse la redenzione storica dell’umanità. Divenne precettore e poi professore di Jena e direttore del Ginnasio di Norimberga. Morì a Berlino nel 1831.

2. Gli scritti
Nel periodo giovanile scriveva opere di interesse religioso-politico mentre con la maturità scrive argomenti storico-politici. La sua prima opera è la Fenomenologia dello spirito in cui si distaccava da Schelling, poi pubblicò Scienza della logica (manuale di filosofia) e dopo la sua morte gli scolari pubblicarono i suoi corsi a Berlino.

4. I capisaldi del sistema
Le tesi di fondo del suo sistema sono:
1. La risoluzione del finito nell’infinito: la realtà è un organismo unitario e tutto ciò che esiste ne è la manifestazione. Questo organismo non ha nulla fuori di se e coincide con l’Assoluto o l’Infinito mentre i vari enti del mondo coincidono col finito. Quindi il finito è l’espressione parziale dell’infinito. L’hegelismo è un monismo panteistico, è una teoria che vede nel mondo la manifestazione di Dio. Si differenzia da Spinoza poiché quest’ultimo credeva che l’assoluto fosse una sostanza statica che coincide con la Natura mentre per Hegel è un soggetto spirituale in divenire ovvero non è immutabile e già data ma è un processo di autoproduzione che si rivela per quello che è veramente.
2. L’identità tra ragione e realtà: la ragione sta alla base della realtà nel suo aforisma“ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale” spiega che la razionalità è la forma stessa della realtà. La realtà ha una struttura razionale che si manifesta inconsapevolmente nella natura e consapevolmente nell’uomo. Questa identità implica anche quella tra essere e dover essere poiché ciò che è risulta anche ciò che deve essere. Per Hegel la realtà è una totalità processuale e necessaria formata da vari gradi o momenti.
3. La funzione giustificatrice della filosofia: la filosofia deve prendere atto della realtà e comprenderne le strutture razionali. La filosofia è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo al crepuscolo (quando la realtà è già fatta). Essa deve essere in pace con la realtà, deve solo elaborarla in concetti attraverso l’esperienza. La filosofia deve giustificare razionalmente ciò che esiste.
Hegel differenzia il reale dall’accidentale e dal superficiale delle cose (l’hegelismo non è un giustificazionismo) ma si identifica con la loro trama. Per Hegel il reale coincide con il razionale e l’irrazionale è destinato a morire. I suoi scritti mostrano un atteggiamento giustificazioni sta nei confronti del reale.

5. Idea, Natura e Spirito. Le partizioni della filosofia.
Hegel ha diviso la dinamicità dell’Assoluto in 3 momenti che ha fatto corrispondere a 3 sezioni della filosofia ():
1. L’Idea in sé per sé (tesi): o idea pura è l’idea considerata in se stessa a prescindere dalla sua realizzazione. In questo caso l’idea è assimilabile con Dio prima della creazione  Logica
2. L’Idea fuori di sé (antitesi): è la Natura, l’alienazione dell’Idea nelle realtà spazio-temporali del mondo  Filosofia della natura
3. L’Idea che ritorna in sé (sintesi): è lo Spirito che ha come sua condizione la Natura e come presupposto l’Idea pura  Filosofia dello spirito

6. La Dialettica.
Quindi l’Assoluto è divenire e la legge che lo regola è la dialettica (si limita ad applicarla) che rappresenta la legge di sviluppo e comprensione della realtà. Nell’Enciclopedia distingue 3 momenti del pensiero:
1. Astratto o intellettuale: concepisce l’esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate. È il momento il cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà considerandole nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identità e di non-contraddizione.
2. Dialettico o negativo-razionale: mostra come le determinazioni sono unilaterali ed esigono essere messe in relazione ad altre. Poiché ogni affermazione sottintende una negazione è indispensabile procedere oltre il principio di identità e mettere in rapporto le varie determinazioni con quelle opposte.
3. Speculativo o positivo-razionale: coglie l’unità delle determinazioni opposte.
Quindi la dialettica consiste:
1. Nell’affermazione di un concetto astratto che funge da tesi
2. Nella negazione di un concetto limitato a un concetto opposto che funge da antitesi
3. Nell’unificazione dellaffermazione e della negazione in una sintesi che riafferma (Aufhebung) la tesi iniziale.
Puntualizzazioni sulla dialettica:
a) comprende la totalità dei tre momenti
b) illustra il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito nell’infinito. Ci mostra come il finito non esiste in se stesso ma solo in un contesto di rapporti (per porsi se stesso, il finito, deve opporsi a qualcos’altro). Poiché il tutto di Hegel è un’entità dinamica la dialettica esprime il processo per cui le varie parti della realtà perdono la loro rigidezza. Quindi la dialettica è la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nell’infinito.
c) ha un significato ottimistico e deve unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti e ridurre ogni cosa all’ordine del Tutto. Questi sono momenti di passaggio.
d) pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una totalità processuale che procede secondo lo schema triadico (tesi, antitesi e sintesi). La sintesi hegeliana è chiusa (sembra aperta perché ogni tesi presenta un’antitesi e quindi una sintesi ma si avrebbe il trionfo della cattiva infinità e toglierebbe allo spirito il possesso di se) con un preciso punto di arrivo.
e) tutti i filosofi hanno criticato l’idea di un epilogo della storia del mondo e hanno insistito sulla contraddizione (travaglio del negativo).

7. La critica alle filosofie precedenti.
L’hegelismo si contrappone a varie filosofie:
 Illuministi: Hegel rifiuta l’illuminismo che:
- fa dell’intelletto il giudice della storia
- ritiene che il reale non è razionale, dimenticando che la vera ragione è nella storia
- ritiene che la ragione esprime le esigenze degli individui
 Kant: aveva voluto costruire una filosofia del finito. Considera le idee della ragione come regole che spingono la ricerca scientifica all’infinito. La volontà non coincide con la ragione e non raggiunge mai la santità che è il termine di un progresso infinito ed è propria di Dio. Quindi l’essere non si adegua al dover essere e la realtà alla razionalità mentre per Hegel questa adeguazione è necessaria. Hegel gli rimprovera di indagare la facoltà del conoscere prima di procedere a conoscere.
 Romantici: il dissenso di Hegel verte su due punti:
1. Contesta il primato del sentimento e sostiene che la filosofia, essendo la scienza dell’Assoluto, è una forma di sapere razionale.
2. Contesta gli atteggiamenti individualistici e sostiene che il filosofo non deve isolarsi ma tener d’occhio il mondo
ma condivide il tema dell’infinito ma crede che ad esso si acceda attraverso vie immediate. Quindi Hegel non supera il Romanticismo ma ha un diverso esito. Inoltre si trova nel loro stesso clima culturale.
 Fichte: accusa il suo soggettivismo di non riuscire ad assimilare l’oggetto rischiando di cadere nel dualismo kantiano fra spirito e natura, libertà e necessità. Lo accusa, anche, di aver ridotto l’infinito a semplice meta ideale dell’io finito che non raggiunge mai il suo termine. La sua filosofia non arriva a quella piena coincidenza tra finito e infinito razionale e reale.
 Schelling: concepisce l’Assoluto in modo a-dialettico (unità indifferenziata e statica da cui derivano le molteplicità). Hegel critica il concetto di Assoluto come identità perché è un abisso vuoto, privo di concretezza interiore.

8. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO.
Hegel ha mostrato la via della coscienza umana per giungere all’infinito nella Fenomenologia dello spirito e il principio in atto in tutte le determinazioni della realtà nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche. Anche la via che lo spirito infinito ha seguito per riconoscersi nella sua infinità attraverso manifestazioni finite, fa parte della realtà. Perciò la fenomenologia si presenta come un sistema generale della realtà. La fenomenologia è la storia romanzata della coscienza che, attraverso scissioni, contrasti e infelicità, raggiunge l’universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione. Quindi l’intero ciclo è riassumibile nella figura della coscienza infelice che si trova divisa in opposizioni. La fenomenologia ha funzione introduttiva e pedagogica e fa sì che l’uomo si risolva nello spirito universale. La prima parte della Fenomenologia si divide in:
1. Coscienza (tesi) in cui predomina l’attenzione verso l’oggetto. Parte dalla certezza sensibile (la più sicura in apparenza ma la più povera nella realtà) che rende certi solo di questa cosa, non in generale (non un albero ma questo albero), che dipende dall’io che la considera e non dalla cosa. Quindi la certezza sensibile è la certezza di un io universale. Se dalla certezza sensibile si passa alla percezione, si rinvia all’universale. Una cosa non può essere percepita come una, in tutte le sue qualità, se l’io non riconosce che la sua unità è stabilita da se stesso. Se si passa dalla percezione all’intelletto esso riconosce una forza che agisce secondo una legge determinata. Quindi è condotto a vedere nell’oggetto un semplice fenomeno a cui si contrappone l’essenza vera dell’oggetto. Il fenomeno è nella coscienza che ha risolto l’intero oggetto in se stessa.
2. Autocoscienza (antitesi) in cui predomina l’attenzione verso il soggetto. Contiene le figure più celebri della Fenomenologia e non si muove in ambito gnoseologico ma si occupa di settori più vasti:
- Signoria e servitù: mostra altre autocoscienze per darle la certezza di essere autocoscienza (un uomo è autocoscienza se riesce a farsi riconoscere da un’altra autocoscienza). Per potersi riconoscere a vicenda non serve l’amore (miracolo che unisce 2 cose senza eliminarne la dualità), perché è privo di serietà dolore e pazienza, ma il conflitto fra le autocoscienze. Esso, in cui le autocoscienze devono essere pronte a tutto per affermare la propria indipendenza, si conclude con il subordinarsi dell’una all’altra nel rapporto servo-signore. Il signore ha messo a repentaglio la propria vita per ottenere l’indipendenza, mentre il servo ha preferito perdere l’indipendenza per conservare la sua vita. Ma questo rapporto è destinato ad un’inversione di ruoli in cui il signore diventa servo del servo e il servo diventa signore del signore; poiché il signore, inizialmente indipendente, diventa dipendente dal servo; e il servo, inizialmente dipendente, diventa indipendente. Ciò avviene attraverso i tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro. Un uomo diventa schiavo perché ha avuto paura della morte ma, grazie ad essa, ha potuto sperimentare il proprio essere come qualcosa di indipendente. Nel servizio la coscienza si disciplina e impara a vincere i suoi impulsi naturali e nel lavoro, il servo, impone nelle cose una forma, creando un’opera permanente e autonoma. Quindi formando e coltivando le cose, il servo, forma e coltiva se stesso e imprime una forma dell’autocoscienza nella cosa. Questa figura è stata apprezzata dai marxisti che l’hanno vista come prova dell’importanza del lavoro.
- Stoicismo e scetticismo: il raggiungimento dell’indipendenza dell’io trova la sua manifestazione filosofica nello stoicismo, che celebra l’autosufficienza e la libertà del saggio. Nello stoicismo, l’autocoscienza ha solo una libertà interiore astratta; mentre lo scetticismo, mette tra parentesi il mondo esterno da cui lo storico si sente indipendente. Lo scetticismo, però, crea una situazione contraddittoria che divide la coscienza che vorrebbe innalzarsi sull’accidentalità della vita dalla coscienza vittima dell’inessenzialità della vita. Lo scettico si auto-contraddice perché dichiara che tutto è vano e falso ma pretende di dire qualcosa di reale e vero. Inoltre la coscienza di cui parla lo scettico è singola ed entra in contrasto con altre coscienze singole.
- La coscienza infelice: la scissione tra coscienza immutabile e mutevole si esplicita nella figura della coscienza infelice che diventa la forma di una separazione radicale tra uomo e Dio che si manifesta con l’antitesi tra l’intrasmutabile e il trasmutabile. Ciò è proprio dell’ebraismo in cui l’essenza, l’Assoluto e la realtà vera è lontana dalla coscienza e assume sembianza di Dio dal quale l’uomo è dipendente. Poi l’intrasmutabile diventa Dio incarnato come avviene nel cristianesimo ma la sua pretesa di cogliere l’Assoluto in qualcosa di particolare e sensibile è destinata a fallire con la scoperta di un sepolcro vuoto. Cristo è comunque qualcosa di separato e come Dio trascendente esprime il momento dell’aldilà, come Dio incarnato è molto lontano. Quindi la coscienza continua ad essere infelice e Dio è qualcosa di irraggiungibile. Ciò viene manifestato nelle 4 figure:
- Devozione: pensiero sentimentale e religioso non elevato a concetto
- Fare: la coscienza rinuncia a un contatto immediato con Dio e cerca di esprimersi nell’appetito e nel lavoro. I cristiani avvertono il frutto del proprio lavoro e le proprie capacità come un dono di Dio quindi Dio è l’unico che agisce.
- Mortificazione di se: si ha la più completa mortificazione di se in favore di Dio. Ma il punto più basso del singolo passa a quello più alto quando la coscienza, cercando di unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio.
3. Ragione (sintesi) riconosce l’unità tra soggetto ed oggetto. L’autocoscienza come soggetto assoluto diventa ragione che è la certezza di essere ogni realtà, ma per diventare verità deve giustificarsi rivolgendosi alla natura. Nel naturalismo rinascimentale e nell’empirismo la coscienza crede di cercare l’essenza delle cose ma in realtà cerca solo se stessa perché la ragione non è oggetto della propria ricerca. Si arriva, quindi, a un’osservazione della natura che si approfondisce con l’esperimento. Hegel esamina 2 scienze in cui la ragione cerca se stessa:
- Fisiognomica: voleva determinare il carattere dell’individuo attraverso la sua fisionomia
- Frenologia: voleva conoscere il carattere della forma del cranio
Ma in ciò la ragione osservativa sperimenta la propria crisi riconoscendosi come qualcosa di distinto dal mondo. Così si passa alla ragione attiva quando l’unità di io e mondo è qualcosa che deve essere realizzato (non qualcosa di dato). Ma questo progetto fallisce quando è uno sforzo individuale, come mostrano le figure della ragione attiva:
- Piacere e necessità: in cui l’individuo, deluso dalla scienza, va alla ricerca del proprio godimento. Ma l’autocoscienza incontra la necessità del destino che lo travolge (prendeva la vita ma afferrava la morte) mostrando il limite dell’uomo. L’autocoscienza cerca di opporsi al corso del mondo appellandosi alla legge del cuore.
- Legge del cuore e il delirio della presunzione: in cui l’individuo, dopo aver cercato di abbattere i responsabili dei mali, entra in conflitto con altri portatori del vero della realtà a cui contrappone la virtù.
- Virtù: è il bene vagheggiato dall’individuo e contrasta con la concreta realtà che lo sconfigge.
- Individualità in se e per se reale: in cui dimostra come l’individualità resta astratta e inadeguata. È la legge che domina il regno animale alla base del quale c’è un inganno. Infatti, l’uomo spaccia la sua opera come il dovere morale stesso mentre esprime solo il proprio interesse. Poi esprime la legge legislatrice poiché l’autocoscienza, avvertendo l’inganno, cerca in se le leggi che valgono per tutti che, però, sono auto contraddittorie. In questo modo è spinta a cercare leggi assolutamente valide elevandosi al di sopra di esse.
In questo modo Hegel mostra che se ci si pone dal punto di vista dell’individuo si è condannati a non raggiungere mai l’universalità che si trova solo nella fase dello spirito oggettivo in cui la ragione si è realizzata concretamente nelle istituzioni storico-politiche del popolo e dello Stato. Quindi la ragione reale è quella dello spirito e dello stato (non dell’individuo) che sono sostanza, ovvero il sostrato che regge e rende possibile ogni atto della vita individuale.
La seconda parte della Fenomenologia comprende 3 sezioni che anticipano la filosofia dello spirito e della storia:
1. Lo spirito (individuo nei suoi rapporti con la comunità sociale) che si divide in 3 tappe fenomenologiche:
- Spirito vero: eticità classica, ovvero alla polis greca in cui c’è una fusione tra individuo e comunità poiché il singolo è immerso nella vita del proprio popolo.
- Spirito reso estraneo a se: cultura. Frattura tra l’io e la società iniziata con l’Impero romano e trova il culmine nel mondo moderno in cui troviamo, con l’illuminismo, una cultura che critica tutto rivolgendosi contro se stessa (che si manifesta nella Rivoluzione francese che ha dato vita ad una società del terrore volendo creare il regno della libertà).
- Spirito certo di se stesso: moralità. Riconquista l’eticità e l’armonia tra individuo e comunità, in cui lo Spirito si riconosce nella sostanza etica dello Stato
2. La religione con la quale l’individuo acquista la piena coscienza di se come Spirito.
3. Il sapere assoluto

11. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO.
È lo studio dell’Idea che sparisce come natura per farsi soggettività e libertà. Lo sviluppo dello Spirito avviene in 3 momenti:
1. Spirito soggettivo: spirito individuale in tutte le sue facoltà
2. Spirito oggettivo: spirito sovra-individuale
3. Spirito assoluto: spirito che conosce se stesso nell’arte, nella religione e nella filosofia
Lo spirito procede per gradi ed ogni grado è compreso e risolto nel grado superiore che è presente in quello inferiore.

12. Lo spirito soggettivo.
È lo spirito individuale che emerge lentamente e si divide in 3 parti:
1. Antropologia studia lo spirito come anima che indica tutti i legami tra spirito e natura che si manifestano nel carattere, sesso, età. L’anima si divide in:
- naturale
- senziente
- reale
Per Hegel nell’infanzia (tesi) l’uomo è in armonia con il mondo circostante, nella giovinezza (antitesi) entra in contrasto con il proprio ambiente e nella maturità (sintesi) riconosce l’a necessità oggettiva e la razionalità del mondo.
2. Fenomenologia studia lo spirito in quanto
- coscienza
- autocoscienza
- ragione
3. Psicologia studia lo spirito in senso stretto nelle manifestazioni universali come:
- il conoscere teoretico è la totalità delle determinazioni attraverso le quali la ragione trova se stessa
- l’attività pratica unità delle manifestazioni attraverso le quali lo spirito diventa libero
- il volere libero

13. Lo spirito oggettivo.
Lo Spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete e si divide in 3 momenti:
- diritto astratto: il volere libero si manifesta come volere del singolo. Il diritto astratto o formale riguarda l’esistenza esterna della libertà delle persone. La persona trova compimento nella proprietà (esterna) che deve essere riconosciuta da altri tramite il contratto. L’esistenza del diritto (tesi) implica la pena (sintesi) in caso di delitto (antitesi). La pena quindi è essenziale per il vivere insieme, grazie ad essa, c’è il ripristino del criminale che deve essere onorato come essere razionale. Per essere tale, la pena, deve essere sentita interiormente dal colpevole che richiama la moralità.
- moralità: è la sfera della volontà soggettiva e si manifesta nell’azione che risponde a un proponimento che si manifesta nell’intenzione. L’azione mira al benessere e il bene è ancora astratto. (Quando l’intenzione e il benessere non sono universali il fine assoluto della volontà è il bene in se e per se). Il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione tra soggettività (che deve realizzare il bene) e bene (che deve essere realizzato e che assume l’aspetto di dover-essere). Da ciò la contraddizione tra essere e dover essere, tipica della morale (come in Kant che Hegel critica perché troppo formale e astratta). La morale del cuore fa consistere il bene nelle inclinazioni del soggetto. L’ironia romantica abbassa la legge etica e rende il soggetto il signore del bene e del male.
- eticità: la separazione della soggettività e del bene (tipica della moralità) si annulla ed il bene diventa esistente. La moralità è la volontà soggettiva mentre l’eticità è la moralità sociale, la realizzazione del bene nelle forme della famiglia, società e Stato. Essa supera la spaccatura tra interiorità ed esteriorità.
o Famiglia: è il primo momento dell’eticità fondato sull’amore e la fiducia. Essa si articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell’educazione dei figli che una volta cresciuti ne escono per formare un’altra famiglia.
o Società civile: il sistema unitario e concorde della famiglia (tesi) si frantuma in quello conflittuale della società (antitesi) che comprende le sfere economico-sociali e giuridico-amministrative. Essa si articola in 3 momenti:
1. Sistema dei bisogni: nasce perché gli individui devono soddisfare i propri bisogni e danno origine a 3 classi: quella sostanziale degli agricoltori (prodotti della terra), quella formale degli artigiani (danno forma alle cose) e quella universale dei funzionari (interessi universali della società)
2. Amministrazione della giustizia: concerne la sfera delle leggi e della loro tutela e corrisponde al diritto pubblico
3. Polizia e corporazioni: provvedono alla sicurezza sociale. Le corporazioni uniscono la volontà del singolo a quella della categoria a cui appartiene.
Mettere tra l’individuo e lo Stato la società civile fu una delle maggiori intuizioni (ripresa da Marx)
o Stato: è il momento culminante dell’eticità, in cui si riafferma la famiglia (sintesi). È una famiglia in grande e non sopprime la società civile ma indirizza i particolarismi verso il bene collettivo. Lo Stato è l’incarnazione della morale sociale e del bene comune. Per Hegel la sovranità popolare non esiste perché il popolo è una moltitudine informe. La sovranità dello Stato deriva dallo Stato stesso che ha in se stesso la propria ragion d’essere. Per questo lo Stato non si fonda sugli individui ma sull’idea di Stato e sul concetto di bene universale. Per Hegel, non sono gli individui a fondare lo Stato ma lo Stato a fondare gli individui dal punto di vista cronologico (lo Stato viene prima) e ideale (lo Stato è superiore). Si oppone alla visione organicistica, di coloro che vorrebbero far dipendere lo Stato da un contratto voluto dagli individui. Di quella giusnaturalista non crede che i diritti esistano oltre lo Stato ma condivide la tendenza a fare dello Stato il punto culminante di un processo storico e la tesi della supremazia della legge (più alta manifestazione della volontà razionale dello Stato). Il suo stato non è dispotico perché deve operare secondo le leggi e, quindi, a governare sono le leggi, non le persone. Inoltre, la costituzione, deve uscire dalla vita collettiva e storica del popolo, non decisa a tavolino. Se si assegna una costituzione a priori si fallisce. Identifica la costituzione razionale con la monarchia costituzionale moderna che è un organismo politico che prevede vari poteri:
- Legislativo: stabilisce l’universale a cui concorre l’assemblea dei rappresentanti con una Camera alta e una Camera bassa. Ma i ceti tendono a far valere i propri interessi a spese dell’interesse generale. L’assemblea è solo una parte del potere legislativo.
- Governativo (esecutivo): comprende i poteri giudiziari e di polizia, assume il particolare sotto l’universale e fa rispettare le leggi attraverso i funzionari.
- Principesco: è l’incarnazione stessa dell’unità dello Stato che deve approvare le leggi.
(no giudiziario che appartiene alla società civile). Per Hegel, il vero potere è quello del governo e la monarchia costituzionale è la migliore perché risolve le forme classiche di governo: monarchia, aristocrazia e democrazia. Il monarca è uno con il potere governativo intervengono alcuni e con quello legislativo intervengono tutti. Hegel divinizza lo Stato che non può essere limitato dalle leggi. Non esiste un organismo superiore allo Stato che possa risolvere i conflitti interstatali e il solo arbitro è lo Spirito universale (storia) che ha come momento strutturale la guerra. Essa è necessaria e inevitabile e preserva i popoli dalla fossilizzazione a cui conduce una pace perpetua.

14. La filosofia della storia.
Dal punto di vista dell’individuo (intelletto finito) la storia è un insieme di fatti insignificanti ed è priva di un piano razionale. Ma la storia del mondo è razionale perché è dominata da Dio e l’uomo è incapace di comprenderne i disegni provvidenziali. La storia deve essere sottratta a questa limitazione e portata alla forma di un sapere che riconosca le 3 vie e determinarne il fine, i mezzi e i modi della razionalità della storia:
- Il fine è che lo spirito giunga al sapere di ciò che è veramente manifestando se stesso. Questo è lo spirito del mondo che si incarna negli spiriti dei popoli.
- I mezzi sono gli individui con le loro passioni che sono molto importanti ma conducono a fini diversi da quelli a cui mirano. Dato che lo spirito del mondo è lo spirito del popolo, l’azione dell’individuo è più efficace se è più conforme allo spirito del popolo. Il progresso ha i suoi strumenti negli eroi che sono veggenti e sanno qual è la verità del loro mondo e gli altri devono obbedirgli. Solo a loro, Hegel, riconosce il diritto di lavorare e loro sono destinati al successo, quindi, resistergli è cosa vana. Essi eseguono le proprie passioni ma questa è un’astuzia della Ragione che si serve delle passioni degli uomini per attuare i suoi fini. Quando l’individuo muore l’idea universale è compiuta e, quindi, gli individui sono mezzi della storia.
Il fine ultimo è la realizzazione della libertà dello spirito che si realizza nello Stato (fine supremo). La storia del mondo è la successione di forme statali che costituiscono momenti di un divenire assoluto. Questi momenti, in cui si realizza la libertà dello spirito del mondo, sono:
- mondo orientale in cui uno solo è libero
- mondo greco in cui alcuni sono liberi
- mondo cristiano-germanico in cui tutti gli uomini sono liberi (la monarchia moderna abolisce i privilegi dei nobili e pareggia i diritti portando l’uomo alla libertà). Questa libertà può essere realizzata nello Stato etico che risolve l’uomo nella comunità (non in uno Stato liberale in cui il singolo cerca di far valere se stesso: l’arbitrio del singolo non è libertà, lo è il diritto, la morale e lo Stato)


15. Lo spirito assoluto.
È il momento in cui l’idea arriva alla piena coscienza della propria infinità. Ciò è il risultato di un processo dialettico rappresentato da varie attività che differiscono nella forma e hanno lo stesso contenuto (Dio):
- l’arte ha il suo assoluto nella forma dell’intuizione sensibile. È il primo gradino in cui lo spirito acquista coscienza di se poiché l’uomo acquista coscienza di se. L’arte vive in modo immediato ed intuitivo la fusione tra soggetto e oggetto che la filosofia idealistica teorizza concettualmente. Nell’arte, spirito e natura, vengono recepiti come un tutt’uno (nella scultura l’oggetto, marmo, è natura spiritualizzata e il soggetto, idea, è spirito naturalizzato). Hegel divide la storia dell’arte in 3 momenti:
1. arte simbolica è tipica dei popoli orientali ed è caratterizzata dallo squilibrio tra contenuto e forma e ricorre al simbolo, non potendo esprimere un messaggio spirituale con forme sensibili adeguate.
2. arte classica è caratterizzata da un armonico equilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile attraverso la figura umana. È il culmine della perfezione artistica.
3. arte romantica è caratterizzata da uno squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile. Lo spirito capisce che ogni forma sensibile è insufficiente ad esprimere l’interiorità spirituale. Ciò porta alla crisi moderna dell’arte e l’uomo non la riconosce più come espressione più elevata dell’idea. L’arte è inadeguata ad esprimere la spiritualità moderna ma rimane una categoria dello spirito assoluto.
- la religione ha il suo assoluto nella forma della rappresentazione. Per Hegel la filosofia della religione non deve creare la religione ma riconoscerla. L’oggetto della religione è Dio e il soggetto è la coscienza umana indirizzata a Dio, lo scopo è l’unificazione di Dio e della coscienza. Nella religione è essenziale il rapporto tra Dio e la coscienza e la prima forma della religione è l’immediatezza di questo rapporto che è propria del sentimento. Esso dà la certezza dell’esistenza di Dio ma non è in grado di giustificarla e trasformarla in verità oggettivamente valida. La rappresentazione è il modo religioso di pensare Dio e sta a metà strada tra arte e filosofia. Le rappresentazioni giustappongono le determinazioni come fossero indipendenti l’una dall’altra e vengono unite in modo esteriore. Si riconosce l’inconcepibilità dell’essenza divina che le unifica. Quindi, la religione, non può pensare Dio dialetticamente e si ferma davanti al mistero dell’assoluto. La religione è lo sviluppo dell’idea di Dio nella coscienza umana e si divide:
1. religione naturale in cui Dio è sepolto nella natura. Essa si compone della stregoneria e del feticismo delle tribù primitive, nelle forme più basse. In quelle più alte, delle religioni panteistiche orientali
2. religioni naturali che trapassano in religioni della libertà e sono religioni che portano alla visione di Dio come spirito libero ma che sono ancora naturalistiche
3. religione assoluta come quella cristiana (religione più alta più vicina alla verità) in cui Dio è puro spirito. Anche il cristianesimo ha i suoi limiti propri della religione.
- la filosofia ha il suo assoluto nella forma del puro concetto. L’Idea arriva alla piena e concettuale coscienza di se e chiude il ciclo cosmico. La filosofia è una formazione storica (totalità processuale sviluppata attraverso vari gradi conclusi nell’idealismo). La filosofia è la storia della filosofia che si è compiuta con Hegel. Quindi ogni sistema filosofico precedente è una tappa necessaria che supera quello precedente ed è superato dal successivo. La sua storia della filosofia inizia con quella greca e finisce con quella hegeliana. L’ultima filosofia contiene i principi delle precedenti ed è la più sviluppata.
Estratto del documento

negazione è indispensabile procedere oltre il principio di identità e mettere in rapporto

le varie determinazioni con quelle opposte.

3. Speculativo o positivo-razionale: coglie l’unità delle determinazioni opposte.

Quindi la dialettica consiste:

1. Nell’affermazione tesi

di un concetto astratto che funge da

2. Nella negazione antitesi

di un concetto limitato a un concetto opposto che funge da

3. Nell’unificazione dellaffermazione e della negazione sintesi

in una che riafferma

(Aufhebung) la tesi iniziale.

Puntualizzazioni sulla dialettica:

a) comprende la totalità dei tre momenti

b) illustra il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito

nell’infinito. Ci mostra come il finito non esiste in se stesso ma solo in un contesto di rapporti

(per porsi se stesso, il finito, deve opporsi a qualcos’altro). Poiché il tutto di Hegel è un’entità

dinamica la dialettica esprime il processo per cui le varie parti della realtà perdono la loro

rigidezza. Quindi la dialettica è la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nell’infinito.

c) ha un significato ottimistico e deve unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare

i conflitti e ridurre ogni cosa all’ordine del Tutto. Questi sono momenti di passaggio.

d) pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una totalità processuale che

procede secondo lo schema triadico (tesi, antitesi e sintesi). La sintesi hegeliana è chiusa

(sembra aperta perché ogni tesi presenta un’antitesi e quindi una sintesi ma si avrebbe il

trionfo della cattiva infinità e toglierebbe allo spirito il possesso di se) con un preciso punto

di arrivo.

e) tutti i filosofi hanno criticato l’idea di un epilogo della storia del mondo e hanno insistito

sulla contraddizione (travaglio del negativo).

7. La critica alle filosofie precedenti.

L’hegelismo si contrappone a varie filosofie:

Illuministi:

 Hegel rifiuta l’illuminismo che:

- fa dell’intelletto il giudice della storia

- ritiene che il reale non è razionale, dimenticando che la vera ragione è nella storia

- ritiene che la ragione esprime le esigenze degli individui

Kant:

 aveva voluto costruire una filosofia del finito. Considera le idee della ragione come

regole che spingono la ricerca scientifica all’infinito. La volontà non coincide con la ragione

e non raggiunge mai la santità che è il termine di un progresso infinito ed è propria di Dio.

Quindi l’essere non si adegua al dover essere e la realtà alla razionalità mentre per Hegel

questa adeguazione è necessaria. Hegel gli rimprovera di indagare la facoltà del conoscere

prima di procedere a conoscere.

Romantici:

 il dissenso di Hegel verte su due punti:

1. Contesta il primato del sentimento e sostiene che la filosofia, essendo la scienza

dell’Assoluto, è una forma di sapere razionale.

2. Contesta gli atteggiamenti individualistici e sostiene che il filosofo non deve isolarsi

ma tener d’occhio il mondo

dell’infinito

ma condivide il tema ma crede che ad esso si acceda attraverso vie immediate.

Quindi Hegel non supera il Romanticismo ma ha un diverso esito. Inoltre si trova nel loro

stesso clima culturale.

Fichte:

 accusa il suo soggettivismo di non riuscire ad assimilare l’oggetto rischiando di

cadere nel dualismo kantiano fra spirito e natura, libertà e necessità. Lo accusa, anche, di

aver ridotto l’infinito a semplice meta ideale dell’io finito che non raggiunge mai il suo

termine. La sua filosofia non arriva a quella piena coincidenza tra finito e infinito razionale

e reale.

Schelling:

 concepisce l’Assoluto in modo a-dialettico (unità indifferenziata e statica da cui

derivano le molteplicità). Hegel critica il concetto di Assoluto come identità perché è un

abisso vuoto, privo di concretezza interiore.

8. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO. Fenomenologia

Hegel ha mostrato la via della coscienza umana per giungere all’infinito nella

dello spirito Enciclopedia delle

e il principio in atto in tutte le determinazioni della realtà nell’

scienze filosofiche. Anche la via che lo spirito infinito ha seguito per riconoscersi nella sua

infinità attraverso manifestazioni finite, fa parte della realtà. Perciò la fenomenologia si

presenta come un sistema generale della realtà. La fenomenologia è la storia romanzata della

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coscienza che, attraverso scissioni, contrasti e infelicità, raggiunge l’universalità e si riconosce

come ragione che è realtà e realtà che è ragione. Quindi l’intero ciclo è riassumibile nella figura

coscienza infelice

della che si trova divisa in opposizioni. La fenomenologia ha funzione

introduttiva e pedagogica e fa sì che l’uomo si risolva nello spirito universale. La prima parte

della Fenomenologia si divide in:

1.Coscienza (tesi) . Parte dalla certezza

l’oggetto

in cui predomina l’attenzione verso

sensibile (la più sicura in apparenza ma la più povera nella realtà) che rende certi solo di

questa cosa, non in generale (non un albero ma questo albero), che dipende dall’io che la

considera e non dalla cosa. Quindi la certezza sensibile è la certezza di un io universale. Se

dalla certezza sensibile si passa alla percezione, si rinvia all’universale. Una cosa non può

essere percepita come una, in tutte le sue qualità, se l’io non riconosce che la sua unità è

stabilita da se stesso. Se si passa dalla percezione all’intelletto esso riconosce una forza che

agisce secondo una legge determinata. Quindi è condotto a vedere nell’oggetto un semplice

fenomeno a cui si contrappone l’essenza vera dell’oggetto. Il fenomeno è nella coscienza

che ha risolto l’intero oggetto in se stessa.

2.Autocoscienza (antitesi) . Contiene le figure

soggetto

in cui predomina l’attenzione verso il

più celebri della Fenomenologia e non si muove in ambito gnoseologico ma si occupa di

settori più vasti:

Signoria e servitù:

- mostra altre autocoscienze per darle la certezza di essere

autocoscienza (un uomo è autocoscienza se riesce a farsi riconoscere da un’altra

autocoscienza). Per potersi riconoscere a vicenda non serve l’amore (miracolo che unisce

2 cose senza eliminarne la dualità), perché è privo di serietà dolore e pazienza, ma il

conflitto fra le autocoscienze. Esso, in cui le autocoscienze devono essere pronte a tutto

per affermare la propria indipendenza, si conclude con il subordinarsi dell’una all’altra nel

servo-signore.

rapporto Il signore ha messo a repentaglio la propria vita per ottenere

l’indipendenza, mentre il servo ha preferito perdere l’indipendenza per conservare la sua

vita. Ma questo rapporto è destinato ad un’inversione di ruoli in cui il signore diventa

servo del servo e il servo diventa signore del signore; poiché il signore, inizialmente

indipendente, diventa dipendente dal servo; e il servo, inizialmente dipendente, diventa

paura della morte, servizio

indipendente. Ciò avviene attraverso i tre momenti della del e

lavoro.

del Un uomo diventa schiavo perché ha avuto paura della morte ma, grazie ad

essa, ha potuto sperimentare il proprio essere come qualcosa di indipendente. Nel

servizio la coscienza si disciplina e impara a vincere i suoi impulsi naturali e nel lavoro, il

servo, impone nelle cose una forma, creando un’opera permanente e autonoma. Quindi

formando e coltivando le cose, il servo, forma e coltiva se stesso e imprime una forma

dell’autocoscienza nella cosa. Questa figura è stata apprezzata dai marxisti che l’hanno

vista come prova dell’importanza del lavoro.

Stoicismo e scetticismo:

- il raggiungimento dell’indipendenza dell’io trova la sua

manifestazione filosofica nello stoicismo, che celebra l’autosufficienza e la libertà del

saggio. Nello stoicismo, l’autocoscienza ha solo una libertà interiore astratta; mentre lo

scetticismo, mette tra parentesi il mondo esterno da cui lo storico si sente indipendente.

Lo scetticismo, però, crea una situazione contraddittoria che divide la coscienza che

vorrebbe innalzarsi sull’accidentalità della vita dalla coscienza vittima dell’inessenzialità

della vita. Lo scettico si auto-contraddice perché dichiara che tutto è vano e falso ma

pretende di dire qualcosa di reale e vero. Inoltre la coscienza di cui parla lo scettico è

singola ed entra in contrasto con altre coscienze singole.

La coscienza infelice:

- la scissione tra coscienza immutabile e mutevole si esplicita

nella figura della coscienza infelice che diventa la forma di una separazione radicale tra

uomo e Dio che si manifesta con l’antitesi tra l’intrasmutabile e il trasmutabile. Ciò è

proprio dell’ebraismo in cui l’essenza, l’Assoluto e la realtà vera è lontana dalla coscienza

e assume sembianza di Dio dal quale l’uomo è dipendente. Poi l’intrasmutabile diventa

Dio incarnato come avviene nel cristianesimo ma la sua pretesa di cogliere l’Assoluto in

qualcosa di particolare e sensibile è destinata a fallire con la scoperta di un sepolcro

vuoto. Cristo è comunque qualcosa di separato e come Dio trascendente esprime il

momento dell’aldilà, come Dio incarnato è molto lontano. Quindi la coscienza continua ad

essere infelice e Dio è qualcosa di irraggiungibile. Ciò viene manifestato nelle 4 figure:

Devozione:

- pensiero sentimentale e religioso non elevato a concetto

Fare:

- la coscienza rinuncia a un contatto immediato con Dio e cerca di esprimersi

nell’appetito e nel lavoro. I cristiani avvertono il frutto del proprio lavoro e le proprie

capacità come un dono di Dio quindi Dio è l’unico che agisce.

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Mortificazione di se:

- si ha la più completa mortificazione di se in favore di Dio. Ma il

punto più basso del singolo passa a quello più alto quando la coscienza, cercando di

unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio.

3.Ragione (sintesi) . L’autocoscienza come soggetto

l’unità tra soggetto ed oggetto

riconosce

assoluto diventa ragione che è la certezza di essere ogni realtà, ma per diventare verità

deve giustificarsi rivolgendosi alla natura. Nel naturalismo rinascimentale e nell’empirismo

la coscienza crede di cercare l’essenza delle cose ma in realtà cerca solo se stessa perché la

osservazione della natura

ragione non è oggetto della propria ricerca. Si arriva, quindi, a un’

che si approfondisce con l’esperimento. Hegel esamina 2 scienze in cui la ragione cerca se

stessa:

- Fisiognomica: voleva determinare il carattere dell’individuo attraverso la sua fisionomia

- Frenologia: voleva conoscere il carattere della forma del cranio

Ma in ciò la ragione osservativa sperimenta la propria crisi riconoscendosi come qualcosa di

ragione attiva

distinto dal mondo. Così si passa alla quando l’unità di io e mondo è qualcosa

che deve essere realizzato (non qualcosa di dato). Ma questo progetto fallisce quando è uno

sforzo individuale, come mostrano le figure della ragione attiva:

- Piacere e necessità: in cui l’individuo, deluso dalla scienza, va alla ricerca del proprio

godimento. Ma l’autocoscienza incontra la necessità del destino che lo travolge (prendeva

la vita ma afferrava la morte) mostrando il limite dell’uomo. L’autocoscienza cerca di

opporsi al corso del mondo appellandosi alla legge del cuore.

- Legge del cuore e il delirio della presunzione: in cui l’individuo, dopo aver cercato di

abbattere i responsabili dei mali, entra in conflitto con altri portatori del vero della realtà a

cui contrappone la virtù.

- Virtù: è il bene vagheggiato dall’individuo e contrasta con la concreta realtà che lo

sconfigge.

- Individualità in se e per se reale: in cui dimostra come l’individualità resta astratta e

inadeguata. È la legge che domina il regno animale alla base del quale c’è un inganno.

Infatti, l’uomo spaccia la sua opera come il dovere morale stesso mentre esprime solo il

proprio interesse. Poi esprime la legge legislatrice poiché l’autocoscienza, avvertendo

l’inganno, cerca in se le leggi che valgono per tutti che, però, sono auto contraddittorie. In

questo modo è spinta a cercare leggi assolutamente valide elevandosi al di sopra di esse.

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