Concetti Chiave
- Fichte è considerato l'artefice dell'idealismo tedesco, sottolineando una realtà spirituale piuttosto che materiale.
- Kant vede l'io penso come un principio formale limitato dall'intuizione sensibile, mentre Fichte lo considera infinito e creatore.
- Fichte propone che l'io non solo conosce, ma crea la realtà stessa, superando il concetto kantiano di una realtà oggettiva separata.
- La rivoluzione filosofica di Fichte sposta il focus sull'io umano come fondamento della realtà, celebrando la ragione come principio creativo.
- Fichte differisce da Kant proponendo una deduzione assoluta, dove l'io genera soggetto e oggetto, anziché una deduzione trascendentale.
Indice
- Confronto tra Fichte e Kant
- L'io infinito di Fichte
- La rivoluzione filosofica di Fichte
- Deduzione della realtà secondo Fichte
- Filosofia del finito di Kant
Confronto tra Fichte e Kant
In questo appunto viene analizzata la concezione filosofica di Fichte riguardo l’infinità dell’io, partendo dal concetto sviluppato in precedenza dal filosofo Kant e ponendo i due pensieri filosofici a confronto.
Il filosofo Fichte viene considerato l’artefice dell’idealismo tedesco. Per i sostenitori dell’idealismo, non si parla ancora di un io creatore e infinito. In filosofia, l’idealismo si riferisce a diverse correnti di pensiero in grado di percepire il mondo circostante come il platonismo o il cristianesimo, dove viene favorita una dimensione reale piuttosto che una materiale, sottolineando il carattere spirituale della realtà.

Kant aveva individuato l’io penso come il principio massimo di tutta la conoscenza. Io, un principio formale perché non ha contenuto, è una struttura del conoscere. Considerato quindi in un ristretto ambito gnoseologico, l’io penso per Kant è un’ limitata dall’intuizione sensibile. Esso è pertanto finito in Kant. Già i suoi immediati seguaci, col kantismo, avevano considerato il problema dell’origine del materiale sensibile ed avevano dimostrato impossibile la derivazione da esso dalla cosa in sé, che avevano tra l’altro dichiarato chimerica, ovvero qualcosa che esiste ma è inconoscibile. Essi erano quindi già sulla strada di attribuire tale materiale sensibile all’attività soggettiva e di risolvere nell’io l’intero mondo della conoscenza. Alcuni critici kantiani come Schultz e Bach avevano dimostrato l’impossibilità del materiale sensibile dalla derivazione della cosa in sé, definendo la cosa in sé una “chimera” in quanto esterna alla coscienza e indipendente da essa. Questi critici avevano già tentato di attribuire all’attività soggettiva la produzione del materiale sensibile e di risolvere nell’io l’intero punto della conoscenza.
L'io infinito di Fichte
Fichte proprio da queste considerazioni fa partire l’idea dell’infinità dell’io: se l’io è l’unico principio non solo formale, ma anche materiale del conoscere e alla sua attività sono dovuti non solo il pensiero dell’attività oggettiva, ma anche la stessa realtà del contenuto materiale, si può concludere che l’io non è solo finito ma anche infinito.
La rivoluzione filosofica di Fichte
È Fichte che trae le conseguenze di queste premesse: se l’io esiste prima ancora di porsi in atto, è l’unico principio, non solo formale, ma anche materiale ed è egli stesso che produce il materiale sensibile, del conoscere. È ad esso che si deve non solo la forma (il pensiero) della realtà, ma la realtà stessa: l’io infinito va oltre il finito essendo il principio primo; tutto esiste nell’io e per l’io. L’io, inteso come realtà umana (non razza biologia, ma spirito, attività conoscitiva e pratica), che si contrappone a quella materiale, è realtà creatrice, libertà creatrice, in quanto creatore del mondo, che non esiste più di per sé, ma è stato creato dall’io puro, al di là dell’esperienza.
La rivoluzione filosofica di Fichte consiste nel fatto che si abbandona l’idea di una realtà oggettiva, esistente di per sé, e si sposta la questione in ambito metafisico in cui prevale l’uomo (in senso generico), che diventa l’io che fonda la realtà. In questo modo l’io ha le stesse caratteristiche del soggetto.
Deduzione della realtà secondo Fichte
Perfettamente in linea con le idee del periodo, di tipo illuministico, si celebra la ragione che viene intesa non solo come facoltà conoscitiva che consente di conoscere la realtà, ma come principio fondante del mondo e che, in quanto tale, è in grado di cambiarlo. Fichte ha rotto con la circoscrizione finita dell’uomo: egli si afferma come il filosofo dell’infinità dell’Io, della sua attività assoluta (svincolata) e spontanea e quindi della sua assoluta libertà. Adesso l’io puro, come principio creatore, deve spiegare come da esso derivi l’intero sapere. Tutto ciò dà luogo quindi a una deduzione (deduzione della realtà partendo dall’io), differente dal pensiero kantiano: Kant crede in una deduzione trascendentale in cui si giustifica la validità delle condizioni soggettive della conoscenza; mentre Fichte crede in una deduzione assoluta facendo derivare dall’Io il soggetto e l’oggetto del conoscere.
Quindi se in Kant c’è un rapporto conoscitivo tra l’io e l’oggetto fenomenico di tipo trascendentale, nel pensiero di Fichte l’io rappresenta il principio massimo, che servendosi dell’intuizione intellettuale (attività creatrice) genera il soggetto e l’oggetto fenomenico. Porta avanti questa problematica nella “Dottrina della Scienza” (non sta fondando il mondo come realtà indipendente, ma come conoscenza), in cui però non deduce il principio stesso, l’Io, urtando quindi nel problema che verte sulla rottura dell’Io.
Filosofia del finito di Kant
Kant è il sostenitore della filosofia del “finito”, pensiero filosofico in cui l’io penso possiede delle qualità ben precise:
- È il principio assoluto di tutta la conoscenza;
- È un atto di autodeterminazione dell'esistenza che presupponeva come già data l’esistenza;
- È finito perché viene circoscritto dall’oggetto e ipotizza un principio formale del conoscere.
Dall’altra parte Fichte è il sostenitore dii una filosofia dell’infinito:
- la filosofia dell’io infinito, della assoluta attività, della spontaneità e della libertà dell’io;
- tutto esiste nell’io e per esso;
- l’io è considerato il principio materiale e formale, responsabile della realtà stessa e della sua forma.
Domande da interrogazione
- Qual è il contributo di Fichte all'idealismo tedesco?
- Come si differenzia l'io penso di Kant dall'io infinito di Fichte?
- In che modo Fichte rivoluziona la filosofia rispetto a Kant?
- Qual è la differenza tra la deduzione trascendentale di Kant e la deduzione assoluta di Fichte?
- Quali sono le caratteristiche principali della filosofia dell'io infinito di Fichte?
Fichte è considerato l'artefice dell'idealismo tedesco, introducendo l'idea dell'io infinito come principio creatore e materiale della conoscenza, superando la concezione kantiana dell'io finito.
L'io penso di Kant è un principio formale e finito, limitato dall'intuizione sensibile, mentre l'io infinito di Fichte è un principio assoluto e creatore, responsabile della realtà stessa e della sua forma.
Fichte sposta la questione della realtà in ambito metafisico, abbandonando l'idea di una realtà oggettiva esistente di per sé e ponendo l'io come fondamento della realtà, celebrando la ragione come principio fondante e creatore del mondo.
Kant giustifica la validità delle condizioni soggettive della conoscenza attraverso una deduzione trascendentale, mentre Fichte deriva il soggetto e l'oggetto del conoscere dall'io attraverso una deduzione assoluta.
La filosofia dell'io infinito di Fichte si basa sull'assoluta attività, spontaneità e libertà dell'io, considerato il principio materiale e formale, responsabile della realtà stessa e della sua forma.