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Concetti Chiave

  • Fichte sviluppa la sua filosofia partendo da Kant, ma con un focus sull'infinitizzazione dell'io, influenzato dal romanticismo e dalla concezione di libertà come lotta continua.
  • La teoria di Fichte si basa su tre principi fondamentali: l'io pone se stesso, l'io pone il non-io, e l'io oppone un non-io divisibile, per spiegare la relazione tra io e non-io.
  • L'infinitizzazione dell'io secondo Fichte implica una lotta continua per superare i limiti, in cui il non-io è un ostacolo necessario per l'affermazione della libertà.
  • Fichte confronta idealismo e dogmatismo, vedendoli come visioni pari ma opposte, con l'idealismo che promuove la libertà attraverso la lotta e il superamento degli ostacoli.
  • La filosofia di Fichte è una forma di panteismo spiritualistico, in cui l'io è visto come principio fondamentale e creatore, con attributi simili a quelli di Dio.

Indice

  1. Le origini di Fichte
  2. Influenza di Kant e del romanticismo
  3. La filosofia dell'Io
  4. Il non-io e la libertà
  5. La lotta per la libertà
  6. La dialettica e la storia
  7. Dogmatismo e idealismo
  8. La dottrina morale di Fichte
  9. Il panteismo spiritualistico

Le origini di Fichte

Fichte nasce in una famiglia di bassa condizione sociale ed economica ma, nonostante questo, ha la possibilità di studiare grazie ad un nobile che, notatone l’intelligenza, decide di finanziargli gli studi mandandolo in una delle università più prestigiose del tempo e che costituiva al tempo anche un importante centro romantico. Tuttavia una volta laureatosi i finanziamenti gli vengono meno e, a causa dei conseguenti problemi economici, decide di lavorare come precettore privato. Proprio in questa occasione egli entrerà in contatto con la dottrina di Kant a seguito di una domanda postogli da un alunno che, cogliendolo impreparato, lo spingono a leggerne le opere. Dopo la lettura della Critica alla Ragion Pratica la sua vita avrà una svolta e il postulato della libertà contenuto nell’opera lo spinge, anche a causa della sua concezione di libertà dovuta al clima romantico in cui vive, ad elaborare la teoria dell’infinitizzazione dell’io su cui si base l’idealismo francese. La filosofia di Fichte è nata quindi a partire dalla filosofia kantiana ma ha assunto poi una direzione completamente diversa in quanto quella che Fichte vuole costruire non è una filosofia del finito, come quella di Kant, ma dell’infinito e che egli identifica con l’uomo.

Influenza di Kant e del romanticismo

La riflessione fichtiana nasce a seguito della lettura del postulato sulla libertà dell’uomo della Critica alla Ragion Pratica di Kant e dell’influenza della cultura romantica in cui egli vive, influenzandolo sia nella sua concezione di libertà (infatti se per gli illuministi la libertà si configurava come libertà dall’oppressione, e quindi con una connotazione più prettamente politica, per i romantici essa assume la valenza di possibilità di libera espressione e di libera costruzione dell’io; in questo la lotta per la libertà non si configura come lotta contro il tiranno ma come lotta per conquistare la libertà facendo della libertà non lo stadio finale a cui si giunge con tale lotta ma la lotta stessa) sia nella tendenza all’infinito. Fichte infatti risolve il problema che era sorto a partire dalla concezione di Kant in cui l’attività della coscienza risultava limitata dall’intuizione impossibile in quanto impossibilitata a conoscere la realtà in sé delle cose, ponendo così il problema dell’origine materiale del mondo. Per Fichte invece l’io diventa non solo il principio formale del conoscere ma anche materiale, ossia alla attività dell’io non è dovuta a sola conoscenza della realtà come in Kant ma ad essa è dovuta la realtà stessa. In questo modo l’io diventa infinito e punto di partenza di una libertà assoluta. Di conseguenza se in Kant la rivoluzione copernicana aveva portato a giustificare le condizioni soggettive della coscienza e a invertire il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, ponendo quindi al centro non più la cosa ma l’io affermando quindi che non è la mente ad adattarsi alla realtà ma la realtà ad adattarsi alla mente grazie alle forme a priori con cui quest’ultima la registra e facendone il principio fondamentale della conoscenza, la concezione di Fichte può essere considerata un’evoluzione della rivoluzione copernicana in cui diventa un principio assoluto dal quale deriva sia il soggetto conoscente sia l’oggetto conosciuto. Tale affermazione, ossia che dall’Io deriva sia il soggetto che l’oggetto, nasce dalla stessa affermazione, di matrice kantiana, secondo si può affermare che qualcosa esiste solo in rapporto alla nostra coscienza, ossia all’Io; per lo stesso principio allora la coscienza è possibile solo se in rapporto con la coscienza stessa, ossia l’autocoscienza, in quanto per noi esiste solo ciò che sta in rapporto con la nostra coscienza. Da ciò deriva anche la necessità di ridefinire il principio fondamentale alla base del sapere e che fino a quel momento era stato il principio di identità. Infatti esso non può essere il principio primo in quanto per poter affermare tale principio, ossia che A è uguale ad A, occorre l’Io, in quanto senza di esso l’identità logica non si giustifica poiché all’oggetto, A=A, viene a mancare il soggetto a cui rapportarsi. Di conseguenza, poiché nulla può essere affermato senza l’Io, in quanto è ciò a cui tutto va rapportato, e poiché l’Io non può affermare nulla senza prima affermare se stesso il principio supremo del sapere non può più essere il principio di identità, in quanto posto dall’Io, ma l’Io stesso.

La filosofia dell'Io

L'Io pone se stesso: ossia l'io è una "essenza" che non ha nulla di estraneo a se ed è il principio fondamentale, in quanto se elimino tutto ciò che so essere fenomeno rimano solo quello che Kant chiamava io penso, in cui faceva culminare tutte le forme della mente, e poiché per l'io non è possibile affermare nulla senza prima affermare se stesso esso non può che essere il principio supremo del sapere in quanto ciò che esiste esiste in quanto sta in rapporto con il soggetto, ossia l’io o coscienza. Ma poiché l’io non può affermare nulla senza prima affermare sé stesso l’io pone l’io stesso in quanto può esistere solo in relazione al soggetto, ossia a sé. L’io possiede quindi un’attività auto-creatrice ed è quindi autocoscienza.

Il non-io e la libertà

L'io pone il non-io: ossia nell'io assoluto puro vi è un’opposizione a un non-io assoluto e puro, necessario affinché l'io abbia senso come coscienza reale e affinché l'io, che nel non-io proietta la sua soggettività, si affermi come libero. Il non-io, quindi, è posto dall’io nell’io.

L’Io oppone nell’Io all’io divisibile un non-io divisibile in quanto avendo posto il non-io l'io è limitato: È infatti insito nella natura della coscienza l'autocoscienza, ossia il non-io posto nell'io è l'io stesso che si sdoppia affinché l'io possa analizzare l'io. Proprio da questa auto-analisi l'io e il non-io si oppongono in quanto, essendo entrambi assoluti e infiniti si limitano a vicenda in quanto essendo due non possono essere più infiniti e assoluti.

La lotta per la libertà

Da questi tre principi deriva tutta la filosofia dell’infinito di Fichte; l’Io infinito, infatti, non è una vera e propria sostanza ma è ciò verso cui gli io finiti tendono, ossia un Io puro che, avendo vinto sui propri ostacoli è privo di limiti e quindi completamente libero. Tuttavia il raggiungimento dell’Io infinito in quanto, in accordo con la concezione romantica, Fichte non individua la libertà nel raggiungimento di uno stato finale e perfetto ma nello sforzo infinito dell’uomo verso la libertà e quindi nella lotta inesauribile verso il limite in uno sforzo di autoperfezionamento infinito (in quanto l’essenza dell’Io è lo sforzo e se riuscisse davvero a superare tutti i propri limiti cesserebbe di esistere). L’individuo quindi vive una lotta continua in quanto deve costantemente lottare contro i propri difetti, i propri istinti e le proprie limitazioni interiori e contro quelle poste dal mondo, in quanto si pone in continua relazione con la realtà che lo circonda ossia con cose estranee e poste al di fuori di sé (il non-io). Secondo Fichte vi è quindi un continuo contrasto fra io e non-io ma che tuttavia questa reciproca limitazione non è una limitazione della libertà ma al contrario affermazione della libertà; il non-io infatti viene opposto all’Io finito dall’Io infinito proprio perché solo tramite questa opposizione fra io e non-io e tramite il superamento di questo ostacolo l’individuo può affermarsi nella propria libertà in quanto lo sforzo infinito verso la libertà si configura come sforzo infinito verso l’Io privo di ostacoli ossia l’Io infinito che non ha più alcun limite, ossia non ha più nessun non-io che gli si oppone. Di conseguenza la lotta incessante per la libertà si configura come lotta incessante per il superamento degli ostacoli ossia superamento del non-io che, per poter essere superato, deve essere assorbito dall’io stesso in quanto il non-io fa parte dell’Io infinito ma non gli si oppone. Quindi la difficoltà che prima era un ostacolo al pieno dispiegamento dell’io e della sua affermazione diventa ora qualcosa che definisce ed espande l’io stesso incorporando questo nuovo non-io superato e vinto e permettendogli di avvicinarsi alla sua meta ideale, ossia l’Io infinito, in un processo continuo in cui ciascun traguardo e superamento diventa un nuovo slancio per un ulteriore ostacolo. Infatti se nel superare questo conflitto l’io si espande a discapito del non-io, che viene assorbito diventando io, allora l'esito estremo di questo processo immaginandosi che esso possa protrarsi all’infinito, è costituito dal raggiungimento, in un tempo infinito, di un momento in cui tutto ciò che esiste e che è non-io diventerebbe io e entrerebbe a far parte di un’unica grande coscienza assoluta, ossia l’Io infinito.

La dialettica e la storia

Così come la storia di un singolo uomo si articola in una struttura triadica detta dialettica (ossia autoposizione dell’io, opposizione del non-io e progressivo processo di infinitizzazione del non-io), così secondo Fichte si articola la storia filosofica del mondo. Lo spirito dell’uomo, infatti, è tale per cui ad ogni tesi egli suscita un’antitesi ma che tuttavia, proprio in luce di questa nuova concezione di opposizione, non costituisce più un punto di arresto ma un limite fecondo in quanto nel superare l’antitesi non si ha più una semplice ripetizione della tesi ma la riaffermazione della tesi arricchita e rafforzata da tale superamento, ossia quella che ne nasce è una sintesi che scaturisce dalla contraddizione, che seppur non ammessa nella posizione finale viene ammessa all’interno del percorso di conoscenza. [-A partire dalla dichiarazione fichtiana secondo cui il non-io al tempo stesso oppone resistenza all’io ma al tempo stesso ne fa parte e ne sia stata prodotto nascono due obbiezioni, ossia: Perché il non-io appare anteriore e indipendente? Perché se la realtà è stata creata dall’Io noi che siamo io non ne abbiamo coscienza? Fichte risponde con la teoria dell’immaginazione produttiva: ossia che l’Io produce i materiali del conoscere, che quindi non sono indipendenti, e il non-io viene prodotto inconsciamente dall’Io in quanto la coscienza presuppone una situazione in cui l’oggetto stia davanti al soggetto mentre nell’atto di creare la realtà davanti al soggetto non vi era nulla e pertanto non può essere stata un’attività conscia ma inconscia -La ri-appropiazione del non-io ad opera dell’io avviene attraverso una serie di gradi di conoscenza ossia attraverso una progressiva interiorizzazione dell’oggetto: sensazione (registrazione dell’oggetto), intuizione (coordina spazialmente e temporalmente l’oggetto), intelletto (categorizza le molteplicità spazio-temporali), giudizio (articola la sintesi intellettiva), ragione (astrazione degli oggetti)].

Dogmatismo e idealismo

Pur essendo fra i primi filosofi a sviluppare l'idealismo romantico Ficthe non elimina le forme di filosofia che partono dalla cosa in sé per spiegare l'io. Infatti secondo Fichte dogmatismo (ossia la filosofia che fonda l’esperienza sulla cosa in sé e sull’oggetto) e idealismo (ossia la filosofia che fonda l’esperienza sull’io e sul soggetto), pur essendo forme diametralmente opposte, sono visioni pari, ugualmente dimostrabili e che pur escludendosi a vicenda non permettono di confutare direttamente quella opposta in quanto entrambe fondative. La scelta fra dogmatismo e idealismo deriva quindi esclusivamente da una prese di posizione in campo etico, affermando così il primato della ragion pratica, in quanto si configurano come filosofia del coraggio e del temperamento attivo e come filosofia della rassegnazione e dell’agire passivo. Il dogmatismo infatti finisce per insegnare che tutto è deterministico rendendo nulla la libertà e sollevando quindi l'uomo da qualsiasi responsabilità (sono così perché sono così e me ne devo fare una ragione), mentre l'idealismo si struttura come una dottrina della libertà (sono così affinché io possa lottare per la libertà superando gli ostacoli che io stesso mi pongo. Ciò che sono quindi è quindi frutto delle mie scelte) e che insegna a perseguire l’indipendenza dalle cose e il superamento dei propri ostacoli attraverso lo sforzo e la fatica.

La dottrina morale di Fichte

Con la dottrina morale Fichte evidenzia il primato della ragion pratica e spiega il motivo per il quale l’Io infinito ponga il non-io. Questo avviene affinché l’uomo possa agire in quanto per realizzare se stesso come attività e come libertà deve raggiungere l’Io e, poiché l’io è assoluta libertà, per poter cercare di raggiungerlo deve agire moralmente. Ma poiché non vi è agire morale dove non vi è sforzo per poter agire moralmente l’Io deve porre degli ostacoli e delle limitazioni all’io ossia il non-io. Di conseguenza il mondo non è qualcosa a cui impongono delle forme a priori ma è una realtà primariamente autocosciente, ossia essendo la libertà la lotta per conquistare la libertà allora il mondo che si oppone all'io non è una realtà preesistente e già data ma è una realtà creata dalla coscienza così da poter raggiungere la libertà attraverso il superamento di ostacoli e limitazioni al dispiegamento dell'io. L'io è quindi in possesso della facoltà creativa, con cui pone il non-io, in quanto l’io è la ragion d'essere e lo scopo della natura stessa che esiste in quanto necessaria nella lotta per la libertà dell'io.

Il panteismo spiritualistico

In conclusione la filosofia di Fichte è una visione panteistica in quanto Fichte capovolge il rapporto io-natura, che prima vedeva nella natura la causa dello spirito mentre Fichte sostiene che è lo spirito che è causa della natura poiché essa esiste solamente in funzione dell’io in quanto frutto della necessità dello spirito di un’antitesi per esistere, e in quanto , rendendo l’io assoluto (poiché l'io è il principio fondamentale di ogni cosa l'io), puro (poiché privo di limiti) e in possesso della facoltà creatrice dell'universo, gli conferisce gli stessi attributi di Dio. Quella di Fichte è quindi un panteismo spiritualistico, ossia una forma di panteismo in cui Dio è lo spirito che opera nel mondo ossia l'uomo. La visione di Fichte è inoltre una visione circolare in quanto l'Io "nasce" come io puro, assoluto e infinito ma ponendo il non-io viene limitato (pur rimanendo al tempo stesso anche infinito in quanto il non-io esiste solo in funzione dell'io) ed infine con la lotta e il progressivo superamento del non-io esso tende all'unita dell'io.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'origine della filosofia di Fichte?
  2. La filosofia di Fichte nasce dall'influenza della dottrina di Kant e della cultura romantica, portandolo a sviluppare la teoria dell'infinitizzazione dell'io.

  3. Come Fichte differisce dalla filosofia di Kant?
  4. Fichte si distacca da Kant proponendo una filosofia dell'infinito, dove l'io non è solo il principio formale del conoscere, ma anche materiale, rendendo l'io il punto di partenza di una libertà assoluta.

  5. Quali sono i tre principi fondamentali della filosofia di Fichte?
  6. I tre principi sono: l'Io pone se stesso, l'Io pone il non-io, e l'Io oppone nell'Io all'io divisibile un non-io divisibile, che insieme formano la base della sua filosofia dell'infinito.

  7. Come Fichte interpreta la lotta tra io e non-io?
  8. Fichte vede la lotta tra io e non-io come un processo continuo di autoperfezionamento, dove l'io si espande superando il non-io, avvicinandosi all'Io infinito.

  9. Qual è la relazione tra idealismo e dogmatismo secondo Fichte?
  10. Fichte considera idealismo e dogmatismo come visioni opposte ma ugualmente valide, con la scelta tra le due che deriva da una posizione etica, enfatizzando il primato della ragion pratica.

Domande e risposte

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