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Concetti Chiave

  • Patristica e Scolastica sono due scuole filosofiche cristiane: la prima si sviluppa fino all'VIII secolo e cerca di affermare il Cristianesimo sul Paganesimo, la seconda è tipica del Medioevo, quando il Cristianesimo diventa dominante.
  • La filosofia patristica traduce i concetti ebraici in un linguaggio comprensibile alla cultura greca, cercando una spiegazione filosofica del dogma cristiano, come fatto da Sant'Agostino con la sua reinterpretazione del platonismo.
  • Sant'Agostino, nel suo pensiero, sostiene che la ricerca della verità coinvolge l'intera persona e si distacca dalla cultura greca focalizzandosi sulla volontà e sull'amore come componenti essenziali della conoscenza.
  • San Tommaso d'Aquino, esponente di spicco della Scolastica, cerca di armonizzare ragione e fede, sostenendo che la rivelazione divina completa la comprensione razionale della realtà.
  • Tommaso elabora cinque vie per dimostrare razionalmente l'esistenza di Dio e afferma che la Grazia divina non annulla la natura umana ma la perfeziona, sintetizzando il pensiero aristotelico con il Cristianesimo.

Patristica e Scolastica

Entrambe sono scuole filosofiche di matrice cristiana.

Nell’Europa occidentale, fino all’avvento dell’Illuminismo, la filosofia si era divisa in questi due momenti:

- Patristica è la filosofia tardo-antica fino all’VIII secolo, all’epoca della caduta dell’Impero Romano.

- La Scolastica, invece, è la filosofia propria del Medioevo.

Indice

  1. Differenze tra patristica e scolastica
  2. Ebraismo e la sua storia
  3. Storia tormentata di Israele
  4. Deportazione e ritorno degli ebrei
  5. Libri sacri e storia d'Israele
  6. Filosofia patristica e cultura greca
  7. Agostino e la filosofia platonica
  8. Vita e studi di Agostino
  9. Conversione e opere di Agostino
  10. Agostino e la ricerca della verità
  11. Agostino e il problema del male
  12. Tommaso d'Aquino e la scolastica
  13. Filosofia di Tommaso d'Aquino
  14. Ragione e fede secondo Tommaso
  15. Esistenza e creazione divina
  16. Virtù e inclinazione al bene
  17. Summae e contributo di Tommaso

Differenze tra patristica e scolastica

La differenza fra le due è che la prima non ha ancora trionfato completamente sul Paganesimo e si sforza di stimolare le coscienze al Cristianesimo, mentre la seconda è la scuola propria del Cristianesimo, visto ormai come istituzione dominante.

Ebraismo e la sua storia

L’Ebraismo, religione da cui deriva il Cristianesimo, è una religione del Libro in quanto affida la quasi totalità delle sue esperienze, la sua storia, la formazione della sua fede, al Libro Sacro.

Israele si ritiene un popolo a cui Dio ha fatto una promessa, e si può riconoscere una sorta di elezione di questo popolo che non si manifesta solo con il favore di Dio, ma anche con punizioni. Gli ebrei, inizialmente, quando parlano del loro Dio, si riferiscono ad una divinità superiore a tutte le altre; all’inizio della loro storia non sono infatti monoteisti, il fatto di essere una religione universalistica è un’acquisizione tarda.

Storia tormentata di Israele

La storia di Israele inizia nel XI secolo a.C., con il regno di Salomone. La fasi della storia precedenti a questo, sono difficilmente accertabili, in quanto i documenti e le testimonianze sono scarse e confuse. La storia di Israele fu molto tormentata, ed il regno si divise poi in due regni più piccoli. Questi caddero nelle mani di Assiri e Babilonesi.

Deportazione e ritorno degli ebrei

Gli ebrei vennero deportati a Babilonia come schiavi fino al momento in cui, sotto a Ciro il Grande, il regno babilonese crollò e gli ebrei poterono tornare nelle loro terre. Dopo questo avvenimento, furono sotto il controllo dell’impero persiano e di quello romano. Successivamente ci fu la Diaspora, cioè la dispersione del popolo ebraico.

Libri sacri e storia d'Israele

In tutto questo tempo furono scritti numerosi libri, riguardanti i vari avvenimenti che caratterizzarono la storia d’Israele. I libri più antichi sono quelli del Pentateuco o Torah, che comprende: Esodo, Genesi, Numeri, Levitico e Deuteronomio.

Ci sono poi i Libri dei Profeti, che contiene le predicazione dei profeti che operarono durante la monarchia. Poi ci sono i Salmi, componimenti poetici di preghiere. Ci sono anche alcuni libri storici, come quello dei Giudici, ed infine i Libri Sapienziali, che narrano di principi di vita.

La forma attuale del Vecchio Testamento è stata data intorno al IV secolo, dopo l’esilio. Gli ebrei presero i numerosi racconti e li unificarono in un racconto unico. Ne derivano molte fonti, ad esempio per il Pentateuco sono state isolate ben 4 diverse fonti: yavista, eloista, sacerdotale, deuteronomista.

Filosofia patristica e cultura greca

Per i cristiani l’evento rivelativo della realtà divina è la vita di Gesù, la sua morte e resurrezione; la rivelazione è anticipazione di ciò che dovrà accadere. Tutto ciò si tradusse in sforzo teorico per diffondere questi concetti nel mondo greco, cioè trasformare questo racconto in narrazione filosofica adatta per l’ambiente colto greco.

La filosofia patristica cercò di tradurre significati collegati alla cultura ebraica per adattarli alla cultura greca. I concetti di persona e sostanza vennero usati per definire con chiarezza il dogma cristiano e darne una spiegazione anche filosofico-razionale. Questa ricerca venne poi approfondita anche nella sfera individuale, in particolare dal monaco Agostino.

Egli cerca di riferire a se stesso, a tutto il proprio essere i quesiti propri della ricerca che lo condurrà a Dio.

Inquietum est cor nostrum donec requiescat in te: finchè il nostro cuore non riposerà in te, resterà inquieto. Questa frase ricorda Platone, nel dialogo fra Poros e Penia, dove si teorizza che la mancanza di qualcosa che genera sofferenza.

Agostino e la filosofia platonica

Si può dire quasi che la filosofia agostiniana sia un a rilettura in chiave cattolica della filosofia platonica. In base a queste premesse, si può affermare che:

- la filosofia e la religione per Agostino sono una ricerca che impegna tutto l’essere in direzione di un oggetto d’amore. È una ricerca che dura per tutta la vita, inoltre Agostino spiega come passare dal significato individuale di questa ricerca a quello universale e collettivo.

In questa ricerca è coinvolta l’intera persona: mente, cuore, intelligenza e volontà. Con questa affermazione si allontana definitivamente dalla cultura greca, secondo la quale l’intelligenza predominava sulla volontà.

Compare un’alternativa nella ricerca: da un lato brancolare nel buio (peregrinatio) e dall’altro la luce della verità che illumina le cose e le rende intellegibili.

Vita

Vita e studi di Agostino

Agostino nasce a Tagaste, è figlio di un proprietario terriero di condizione modesta, il padre è pagano, la madre Monica cristiana. Il padre sostiene che lo studio sia una sorta di emancipazione dalla propria condizione sociale, e per questo manda Agostino in una scuola di retorica che gli avrebbe permesso di intraprendere la carriera di burocrate.

Ma nel corso dei suoi studi, giunse alla conclusione che la retorica è un sapere artificioso e formale. Per cui alla retorica oppone la filosofia intesa come ricerca della verità. Inoltre la lettura di un’opera di Cicerone, lo porta alla predilezione per la filosofia.

Agostino trova la Bibbia linguisticamente rozza, una raccolta di favole rozzamente raccontate. La sua insoddisfazione per la Bibbia ed il volgersi ad altri testi è frenato da due eventi: il concubinato con una donna che lo affianca e da cui ebbe un figlio, e la morte del padre. Ciò gli impedì di dedicarsi al lavoro di ricerca. Quindi, a Tagaste, apre una sua scuola di retorica. In questo periodo aderisce al manicheismo, che più si adatta al suo pensiero e che da una risposta plausibile all’esistenza del male nel mondo. Dice che nel mondo esistono due principi: un principio buono e luminoso, quello del bene, ed uno buio ed oscuro da cui derivano tutte le cose che costituiscono il male. Tutto ciò che si riferisce al corpo è male, mentre al contrario tutto ciò che si riferisce allo spirito è bene. Il percorso di purificazione è una liberazione dal corpo. La più evidente presenza del male nel mondo è la sessualità, che tende a mantenere l’uomo verso la terra.

Dal 372 al 383 continua a tenere lezioni a Tagaste, poi si trasferisce prima a Cartagine e poi a Roma, dove incontra un vescovo del Manicheismo, che aveva fama di sapiente, Fausto, a cui rivolge una serie di domande a cui però egli non sa dare una risposta. Non riesce a soddisfare la cupiditas veri, cioè il desiderio di verità di Agostino. Così questo abbandona il Manicheismo per aderire allo Scetticismo. Viene mandato a Milano per contrastare il vescovo Ambrogio; successivamente la madre Monica lo raggiunge e lo costringe a sposare una ricca donna cattolica. A Milano ascolta con attenzione i sermoni di Ambrogio e capisce che la Bibbia è un racconto allegorico, cioè nasconde dietro le favole dei concetti astratti. L’allegoria è un espediente che serve a spiegare concetti profondi ed astratti. Poi trova alcuni elementi di ricchezza nel neoplatonismo:

- la filosofia neoplatonica è antimaterialista;

- l’Uno è una divinità trascendente;

- il mondo è ordinato gerarchicamente;

- parlando di un ritorno all’Uno, parla di un processo di purificazione ed indica come via di purificazione l’anima;

- la verità è incorporea;

- il male non è sostanza;

- la ricerca della verità si svolge principalmente all’interno dell’uomo, scoprire dentro di se i principi che lo conducono all’Uno.

In interiore homine stat veritas: la verità si trova nell’uomo.

Conversione e opere di Agostino

Nel 386 Agostino si converte al Cristianesimo; dopo aver trascorso un ritiro spirituale in Brianza, nel 387 viene battezzato da Ambrogio. Viene poi inviato a Roma e nel 389 ritorna a Tagaste, dove da origine ad una comunità ascetica cambiando completamente il proprio stile di vita in seguito alla sua conversione. Un’opera che documenta molto bene questo periodo è chiamata Soliloquia, oppure anche Le Confessioni.

Agostino e la ricerca della verità

Agostino afferma che solo attraverso di se può giungere alla verità ed il punto di incontro fra essa e l’uomo è l’anima.

Noli foras ire, in te ipsum redi: non andare fuori ritorna in te stesso.

Agostino disse che se durante questa analisi interiore, si scopre una natura mutevole, bisogna trascendere se stessi, andare dove si accende la luce della ragione.

Nulla est homini causa filosofandi nisis beatus sit: l’uomo non ha nessun motivo di filosofare se non che sia beato.

Siccome felicità significa trovare ciò che si ama e ciò che si ama è ciò che si desidera e si vuole, la volontà e la conoscenza sono due componenti essenziali di questa ricerca.

Secondo Agostino non è sufficiente conoscere il bene per fare il bene. L’itinerario verso la verità presuppone una confutazione dello scetticismo che sostiene che non esiste possibilità di fare alcuna affermazione giusta sulla natura delle cose. Agostino dice che chiunque conosce sé stesso, nell’atto di dubitare conosce una verità di cui è certo.

Si enim fallor, sum: se dunque mi inganno, sono.

Chi non è non può ingannarsi, per cui l’uomo è. Chiunque si inganna esiste. Se uno è certo di dubitare è certo di esistere. Nell’esperienza che il soggetto pensante fa di sé stesso, comprende che le due componenti della sua esistenza sono la vita e la conoscenza. Sa di poter conoscere, di poter attribuire a dei soggetti dei predicati, dubita e giudica. Quindi conoscere significa anche giudicare.

L’uomo può giudicare attraverso dei parametri che derivano da un percorso che porta l’anima al giudizio di sé stessi e delle cose.

(Perché l’esperienza deriva dalle cose del mondo che sono molteplici e mutevoli.)

I parametri sono detti rationes aeternae species, cioè ragioni eterne, di eterna specie o natura. Essi sono dei modelli attraverso i quali la mente ragiona e sono superiori alla ragione individuale, che non è eterna. Se la ragione deve esprimere un giudizio, lo deve fare con parametri universali ed eterni. Essi sono stati collocati da Dio nella nostra anima. Quindi Dio è quell’entità che permette il passaggio da una pluralità di pensieri soggettivi, ad una scienza, cioè ad una comunicazione intersoggettiva.

Intelligo ut credam et credo ut intelligam: conosco per credere e credo per conoscere.

Sebbene Agostino dica che l’anima non è un frammento di Dio, seppur da lui creata, dice anche che la filosofia e la religione non sono separabili, in quanto la vera filosofia coincide con la vera religione. La vera filosofia è quella che enuncia principi universali, la vera religione è quella che permette di riconoscere in Dio il maestro interiore.

Dio è la realtà eterna, mutabile e necessaria che illumina la nostra anima. In seguito, si aprono ad Agostino due questioni su Dio:

- la questione del male; ossia si deus est, unde malum?: se Dio esiste, da dove viene il male?

- la questione della trinità; ossia, come può Dio essere concepito come entità plurale?

L’uomo riceve da Dio la propria struttura antropologica, l’uomo vive, comprende, ama, vuole conoscere e distinguere il vero dal falso. In questo suo essere, l’uomo è una manifestazione della trinità divina; Dio è l’essere (il padre), l’intelligenza (il figlio), e l’amore (lo spirito santo).

Agostino e il problema del male

Poi, Agostino si pone un altro problema: se Dio esiste e se l’uomo cerca Dio e cerca di conoscere il mondo, se l’uomo ama, come è possibile che esista il male? Se è presente l’impronta divina nell’uomo, perché esiste il male? Il male esiste perché è origine di un principio negativo, dato che il mondo è frutto di un principio di Dio ed uno dell’uomo. Però, se l’uomo discende da Dio, come può esistere il male? L’uomo può non porsi il problema della conoscenza e dell’amore per Dio, può allontanarsi da Lui. Questa rinuncia ed allontanamento è appunto il male. Esso non è essere, non è materia, non è sostanziale, ma è libera scelta dell’uomo.

Il male è attribuire delle qualità divine a ciò che non è affatto divino. Solo la Grazia Divina costituisce una possibilità di salvezza. Tuttavia è scritto nella natura umana che si deve peccare, il peccato è una condizione necessaria dell’uomo.

La Grazia è determinante, ossia è un fatto che aiuta l’uomo ad essere migliore, a non peccare, per cui l’uomo collabora con essa, oppure è concorrente. Senza la Grazia l’uomo non può nulla contro il peccato? La Grazia è concessa a tutti o solo ad alcuni? Poiché se essa fosse concessa solo ad alcuni, tutti gli altri sarebbero dannati.

Agostino polemizza contro alcune correnti del Cristianesimo, ad esempio contro il Pelagianismo, secondo cui l’uomo non è solo massa dannata, ma è ugualmente composto di tendenza al bene ed al male. L’uomo è in grado di migliorare sé stesso e di andare verso la salvezza. Agostino, per negare ciò, accentua la posizione opposta che sottolinea che senza Dio l’uomo non può niente.

Agostino muore nel 430 da Vescovo, con la funzione di polemista, cioè difensore della comunità cristiana.

San Tommaso D’Aquino

Tommaso d'Aquino e la scolastica

Tommaso nacque nel 1225-26 da una famiglia nobile, quella dei conti d’Aquino, vicino a Cassino. Nel 1239 entra in un monastero benedettino.

Nel 1243 entra a far parte dell’ordine dei domenicani e va a studiare a Parigi, dove incontra il suo maestro e lo segue a Colonia.

Nel 1252 insegna teologia a Parigi e nel 1257 diventa magister (professore). Nel 1259 viene infine richiamato in Italia.

Ma nel 1269 ritorna a Parigi e nel 1272 è nuovamente chiamato in Italia, a Napoli. Avrebbe dovuto partecipare al concilio di Lione, ma muore nell’abbazia di Fossanova.

Filosofia di Tommaso d'Aquino

La filosofia di Tommaso è definita Scolastica e ne rappresenta il culmine; è detta Scolastica perche veniva insegnata nelle schole dei monasteri o delle chiese-cattredrali (episcopali). Veniva insegnata negli studia, cioè le università, le quali erano monopolio degli ecclesiastici e dei monaci, in particolare degli ordini domenicano e francescano.

Ragione e fede secondo Tommaso

Lo scopo della scolastica non è quello di creare, ma di approfondire e chiarire la comprensione razionale della realtà, e di fare in modo che la razionalità abbia la sua naturale prosecuzione nella fede religiosa, la quale rappresenta il culmine di un processo filosofico utile per spiegare la realtà.

L’uomo giunge a chiedersi qualcosa a cui solo la fede può dare una risposta completa; la rivelazione divina è il completamento della ricerca della verità dell’uomo preceduta da una comprensione razionale della realtà. La fede è il culmine di un percorso che la ragione inizia, ma che non può portare a termine.

La Scolastica non ha un indirizzo unitario, ma è influenzata dal platonismo e dal neoplatonismo (impronta mistica) e successivamente da Aristotele, soprattutto in Tommaso (impronta razionalistica).

Tommaso si ispira ad Aristotele al fine di chiarire il senso della rivelazione divina. Ha la convinzione che esista continuità tra ragione umana e rivelazione divina, questa infatti non arriva per sconvolgere i piani dell’uomo, ma giunge per completare un percorso razionale di ricerca, di riconoscimento della realtà del mondo che l’uomo ha già cominciato.

I compiti della ragione umana sono i seguenti:

- condurre l’uomo alla fede, compito spiegato bene dalla famosa espressione praeambula fidei, ossia i passi che l’uomo compie nel suo percorso verso la fede;

- chiarire la verità della fede, costruire una scienza divina sul modello aristotelico (teologia);

- può contribuire alla fede, combattere le obiezioni che vengono fatte ad essa dimostrandone l’inconsistenza e la scarsa efficacia.

La Grazia Divina non è un rinnegamento della natura.

Per costruire una riflessione sull’essere che connetta la ragione alla rivelazione, Tommaso parte dal concetto di ente, e lo suddivide in:

- ente logico, unione di soggetto e predicato, risultato di una connessione fra due concetti; la natura dei concetti non è reale, è piuttosto un fatto esclusivamente mentale.

- ente reale, è l’individuo reale e concreto, è l’uomo (è questo uomo), ha tutte le proprietà che le categorie di Aristotele ci illustrano. Questo uomo, animale, perché si possa definire ciò, bisogna fare riferimento alla sua essenza\natura, alla sua quidditas, che costituisce la risposta alla domanda socratica quid est?. Tutto quello che è dotato di forma, natura, essenza è chiamata quidditas. A differenza di Aristotele, la quidditas è riferita non solo alla forma, ma anche alla materia. Ogni ente concreto ha quindi una sua quidditas che lo distingue.

La sostanza, secondo Aristotele, è due cose: l’essenza dell’essere e l’essere dell’essenza. Egli non si pone il problema di giustificare l’esistenza stessa dell’essere, dentro la natura o forma non è compresa la spiegazione dell’esistenza. Tuttavia Tommaso accetta solo l’essenza dell’essere, ma non l’essere dell’essenza. Dall’essenza va distinta l’esistenza, che Tommaso chiama essere o actus essendi.

La forma o la natura è in potenza, l’essenza è essere in potenza, l’esistenza è l’atto grazie al quale le essenze esistono. Per passare alla considerazione dell’esistenza è necessario passare dalla potenza all’atto, cioè bisogna dare ad una determinata cosa la capacità di esistere.

Esistenza e creazione divina

Ogni realtà ha l’essere, ma non è l’essere, perciò ogni realtà è finita e contingente. Diventa essere con un passaggio dalla potenza all’atto. Esiste, ma non è l’esistenza. Nella forma non esiste il concetto di esistenza, abbiamo l’essere solo provvisoriamente.

Solo Dio può esistere perché solo in lui essenza ed esistenza coincidono. Nelle creature contingenti, limitate, finite l’essere non fa parte dell’essenza. Noi non dovremo essere sempre, ma invece esistiamo solo per il tempo della nostra vita. Dio è in grado di aggiungere all’essenza l’esistenza, con un atto creativo e libero.

L’essere delle creature e quello di Dio non sono univoci e nemmeno equivoci, ma sono analoghi, cioè hanno l’essere in proporzioni diverse.

Principio di analogia entis: le creature sono simili a Dio, ma questo non è simile ad esse; le creature partecipano all’esistenza di Dio.

C’è differenza fra essere ed essenza.

L’essere di una cosa non fa parte dell’essenza di quella cosa; non comprende l’esistenza perché è una cosa immutabile, l’esistenza ci appartiene solo provvisoriamente. All’essenza non appartiene l’esistenza, questa appartiene all’essere finito solo per un determinato periodo di tempo. Esiste una forma, una quidditas, ogni cosa ha la sua natura, ma alla quidditas non è concessa l’esistenza. Il passaggio da una teorica quidditas ad una cosa reale consiste nell’aggiungere alla forma l’esistenza. Questo processo che illustra il passaggio dalla quidditas all’esistenza viene descritto come un passaggio dalla potenza all’atto.

Nella metafisica di Tommaso l’individuo singolo non possiede l’esistenza a differenza di Aristotele; se gli enti non possiedono l’esistenza, ma la ricevono, allora sono contingenti e finiti, finiti nel tempo e non necessari, una cosa che non esiste sempre non esiste necessariamente.

Tommaso dice che il passaggio dalla potenza all’atto, l’aggiunta dell’actus essendi, proviene da un essere che è infinito e necessario (deve per forza esistere), cioè Dio. Tutto ciò che è vita, non è vita ma la riceve da un essere che è vita è che è causa di tutte le vite, la cui essenza è appunto l’esistenza. Tommaso prende questa caratteristica di Dio dall’Esodo (Io sono colui che è\sono\ero detto a Mosè dal roveto ardente) dice: io sono colui la cui essenza è quella di esistere.

Ma se l’essenza divina è l’essere, e noi riceviamo l’essere di Dio, allora parte di questo essere è in noi.

Dal principio di analogia entis derivano due conclusioni:

- tutto ciò che esiste in quanto partecipa all’essere di Dio, è uno, è buono ed è vero (dottrina dei trascendentali);

- se tutti gli esseri contingenti portano una traccia di Dio, a partire dalla società umana è possibile dimostrare che Dio esiste e scoprire qualcuno degli attributi divini; la dimostrazione dell’esistenza di Dio avviene dalla considerazione della realtà sensibile.

Inoltre indica anche 5 vie attraverso le quali è possibile dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio:

- la via del movimento, tutto ciò che si muovo riceve movimento da altro, quindi all’origine del movimento c’è qualcosa che muove senza essere mosso;

- la via della causa;

- la via del rapporto tra possibile e necessario, tutto ciò che esiste non esiste necessariamente, in quanto l’esistenza di ciascuno degli altri non è vitale per gli altri;

- la via dei gradi, cioè maggiore e minore perfezione, nella natura la scala degli esseri non termina con l’uomo ma con Dio;

_ la via del fine, il mondo non è organizzato a caso, ma in vista di un fine ultimo.

Virtù e inclinazione al bene

L’uomo ha una disposizione naturale verso il bene, è indirizzato al bene dal suo creatore. Ha un’inclinazione alla temperanza, fortezza, giustizia, prudenza che sono le quattro virtù cardinali.

Fai tutto quello che la situazione ti consente di fare: prudenza.

Una vita improntata alla virtù è una vita felice, ma non ancora beata, per essa occorrono le virtù teologali (possibili solo grazie alla fede), ossia fede, speranza e carità.

Questa inclinazione verso il bene non determina, l’uomo può praticare la virtù ma non deve necessariamente praticarla. L’uomo non è determinato, è solo inclinato al bene. Il male nasce dall’uscita dall’ordine voluto da Dio.

Summae e contributo di Tommaso

Tommaso scrisse dei trattati, detti Summae:

- - - Quaestiones disputatae: racchiude tutti gli argomenti discussi durante le lezioni.

Il suo merito maggiore è quello di aver costruito una sintesi tra Aristotelismo e Cristianesimo.

Gratia naturam non tollit, sed perficit: la Grazia non elimina, non nega la natura ma la perfeziona, la porta a compimento.

La ragione, pur essendo subordinata alla fede, da sola non arriva a comprendere Dio, ma svolge un ruolo decisivo. La grazia non elimina la natura, ma ne porta a compimento le potenzialità; la teologia è scienza (cioè comprensione razionale) ed è superiore alla scienza umana perché i principi di questa scienza derivano dalla rivelazione divina.

La fede ed i contenuti della teologia hanno una loro razionalità o intelligibilità. La proposta di fede del Cristianesimo è qualcosa di ragionevole.

Il cammino della ragione può essere riassunto in questo modo:

- la ragione giunge alla soglia della rivelazione, conduce l’uomo alle soglie della fede come praeambula fidei; poi solo la fede può far salire l’uomo sull’utimo gradino, quello della rivelazione divina.

La rivelazione contiene dei principi che sono sviluppati ed articolati dalla ragione, al fine di analizzarli razionalmente.

Praeambula fidei:

- - - È inevitabile che la ragione giunga a queste tre conclusioni. Inoltre la ragione ha anche il compito di combattere quelle argomentazioni che sono contro il Cristianesimo= Summa contra gentiles.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le principali differenze tra la Patristica e la Scolastica?
  2. La Patristica è la filosofia tardo-antica fino all'VIII secolo, mentre la Scolastica è la filosofia del Medioevo. La Patristica si sforza di stimolare le coscienze al Cristianesimo, mentre la Scolastica è la scuola del Cristianesimo come istituzione dominante.

  3. Qual è il ruolo di Sant'Agostino nella filosofia cristiana?
  4. Sant'Agostino cerca di riferire a se stesso i quesiti della ricerca che lo condurrà a Dio, integrando la filosofia platonica con il Cristianesimo. Egli afferma che la filosofia e la religione sono una ricerca che impegna tutto l'essere verso un oggetto d'amore.

  5. Come San Tommaso d'Aquino integra la filosofia aristotelica con il Cristianesimo?
  6. San Tommaso d'Aquino utilizza la filosofia aristotelica per chiarire la rivelazione divina, sostenendo che esiste continuità tra ragione umana e rivelazione divina. La sua filosofia scolastica rappresenta il culmine della comprensione razionale della realtà, culminando nella fede religiosa.

  7. Quali sono le cinque vie di San Tommaso per dimostrare l'esistenza di Dio?
  8. Le cinque vie di San Tommaso per dimostrare l'esistenza di Dio sono: la via del movimento, la via della causa, la via del rapporto tra possibile e necessario, la via dei gradi di perfezione, e la via del fine.

  9. Qual è la concezione di Sant'Agostino riguardo al male?
  10. Sant'Agostino concepisce il male come una libera scelta dell'uomo di allontanarsi da Dio. Il male non è sostanziale, ma è l'attribuzione di qualità divine a ciò che non è divino. La Grazia Divina è vista come una possibilità di salvezza.

Domande e risposte

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