Concetti Chiave
- Hegel's "Reason" section in Phenomenology explores the journey through observational and active reason, culminating in Hegelian philosophy.
- The observational reason of the Renaissance, influenced by Galileo, focuses on scientific laws within nature, but Hegel argues these laws are subjective.
- Active reason, highlighted by Descartes, shifts focus to the subject, with figures like Goethe's Faust exploring sensory pleasure, ultimately finding disillusionment.
- The "law of the heart," influenced by Rousseau and Romanticism, seeks universal meaning in individual feelings, but Hegel critiques its subjective limitations.
- Hegel critiques Kant's categorical imperative for its formalism and individualism, advocating for ethical universalism through collective societal values and state.
Indice
La ragione osservativa e scientifica
La Ragione è la terza sezione della Fenomenologia. Vi è un percorso e diverse figure (tappe) che si concluderanno con l’avvento della filosofia hegeliana. La prima figura è quella della ragione osservativa (dapprima l’attenzione è rivolta all’oggetto, alla natura, l’attenzione si sposta poi nel secondo momento sul soggetto per poi giungere infine al momento della sintesi).
La ragione osservativa è la ragione scientifica dell’epoca rinascimentale, caratterizzata dalla filosofia di Galileo Galilei che cerca le leggi di funzionamento della realtà ma le cerca nella natura, e immagina che queste leggi siano scritte nella natura stessa (“la natura è un libro scritto a caratteri matematici”). Naturalmente secondo Hegel, questa visione è destinata al fallimento perché in realtà le leggi non sono nella natura, ma dipendono dal singolo l’individuo.
Il passaggio alla ragione attiva
Il secondo momento è il momento della ragione attiva, che corrisponde all’epoca di Cartesio, cioè all’epoca in cui l’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto (Cartesio a fondamento della scienza pone il cogito ergo sum, “penso dunque sono”, spostando dunque l’attenzione sul soggetto).
Una volta però focalizzata l’attenzione sul soggetto, la prima figura della ragione attiva è il godimento, ossia il piacere sensibile: l’individuo cerca appagamento nel piacere dei sensi, quindi ancora una volta nel corpo. Il simbolo del godimento all’interno della ragione attiva è il Faust di Goethe. Faust, infatti, dopo la delusione dovuta al suo percorso all’interno della scienza e della conoscenza, si dedica al piacere dei sensi ma anche qui ne resta deluso: l’individuo attraverso i sensi pensa di afferrare la vita ma secondo Hegel trova solo la morte. Anche questa strada è destinata dunque al fallimento.
La legge del cuore e Rousseau
A questo punto si passa a un’altra figura, cioè alla legge del cuore: l’individuo, a questo punto, cerca non più nel corpo, ma nella sua anima il significato della propria esistenza (siamo nell’epoca di Rousseau, ma anche dei romantici che ricercano nel proprio cuore l’universale). Tuttavia, questa legge non è in realtà universale, questo perché gli individui si scontreranno con altri soggetti e ognuno di essi propone la propria legge del cuore come universale.
Critica all'imperativo categorico di Kant
Perché non è universale? Perché la legge del cuore, ovvero il sentimento è qualcosa di assolutamente soggettivo, quindi assolutamente parziale. Un tentativo di raggiungere l’universale lo abbiamo con Kant, e quindi con l’imperativo categorico kantiano, con il tentativo di far diventare universale la morale, scollegandola dal cuore e facendola dipendere unicamente dalla ragione, però anche il tentativo di Kant si rivela un fallimento per vari motivi:
1) la morale che propone Kant non è la morale dell’essere ma del dover essere, nel senso che la morale kantiana non è realizzabile nella vita, infatti Kant è costretto a postulare l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio per poter garantire la realizzazione della morale, dunque ciò che propone non è l’essere ma il dover essere (questo non è accettabile da Hegel, in quanto egli ritiene che bisogna proporre qualcosa di concreto che sia dunque realizzabile).
2) inoltre, l’imperativo categorico kantiano proprio in virtù della sua formalità e quindi della pretesa universalità, è completamente inutile secondo Hegel, in quanto si rivela essere una truffa, una mistificazione: la legge morale di Kant pretende di essere universale ma è in realtà una legge formulata da un individuo singolo, bisogna dunque superare l’individualismo kantiano e entrare nell’eticità, cioè guardare non al singolo individuo, ma alla collettività perché soltanto questa può garantire l’universalità (la collettività si esprime al massimo grado nello stato per quanto riguarda la manifestazione della ragione nel mondo, infine si esprime poi nella filosofia che rappresenta il ritorno in sé dell’idea e in modo particolare nella filosofia hegeliana, che rappresenta la fine del percorso). Per comprendere meglio questa parte, il brano tratto dai lineamenti di filosofia del diritto, mostra come Hegel critica l’imperativo categorico di Kant.
L'universalità nella collettività secondo Hegel
Innanzitutto egli all’inizio dice che Kant, per garantire l’universalità, propone una legge che è pura forma, appunto l’imperativo categorico: “la massima del tuo volere deve nel contempo valere come principio di una legislazione universale”. Perché Kant ritiene che questo imperativo sia universale? Perché può essere riempito con qualsiasi determinatezza, che diventa quindi il contenuto della massima. Secondo Kant, è possibile giustificare con questa pura forma qualsiasi cosa, quindi la determinatezza e la determinatezza opposta, cioè un’azione e l’azione opposta esattamente allo stesso modo, non c’è proprio nulla che non possa essere considerato in questa maniera come una legge morale, cioè se il presupposto della legge morale è l’applicazione dell’imperativo categorico allora qualsiasi cosa può diventare legge morale. L’applicazione dell’imperativo categorico risulta un’operazione facilissima che chiunque anche senza istruzione può fare. Il problema è che questa legge non ci ha detto assolutamente niente. Quindi l’imperativo categorico non fa altro che confermare e legittimare ciò che è stato già deciso in precedenza. Ma ciò che è stato deciso in precedenza chi lo ha deciso?
L’ha deciso la società all’interno della quale l’individuo vive. L’individuo nasce in una società che è organizzata in un determinato modo, per cui non può far altro che adattarsi. La questione riguarda proprio il rapporto tra il singolo e il popolo all’interno del quale esso vive. Secondo Hegel, dunque, l’universalità non può essere posta al livello di singolo individuo, ma deve essere posta all’interno della collettività, quindi dalla morale bisogna passare all’etica che per Hegel è la morale espressa dal popolo, dallo stato e solo in questa c’è la vera universalità.
Naturalmente poi bisogna fare il passaggio sintetico: dall’universalità dello stato si deve ritornare all’universalità dello spirito espressa attraverso la filosofia. L’etica espressa all’interno della collettività è ancora idea fuori di sé, cioè idea che si manifesta nel mondo, affinché si passi all’ultimo momento, ossia l’idea che ritorna in sé, bisogna abbandonare il mondo e ritornare allo spirito e tale operazione di ritorno allo spirito è possibile solo attraverso la filosofia hegeliana).(Lo stato rappresenta la massima manifestazione dell’idea fuori di sé, quindi del secondo momento, cioè del momento negativo razionale, mentre la filosofia rappresenta la massima espressione dell’idea che ritorna in sé, quindi del momento speculativo o positivo razionale).
Domande da interrogazione
- Qual è il percorso della Ragione nella Fenomenologia di Hegel?
- Perché Hegel critica la ragione osservativa e la ragione attiva?
- Qual è la critica di Hegel all'imperativo categorico di Kant?
- Come Hegel propone di superare l'individualismo kantiano?
- Qual è il ruolo della filosofia hegeliana nel percorso della Ragione?
La Ragione nella Fenomenologia di Hegel si sviluppa attraverso diverse figure, iniziando con la ragione osservativa, passando per la ragione attiva, e culminando nella legge del cuore, per poi superare l'individualismo kantiano e giungere all'eticità collettiva.
Hegel critica la ragione osservativa perché cerca le leggi della realtà nella natura, mentre secondo lui le leggi dipendono dall'individuo. Critica la ragione attiva perché il piacere sensibile e la legge del cuore sono soggettivi e non universali.
Hegel critica l'imperativo categorico di Kant perché lo considera una forma vuota che può giustificare qualsiasi azione, non fornendo una vera universalità, e perché è una legge formulata da un singolo individuo, non dalla collettività.
Hegel propone di superare l'individualismo kantiano passando dalla morale individuale all'etica collettiva, dove l'universalità è espressa dallo stato e dalla società, garantendo così una vera universalità.
La filosofia hegeliana rappresenta il ritorno allo spirito e l'idea che ritorna in sé, completando il percorso della Ragione attraverso la sintesi tra l'universalità dello stato e l'universalità dello spirito.