Concetti Chiave
- I sofisti del V secolo a.C. erano sapienti che insegnavano dietro compenso, focalizzati su politica, leggi e religione, acquisendo una reputazione negativa ma rivalutati dagli studiosi moderni come filosofi dell'uomo e della città.
- Protagora, influenzato da Eraclito, affermava che "l'uomo è misura di tutte le cose", promuovendo un relativismo conoscitivo e morale, ma riconosceva l'utilità pubblica e privata come criterio di scelta.
- Gorgia negava la possibilità di una conoscenza oggettiva della realtà, sostenendo tesi scettiche e nichiliste, riducendo il linguaggio a uno strumento di persuasione piuttosto che di verità.
- Socrate, pur influenzato dai sofisti, cercava di superare il relativismo, promuovendo un dialogo maieutico per far emergere verità condivise, concentrandosi sull'autoeducazione e la ricerca della virtù come sapere.
- La filosofia di Socrate si fondava sull'etica razionale, sostenendo che ignoranze e errori derivano dalla mancanza di conoscenza del bene, e che il dialogo è fondamentale per una vita umanamente significativa.
Grecia antica: sofisti = sapienti, uomini esperti conoscitori di tecniche particolari, cultura generale
V secolo a.C.: sofisti = sapienti che vendono la loro sapienza e la insegnano dietro compenso come professione.
Platone e Aristotele li giudicano falsi sapienti, interessati più al successo e al denaro che alla verità
Brutta reputazione: cavillatori in malafede, maestri di ragionamenti capziosi.
Indice
- Rivalutazione e focus sull'essere umano
- Contesto storico e politico di Atene
- Democrazia e partecipazione cittadina
- Insegnamenti e obiettivi dei sofisti
- Sofistica come illuminismo greco
- Protagora e il relativismo
- Interpretazioni dell'uomo come misura
- Relativismo e utilità secondo Protagora
- Gorgia e il nichilismo filosofico
- Tesi fondamentali di Gorgia
- Scetticismo e linguaggio in Gorgia
- Socrate e la sua filosofia
- Vita e contesto di Socrate
- Testimonianze su Socrate
- Socrate e il sofismo
- Conoscenza e dialogo socratico
- Metodo socratico e ricerca della verità
- Virtù e razionalismo morale di Socrate
- Concezione socratica della divinità
Rivalutazione e focus sull'essere umano
Sono stati rivalutati dagli studiosi contemporanei.
Spostano il centro dalla natura all’essere umano: politica, leggi, religione, lingua, educazione.
Sono chiamati filosofi dell’uomo e della città
Avevano sfiducia nella concezione naturalistica perché essa aveva battuto tutte le strade conoscibili, portava a tesi contrapposte, non giungeva ad una visione organica d’insieme e non c’era consenso unanime sulle tesi.
Contesto storico e politico di Atene
Atene del V secolo uscita vincitrice dalla guerra punica.
Crisi aristocrazia → accresciuta potenza del ceto medio cittadino.
Espansione traffici e commerci, raffinazione tecniche.
Democrazia → nuovi parametri di giudizio e maggiore consapevolezza dei propri diritti da parte del cittadino.
Abbiamo un esempio della condizione socio-politica dall’orazione funebre di Pericle per i cittadini morti nella guerra del Peloponneso, riportata da Tucidide:
Democrazia e partecipazione cittadina
Il governo favorisce i molti rispetto ai pochi = democrazia.
Gli uomini non interessati allo stato sono inutili = l’uomo deve interessarsi allo stato → esercizio delle argomentazioni
Pochi sono in grado di fare politica ma si può giudicare = esercizio argomentazioni.
La discussione non è un ostacolo all’azione politica ma premessa ad agire in modo saggio.
Insegnamenti e obiettivi dei sofisti
I sofisti offrono ai cittadini l’insegnamento di uno strumento per esercitare i loro diritti al meglio, la parola. Vivere in democrazia significa partecipare ad assemblee, parlare, far valere il proprio discorso, attirare l’attenzione degli ascoltatori, riuscire a suscitare il consenso con l’arte dell’eloquenza.
I sofisti erano abili ad avere la meglio nelle competizioni, si propongono di insegnare al futuro ceto dirigente la grammatica e la retorica, loro creazione.
Sofistica come illuminismo greco
La sofistica è stata definita come una sorta di illuminismo greco.
Illuminismo: movimento del XVIII secolo che ha come principio l’uso libero e spregiudicato della ragione, si mette in discussione tutto.
La sofistica è analoga perché i suoi esponenti criticano miti e credenze tradizionali per sostituirle con nozioni razionali: liberazione critica del passato in favore della ragione.
I sofisti riconoscono il valore formativo del sapere e ampliano il concetto di paideia (educazione) e lo identificano con la cultura, non come insieme di conoscenze particolari, ma come formazione globale nell’ambito del popolo e del contesto sociale di appartenenza.
Portano l’educazione al primo piano sulla base che la virtù non è qualcosa che si ottiene alla nascita ma deriva dal sapere, che si può conquistare attraverso lo studio.
Superano i limiti della poleis, si fanno portatori di istanze panelleniche e cosmopolite. Portano all’allargamento della mentalità greca perché hanno chiara coscienza della molteplicità di costumi umani, non vogliono renderà dogma quello della propria città.
Non sono una scuola compatta in pensiero, sostengono dottrine a volte opposte.
Prima generazione: Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia e Antifonte.
Seconda generazione: eristi, crisi e dissoluzione della sofistica
Protagora e il relativismo
Nasce ad Abdera, si forma sotto il pensiero di Eraclito. Insegna ad Atene, gode dell’amicizia di Pericle. Le sue idee spregiudicate di religione lo fanno accusare di empietà → si allontana da Atene.
Opere: Ragionamente demolitori, Antilogie, scritti sulla religione
Interpretazioni dell'uomo come misura
L’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto non sono, delle cose che non sono in quanto sono
L’essere umano è il metro, cioè il soggetto e criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose, del loro modo di essere e del loro significato.
Interpretazione di Platone: uomo= individuo, cose= oggetti percepiti con i sensi. Le cose sono diverse in base a chi le percepisce, perché cambia lo stato fisico e psichico. Esempio del cibo che può essere amaro o meno a seconda della circostanza o della persona che se ne nutre.
Uomo = umanità/natura umana, cose= la realtà in generale. Gli individui giudicano la realtà tramite parametri comuni tipici della specie razionale a cui appartengono. Esempio: mentalità occidentale e mentalità orientale
Uomo = comunità , le cose = ideali, valori che stanno alla base della comunità. L’uomo è metro perché valuta le cose secondo la mentalità del gruppo sociale a cui appartiene. Esempio: uomini in relazione alla natura degli dei
Queste interpretazioni risultano vere solo se prese insieme, l’uomo di Protagora è misura delle cose a vari livelli della propria umanità, prima come singolo, poi come civiltà e comunità, poi come specie. L’uomo giudica le cose a seconda della specifica formazione psicofisica, a seconda dei parametri della società e a seconda della specie a cui appartiene.
Analogamente alle cose attribuisce un valore non solo di oggetti fisici ma anche di valori e la realtà tutta, perciò l’uomo è misura di tutto ciò con cui entra in rapporto.
La posizione di Protagora è una forma di:
Umanismo: ciò che si afferma o nega della realtà presuppone sempre l’essere umano come soggetto del discorso, ovvero come criterio e misura.
Fenomenismo: l’uomo non ha a che fare con la realtà stessa ma con la realtà che ci appare
Relativismo conoscitivo e morale: non esiste una verità assoluta né principi etici assoluti
Relativismo: frantuma la realtà in tante interpretazioni soggettive, distrugge l’idea di verità unica e unico sistema di valori validi.
Cosa che emerge in uno scritto anonimo:
Nell’opera ci si propone di dimostrare che qualunque cosa si può dire sia buona o cattiva, bella o brutta, giusta o ingiusta.
Prima parte: In Grecia si sostengono ragionamenti doppi sul bene e il male, qualcuno dice che il bene è bene, altri che il male è male, ma per un individuo qualcosa può essere ora bene ora male, così come i malati sono un male per il malato e un bene per il medico.
Seconda parte: relativismo culturale → diverse civiltà umane hanno culture diverse, non solo conoscenze (rel. conoscitivo) ma anche usi, costumi e valori differenti.
Relativismo e utilità secondo Protagora
Relativismo morale e conoscitivo può condurre a pensare che tutte le opinioni sono equivalenti, ovvero una dottrina secondo cui tutto è vero. Protagora però condanna il soggettivismo anarchico che legittima qualunque comportamento.
Protagora riconosce un principio di scelta: in assenza di valori forti per qualunque essere umano, l’uomo può attenersi ad un principio debole, quello dell’utilità privata e pubblica.
L’utile è inteso come bene del singolo e della comunità. Perciò la verità è ciò che viene umanamente verificato come giovevole, che si è dimostrato storicamente e socialmente utile all’individuo, alla comunità e alla specie.
Il sofista è un propagandista dell’utile, infatti trasforma l’opinione meno utile e più dannosa in un’opinione più utile e proficua. Non è retorica fine a se stessa ma ha funzione educativa e politica.
Questo però rende il mestiere di sofista uno strumento del potere, infatti chi stabilisce cosa sia utile sono i più forti nelle assemblee; si rischiava di legittimare soltanto l’utile dei potenti.
Non può essere attribuito alla dottrina protagorea perché le leggi e l’utile sono concepiti al benessere nella polis, anche se poi alcuni sofisti teorizzavano la legge del più forte.
Gorgia e il nichilismo filosofico
Nasce nel 485 a.C. a Lentini, pronuncia discorsi ad Atene (celebre discorso = Epitaffio, opera per i caduti durante la guerra del Peloponneso). Altre opere: Sul non essere e Encomio di Elena.
Tesi fondamentali di Gorgia
Nell’opera Sul non essere espone tre tesi fondamentali:
nulla esiste:
Se qualcosa esiste è essere o non essere, o non essere ed essere insieme.
Se è non essere è impossibile perché il non essere non esiste.
Se è essere e non essere insieme è impossibile perché è contraddittorio.
L’essere non esiste per questi motivi:
Se l’essere esiste non può che essere o eterno, o generato o eterno e generato insieme.
Se è eterno non ha un inizio, perciò è infinito e se è infinito non è in nessun luogo, quindi non esiste.
Se è generato o è generato dall’essere o dal non essere.
Ma non può essere nato dall’essere perché se è nato prima non era.
Non può nascere dal non essere perché il non essere non è e non può generare.
Scetticismo e linguaggio in Gorgia
Se anche esistesse non sarebbe comprensibile
- se le cose pensate non si può dire che siano esistenti allora non si può dire che l’essere sia pensato quindi se il pensato non esiste, l’essere non è pensato.
Le cose pensate non esistono perché se il pensato esiste allora tutte le cose pensate esistono, ma ciò è contrario all’esperienza: se uno pensa un uomo che voli o dei carri che corrono sul mare non è che l’uomo si mette a volare e i carri a correre sul mare.
In più se ammettiamo che il pensato esiste, allora il non esistente non può essere pensato ma non è vero, perché posso pensare a un mostro immaginario. Perciò l'essere non è pensato.
se anche fosse comprensibile non sarebbe né comunicabile, né spiegabile agli altri.
Se io vedo con i sensi come posso esprimere ciò che vedo e sento ad un altro? Il mezzo che usiamo è la parola. La parola non è l’oggetto, non è realtà esistente, quando comunichiamo esprimiamo solo la parola, non l’oggetto vero e proprio. Se io dico tavolo ognuno pensa ad una cosa diversa, perciò la parola non corrisponde alla realtà. Quindi se l’essere non può diventare parola, allora non può essere manifestato.
Gorgia parte da un’ipotesi contraria e la assume come vera, poi analizza tutti i significati e le conseguenze e fa vedere che portano alla contraddizione e bisogna ammettere che ogni ipotesi è falsa.
Questo scritto è stato interpretato come l’affermazione del nichilismo filosofico (dottrina che nega uno o più elementi significativi della realtà) o come un pezzo di bravura retorica come burla ai filosofi precedenti.
La sua importanza:
Non vuole far sparire la realtà testimoniata dai sensi, vuole negare la possibilità di una concettualizzazione filosofica della realtà, cioè nega la pensabilità logica e il valore ontologico dell’essere in generale, come struttura metafisica (arché, originario e indiveniente oltre le cose)
Sostiene che l’essere non è pensabile perché il pensiero non rispecchia la realtà, perciò introduce una frattura al pensiero eleatico dell’essere=pensiero
Se la realtà si potesse conoscere non sarebbe spiegabile a parole, il linguaggio è altra cosa rispetto alla realtà e non può comunicare la realtà.
Se riferiamo le tesi all’essere di Parmenide o a Dio otteniamo che:
Prima tesi: negazione radicale dell’essere o professione di ateismo
Scetticismo o agnosticismo rispettivamente metafisico o teologico in quanto dicono che l’essere umano non ha strumenti adeguati per affermare l’esistenza di un Dio ma neanche per negarla.
Anche la prima tesi si può collocare nello scetticismo perché in fondo vuol dire che l’essere non esiste per NOI, cioè non è umanamente e filosoficamente afferrabile. → scetticismo metafisico: l’uomo è impotente e non è capace di afferrare l’essere, parlare dell’essere e delle strutture ultime del reale. Gorgia ha sfiducia nelle capacità conoscitive della mente, andando oltre l’esperienza.
Gorgia non ha fiducia nella conoscenza umana, infatti anche il pensiero e il linguaggio perdono il loro valore di strumenti di verità.
Per Gorgia, se nulla è vero allora tutto è falso = scetticismo gnoseologico
In Protagora abbiamo un criterio di verità, in Gorgia non c’è più criterio.
In assenza di una verità l’unica cosa che conta è la parola, intesa come forza ammaliatrice che permette di dominare gli stati d’animo.
La concezione del reale di Gorgia è tragica, in contrasto alla visione della vita e dell’essere dove domina la ragione (logos), Gorgia ritiene che l’esistenza sia qualcosa di misterioso e irrazionale.
Le azioni degli uomini non sono rette da logica, ma da circostanze, menzogne, passioni ed ignoto destino. Così, gli individui sono sempre incolpevoli perché sono sempre in balia di un qualcosa di superiore.
È stato interpretato come un mero sfoggio di bravura retorica, ma può venire letto come la consapevolezza della fragilità e delle nullità umane, come espressione del sentimento tragico dell’esistenza.
Scagiona Elena dall’accusa di aver provocato la sanguinosa guerra di Troia perché ha abbandonato il marito per seguire Paride
Se è vero che il più forte ostacolo il più debole allora Elena è stata vittima della divinità o del caso
Se è stata rapita e violentata allora è chiaro che la colpa è del rapitore, che dev’essere colpito verbalmente con l’accusa e praticamente con la pena. La vittima dovrebbe essere compianta, non detestata.
Se è stata la parola a persuaderla allora bisogna considerare che la parola è un gran dominatore e riesce a compiere molte cose: calma la paura, elimina il dolore, suscita gioia, aumenta la pietà. Se è stata incantata dalla parola allora è stata sventurata.
Se è stato l’amore a compiere il tutto allora consideriamo che l’amore non ci fa vedere la natura delle cose come sono, certe cose per natura addolorano la vista altre lo attirano. Elena può essere stata attirata da Paride e l’anima ne è rimasta affascinata, e se amore che è dio è superiore come può l’uomo, essere inferiore, respingerlo o resistere? L’amore in questo caso è da considerarsi come sventura, è ineluttabile.
Socrate e la sua filosofia
La filosofia di Socrate coincide con la sua esistenza perché l’indagine filosofica è uno stile di vita, dedica la sua vita alla ricerca del sapere in quanto è l’unico vero significato della vita umana.
È anche il primo che allontana le questioni riguardanti il cosmo e la natura e le rivolge all’esistenza concreta dei cittadini nella polis.
Vita e contesto di Socrate
Nasce ad Atene, sua madre è una levatrice. Riceve un’educazione riservata agli ateniesi benestanti; vive nell’età di Pericle in cui c’è espansione economica e militare e propulsione della cultura. All’inizio si accosta al pensiero di Anassagora, ma poi si interessa dell’uomo.
Presta servizio nella guerra del Peloponneso in tre campagne militari.
Come oplita salva la vita ad Alcibiade, figlio adottivo di Pericle.
Pericle muore in un’epidemia di peste, Socrate è chiamato a combattere a Delio per sottomettere la Beozia.
Combatte infine ad Anfipoli dove gli ateniesi sono sconfitti, Socrate può ritornare ad Atene.
Si sposa con Santippe, donna litigiosa e petulante.
Con Alcibiade le ostilità tra Sparta e Atene riprendono. In un episodio una tempesta impedisce a dei combattenti di salvare dei cittadini ateniesi e i comandanti della flotta vengono messi sotto accusa in modo irregolare. Socrate si oppone perché è dalla parte della giustizia e della legge, ma è una posizione scomoda.
Governo dei trenta tiranni, Socrate viene incaricato di arrestare un uomo solo perché oppositore democratico, Socrate si rifiuta.
Degli esuli democratici tornano in città e riportano il partito democratico ma hanno avversione per Socrate anche se è da sempre un democratico.
Meleto lo accusa di non riconoscere gli dei, introduce nuove divinità e corrompe i giovani, pena di morte con la cicuta. Muore rispettando le leggi e non scappa.
Non scrive nulla perché ritiene che la ricerca filosofica non viene continuata dopo di lui da uno scritto, un testo può comunicare una dottrina ma non suscita una ricerca.
Testimonianze su vita e pensiero
Testimonianze su Socrate
Aristofane, contemporaneo. Lo vede come un intellettuale perdigiorno che prende le sue idee da un pensatoio a mezz’aria e propina insegnamenti corruttori ai giovani. È probabile che sia satirico ma individuando come esponente della nuova cultura, rappresenta il clima storico-culturale dell’Atene socratica.
Policrate, vissuto poco dopo la morte di Socrate, lo accusa di aver disprezzato le procedure della democrazia e di essere stato ispiratore di alcuni aristocratici oltranzisti.
Senofonte, vissuto poco dopo la morte di Socrate, lo presenta come moralista e predicatore
Platone, suo allievo, offre l’immagine più diffusa del poeta.
Aristotele lo schematizza come scopritore del concetto e teorico della virtù della scienza.
Socrate e il sofismo
Socrate non è anti-sofista perché affonda le sue radici culturali nel sofismo ma con la sua riflessione giunge a esiti diversi.
È legato alla sofistica perché:
Attenzione per l’essere umano e disinteresse intorno al cosmo
Cerca nell’essere umano i criteri del pensiero e dell’agire
Atteggiamento spregiudicato, mentalità razionalistica, anticonformistica e antitradizionalista, mette in discussione ogni cosa, non accetta nulla che non abbia superato un confronto dialogico
Inclinazione a dialettica e paradosso
Si allontana dai sofisti perché:
Si rifiuta di ridurre la filosofia a vuoto uso della retorica, ha un amore più sofferto per la verità
Vuole andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale, vuole far partorire agli uomini verità comuni
Perciò Socrate è figlio e avversario del sofismo.
Tra socrate e platone c’è in comune il superamento del relativismo sofistico, ma la differenza è che socrate è umanista.
Conoscenza e dialogo socratico
In un primo periodo socrate ha seguito gli insegnamenti di Anassagora e si è dato all'indagine sulla natura, ne è rimasto deluso perché si è accorto che alla mente umana sfuggono i perché ultimi delle cose.
Abbandona questo tipo di studi e si concentra sull’essere umano, facendosi come problema sé stesso, per chiarire sé a sé stesso: cerca quale deve essere l’uomo e cosa debba fare l’uomo.
Socrate fa proprio il “Conosci te stesso” dell’oracolo delfico, vedendo esso come motivazione ultima del filosofare.
Poiché si è uomini solo tra gli uomini, l’essenza profonda dell’essere umano è il nostro rapporto con gli altri → la sua filosofia ha carattere di dialogo interpersonale. Il valore dell’esistenza umana è in questo colloquio incessante, convinto che una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.
La prima condizione della ricerca è la coscienza della propria ignoranza. Quando Socrate seppe che l’oracolo lo aveva chiamato il più sapiente, interpretò che volesse dire che il vero sapiente è colui che sa di non sapere. È un’eco dell’agnosticismo metafisico di Protagora e di Gorgia, infatti vuol dire che un filosofo autentico è solo chi ha compreso che intorno alle strutture ultime del Tutto non si può dire nulla con sicurezza.
Socrate però non ha un’interpretazione di scettico. È agnostico per quanto riguarda le questioni ontologiche e cosmologiche, ma non per i problemi etico-esistenziali perché incoraggia la ricerca. È un invito ad indagare entro i limiti dell’esperienza i problemi fondamentali dell’essere umano.
Nel non sapere c’è anche una distanza dai sofisti: i sofisti si dichiaravano sapienti, socrate è il primo a dichiararsi filosofo = amante della sapienza, ovvero in cerca del sapere.
L’autentica sapienza (filosofia) viene a identificarsi con il desiderio del sapere.
Metodo socratico e ricerca della verità
Socrate usa il dialogo, ovvero il confronto con l’altro con la parola. Non si arriva mai ad una risposta definitiva, vi si distinguono due momenti.
Per primo Socrate vuole rendere i suoi interlocutori consapevoli della loro ignoranza. Con l’ironia, ovvero gioco di parole teatro di finzioni, vuole mettere a nudo le coscienze.
Inizialmente i soggetti hanno formule cristallizzate, pseudo-certezze. Socrate chiede all’illustre maestro di renderlo edotto su un ambito, ma con domande e quesiti lo fa dubitare. Socrate con l’ironia dimostra la loro ignoranza per gettarlo nel dubbio, questo conduce alla ricerca.
Socrate usa l’arma del dubbio e della confusione, dimostra l’inconsistenza delle risposte.
Questo momento è stato definito dialettico-zenoniano perché usa il metodo per assurdo.
L’ironia è una sofistica nobile perché vuole purificare la mente e smuovere le persone dalle loro convinzioni
Socrate non vuole riempire la mente con le sue convinzioni, vuole stimolare a ricercare dentro se stessi una propria verità. La maieutica consiste proprio nel far partorire delle idee proprie.
La verità è una conquista personale e la filosofia è l’avventura della mente di ciascuno.
La vera educazione allora è una autoeducazione, un discepolo viene aiutato dal maestro a maturare e a formarsi in autonomia, partendo dalle inclinazioni proprie interiori → principio pedagogico
Cosa fa “partorire” Socrate? La molla dell’intero processo è il che cos’è? (ti estì?), ovvero la richiesta di una definizione. Cos’è la virtù? A questa domanda l'interlocutore risponde con un insieme di casi ma Socrate non vuole esempi di virtù ma la definizione di virtù in sé.
I sofisti fanno discorsi lunghi e ammaliatori, Socrate preferisce discorsi brevi con battute corte e facili. Questo perché una dialettica stringente costringe l’avversario a dare risposte precise e porta ad una ricerca più attenta. La domanda cos’è allora ha un duplice volto: negativo perché mette in crisi l'interlocutore, positivo perché lo porta a una definizione soddisfacente dell’argomento.
Ironia: fingersi ignorante di fronte all’interlocutore, adularne le conoscenze
Confutazione: opporre una serie di obiezioni alla tesi dell’interlocutore
Brachilogia: fare discorsi brevi, sorretti da domande frequenti e precise
Maieutica: aiutare l’interlocutore a partorire la verità che si possiede dentro di sé
definizione : determinare i tratti essenziali di una cosa, rispondendo alla domanda cos’è?
Aristotele attribuisce a Socrate l’invenzione dell’induzione e del concetto.
Ragionamento induttivo: un tipo di ragionamento che dall’esame di un certo numero di casi o affermazioni particolari risale ad un’affermazione generale o universale. L’affermazione generale per Socrate è il concetto.
Platone accentua e sviluppa l’idea di una scienza definitoria e universale, ma Socrate ha formalmente prospettato l’esigenza di un sapere definitivo, non si è sforzato contenutisticamente a tradurre un tale sapere in realtà.
Socrate prospetta una necessità di una precisazione anche linguistica dei concetti, per permettere agli uomini di trovare un punto di accordo e superare le opinioni dissonanti.
Socrate reagisce al relativismo linguistico, conoscitivo e morale, ma non costruisce una scienza delle definizioni. Non intende la definizione con una forma di sapere assoluto, capace di rispecchiare entità metafisiche eterne, la definizione e il concetto sono un’esigenza, la direzione della ricerca.
Condivide con i sofisti l’idea che non ci sia una verità assoluta, ma è convinto che con il confronto dialogico si possa raggiungere un accordo (una definizione), ma non è una conoscenza fissa ma tutto tutto un'omologia, un discorso comune o ragione condivisa. In un dialogo è richiesto di mettere alla prova tutte le diverse ipotesi e chiedere e dare ragione di tutte le opinioni, scartare quelle fallaci e conservare quelle migliori, ovvero quelle maggiormente condivisibili.
A differenza dei sofisti, Socrate ammette l’esistenza di un punto fermo, ovvero il dialogo che è un dovere morale e una necessità inevitabile. Nessun uomo può sottrarsi al dialogo perché per rifiutarsi di dialogare dovrebbe usare il dialogo, perciò è un principio indubitabile. Il dialogo è il sommo bene che rende la vita umana degna di essere vissuta.
Virtù e razionalismo morale di Socrate
Socrate ha una nuova concezione della virtù. Con virtù i Greci parlavano di aretè, il modo ottimale di essere qualcosa: riferito alle persone è il modo ottimale di essere uomini.
Socrate come i sofisti crede che la virtù non è un dono che si possiede per natura, ma è un valore che va cercato e conquistato. Si diventa virtuosi con la paideia, ovvero l’educazione.
La virtù intesa come arte del vivere bene e del comportarsi bene è una forma di sapere, un prodotto della mente.
Così come i filosofi della natura trovano una legge razionale per l’universo, Socrate sottopone la vita concreta al dominio dell’intelletto. Perciò per essere uomini nel modo migliore è indispensabile riflettere, ragionare, cercare.
Non esistono il Bene e la Giustizia quali entità metafisiche, il bene e il giusto sono valori umani che scaturiscono dalla nostra ragione. Perciò il sapere di cui parla Socrate è sapere quando è bene fare questa o quella cosa.
Questa concezione della virtù come scienza e della vita come avventura della ragione è riconosciuta come forma di razionalismo morale.
Come per la virtù politica di Protagora, la virtù socratica può essere insegnata e comunicata a tutti. Tutti devono imparare non solo tecniche particolari ma anche la scienza del bene e del male.
La virtù è unica, ovvero la scienza del bene.
Socrate fa coincidere il campo delle virtù all’interiorità e ai valori della ragione. È una rivoluzione della tavola dei valori, prima i valori erano legati alle cose esteriori.
Il suo messaggio non è ascetico: la virtù è un modo di essere che mira all’utilità e alla felicità, la morale di Socrate è perciò una forma di eudemonismo (ha lo scopo di conseguire la felicità come scopo ultimo e come movente di ogni azione umana).
La virtù è un potenziamento dell’esistenza con la ragione. Di fronte al caos degli istinti pone l’ordine della ragione: non abolisce i valori vitali del piacere, ma invita a utilizzare la ragione perché nell’ignoranza questi bene conducono in una cattiva direzione, se governati dalla ragione sono beni maggiori.
La virtù si risolve nella politicità, perché essendo l’uomo un animale sociale l’arte del vivere bene è saper vivere bene con gli altri. I sofisti vedono la politica come una tecnica di dominazione del prossimo (come Gorgia), ma Socrate la vede come un ragionare insieme sulle cose della città per arrivare al bene comune (come già abbozzato da Protagora).
Nessuno pecca volontariamente, perché chi fa il male lo fa per ignoranza del bene. Socrate dice che nessuno compie del male in modo consapevole perché si agisce sempre come si ritiene essere per noi un bene. Se si scambia un vizio per il bene è dovuto all’ignoranza.
Socrate è stato accusato di sopravvalutare l’intelletto nel comportamento umano dimenticando la volontà e la parte istintivo-affettiva. È stato tacciato di intellettualismo etico perché non distingue tra intelletto e volontà, avrebbe esagerato la potenza della ragione.
È preferibile subire il male che commetterlo, è basato sulla convinzione che solo la virtù e la giustizia rendono felici, mentre l’immoralità e l’ingiustizia portano all’infelicità.
Concezione socratica della divinità
Socrate considera il filosofare come una missione affidatagli dalla divinità. A proposito di essa egli parla di un demone (daimon) che lo consiglia in tutti i momenti della vita e lo invita a non fare certe cose.. È stato interpretato come la voce della coscienza ma è probabilmente di più: è una guida trascendente e divina della condotta umana, perciò è un concetto religioso e non semplicemente morale.
Il demone può essere identificato come la personificazione dell’anima individuale, nella visione socratica confluiscono due visioni precedenti:
Dottrina orfica dell’anima prigioniera del corpo, decaduta a causa di una colpa originaria.
Anima come sede della vita intellettuale
Queste due visioni portano a considerare l’anima come immortale, ma questo concetto non interessa molto Socrate.
Socrate presta attenzione al rispetto formale degli dei perché è tra gli obblighi del buon cittadino, tuttavia soltanto perché ammette una divinità superiore della quale gli dei sono manifestazioni. La riconosce come garante dell’ordine del mondo, come forma suprema di intelligenza e bene.
Un’attuazione di questa mente divina universale è la mente umana, solo l’uomo che è dotato di ragione può rapportarsi alla divinità.
L’intelligenza umana, la rigorosità e la generalità dei risultati della mente, l’organizzazione razionale del cosmo sono opera di una superiore mente ordinatrice che governa l’intero universo. La divinità di Socrate è anche custode del destino degli uomini, presidio dei valori morali. La profonda fiducia nell’ordine buono dell’universo è l’essenza della religiosità socratica, ma non riposa su credenze, piuttosto anima la ricerca filosofica.
Domande da interrogazione
- Chi erano i sofisti e quale ruolo avevano nella società greca del V secolo a.C.?
- Qual è il significato della frase di Protagora "L’uomo è misura di tutte le cose"?
- Quali sono le tesi fondamentali di Gorgia nell'opera "Sul non essere"?
- In che modo Socrate si differenzia dai sofisti nel suo approccio alla filosofia?
- Qual è la concezione socratica della virtù e come si differenzia da quella dei sofisti?
I sofisti erano considerati sapienti e insegnanti di tecniche particolari e cultura generale, che vendevano la loro sapienza come professione. Erano noti per spostare l'attenzione dalla natura all'essere umano, trattando temi come politica, leggi, religione, e educazione. Nonostante la loro cattiva reputazione come cavillatori, sono stati rivalutati dagli studiosi contemporanei per il loro contributo alla cultura e alla democrazia.
La frase di Protagora significa che l'essere umano è il metro e il criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose. Questo concetto si traduce in umanismo, fenomenismo e relativismo conoscitivo e morale, suggerendo che non esiste una verità assoluta, ma che la realtà è percepita e giudicata in base a parametri individuali, sociali e di specie.
Gorgia espone tre tesi fondamentali: nulla esiste; se qualcosa esistesse, non sarebbe comprensibile; e se fosse comprensibile, non sarebbe comunicabile. Queste tesi negano la possibilità di una concettualizzazione filosofica della realtà e introducono una frattura tra pensiero e realtà, sostenendo che il linguaggio non può comunicare la realtà.
Socrate si differenzia dai sofisti per il suo rifiuto di ridurre la filosofia a un vuoto uso della retorica e per il suo amore per la verità. Mentre i sofisti si dichiaravano sapienti, Socrate si definiva filosofo, ovvero amante della sapienza, in cerca del sapere. Utilizzava il dialogo come metodo di indagine, cercando di far partorire agli uomini verità comuni attraverso l'ironia e la maieutica.
Socrate concepisce la virtù come una forma di sapere e un prodotto della mente, che si acquisisce attraverso l'educazione e la riflessione. A differenza dei sofisti, che vedevano la virtù come una tecnica di dominazione, Socrate la considera un modo di essere che mira all'utilità e alla felicità, promuovendo un eudemonismo che sottolinea l'importanza della ragione nel governare i valori vitali.