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Concetti Chiave

  • Parmenide e Zenone furono figure centrali nella filosofia antica, originari dell'area italica, precisamente vicino all'attuale Velia, in provincia di Salerno.
  • Parmenide è considerato il padre dell'ontologia, sostenendo l'unità tra pensiero ed essere e rifiutando la distinzione tra essere e non essere.
  • Zenone, discepolo di Parmenide, sviluppò una tecnica argomentativa paradossale per dimostrare l'assurdità delle tesi avverse, sostenendo le idee del suo maestro.
  • I paradossi di Zenone affrontano temi di molteplicità e divisibilità infinita, tra cui il famoso paradosso di Achille e della tartaruga, che illustra l'impossibilità del movimento.
  • Questi paradossi mettono in discussione nozioni comuni di spazio, movimento e divisibilità, contribuendo a un nuovo approccio alla filosofia e alla logica.

Indice

  1. La scuola di Elea
  2. Parmenide e la filosofia dell'essere
  3. Zenone e la tecnica paradossale
  4. I paradossi di Zenone
  5. La divisibilità e la molteplicità
  6. Il paradosso di Achille e la tartaruga
  7. Il paradosso della freccia
  8. La velocità relativa nello stadio

La scuola di Elea

Ci troviamo di fronte alla prima scuola totalmente nata in territorio italico, poiché i fondatori sono nativi italici. Si trova vicino all’attuale Velia, in provincia di Salerno. Qui fiorirono due menti acutissime, di cui abbiamo oggi poche notizie, ma conosciamo di loro alcune dottrine che ebbero un’importanza decisiva nella storia della filosofia. Le due personalità sono Parmenide e Zenone, che ricordiamo come Zenone di Elea per non confonderlo con Zenone di Cizio. Della vita di Parmenide sappiamo poco: è stato cittadino di Elea, vissuto fra il 520 e il 440. Aveva scritto un poema che conosciamo come “Intorno alla natura”, composto in esametri e diviso in due parti, la prima intitolata “La verità”, la seconda “L’opinione”. Della prima parte ci è pervenuto un lungo frammento, della seconda parte invece pochi e brevi frammenti. La sua personalità ebbe un’estrema influenza nell’antichità: attorno al 450 pare sia stato ad Atene insieme al suo discepolo Zenone e qui avrebbe conosciuto Socrate, allora giovanissimo. Di sicuro, al di là della realtà o meno del viaggio, attorno al 450 le tesi sostenute da Parmenide iniziarono ad essere dibattute ad Atene: Platone lo chiama venerando e terribile, ove terribile sta ad indicare la profondità, che incuteva persino timore, delle sue argomentazioni. Anche del suo discepolo Zenone conosciamo poco della vita: pare che sia nato intorno al 500 e che fosse estremamente prestante e intelligentissimo. A lui dobbiamo la creazione del metodo argomentativo paradossale. Al di là del viaggio compiuto con Parmenide, noi sappiamo che Zenone fu molto attivo nella vita politica della sua città e che morì combattendo eroicamente contro il tiranno Nearco. Dei suoi scritti ci sono pervenuti solo pochi frammenti.

Parmenide e la filosofia dell'essere

Parmenide è ritenuto il padre dell’ontologia , cioè dello studio dell’Ente, cioè di colui che è. Al centro di tutta la speculazione parmenidea sta la coincidenza di pensiero ed essere e la condanna del discorso di opinione fondato su rappresentazioni non salde e ingannevoli. Al discorso di opinione il filosofo contrappone il discorso scientifico che rifiuta ogni commistione tra essere e non essere. Nel suo poema Parmenide parla di una dea, la Verità, che gli insegna a distinguere due strade: da una parte la via ingannevole dell’opinione, seguita dagli uomini a due teste, cioè da quegli uomini che affermano cose contraddittorie come l’essere del non essere, o il non essere dell’essere: l’altra strada, invece è quella della rotonda verità, ovvero quella di una verità compiuta, perfetta, che si fonda sull’espressione dell’essere nella sua totale purezza, senza alcuna commistione con il non essere. In questo modo il filosofo esclude che possa esistere una qualsiasi verità che non sia fondata sull’affermazione dell’essere. Strada che deve essere seguita con estrema coerenza, usando la ragione. Pensare ed essere sono un’unica cosa e tale concetto esclude ogni forma di non essere, perché il non essere è una nozione vuota e insostenibile. Di ogni forma si può cogliere solo ciò che è, ovvero l’essenza, se togliamo l’essere, togliamo anche la cosa, cioè ciò che è. Escludendo il non essere, Parmenide esclude qualsiasi determinazione negativa, quindi ogni cosa viene ridotta al solo essere, cioè all’essere uno. Per questo Parmenide dice che l’essere è “Ora tutto insieme” quindi l’essere non può avere ne passato ne futuro, non può nascere e non può morire, perché altrimenti deriverebbe dal non essere o dovrebbe finire nel non essere. Dio è l’unico essere. “Infatti quale origine gli vuoi cercare? Come e donde il suo nascere dal non essere non ti permetterò ne di dirlo ne di pensarlo. Infatti non si può ne dire ne pensare ciò che non è. E quand’anche si potesse, quale necessità può averlo spinto, iniziando dal nulla, a nascere prima o dopo? Quindi è necessario o che sia del tutto o che non sia per nulla. Giammai poi la forza della convinzione verace concederà che dall’essere nasca alcunchè di diverso da lui. Quindi la giustizia non gli ha permesso di nascere o morire sciogliendo i legami, ma lo tien fermo.” L’essere non esclude soltanto il divenire, ma anche la divisibilità “Tutto pieno di essere come è” la divisibilità infatti racchiude il concetto di non essere, perché l’Essere dovrebbe suddividersi in molte parti, di cui ciascuna non sarebbe quell’altra. Infine l’essere è immobile, perché se si muovesse dovrebbe muoversi in un luogo diverso da sé. Si noti peraltro che per gli antichi ogni mutamento, non solo di luogo, è visto come un movimento.

Per indicare questo essere perfetto, che comprende tutto e che esclude ogni non essere, Parmenide ricorre ad un immagine che è quella dello sfero, che è una figura perfetta, dove il centro e la circonferenza sono dappertutto, quindi non è una figura solida, concreta, ma è una specie di sfera senza limiti, perfetta. Ora sembrerebbe che Parmenide neghi che le cose esistano, ma non è assolutamente questo che Parmenide afferma: egli vuole semplicemente affermare che ciascuna cosa non esiste per sé, ma esiste in quanto partecipa dell’essere uno. È cioè un qualcosa che appare nell’uno, che manifesta l’uno e queste cose che appaiono e scompaiono sono solo apparenza, opinione, rappresentazioni, fenomeni, mentre ad essere vero è l’uno, è l’Ente, è il Noumeno, è la sostanza. Per Parmenide siamo delle apparenze che partecipano all’Uno. Le tesi sostenute da Parmenide andavano contro l’opinione comune, che invece sostiene la divisibilità che sostiene la molteplicità, il divenire. Gli avversari di Parmenide trovavano assurdo il negare della divisibilità, del divenire. Nella divisibilità si intende un concetto che vale all’infinito, dove si arriverebbe al non essere. L’uomo è un apparire dell’essere, è partecipe. Queste idee hanno suscitato un grande scandalo all’epoca perché andavano contro il pensar comune.

Zenone e la tecnica paradossale

La soluzione alle polemiche che investirono il filosofo la diede il suo discepolo, Zenone, una persona particolarmente intelligente e prestante. Riesce a trovare delle soluzioni efficaci e inventa un sistema di argomentazione completamente nuovo, che è la tecnica paradossale: di Zenone si hanno solo due o tre frammenti, ma sappiamo come aveva creato questa tecnica. La tecnica paradossale: anziché confutare direttamente i proprio avversari, Zenone fingeva di fare proprio le loro tesi, quindi le sviluppava fino alle estreme conseguenze, che risultavano ridicole ben più di quelle del suo maestro. Il risultato era che in un colpo erano annullate le tesi avverse e per contrasto erano corroborate le tesi del maestro.

I paradossi di Zenone

Di tutti i paradossi elaborati da Zenone noi ne conosciamo sei: due riguardano la molteplicità, gli altri quattro riguardano la divisibilità e i rapporti di divisibilità e molteplicità. Quando si parla di divisibilità e di molteplicità, si parla di una divisibilità infinita e di una molteplicità infinita, cioè non di una divisibilità limitata.

La divisibilità e la molteplicità

Ammettendo la molteplicità, dobbiamo ammettere anche che ogni cosa che compone la molteplicità ha una sua grandezza ed è divisibile in infiniti punti. Ebbene, se un oggetto ha una sua grandezza, tale oggetto è anche composto di infiniti punti e questi infiniti punti o sono privi di grandezza o hanno essi stessi una grandezza. Ebbene, se i punti non hanno grandezza come fa il libro ad avere una grandezza. Ma se i punti hanno una loro grandezza come fa il libro ad avere una grandezza finita, se i punti sono infiniti. Dunque, affermare l’esistenza della molteplicità e della divisibilità porta a conseguenze ridicole. Invece se i punti sono finiti, vi è una grandezza.

Immaginiamo un oggetto A e B. Fra questi oggetti vi è un oggetto C, che può essere anche uno spazio, ma se noi ammettiamo la divisibilità all’infinito fra A e C vi è D, fra C e B vi è E, e così all’infinito.

Immaginiamo che lungo una linea si debba muovere un uomo (X) che deve andare da A e B. Immaginiamo che vi sia il punto 1, la metà, poi il punto 2, poi il punto 3, e infiniti punti perché la divisibilità è infinita. Quindi non si può arrivare in un tempo finito attraverso punti infiniti.

Il paradosso di Achille e la tartaruga

Chiamiamo A il punto di partenza di Achille e B il punto di partenza della tartaruga. Se la tartaruga sarà arrivata C, Achille sarà B, se andrà a D, Achille sarà a C. E se consideriamo anche la dicotomia, Achille non arriverà nemmeno a B, perché vi sono punti infiniti fra A e B. Quindi la tartaruga non verrà mai presa.

Il paradosso della freccia

Dobbiamo presumere che lo spazio sia infinitamente diviso. Ammetti amo che un arciere si ritrovi a dover colpire un bersaglio ad una certa distanza. La freccia, tuttavia non arriverà mai a destinazione, perché, ammettendo la divisibilità infinita, nonostante la freccia abbia una lunghezza, quindi occupa uno spazio, ovvero un momento, quindi in ogni momento la freccia è ferma in un determinato spazio. Quindi il movimento della freccia è dettato da momenti in stasi. Come può una freccia andare da una parte all’altra stando ferma?

La velocità relativa nello stadio

Si può sviluppare moltissimo, quasi all’infinito. Noi riusciamo a risolverlo al concetto di velocità relativa, molto posteriore ai greci. Immaginiamo che vi sia uno stadio, con uno spettatore A, e gli atleti B e C. B e C corrono alla stessa velocità in direzione opposta. A vede B e C a velocità 1. Tuttavia B vede C e C vede B a velocità 2. Se poi vi fosse un elemento D che corre parallelo a B, vedrebbe C a velocità 2 e vedrebbe B a velocità 0. Tutti quanti vedrebbero A a velocità 1.

Di Zenone non si conosce altro oltre a questi paradossi, che però danno inizio a questa tecnica argomentativa.

Domande da interrogazione

  1. Chi erano Parmenide e Zenone e quale fu il loro contributo alla filosofia?
  2. Parmenide e Zenone furono filosofi della scuola di Elea, in Italia. Parmenide è considerato il padre dell'ontologia, mentre Zenone è noto per i suoi paradossi che sfidano la molteplicità e la divisibilità.

  3. Qual è il concetto centrale della filosofia di Parmenide?
  4. Il concetto centrale della filosofia di Parmenide è la coincidenza di pensiero ed essere, escludendo il non essere e sostenendo che l'essere è uno, immutabile e indivisibile.

  5. Come Zenone utilizzava i paradossi per sostenere le tesi di Parmenide?
  6. Zenone utilizzava i paradossi per dimostrare l'assurdità delle tesi avverse a quelle di Parmenide, sviluppando le idee dei suoi avversari fino a conseguenze ridicole, corroborando così le tesi del suo maestro.

  7. Qual è il significato del paradosso di Achille e della tartaruga?
  8. Il paradosso di Achille e della tartaruga illustra l'impossibilità di raggiungere un obiettivo se si considera la divisibilità infinita dello spazio, suggerendo che Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga.

  9. Cosa rappresenta il paradosso dello stadio di Zenone?
  10. Il paradosso dello stadio di Zenone esplora la relatività del movimento e della velocità, mostrando come la percezione del movimento possa variare a seconda del punto di vista, anticipando concetti di velocità relativa.

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