Daniele
Genius
14 min. di lettura
Vota 4 / 5

Concetti Chiave

  • Parmenides, unlike Heraclitus, emphasizes the concept of being as static, introducing logic into philosophical reasoning.
  • In his philosophical poem "peri physeos," Parmenides distinguishes between truth (aletheia) and opinion (doxai), emphasizing the importance of logical reasoning.
  • Central to Parmenides' philosophy is the idea that being is, and non-being is not, highlighting the principle of identity in logic.
  • He argues that the true understanding of reality comes from reason (logos), not sensory experience, which only perceives appearances.
  • Parmenides' ontology presents being as ungenerated, imperishable, timeless, continuous, unique, and immobile, contrasting with Heraclitus' view of constant change.

Indice

  1. Parmenide e il principio dell'essere
  2. Logos e doxai nella filosofia di Parmenide
  3. Il poema "Peri Physeos"
    1. Essere o non essere?
  4. Le vie dell'essere e del non essere
  5. L'ontologia di Parmenide
    1. Gli attributi dell’essere
  6. Il principio d'identità e l'essere
  7. Le vie del ragionamento e le doxai
  8. La seconda parte del poema e la filosofia della natura
  9. Melisso e la scuola eleatica

Parmenide e il principio dell'essere

Mentre Eraclito è il filosofo del divenire e della dinamicità, Parmenide è il filosofo dell’essere e della staticità.

È stato il primo ad applicare un principio della logica ad un ragionamento filosofico. La sua ontologia influenzò la storia del pensiero greco per due secoli. Iniziamo a parlarne partendo dal logos.

Logos e doxai nella filosofia di Parmenide

Per Parmenide, come in Eraclito, tra la realtà, la ragione umana e il linguaggio esiste una sostanziale identità; dall’ordine del mondo provengono l’ordine della mente che lo pensa e della lingua che lo descrive. vita e opere di ParmenideMolti ragionamenti di

Parmenide si basano su questa identità.

In più, approfondendo una distinzione implicita nei pitagorici e in Eraclito, opera una differenza tra pensiero e sensi: il primo è in grado di conoscere la realtà universale, il logos i secondi non possono che fermarsi alle apparenze, le doxai. Solo il logos può condurre all’aletheia, la verità.

Il poema "Peri Physeos"

Il pensiero di Parmenide viene esplicato in un poema in versi, chiamato in seguito “peri physeos”, dato che nel V sec. la lingua poetica è ancora molto più sviluppata della lingua in prosa, che si affermerà solo con la nascita della retorica. Sono arrivati a noi solo 19 frammenti. Il poema è diviso in due parti, dedicate l’una all’aletheia, l’altro alle doxai. Nel Proemio Parmenide, con uno stile epico-narrativo che ricorda Esiodo e la poesia Orfica, racconta il viaggio che ha compiuto verso la dimora della dea Dike (la Giustizia), che gli ha insegnato a distinguere il discorso vero da quello falso. La prima parte è a sua volta divisa in due sezioni; nella prima si mostrano al filosofo le vie possibili che gli si aprono, evitando quelle che lo allontanano dalla verità, nella seconda è descritta l’ontologia di Parmenide, ovvero la sua concezione dell’“essere in quanto tale”. La seconda parte (di cui abbiamo meno frammenti), più difficile, contiene la dottrina della doxa, e quindi una filosofia della natura sullo stampo di quelle ioniche e pitagoriche.

Essere o non essere?

Le vie dell'essere e del non essere

Il nodo centrale della filosofia di Parmenide è l’essere. Nel frammento 2, la dea gli indica le vie, i metodi di ragionamento “che sono le sole pensabili: / l’una [che dice] che è e che non è possibile che non sia / è il sentiero della Persuasione (giacché questa tien dietro alla verità; / l’altra [che dice] che non è e che è necessario che non sia”. Si riferisce alla via dell’essere e alla via del non essere. Ma che vuol dire “via dell’essere”? Consideriamo un qualsiasi oggetto. Tra le sue caratteristiche, la più importante quanto lapalissiana è quella di “essere”, di “esistere”. E invece, non possiamo prendere una cosa che non esiste proprio per il fatto che non esiste. In più, dato che “lo stesso è il pensare e l’essere” (frammento 3), non si può nemmeno pensare a una cosa che “non è”, perché basta il pensiero a renderla esistente. Questo intende Parmenide: la via che ammette che le cose sono e che è necessario che siano (non possiamo dire che una cosa che esiste non esiste: sarebbe una contraddizione) e la via che ammette che esistono cose che non sono (e quindi la via dell’errore). In finale l’essere è (le cose che esistono esistono) e il non essere non è (le cose che non esistono non esistono): una magistrale (e forse la prima) applicazione del principio d’identità (un ovvio principio di logica: una cosa è uguale a se stessa e diversa dal suo contrario).

L'ontologia di Parmenide

Mentre il linguaggio corrente e il pensiero dei primi filosofi non badano al fatto che le cose a cui pensano “siano”, Parmenide esamina questo, e in questo sta la sua originalità. Ogni cosa è diversa da un’altra: questo insegnano il senso comune, i fisiologi e soprattutto Eraclito, il filosofo della molteplicità e del divenire. Ma, per quanto differenti, avranno almeno una cosa in comune: esistono entrambi. Sono “enti”. “Enti” è il termine tecnico che traduce il ta onta greco, ovvero “le cose che sono”. Ed è logico dimostrare che “le cose che sono” sono. È questa è l’ontologia, ovvero il discorso sull’essere in quanto tale.

Data l’identità tra verità, parola e pensiero, tre sono gli aspetti fondamentali della filosofia di Parmenide:

* l’ontologia: e già ne abbiamo parlato;

* la gnoseologia: solo ciò che è è pensabile;

* il linguaggio: le cose che esistono trovano espressione adeguata all’interno del discorso.

Gli attributi dell’essere

Il principio d'identità e l'essere

Continuiamo ad applicare il principio d’identità. “Essere” perde la sua radice verbale e diventa un participio sostantivato, “to on” (“ciò che è”), e come tale gli si possono dare degli attributi. Questo passaggio avviene per differenziare ulteriormente l’essere dal non essere e impedire quindi di intraprendere la via dell’errore. Allo stesso modo “non essere” diventa “il non essere”, quindi “ciò che non è”: to me on.

L’essere è:

* ingenerato e imperituro: “Difatti quale origine gli vuoi cercare? / Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò né / di dirlo né di pensarlo”. Se è nato, prima non era. Ma non poteva esistere una cosa che non era, quindi l’essere è ingenerato. Analogamente non avrà fine.

* non ha passato né futuro: se “era”, ora non “è” più. Se “sarà”, ancora non “è”. Dato che l’essere è diverso dal non essere, si trova in una condizione di presente atemporale: “è” e basta.

* senza fine: se ha una fine, al di là di quella fine non è più, il che è assurdo.

* intero, continuo e indivisibile: “Neppure è divisibile, perché è tutto quanto uguale. / Né vi è in alcuna parte un di più di essere che possa impedirne la contiguità, / né un di meno, ma è tutto pieno di essere”. Se non fosse continuo, cosa si frapporrebbe tra le parti se non il non essere che non esiste? Né ugualmente ha senso che una cosa “è più di un’altra”.

* unico: se ve ne fossero più di uno, dovrebbero essere diversi. Ma se uno è, l’altro, poiché è diverso, non è, il che è impossibile. Smonta così la molteplicità della natura caratteristica dei fisiologi prima e di Eraclito poi.

* immobile: se si sposta, nel posto dove si trovava prima c’è qualcosa di diverso, quindi il non essere; questo non esiste, quindi l’essere è immobile e il pantha rei di Eraclito è un palese errore.

* definito da tutti i lati e simile a una sfera: per Parmenide, che risente del pensiero pitagorico, l’infinito è una mancanza e una imperfezione, a differenza del pensiero comune moderno. Inoltre l’essere non dovrebbe avere lati diversi perché presupporrebbero discontinuità (pensiamo allo spigolo di un qualsiasi poliedro). Pertanto l’intuizione associa la finitezza all’assenza di discontinuità alla perfezione solo nella forma geometrica della sfera.

Le vie del ragionamento e le doxai

Ora che abbiamo chiarito “cosa sia” l’essere, torniamo al discorso delle vie, dei metodi di ragionamento per descrivere la realtà. Uno, quello dell’essere, attraverso il puro ragionamento e il logos conduce all’aletheia. Il secondo, quello del non essere, conduce immancabilmente all’errore e, dato che la frase alla base di questo metodo è “il non essere è” (attenzione ora ai giochi di parole), non è un metodo logico, pertanto non si può pensare, quindi non si può dire, ma se non si può pensare né dire allora non è, quindi questo metodo non esiste. Allora perché l’ha tirato fuori? Forse per amore di completezza, o chissà. C’è un'altra via. Quella che viene da questa frase: “L’essere è e il non essere è”. È vera solo in parte. Questa è la via delle doxai, dell’apparenza, la via che intraprende la maggior parte degli uomini. Naturalmente, poiché parte dei presupposti sono sbagliati, con questo metodo non si può arrivare alla verità, ma si può descrivere una realtà verosimile.

“Da questa prima via di ricerca [quella del non essere] infatti ti allontano, / eppoi inoltre da quella per la quale mortali che nulla sanno / vanno errando, gente dalla doppia testa” (frammento 6). La terza via presuppone sia che si segua l’essere sia il non essere, quindi l’uomo che la segue ragiona contemporaneamente in due modi contraddittori l’uno con l’altro, e per questo ha due teste. “Perché è l’incapacità [di decidere] che nel loro / petto dirige l’errante mente; ed essi vengono trascinati / insieme sordi e ciechi, istupiditi, gente che non sa decidersi, / da cui l’essere e il non essere sono ritenuti identici / e non identici”. L’incapacità di decidere tra l’essere e il non essere impedisce loro di giungere alla verità, e pertanto si devono limitare alle doxai.

La seconda parte del poema e la filosofia della natura

Passiamo ora alla seconda parte del poema, quella dedicata alle opinioni e alle apparenza, insomma alla terza via. In essa riprende il concetto di lotta dei contrari, correggendo però il fatto che i contrari non sono assolutamente opposti, ma si compenetrano l’uno con l’altro. I contrari fondamentali, da cui nasce la molteplicità della natura, sono la luce e la tenebra. Dalla loro unione si forma il kosmos secondo una legge di necessità che Parmenide impersonifica in una dea.

Domanda. Se Parmenide ha detto che la terza via porta all’errore, perché formula una filosofia della natura, basata proprio sui contrari, sul molteplice e quindi sul divenire?

Per alcuni la seconda parte ci deve essere perché è l’unico modo per descrivere la realtà per come la vediamo, mentre l’aletheia mostra un qualcosa di completamente diverso. Per altri, tra i quali i prosecutori della scuola eleatica, furono di parere contrario, e esaltarono l’ontologia parmenidea. Vediamoli in breve.

Melisso e la scuola eleatica

Melisso nega la sfericità e la finitezza dell’essere: se è finito, avrà dei confini, e se li ha al di là non può che esserci il non essere; ergo, l’essere è illimitato. Da questa provengono tutti gli altri attributi dell’essere che già Parmenide aveva trovato. Inoltre, definisce che l’essere è pieno, perché il vuoto è nulla, quindi è non essere, ma l’essere non può essere non essere. Spero di essere stato chiaro. Inoltre Melisso afferma che queste caratteristiche dell’essere negano i fenomeni naturali; se vogliamo ammettere la molteplicità degli enti, ogni ente deve avere quelle caratteristiche. Per Melisso bastò questo per decretare la morte dei fenomeni. I pluralisti, invece, non riuscendo a smontare l’inattaccabile logica dell’ontologia parmenidea, si appigliarono a questo al fine di sozein ta phainomena (salvare i fenomeni naturali) ed ammettere l’esistenza del divenire e della natura.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il principio centrale della filosofia di Parmenide?
  2. Il principio centrale della filosofia di Parmenide è l'essere. Egli sostiene che l'essere è e il non essere non è, applicando il principio d'identità per dimostrare che le cose che esistono esistono e quelle che non esistono non esistono.

  3. Come Parmenide distingue tra pensiero e sensi?
  4. Parmenide distingue tra pensiero e sensi affermando che solo il pensiero, attraverso il logos, può condurre all'aletheia, la verità, mentre i sensi si fermano alle apparenze, le doxai.

  5. Qual è la struttura del poema di Parmenide?
  6. Il poema di Parmenide è diviso in due parti: una dedicata all'aletheia, la verità, e l'altra alle doxai, le opinioni e le apparenze. La prima parte esplora l'ontologia dell'essere, mentre la seconda tratta la filosofia della natura.

  7. Quali sono gli attributi dell'essere secondo Parmenide?
  8. Gli attributi dell'essere secondo Parmenide includono l'essere ingenerato e imperituro, senza passato né futuro, intero, continuo, indivisibile, unico, immobile e definito da tutti i lati, simile a una sfera.

  9. Perché Parmenide include una filosofia della natura nella seconda parte del suo poema?
  10. Parmenide include una filosofia della natura nella seconda parte del suo poema per descrivere la realtà come appare, nonostante la via delle doxai porti all'errore. Alcuni ritengono che sia l'unico modo per descrivere la realtà percepita, mentre altri esaltano l'ontologia parmenidea.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community