Concetti Chiave
- Antistene propone un ideale morale radicale che nega la desiderabilità dei beni esterni, basandosi sull'identità tra virtù e felicità di Socrate.
- Diogene di Sinope, seguace di Antistene, rifiuta le convenzioni sociali e attribuisce massimo valore alla virtù interiore per raggiungere la felicità.
- Il cinismo di Diogene è caratterizzato da un'esistenza simile a quella dei cani, ignorando norme civili e consuetudini sociali.
- Aristippo di Cirene, al contrario, identifica il bene con il piacere e fonda il movimento edonistico, pur mantenendo un controllo sui piaceri.
- Per Aristippo, l'uomo deve saper godere dei piaceri senza esserne dominato, mantenendo un equilibrio tra piacere e autocontrollo.
Indirizzo cinico e cirenaico
Nel campo della morale Antistene sostiene un ideale molto radicale, che, partendo dall'identità tra virtù e felicità stabilita da Socrate, nega con decisione la desiderabilità dei beni esterni (la ricchezza, la bellezza e così via).
Ancora più in là si spinge il suo allievo Diogene di Sinope (413-323 ca. a.C.), al quale si deve il nome di “cinismo”, che solitamente viene usato per indicare questo movimento. Sembra che Diogene conducesse un’esistenza simile a
quella dei cani (da cui il nome “cinici”), e che non si curasse delle consuetudini e delle norme civili: era solito mangiare e bere senza ciotola e addirittura espletare davanti a tutti le proprie funzioni fisiologiche.
sociali, dunque delle dinamiche associative umane, mentre attribuisce una fiducia assoluta alla virtù interiore, intesa come unica via per il conseguimento della felicità.
Apparentemente diverso è il percorso intrapreso da Aristippo di Cirene (vissuto in Libia, 435-366 a.C.) e dal movimento che a lui si richiama (i cirenaici).
Anche Aristippo parte dall'equazione socratica tra virtù e felicità, ma ne ricava conclusioni sostanzialmente opposte a quelle dei cinici.
Socrate aveva stabilito che il bene possedesse una forza di attrazione alla quale non è possibile resistere (tanto che, per lui, la conoscenza del bene costituisce una garanzia della sua realizzazione); Aristippo osserva che il bene a cui tendono gli uomini è rappresentato dal piacere (hedonè), che costituisce dunque il principale centro di attrazione dei comportamenti
individuali: bene e piacere perciò devono essere senza dubbio identificati. Per questo si è soliti vedere in Aristippo il primo rappresentante della tradizione edonistica dell’etica greca, destinata a essere sviluppata e approfondita nel corso dell’ellenismo da Epicuro.
Tutto ciò sembra fortemente antisocratico; occorre però precisare che per Aristippo l’uomo non deve essere dominato dai piaceri, bensì dominarli, ossia non diventarne mai schiavo, ma saperne godere, restando padrone di se stesso (proprio quest’ultimo motivo lo riconduce nel contesto del socratismo).
Domande da interrogazione
- Qual è l'ideale morale sostenuto da Antistene e come si differenzia da quello di Diogene di Sinope?
- In che modo Aristippo di Cirene interpreta l'equazione socratica tra virtù e felicità?
- Qual è la principale differenza tra la filosofia dei cinici e quella dei cirenaici?
Antistene sostiene un ideale radicale che nega la desiderabilità dei beni esterni, mentre Diogene di Sinope spinge oltre, rifiutando le convenzioni sociali e attribuendo fiducia assoluta alla virtù interiore come unica via per la felicità.
Aristippo di Cirene interpreta l'equazione socratica identificando il bene con il piacere (hedonè), sostenendo che il piacere è il principale centro di attrazione dei comportamenti individuali, pur mantenendo che l'uomo deve dominare i piaceri e non esserne schiavo.
La principale differenza è che i cinici, come Diogene, rifiutano le convenzioni sociali e si concentrano sulla virtù interiore, mentre i cirenaici, come Aristippo, identificano il bene con il piacere, pur sostenendo che l'uomo deve restare padrone di se stesso.