Concetti Chiave
- L'orario di lavoro subordinato è stato reso più flessibile dal decreto legislativo 66/2003, ma c'è un crescente utilizzo di contratti non standard, detti anche "atipici".
- I contratti non standard, come il part-time, offrono una maggiore flessibilità gestionale, permettendo variazioni nell'orario e nello stipendio.
- Il contratto part-time, introdotto nel 1984, consente di adattare l'orario di lavoro alle esigenze personali, specialmente per categorie specifiche come le donne in maternità.
- Esistono tre tipi di part-time: orizzontale, verticale e misto, ognuno con modalità diverse di distribuzione dell'orario lavorativo.
- Il contratto di lavoro intermittente, nato dal decreto Biagi, mira a regolamentare forme di lavoro discontinue, ma ha ricevuto critiche sulla sua efficacia.
Orario flessibile e contratti di lavoro non standard
Il decreto legislativo 66/2003 ha reso l’orario di lavoro subordinato molto più flessibile. Ciononostante, gradualmente si è sentito il bisogno di ricercare e affermare moduli contrattuali non standard. Questi sono anche detti «atipici», ma non perché ad essi non corrispondono dei tipi contrattuali, bensì perché comportano una deviazione dal regime normale, a tempo pieno, dell’impiego lavorativo.
Non standard non vuol dire necessariamente flessibile: il primo contratto deviante dal modello tipico, quello di lavoro a tempo parziale, in origine era caratterizzato da un’elevata rigidità della disciplina.
Il contratto di lavoro a tempo parziale ammette la deroga a uno dei più importanti principi lavoristici: di norma il datore non può, unilateralmente e a propria discrezione, ridurre o modificare l'orario di lavoro; anche se decidesse di farlo ugualmente, dovrebbe comunque erogare al dipendente l’intera retribuzione. Nel lavoro a part-time si può ridurre l’orario lavorativo e, di conseguenza, lo stipendio.
L’istituto fu introdotto nel 1984 per favorire l’occupazione di particolari categorie di lavoratori quali le donne, soprattutto in fase di maternità. Contestualmente, il part-time mira da sempre a coniugare le esigenze della vita personale con quelle lavorative.
Con il passare del tempo, l’istituto è stato reso sempre più flessibile grazie a numerosi interventi normativi, a partire dal decreto Biagi fino a giungere al d.lgs. 81/2015.
Il part-time può essere di tre tipi:
- orizzontale, quando il dipendente presta la sua attività giornalmente ma per un tempo ridotto rispetto all'orario normale;
- verticale, quando è pattuito un orario di lavoro normalo, il cui svolgimento è però concentrato in periodi determinati della settimana (ad esempio nel Weekend), del mese o dell’anno;
- misto, quando le due forme base sono combinate.
La flessibilità è invece particolarmente esaltata nel contratto di lavoro intermittente, introdotto dal decreto Biagi al fine di intercettare le forme di lavoro discontinue, ostacolando quelle al limite della liceità. Secondo molti critici, l’istituto non è risultato efficace.
Domande da interrogazione
- Qual è stato l'obiettivo principale dell'introduzione del contratto di lavoro a tempo parziale nel 1984?
- Quali sono i tre tipi di contratto part-time descritti nel testo?
- Qual è stata la critica principale rivolta al contratto di lavoro intermittente introdotto dal decreto Biagi?
L'istituto fu introdotto per favorire l'occupazione di particolari categorie di lavoratori, come le donne in fase di maternità, e per coniugare le esigenze della vita personale con quelle lavorative.
I tre tipi di contratto part-time sono: orizzontale, verticale e misto.
Secondo molti critici, l'istituto del contratto di lavoro intermittente non è risultato efficace nel suo intento di intercettare le forme di lavoro discontinue.