Concetti Chiave
- Il lavoro standard si riferisce al rapporto lavorativo subordinato definito dall'articolo 2094 del Codice civile italiano.
- La flessibilità del lavoro è spesso vista negativamente quando non garantisce un reddito sufficiente, creando lavoratori poveri.
- La flessibilità è stata introdotta per armonizzare i mercati del lavoro europei, adattandosi a un'economia globalizzata e competitiva.
- Sono emerse varie forme di contratti di lavoro destandardizzati, come il tempo determinato e il part-time, che offrono maggiore elasticità.
- La flessibilità si manifesta nella durata e nell'orario dei contratti, con il part-time che si adatta a diverse esigenze lavorative.
Flessibilità del lavoro e modalità lavorative non standard
Con l’espressione «lavoro standard» ci si riferisce alla definizione di lavoro enucleata nell’articolo 2094 del Codice civile, relativa al concetto di rapporto lavorativo subordinato.
Nel linguaggio comune, il concetto di flessibilità del lavoro è accostato a quello della precarietà: in realtà, però, l’espressione «lavoro precario» attiene non soltanto a una modalità di lavoro flessibile (dunque differenziata da quella standard) ma anche a una modalità di lavoro non sicura poiché non in grado di garantire un livello di reddito capace di assicurare lo svolgimento di una vita dignitosa.
La flessibilità assume la suddetta connotazione negativa qualora il lavoro flessibile sia esclusivamente volto a garantire il maggior risparmio per l’azienda: a tal proposito si parla di «lavoratori poveri», cioè coloro che, pur essendo occupati, non possono fruire di un reddito adeguato.
Il concetto della flessibilità lavorativa è stato introdotto con l’obiettivo di armonizzare i mercati del lavoro dei diversi Paesi dell’Unione europea.
La flessibilità del lavoro saggia di pari passo con la flessibilità delle imprese: durante gli ultimi decenni, l’aumento delle forme di lavoro destandardizzate ha reso più flessibile ed elastica l’organizzazione e la struttura delle imprese, che si sono dovute confrontare con un’economia sempre più competitiva e globalizzata. Il lavoro è stato investito prima degli altri fattori produttivi dall’esigenza di realizzare modelli economici esposti alla competizione globale.
In quest’ottica, accanto al lavoro a tempo indeterminato si svilupparono altre diverse forme di contratti di lavoro: ParTime; lavoro a tempo determinato; contratti di lavoro per chiamata, ecc. (contratti destandardizzati).
In particolare, la flessibilità viene ricavata sotto il profilo della durata temporale: i contratti di lavoro, infatti, tendono sempre di più a definire in modo chiaro il termine di efficacia iniziale e finale del rapporto lavorativo. La flessibilità riguarda anche l’orario di lavoro: il contratto di lavoro parTime nacque nel 1984 come forma di lavoro traslata dagli altri ordinamenti europei. La flessibilità dell’orario di lavoro intercettò la flessibilità dei processi lavorativi. Oggi il parTime assume diverse forme: parTime a canne d’organo; parTime in senso orizzontale o in senso verticale.
Domande da interrogazione
- Qual è la differenza tra lavoro standard e lavoro flessibile?
- Quali sono le implicazioni negative della flessibilità del lavoro?
- Come si è evoluta la flessibilità del lavoro negli ultimi decenni?
Il lavoro standard si riferisce a un rapporto lavorativo subordinato come definito dall'articolo 2094 del Codice civile, mentre il lavoro flessibile include modalità di lavoro non standard e spesso precarie, che non garantiscono un reddito sufficiente per una vita dignitosa.
La flessibilità del lavoro assume una connotazione negativa quando è utilizzata principalmente per ridurre i costi aziendali, portando alla creazione di "lavoratori poveri" che, pur essendo occupati, non ricevono un reddito adeguato.
Negli ultimi decenni, la flessibilità del lavoro è aumentata con l'introduzione di contratti destandardizzati come il parTime e il lavoro a tempo determinato, adattandosi a un'economia sempre più competitiva e globalizzata.