Concetti Chiave
- La Cdfue tutela il diritto alla vita vietando la pena di morte e pratiche eugenetiche per migliorare la specie umana.
- Il diritto alla vita del nascituro è riconosciuto, anche se nei paesi dove l'aborto è consentito, ci sono condizioni precise e periodi limitati per praticarlo.
- In Italia, l'aborto è possibile entro i primi 90 giorni di gravidanza, successivamente solo per gravi rischi per la salute della donna.
- La Corte costituzionale italiana ha bilanciato il diritto del concepito e la salute della donna, affermando che non c'è equivalenza tra i due diritti.
- La giurisprudenza costituzionale ha mantenuto un equilibrio normativo sull'aborto, nonostante le innovazioni farmacologiche come la pillola del giorno dopo e Ru486.
Diritto alla vita e integrità
La Cdfue, nel tutelare il diritto alla vita e nel vietare la pena di morte (art. 2), afferma il divieto di pratiche eugenetiche dirette, attraverso la selezione di caratteri genetici considerati più favorevoli, a migliorare la specie umana (art. 3 sul diritto all’integrità della persona).
La battaglia civile e politica pro o contro l’aborto ha messo in evidenza il tema della titolarità e, di conseguenza, della garanzia del diritto alla vita del nascituro: anche chi non è ancora nato gode di tale diritto. Infatti, nei paesi in cui viene riconosciuta alla donna la possibilità di interrompere la gravidanza, questa è permessa solo a condizioni precise ed entro un determinato periodo di tempo dal concepimento in modo da contemperare tutela della madre e tutela del nascituro. In Italia tale possibilità è rimessa alla libera determinazione della donna entro i primi 90 giorni, trascorsi i quali l’interruzione volontaria della gravidanza è consentita solo in caso di «grave pericolo per la vita» o «per la salute fisica o psichica» della donna (artt. 4-7 l. 194/1978). Da sottolineare che la Corte costituzionale da un lato ha affermato che la situazione giuridica del concepito deve collocarsi «sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie» fra i diritti inviolabili tutelati dall’art. 2 Cost., dall’altro che esso non è ancora persona, e quindi «non esiste equivalenza» con il diritto alla salute di chi è già persona (sent. 27/1975).
Equilibrio giurisprudenziale sull'aborto
La conclusione cui è giunta la Corte costituzionale con la sentenza 27/1975 rifiuta sia una posizione meramente proibizionista che criminalizzi il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, sia una posizione che invece lo consideri come esercizio di un diritto di libertà, una forma di libera disposizione del proprio corpo (con questo intento estensivo fu indetto anche un referendum sulla legge 194, insieme a quello promosso dagli antiabortisti: entrambi respinti nel 1981). La giurisprudenza costituzionale sembra aver definito così un equilibrio che finora ha retto, e che ad oggi non è stato rimesso in seria discussione in seguito alle innovazioni farmacologiche, sia quelle di «intercezione» (la pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo) sia quelle di «contragestazione» (la pillola Ru486).
Domande da interrogazione
- Qual è la posizione della Cdfue riguardo al diritto alla vita e alla pena di morte?
- Come viene regolata l'interruzione volontaria di gravidanza in Italia?
- Qual è stata la conclusione della Corte costituzionale italiana sulla questione dell'aborto?
La Cdfue tutela il diritto alla vita e vieta la pena di morte, affermando anche il divieto di pratiche eugenetiche dirette a migliorare la specie umana attraverso la selezione genetica.
In Italia, l'interruzione volontaria di gravidanza è permessa entro i primi 90 giorni a discrezione della donna. Dopo questo periodo, è consentita solo in caso di grave pericolo per la vita o la salute della donna.
La Corte costituzionale ha rifiutato sia una posizione proibizionista che criminalizzi l'aborto, sia una che lo consideri un diritto di libertà, stabilendo un equilibrio che non è stato seriamente messo in discussione nonostante le innovazioni farmacologiche.