Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • Il diritto del lavoro è nato durante la rivoluzione industriale, stimolato da invenzioni come il telaio meccanico e la macchina a vapore.
  • Adam Smith, alla fine del 1700 in Inghilterra, teorizzò che la libertà economica individuale avrebbe portato a una maggiore ricchezza complessiva.
  • La rivoluzione industriale ha dato origine alla classe operaia, costituita da persone senza proprietà, chiamati "proletari" da Marx.
  • Nonostante la Rivoluzione francese abbia difeso i diritti dei lavoratori, la legge Chapelier del 1791 proibì il sindacalismo e l'associazionismo.
  • Esisteva una forte disparità tra datori di lavoro e lavoratori, con i lavoratori che spesso affrontavano condizioni precarie e sfruttamento.

Diritto del lavoro e rivoluzione industriale

Le origini del diritto del lavoro risalgono alla rivoluzione industriale. Le numerose invenzioni realizzate, come il telaio meccanico e la macchina a vapore, hanno favorito l’incremento dell’occupazione e della ricchezza. L’industrializzazione ha affermato la libertà economica, prima di tutto in Inghilterra. Qui, alla fine del 700, il filosofo Adam Smith sviluppò la teoria secondo cui gli esseri umani devono perseguire liberamente il proprio interesse economico personale, perché sommando gli interessi individuali si potrà ottenere un accrescimento della ricchezza complessiva.
Per raggiungere questo obiettivo era indispensabile ridimensionare i compiti dello stato, affinché non «opprimesse» i propri cittadini.

Le sue prerogative dovevano limitarsi alla politica estera e alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza.
La rivoluzione industriale fece emergere una nuova parte della società: la classe operaia, composta da contadini, artigiani, donne e fanciulli che potevano contare solo sulle proprie forze. Essi non possedevano niente eccetto la prole (da qui l’appellativo «proletari») e per questo motivo Marx, nel manifesto del partito comunista, scrisse che «la classe operaia non ha più nulla da perdere, se non le proprie catene».

I diritti delle classi lavoratrici (borghese e proletaria) vennero difesi dalla Rivoluzione francese. I gruppi dirigenti, però, non tolleravano che i lavoratori si organizzassero per tutelare i propri interessi: per questo motivo, nel 1791 la legge Chapelier proibì ogni forma di sindacalismo e associazionismo. La condizione dei lavoratori era debole e precaria: essi non disponevano di istruzione e tantomeno di qualificazione professionale e, in aggiunta, non potevano contare su nessun aiuto esterno.
Fra datore di lavoro e impiegato vi era una disparità insanabile: in sostanza, l’esigenza di lavorare era molto più urgente di quella datoriale di assumere. Pertanto, l’imprenditore poteva liberamente sfruttare la situazione in cui il contraente debole si trovava.

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