Concetti Chiave
- I diritti umani sono considerati diritti naturali perché intrinseci alla natura umana e riconosciuti storicamente dalla Dichiarazione del 1789.
- La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 è influenzata da sviluppi storici come la Carta d'Inghilterra del 1215 e l'Habeas Corpus del 1679.
- Garantire la protezione dei diritti umani a livello internazionale richiede meccanismi giuridici e azioni di organizzazioni indipendenti dallo Stato.
- I principi di diritti umani e sovranità statale possono entrare in conflitto, specialmente nei casi di regimi criminali che non possono basarsi solo sulla sovranità per legittimarsi.
- Nonostante la resistenza degli Stati, l'opinione pubblica e le organizzazioni non governative giocano un ruolo cruciale nel denunciare le violazioni dei diritti umani e promuovere la giustizia internazionale.
I diritti umani, e le libertà con cui sono impegnati, sono quelli di cui ogni individuo deve godere per il fatto stesso della sua natura umana. Per questo motivo si chiamano “diritti naturali”. Fu la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 che segnò l'avvento teorico di uno Stato di diritto, dotando l'individuo del potere di resistere all'arbitrarietà e riconoscendogli i cosiddetti diritti fondamentali. La nozione di "carta dei diritti" deriva da due idee: quella dell'esistenza di diritti individuali e quella della necessaria affermazione di questi diritti da parte di un'autorità legittima, in questo caso il potere costituente nel 1789, cioè lo Stato.
Matrice della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, il testo del 1789 è il culmine di una riflessione iniziata con la Grande Carta d'Inghilterra del 1215 e che passa attraverso l'istituzione dell'Habeas Corpus nel 1679.
È dovere dello Stato di diritto rispettare le libertà fondamentali dell'individuo, che il concetto di “libertà pubbliche" traduce in termini costituzionali.
Il persistere di numerosi casi di violazioni dei diritti umani nella storia contemporanea ha reso necessario garantire la loro protezione a livello internazionale. Ciò presuppone non solo l'esistenza di meccanismi giuridici che autorizzino gli organismi internazionali a monitorare l'attuazione delle norme sui diritti umani, ma anche l'azione di organizzazioni indipendenti dagli Stati, che sono anch'esse della massima importanza.A questo punto si pone il problema del rapporto fra diritti umani e principio di sovranità.
Il principio dei diritti umani, come la nozione di pace, è uno di questi temi a priori consensuali e inconfutabili, altrimenti il “refrattario” sarà posto ai margini della comunità internazionale. L'intera umanità è disgustata dalla barbarie e un regime criminale non può, moralmente, fondare la sua legittimità sulla sola sovranità dello Stato.
I tribunali militari internazionali di Norimberga (1945) e Tokyo (1946) hanno dimostrato il valore di questo ragionamento. Già nel 1950, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì un comitato per redigere lo statuto di una corte penale internazionale permanente. Ma la Guerra Fredda ha avuto la meglio su questi pii desideri. Il fatto che questo progetto abbia preso forma solo nel 1998 testimonia – oltre che i suoi limiti – l'ostinata resistenza degli Stati: nessuno di essi cerca spontaneamente di promuovere una giustizia sovranazionale a cui sarebbe soggetto e davanti alla quale i cittadini, nazionali o stranieri, potrebbero tradurlo. È lo stesso atteggiamento che ha rallentato il progresso dell'arbitrato internazionale a partire dalle Conferenze di Pace del 1899 e del 1907, e limitato, nonostante due guerre mondiali, le prerogative della Società delle Nazioni e poi dell'ONU. In effetti, l'opinione pubblica, allertata dai media e dalle organizzazioni non governative, è un attore estremamente importante in questi sviluppi. Spetta ad essa denunciare gli abusi di potere, in questo caso i crimini commessi dai dittatori, l'alterazione del principio di uguaglianza, la negazione dei diritti sociali o la corruzione delle élite dominanti. Ma la punizione morale da sola non è sufficiente a respingere gli stati colpevoli. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo richiede quindi, per non essere solo un'illusione, che la comunità internazionale sia dotata di tribunali per giudicare i casi di violazione di tali diritti
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine dei diritti umani e come sono stati formalizzati?
- Qual è il ruolo dello Stato di diritto nei confronti delle libertà fondamentali?
- Come si relazionano i diritti umani con il principio di sovranità?
- Quali sono stati gli ostacoli alla creazione di una corte penale internazionale permanente?
- Qual è il ruolo dell'opinione pubblica e delle organizzazioni non governative nella protezione dei diritti umani?
I diritti umani sono considerati "diritti naturali" di cui ogni individuo deve godere per la sua natura umana. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 ha segnato l'avvento teorico di uno Stato di diritto, riconoscendo i diritti fondamentali.
È dovere dello Stato di diritto rispettare le libertà fondamentali dell'individuo, tradotte in termini costituzionali come "libertà pubbliche", e garantire la protezione dei diritti umani a livello internazionale.
I diritti umani sono considerati temi consensuali e inconfutabili, e un regime criminale non può fondare la sua legittimità solo sulla sovranità dello Stato, come dimostrato dai tribunali militari internazionali di Norimberga e Tokyo.
La Guerra Fredda e la resistenza degli Stati, che non vogliono promuovere una giustizia sovranazionale a cui sarebbero soggetti, hanno ostacolato la creazione di una corte penale internazionale permanente fino al 1998.
L'opinione pubblica, allertata dai media e dalle ONG, è cruciale nel denunciare abusi di potere e crimini, ma la punizione morale non è sufficiente; è necessaria l'istituzione di tribunali internazionali per giudicare le violazioni dei diritti umani.