Concetti Chiave
- L'articolo 4 della Costituzione italiana riconosce il diritto al lavoro e incarica la Repubblica di promuovere le condizioni per renderlo effettivo.
- Il diritto sancito non è all'occupazione garantita, ma all'occupabilità, ovvero alla possibilità di essere competitivi nel mercato del lavoro.
- In passato, l'articolo è stato interpretato come un diritto a ottenere un lavoro, portando alla creazione del "servizio per il collocamento" con la legge n. 264/1949.
- L'inefficienza del sistema di collocamento ha portato a riforme legislative e alla sua abolizione, accelerata dal trattato di Maastricht del 1997.
- La Corte di giustizia dell'UE ha decretato la fine del monopolio pubblico del collocamento, favorendo l'apertura ai servizi privati e dichiarando illegittima la legge 264/1949.
Indice
Il diritto al lavoro nella costituzione
L’articolo 4 della Costituzione italiana dispone che «la repubblica riconosce il diritto a lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto». La costituzione, dunque, ha demandato alla Repubblica il compito fondamentale di promuovere l’effettività del diritto del lavoro. La disposizione contenuta nell’articolo 4 del testo costituzionale non implica il diritto all’occupazione, bensì il diritto all’ooccupabilità: la repubblica deve garantire chance di occupazione che possano rendere il lavoratore appetibile per il mercato del lavoro.
Interpretazioni e leggi sul lavoro
Per lungo tempo, interpretando in modo più garantista l’articolo 4 della Costituzione, esso è stato inteso nel senso che ogni cittadino italiano ha il diritto di ottenere un posto di lavoro: la Repubblica è tenuta a promuovere le condizioni che rendano effettive le possibilità di lavoro; essa, dunque, tende a garantire il diritto al lavoro sulla base delle singole propensioni e qualificazioni dei soggetti privati, ma non può assicurare la piena e universale occupazione.
Riforme e cambiamenti legislativi
L’erronea interpretazione dell’articolo 4 ha dato vita a una legge per molto tempo considerata fondamentale in ambito lavorativo (legge n. 264/1949): essa ha introdotto il cosiddetto «servizio per il collocamento», basato sulla creazione di appositi e omonimi uffici che avrebbero garantito a ogni cittadino un posto di lavoro. L’inefficienza di questo meccanismo ha incentivato la pubblicazione di diverse riforme legislative che, nel corso del tempo, hanno determinato la totale abolizione del sistema di collocamento, entrato definitivamente in crisi con il trattato di Maastricht del 1997.
Prima di allora, la Corte dell’Unione europea aveva già decretato la fine del monopolio pubblico del collocamento, in contrasto con la norma europea che regola la libera concorrenza del mercato del lavoro. Il giudizio della Corte di giustizia dell’Ue ebbe come conseguenza l’apertura dei servizi di collocamento agli enti privati. Infine, la Corte dichiarò l’illegittimità della legge 264/1949.
Domande da interrogazione
- Qual è il significato dell'articolo 4 della Costituzione italiana riguardo al diritto al lavoro?
- Come è stata interpretata storicamente la legge sul diritto al lavoro in Italia?
- Quali sono stati gli effetti delle riforme legislative sul sistema di collocamento in Italia?
L'articolo 4 della Costituzione italiana riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni per renderlo effettivo, ma non garantisce il diritto all'occupazione, bensì all'occupabilità, assicurando opportunità di lavoro.
Storicamente, l'articolo 4 è stato interpretato in modo garantista, suggerendo che ogni cittadino avesse diritto a un posto di lavoro, ma in realtà la Repubblica deve solo promuovere condizioni favorevoli per l'occupazione.
Le riforme legislative hanno portato all'abolizione del sistema di collocamento pubblico, in crisi con il trattato di Maastricht del 1997, e hanno aperto i servizi di collocamento agli enti privati, dichiarando illegittima la legge 264/1949.