Concetti Chiave
- La legge n. 223/1991 regola i licenziamenti collettivi in Italia, estesa nel 2010 anche ai datori di lavoro non imprenditori dopo una condanna dalla Corte di Giustizia UE.
- I licenziamenti collettivi possono avvenire per riduzione del personale o messa in mobilità, con specifiche condizioni e procedure per ciascuna situazione.
- Per la riduzione del personale, è necessario il licenziamento di almeno 5 dipendenti nelle unità con più di 15 addetti entro 120 giorni.
- La collocazione in mobilità richiede comunicazioni obbligatorie alle rappresentanze sindacali e una procedura sindacale e amministrativa per un massimo di 75 giorni.
- Violazioni procedurali o dei criteri di scelta rendono il licenziamento inefficace o annullabile, con possibile reintegra del lavoratore secondo l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Indice
Evoluzione della normativa sui licenziamenti
Sui licenziamenti collettivi il legislatore ha per diverso tempo assunto un atteggiamento astensionista, ma tra gli anni 50 e gli anni 60 ha iniziato a regolare la materia con alcuni Accordi Interconfederali.
Nel corso degli anni, poi, la disciplina si è sempre più accresciuta fino a trovare una definizione completa nella legge n. 223/1991. Tale legge originariamente faceva riferimento, con le sue disposizioni, ai datori di lavoro imprenditori, poi nel 2010, in seguito ad una condanna da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea per la mancata attuazione di una direttiva comunitaria in materia, è venuta meno la distinzione tra datori di lavoro imprenditori e non, sicchè la normativa del 1991 risulta indirizzata anche ai datori di lavoro non imprenditori.
Casi di licenziamento collettivo
Entrando nel merito dell'argomento occorre indicare i casi in cui può aver luogo un licenziamento collettivo: riduzione del personale e messa in mobilità dello stesso. Analizzeremo entrambe le ipotesi partendo dalla prima.
In relazione ad essa, dunque, la legge 223/91 prevede che nelle unità produttive con più di 15 dipendenti si possa procedere alla riduzione del personale quando il datore di lavoro intenda licenziare almeno 5 dipendenti nell'ambito della provincia in cui si trova l'unità produttiva e nell'arco temporale di 120 giorni.
Procedura di collocazione in mobilità
Più complessa è invece l'ipotesi di collocazione in mobilità; fermo restando il requisito numerico di 15 dipendenti nell'unità produttiva, qui sorgono precisi obblighi di comunicazione nei confronti delle RSA o RSU in relazione alle cause e ai modi di collocamento in mobilità del personale. E' prevista inoltre una procedura (cd. fase sindacale) da avviarsi entro 7 giorni dalla ricezione delle comunicazioni alle rappresentanze sindacali e da concludersi entro 45 giorni, attraverso la quale la parte datoriale cerca di raggiungere un accordo con le rappresentanze sindacali al fine di poter impiegare le eccedenze di personale dopo il periodo di Cig. Se questa prima fase si conclude senza che venga raggiunto un accordo si apre una seconda fase cd. amministrativa (da concludersi entro 30 giorni-per una durata massima dell'intera procedura di 75 giorni-), dove su impulso della Direzione provinciale del Lavoro vengono scelti i lavoratori da porre in mobilità tenendo conto di vari elementi come anzianità di servizio, carichi familiari.
Conseguenze delle violazioni procedurali
In caso di violazione delle forme o della procedura prescritta dalla legge o nel caso di violazione dei criteri di scelta, il licenziamento sarà inefficace nel primo caso e annullabile nel secondo, con conseguente reintegra del lavoratore sul posto di lavoro, come previsto dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In tal caso il datore di lavoro, anzichè intraprendere nuovamente la fase intera dall'inizio, potrà licenziare un altro lavoratore facendo però un uso corretto dei criteri di scelta.
Domande da interrogazione
- Qual è stata l'evoluzione della normativa sui licenziamenti collettivi in Italia?
- In quali casi può avvenire un licenziamento collettivo secondo la legge 223/91?
- Quali sono gli obblighi del datore di lavoro in caso di collocazione in mobilità?
- Cosa accade in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta nei licenziamenti collettivi?
La normativa sui licenziamenti collettivi in Italia è stata inizialmente regolata da Accordi Interconfederali tra gli anni '50 e '60, per poi trovare una definizione completa nella legge n. 223/1991. Nel 2010, a seguito di una condanna della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la normativa è stata estesa anche ai datori di lavoro non imprenditori.
Secondo la legge 223/91, un licenziamento collettivo può avvenire in caso di riduzione del personale o messa in mobilità. La riduzione del personale è possibile nelle unità produttive con più di 15 dipendenti quando si intende licenziare almeno 5 dipendenti nell'arco di 120 giorni.
In caso di collocazione in mobilità, il datore di lavoro deve comunicare alle RSA o RSU le cause e i modi di collocamento in mobilità. È prevista una procedura sindacale da avviare entro 7 giorni e concludere entro 45 giorni per cercare un accordo con le rappresentanze sindacali. Se non si raggiunge un accordo, si apre una fase amministrativa da concludere entro 30 giorni.
In caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta, il licenziamento sarà inefficace o annullabile, con conseguente reintegra del lavoratore sul posto di lavoro, come previsto dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il datore di lavoro potrà licenziare un altro lavoratore rispettando correttamente i criteri di scelta.