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Concetti Chiave

  • Nel terzo cerchio dell'Inferno, Dante incontra i golosi, puniti da Cerbero con una pioggia incessante e fango putrido.
  • Ciacco, un'anima dannata, rivela a Dante il suo peccato di gola e profetizza le future lotte politiche fiorentine tra Guelfi e Ghibellini.
  • Ciacco è descritto come un fiorentino con un passato incerto; potrebbe essere stato un giullare o un uomo nobile, con un nome che allude alla sua golosità.
  • Nel canto sono presenti figure mitologiche come Cerbero, che abbaia e lacera le anime, similmente a un cane affamato.
  • Dante esplora la situazione politica della Firenze del tempo, divisa tra Guelfi Bianchi e Neri, con lotte interne che culminarono nel suo esilio.

Canto VI dell'Inferno - Divina Commedia di Dante Alighieri

Versi di riferimento: dal 13 al 90

Indice

  1. Incontro con Cerbero
  2. Dialogo con Ciacco
  3. Profetiche domande di Dante
  4. Ciacco e la sua storia
  5. Retorica e similitudini
  6. Profezie di Ciacco
  7. Profezia del veltro
  8. Firenze e le fazioni
  9. Mostri mitologici nell'Inferno

Incontro con Cerbero

Dante si trova nel terzo cerchio e, insieme a Virgilio, incontra Cerbero, un mostro a tre teste, mentre abbaia e lacera la pelle delle anime, le quali continuano a rigirarsi sotto una pioggia battente.

Dialogo con Ciacco

Distratto il mostro, i due stanno camminando tra le anime quando una all’improvviso si alza, chiedendo a Dante di riconoscerlo. Egli non è però in grado di ritrovarlo nei suoi ricordi, così l’anima si presenta, dicendo di essere un fiorentino, e che è a causa della “colpa de la gola” se si trova nell’Inferno.

Profetiche domande di Dante

Dante inizia così a porgergli diverse domande di tipo profetico, sfruttando la capacità dei dannati di conoscere il futuro. Gli chiede cosa accadrà ai fiorentini, dopo tutti gli scontri, se c’è qualcuno che davvero voglia il bene di Firenze e la causa di tutto il male che la affligge. Ciacco spiega così quello che storicamente accadde, ovvero dell’alternanza tra la dominazione guelfa e quella ghibellina. Dante chiede così informazioni su alcune personalità politiche più o meno rilevanti da lui conosciute, tra cui Farinata degli Uberti. Ciacco, dopo avergli spiegato che sono tutte anime dannate, chiede al poeta di ricordarlo una volta tornato nel mondo dei viventi. Detto questo si accascia, ricadendo nel sepolcro nel quale si trovava.

Dante si trova nel terzo cerchio, dove sono condannati i golosi, coloro che cedettero al desiderio dei sensi, soprattutto a quello della gola. Secondo la legge del contrappasso per analogia, come in vita furono avidi nel mangiare, furono come delle bestie, ora vengono sbranati e squartati dal Cerbero, bestia infernale. Inoltre, secondo la legge del contrappasso per opposizione, come in vita erano abituati a vivere nel lusso e a consumare cibi sfarzosi, ora sono costretti a stare nel fango, putrido e puzzolente, sotto una pioggia battente di acqua sporca.

“O tu che sei condotto attraverso questo Inferno”,

mi disse, “riconoscimi, se riesci:

tu nacqui prima che io morissi”.

E io rivolgendomi a lui: “L’angoscia che ti affligge

forse ti toglie dalla mia memoria,

così che a me sembra ti non averti mai visto.

Ma dimmi chi sei, che sei stato messo

in un luogo così doloroso, e hai una pena tale,

che anche un’altra maggiore non è così fastidiosa”.

Ed egli a me: “La tua città, così piena

d’invidia, a tal punto che il sacco già trabocca,

mi tenne con sé nella vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:

a causa del grave peccato della gola,

come tu vedi, mi piego sotto la pioggia.

Ciacco e la sua storia

Su Ciacco non si hanno molte notizie. Molto probabilmente non fu un uomo politico né ebbe gran rilevanza, ma secondo Boccaccio era un uomo nobile e cordiale, educato nei modi e nel linguaggio. Per queste sue caratteristiche probabilmente Dante gli ha dato la possibilità di parlare nella sua Commedia. Secondo altre ipotesi Ciacco era un giullare, un uomo di corte. Con molta probabilità aveva il vizio della gola (motivo dell’inserimento nel terzo girone dei Inferi). Diverse sono anche le ipotesi sul nome. Si pensa che “Ciacco” sia un diminutivo di Giacomo oppure un soprannome, che si rifà ad “acciaccato”, in riferimento ad un difetto fisico, che lo ritrarrebbe come uomo basso e tozzo, ulteriore prova del suo vizio della gola.

Retorica e similitudini

La figura retorica presente ai versi 28-33 è una similitudine e descrive la voracità di Cerbero nel sbranare le anime. Viene infatti paragonato ad un cane che abbaia accecato dalla fame, desideroso di ricevere il suo pasto e che, dopo averlo ottenuto, si calma, dal momento che ha usato tutte le sue energie nel divorarlo. Il latrare del Cerbero è tale da far desiderare alle anime di esser sorde.

La figura retorica presente al verso 75 è un iperbato, in quanto “cuori” è stato interposto tra l’ausiliare “hanno” e il participio passato “accesi”, rompendo la forma verbale. È possibile ritrovarci anche un’analogia, in particolare nella parola “faville”, con la quale si intende la causa, la scintilla. “Faville”, ovvero “fiamme”, ci porta alla parola “scintille”, intesa come “cause”. Il paragone viene fatto sulla logica delle materia, in quanto le fiamme e le scintille sono sostanzialmente fuoco, parola che a sua volta completa il significato del verso, in quanto è un fuoco che ha “acceso” gli animi dei fiorentini. Infatti, il verso fa riferimento alla superbia, all’invidia e all’avarizia, i tre peccati che, secondo Ciacco, sono la causa del male nel mondo e in particolare a Firenze.

Profezie di Ciacco

In questo canto Ciacco profetizza diversi eventi a Dante, che accadranno nella sua città. È Dante stesso a chiedere all’anima di parlargliene, in particolare domandandogli il futuro dei fiorentini e della sua città. Ciacco profetizza un’alternanza tra la dominazione bianca e quella nera dei Guelfi, fatta di scontri sanguinosi e violenze, che finirà con l’affermarsi dei Guelfi Neri. Per la prima volta Dante fa riferimento al suo esilio, alludendogli soltanto. Secondo alcuni studiosi, quando Dante scrisse i versi profetici, si trovava già in esilio, descrivendo quindi eventi già accaduti. Questo tipo di profezia è detto post eventum e ha il carattere profetico solo nell’ambientazione dell’opera, non essendo di fatto una predizione reale. Secondo altri, però, si tratterrebbe di una profezia vera e propria, ovvero si ritiene che Dante abbia composto questi versi prima del suo esilio, facendo quindi una predizione a tutti gli effetti. Le varie ipotesi si fondano sull’assenza di citazioni esplicite di Ciacco riguardo l’esilio di Dante e dei vari Bianchi.

Nel III Canto è presente anche un’altra profezia. Caronte, accortosi della presenza di un vivo, Dante, lo ammonisce, dicendogli di andarsene, dal momento che sarà un “più lieve legno” a portarlo nell’aldilà, alludendo alla barca che trasporta le anime attraverso il Tevere fino all’isola del Purgatorio. Dante profetizza così che non sarà desinato alla dannazione eterna, ma al Purgatorio e quindi alla salvezza.

Profezia del veltro

Un’altra importante profezia è quella del veltro, dove Dante prevede l’arrivo di una figura misteriosa e non individuata con certezza dagli studiosi, ma probabilmente di carattere religioso, che sconfiggerà la lupa, salvando, quindi, l’umanità dall’avarizia e dalla cupidigia.

Firenze e le fazioni

All’epoca di Dante, Firenze, come la maggior parte di comuni italiani, era in preda alle lotte tra la fazione dei Guelfi e quella dei Ghibellini. In particolare erano i Guelfi a detenere il potere, ma si erano creati due ulteriori schieramenti all’interno di questa fazione: i Bianchi e i Neri. I primi, provenienti dalla campagna, facevano parte della piccola nobiltà, ricoprendo cariche come artigiani. La famiglia dei Cerchi era la più importante tra i Guelfi Bianchi. I Donati, invece, erano dei Guelfi Neri, coloro che facevano parte dell’alta nobiltà e che, quindi, asserivano maggiormente ad ottenere il potere sulla città. Anche come viene descritto nella profezia di Ciacco, i Bianchi ebbero la supremazia per un breve periodo di tempo, quando i Neri, con l’aiuto di papa Bonifacio VIII, si imposero nel gennaio 1302. Questo avvenimento ebbe come conseguenza anche l’esilio di Dante, che non avrà più la possibilità di tornare nella sua città.

Mostri mitologici nell'Inferno

Nella Divina Commedia si trovano spesso dei mostri presi dalla mitologia greca e rielaborati un po’ dalla fantasia dantesca. Il primo che si incontra è Minosse. Descritto nel Canto V, egli è il giudice infernale. Posto all’entrata del secondo cerchio, le anime si confessano dinanzi a lui, il quale, dopo aver ascoltato, avvinghia la coda tante volte quanti sono i cerchi che l’anima deve scendere.

Alla fine del Canto VI, Dante e Virgilio incontrano il demone Pluto, guardiano del quarto cerchio e descritto nel Canto VII.

Una figura presa dalla mitologia, ma non propriamente un mostro infernale, è Caronte. Egli è un vecchio dalla barba bianca e dagli occhi infiammati, che traghetta le anime attraverso il fiume Acheronte.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo di Cerbero nel terzo cerchio dell'Inferno?
  2. Cerbero è il guardiano del terzo cerchio, dove i golosi sono puniti. Egli li sbrana e li squarta, riflettendo la loro avidità in vita.

  3. Chi è Ciacco e quale peccato lo ha condotto all'Inferno?
  4. Ciacco è un'anima dannata nel terzo cerchio per il peccato della gola. Era un fiorentino noto per il suo vizio di gola.

  5. Quali profezie fa Ciacco a Dante riguardo Firenze?
  6. Ciacco profetizza l'alternanza di potere tra Guelfi Bianchi e Neri a Firenze, culminando con la supremazia dei Neri e l'esilio di Dante.

  7. Qual è la profezia del veltro menzionata nel testo?
  8. La profezia del veltro prevede l'arrivo di una figura che sconfiggerà la lupa, simbolo di avarizia, salvando l'umanità.

  9. Come sono rappresentati i mostri mitologici nell'Inferno di Dante?
  10. I mostri mitologici, come Minosse e Caronte, sono rielaborati da Dante per servire come guardiani e giudici delle anime dannate nell'Inferno.

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