Concetti Chiave
- Il Convivio è un prosimetro scritto da Dante Alighieri tra il 1303 e il 1308, concepito come un "banchetto di sapienza" per divulgare il sapere filosofico e scientifico in volgare.
- Dante utilizza il volgare per raggiungere un pubblico più ampio, andando oltre l'élite colta che padroneggiava il latino, con l'intento di democratizzare l'accesso alla conoscenza.
- Le tematiche principali includono l'importanza della filosofia per la comprensione del mondo e la distinzione tra nobiltà d'animo acquisita attraverso le virtù e quella ereditaria.
- Il Convivio si compone di quattro trattati che fungono da introduzione ai temi sviluppati nella Divina Commedia e esplorano argomenti come la sapienza e la vera nobiltà.
- L'opera utilizza un ragionamento deduttivo e sillogismi per esporre concetti filosofici, sottolineando il desiderio innato di sapere presente in tutti gli uomini e l'importanza dell'esercizio delle virtù.
Indice
Il Convivio: descrizione accurata dell'opera di Dante Alighieri
La composizione dell’opera Il Convivio, dopo l’esilio, è collocata dal 1303 al 1308 e consiste in un prosimetro, proprio come l’opera “Vita Nuova”. La poesia è un composto di prosa e 3 canzoni, poiché Dante riteneva che la canzone fosse uno dei generi più elevati. Il componimento è un’opera filosofica, scritta in volgare e il cui titolo corrisponde al termine “banchetto”. Il titolo ricorda l’opera di un filosofo dell’antichità, Platone, scrittore del “Simposio”, sinonimo di convivio e quindi di banchetto. Lo scrittore, con questo componimento, vuole divulgare, nella maniera più ampia possibile, lo scibile umano ed quindi anche la filosofia. Il titolo indica un “banchetto di sapienza”, poiché egli era convinto che la felicità terrena si poteva raggiungere, sviluppando le capacità e le potenzialità umane, dove alla base vi era l’amore per il sapere e il buon uso della ragione. In particolare, modello del “Convivio” era la filosofia aristotelica, la quale riteneva che tutti gli uomini hanno il desiderio innato di sapere e di apprendere, ma che però non tutti hanno la possibilità di coltivarlo. Nel Medioevo, poi, si riteneva che tutto ciò che riguardasse il sapere, dovesse far parte del bagaglio culturale dell’uomo. Dante, quindi, volle scrivere l’opera per divulgare le sue conoscenze ad una grande quantità di persone e questo fu anche il motivo della scelta del volgare, mentre il latino era conosciuto soltanto da una ristretta élite. L’opera, in vuol’essere una divulgazione del sapere filosofico e scientifico, come una sorta di enciclopedia. Il componimento sarebbe dovuto essere molto vasto, infatti Dante credeva di poter scrivere 15 trattati ma si interrompe al quarto trattato, molto probabilmente per la maturazione dell’idea della Divina Commedia. Un’altra ipotesi consiste nel superamento di questa fase riguardante la filosofia, sinonimo di sapere, per dedicarsi al suo punto di arrivo che non è quello della sapienza ma è Dio. L’amore tuttavia non viene abbandonato nella sua opera finale, infatti Beatrice sarà uno dei protagonisti dell’opera, come anche la filosofia, la conoscenza che sarà alla base delle due prime cantiche come una guida. Questi due elementi, sono degli strumenti che porteranno alla strada della salvezza. Il “Convivio” si differenzia dalla “Vita Nuova” per la struttura, e per la sezione in prosa che nel “Convivio” funge da spiegazione, da commento e da interpretazione mentre nella “Vita Nuova” da introduzione, che però faceva parte dell’impianto narrativo. Dante sceglie il volgare, ed in seguito ricostruirà anche la nascita di questa lingua nell’opera “De Vulgari Eloquentia”, perché la considerava una lingua importante e degna d’essere utilizzata per l’esigenza di dover realizzare un’ampia diffusione dell’opera. Questa lingua però, non era veramente quella del volgo, infatti consisteva in un linguaggio abbastanza elevato, che doveva arrivare al ceto medio della borghesia, esclusi i mercanti, i banchieri, la cosìddetta “gente nova”, che non hanno, secondo Dante, pensato al sapere o l’hanno pensato per finalità commerciali, di profitto e guadagno.Tematiche principali del Convivio
Il Convivio di Dante Alighieri affronta diverse tematiche fondamentali che rimandano alla ricerca della conoscenza, della sapienza e della virtù. In primo luogo, l'opera si concentra sull'importanza della filosofia come strumento per comprendere il mondo e per raggiungere la perfezione terrena. Dante espone una visione aristotelica secondo cui tutti gli uomini hanno un innato desiderio di sapere, ma non tutti hanno la possibilità di coltivarlo. Questo concetto sottolinea l'importanza dell'istruzione e dell'accesso al sapere per tutti, indipendentemente dallo status sociale o dalle condizioni economiche. Inoltre, il Convivio tratta della nobiltà d'animo e della vera nobiltà, evidenziando la distinzione tra la nobiltà ereditaria e quella acquisita attraverso l'esercizio delle virtù. Dante sottolinea che la vera nobiltà non deriva dalla nascita, ma dalla capacità di amare la verità e di perseguire la virtù. Queste tematiche sono centrali nel Convivio e riflettono l'ideale di una società basata sulla conoscenza, sulla virtù e sulla giustizia.I Trattati: descrizione accurata dell'opera
Parte dal presupposto aristotelico che spiega che tutti gli uomini hanno innato il desiderio della conoscenza e della curiosità di sapere. Tuttavia non tutti hanno la possibilità di coltivare il sapere e la conoscenza attraverso lo studio, a causa di particolari motivi. In questo primo trattato quindi si comunica il proposito di far accedere al sapere tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di studiare, per motivi economici e familiari. “Io darò il cibo, allegoricamente rappresentato dal sapere, a coloro che non se ne sono potuti cibare e darò la degna vivanda, allegoricamente corrispondente alla canzone, e il pane, che simboleggiava il commento alla canzone”. In questo non compaiono canzoni, è un’introduzione agli altri trattati.II Trattato
Indica la chiave di lettura delle sue canzoni, nello stesso modo della “Commedia”, rifacendosi ai 4 significati (letterale, allegorico, morale ed anagogico). Un altro elemento importante consiste nella descrizione della cosmologia, cioè le schiere angeliche, i cieli che ruotano intorno alla Terra, che poi sarà finalizzata alla scrittura della cantica del Paradiso. La canzone che rientra, con il relativo commento, in questo secondo trattato è “Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete”.III Trattato
Parla della sapienza, trascrive l’importanza della filosofia e lascia intendere che nel suo percorso ha compiuto un passo avanti, passando dalla “vita nuova”, dove parlava esclusivamente dell’amore, alla filosofia, rappresentata allegoricamente da una donna. Dante poi afferma che la “divina bontade”, cioè la grazia divina, è stata infusa da Dio in tutti gli esseri del creato. Questa è stata donata alle creature in diverse misure, partendo dagli angeli, che hanno la più alta bontà, passando agli uomini, che si trovano ad un livello intermedio, e infine agli animali. Gli uomini, anche se Dio ha dispensato tra di loro la grazia in maniera uguale, non hanno tutti lo stesso grado di “divina bontade” e questo è dovuto alla stretta dipendenza che ha con il libero arbitrio, ovvero dalla scelta tra il bene, che corrisponde ad un altro livello di bontà, e il male, che corrisponde ad un livello basso. Egli quindi indica come l’uomo ha la possibilità di avvicinarsi sempre di più agli angeli o alle bestie. Entra a far parte di questo trattato la canzone “Amor che ne la mente mi ragiona”, dove l’amore non è più quello per Beatrice ma per la filosofia.IV Trattato
La canzone che compare in questo trattato è intitolata “Le dolce rime d’amor ch’i solia”. Dante parla della “verace nobilità”, affrontando una questione soprattutto morale e affermando che in ognuno di noi ci può essere la vera nobiltà. L’autore si rifà alla scorta del Guinizzelli, dicendo che la vera nobiltà non si eredita, non deriva da vincoli di sangue, ma può albergare sono nel cuore nobile ed è quella d’animo. Questa nobiltà d’animo è una dura conquista, dovuta alla qualità d’animo e che si ottiene attraverso l’esercizio delle virtù. Così dicendo confuta, rovescia il pensiero di Federico II, che credeva che la nobiltà dipendesse dalla nascita. Da ciò scaturisce la sua idea politica, che approfondirà in un trattato politico, il De Monarchia, dove sostiene che l’Impero era stato voluto da Dio. Accenna l’idea che Dio assegnò ai Romani il compito di formare un vastissimo Impero e che l’Imperatore doveva essere supportato dalla filosofia e doveva essere un uomo saggio, colto e sapiente.Analisi accurata del Convivio
Il primo trattato consiste in un’introduzione e spiegazioni degli altri trattati e non vi è riportata alcuna canzone. Nel primo capitolo Dante fornisce spiegazioni sulla scelta del titolo, sui destinatari e sui motivi della composizione dell’opera. Egli procede, ispirandosi soprattutto al modello aristotelico, utilizzando degli schemi relativi al ragionamento filosofico. Parte quindi da una premessa generale, dalla quale scaturisce un principio minore fino ad arrivare ad una conclusione. Questo tipo di ragionamento viene chiamato deduttivo, differente da quello induttivo, che consiste nel procedimento opposto, cioè si parte da un particolare principio fino ad arrivare a quello generale.Dante parte da una premessa generale dicendo che come dice Aristotele, da egli considerato il filosofo per eccellenza, tutti gli uomini hanno il desiderio naturale di sapere, che servirà per il raggiungimento della perfezione terrena. Questo è dovuto alla divina provvidenza che imprime in tutti gli uomini tal desiderio. Tale ragionamento oltre ad essere deduttivo è anche detto sillogismo (Esempio: gli animali hanno quattro zampe, il gatto ha quattro zampe, allora il gatto è un animale). Dante, attraverso i sillogismi dice che se tutti gli uomini desiderano di sapere, la scienza è l’ultima perfezione della nostra anima, dove per l’autore la conoscenza scientifica rappresenta tutto lo scibile, per cui tutti siamo soggetti al sapere.
Continua specificando che non tutti gli uomini hanno potuto accede al sapere per due motivi:
- Cause interne all’uomo: impedimenti dovuti alle menomazioni fisiche come nel caso dei sordi, i muti e i ciechi.
I vari traviamenti morali, cioè quando l’uomo si lascia ingannare dalle passioni di vario tipo che lo allontanano dal sapere. - Cause esterne all’uomo: necessità dovuta al lavoro. Questa può essere riferita in particolare agli impegni dovuti al mantenimento della famiglia o ad impegni civili (convenevolmente, termine utilizzato dallo scrittore per indicare la necessità che hanno queste persone di compiere tali doveri da non poter dedicarsi alla speculazione filosofica) che hanno impedito l’accesso al sapere. Un altro fattore esterno è dovuto al luogo, infatti coloro che vivono nel “contado”, territorio circostante alle città, trascorrono le giornate in ambienti lontani alla cultura e ai sapienti, non avendo così la possibilità di accedere al sapere.
Le cause del mancato accesso al sapere dovute ad impedimenti fisici e alla necessità non sono da rimproverare e biasimare ma degne di perdono. Le altre due, cioè l’uomo che si lascia ingannare dalle passioni e la sua pigrizia sono degne di biasimo poiché dipendono dall’uomo stesso.
A questo punto Dante arriva alla conclusione che gli uomini che possono raggiungere la perfezione terrena (il fine naturale) sono pochi, e innumerabili invece sono gli impediti che non possono nutrirsi di questo cibo, cioè allegoricamente del sapere. Attraverso un’esclamazione comunica che sono beati coloro che possono sedere alla mensa dove mangiano il pane degli angeli. La sapienza viene data agli uomini dagli angeli che allora volta gli viene infusa da Dio. Esclama ancora che sono miseri ed infelici coloro che mangiano lo stesso cibo delle pecore, ovvero che si accontentano di non sapere niente proprio come gli animali.
Dante prosegue il ragionamento dei sillogismi, ponendo come premessa iniziale l’amicizia, cioè che ciascun uomo e amico di qualcun altro. Da ciò scaturisce un principio minore che consiste nella misericordia, ovvero la tristezza se l’amico è infelice. La conclusione è che coloro che siedono all’alta mensa della scienza, provano pietà, poiché sono tutti amici tra di loro, nei confronti di coloro che vedono vagare nutrendosi di erba e ghiande, cioè cibo per gli animali, che assumono il significato metaforico dei piaceri che sviano l’uomo dal piacere. I sapienti, che hanno raggiunto la perfezione, essendo uomini e quindi amici tra di loro, cercano di trasmetterla a chi non ne ha. Tutti quanti hanno sete di piacere e chi ha questa conoscenza, vuole comunicarla agli altri.
Dante continua affermando che non è uno di questi che conosce tutto, e quindi compare una sorta di modestia del poeta, però ha avuto la fortuna di abbandonare le passioni che sviano il popolo dal sapere e sedendosi ai piedi dei sapienti ha raccolto le briciole per riuscire ad arrivare alla perfezione. Inoltre ci comunica di essere anch’egli caduto negli inganni della passione, attraversando un periodo di traviamento che fortunatamente ha superato, che lo aveva condotto ad una povertà non materiale ma spirituale, cioè un concetto molto più importante ed elevato. Avendo vissuto questa esperienza personale di povertà spirituale si mostra misericordioso nei confronti di chi è caduto nel suo stesso inganno. Egli nonostante sia riuscito ad eliminare queste passioni non ha raggiunto ancora la perfezione che potrà ottenere soltanto in seguito, attraverso un viaggio nei luoghi ultraterreni.
Prosegue con la spiegazione del titolo dell’opera, chiarendo che vuole offrire un banchetto dove al pane (cioè i tratti in prosa), accompagnerà la vivanda (cioè le canzoni). Egli infatti comprende che aveva scritto delle canzoni di difficile comprensione e per questo le accompagna con dei commenti, cioè delle spiegazioni. Al suo banchetto chiunque può accedere a questa degna vivanda, che rappresenta i suoi versi, in quanto vuole dare cibo a chi è affamato di sapere. Infatti il suo banchetto è una sorta di lavandaia che lava il sapere di quelle persone che si sono sporcate nella polvere della vita quotidiana.
Riporta anche le opinioni degli antichi, ovvero gli scrittori classici, che non si preoccupavano dell’abbigliamento ma dello spirito. Infine si giustifica dicendo che la sua opera può servire sia a chi è erudito che a chi non lo è e che si è riferito ad un pubblico di persone molto variegate. Spera infatti che coloro che sono dotati di saggezza non siano delusi dall’opera in volgare e che chi non ha studiato la possa apprezzare in quanto gli ha aggiunto la spiegazione in prosa.
Lo scrittore conclude questo capitolo con la speranza di diventare un alimentatore di uomini affamati di sapere e che, attraverso il suo banchetto, possano diventare “capellani di carità”, ovvero che con questa conoscenza possano diventare dispensatori del sapere.
Nel secondo capitolo lo scrittore si propone di fare una digressione. Lo scrittore riafferma il principio aristotelico, ovvero che tutti gli uomini hanno la brama di sapere, ma riprende la visione della storia della filosofia riproponendo il modello della classificazione delle scienze proposta da Aristotele. Egli individua quattro tipologie di sapere: teologico, filosofico, matematico e dell’umana mente. Lo scrittore si concentra poi sulla seconda, la scienza filosofica, partendo dalla definizione. La filosofia consiste nell’essere capace di mettere in dubbio tutto e di accettare una risposta solo se è dimostrabile attraverso un ragionamento logico. Dante chiarisce che non ci si riferisce a coloro che ritengono sapienti solo perché sanno che gli autori degli aforismi lo sono, ma a coloro che ragionano e che sanno qual è la causa delle cose. Questa conoscenza viene comunemente chiamata con l’aggettivo “sapiente” ma è anche chiamata con il termine “Filosofia”. Dante parla quindi della sua divisione della filosofia che consiste in una divisione in scienze, dove ognuna di esse ha un fine specifico e un oggetto d’indagine specifico. Il fine della scienza matematica è quello di dare una spiegazione ai corpi celesti, conosciuti da tutti come le stelle e i pianeti. La filosofia invece si occupa dello studio del cielo, con il termine “cielo” Dante intende il mondo superiore rispetto alla Terra. La teologia, termine coniato da Platone, si occupa della conoscenza dell’anima, come si manifesta nell’intelletto umano e nella mente. Il termine “Filosofia” Dante lo chiama “seconda filosofia” perché ha come oggetto di studio la verità e la verità lo si può trovare attraverso la dimostrazione logica, a differenza della teologia, che si basa sulla fede. Dante fa un elenco di alcuni filosofi antichi tra cui Socrate, Platone, Aristotele, Seneca, Euclide, Tolomeo, Galeno e Averroe. Dante specifica che quest’ultimo è un filosofo molto stimato e ha raggiunto il grado di sapiente. Dante prosegue citando le opinioni degli antichi, tra cui Cicerone e Platone, su cui Dante si sofferma, riprendendo l’idea della “seconda filosofia”, cioè che si può arrivare alla verità solo attraverso la dimostrazione logica. Dante riprende l’idea aristotelica di procedere dalla verità alla verità, cioè che tutto ciò che si dimostra deve trovare un fondamento su un principio dimostrato. Dante conclude il capitolo dicendo che si è preoccupato di citare in questo capitolo solo i più importanti, per non allungare troppo il discorso. Infine lascia intendere che la “seconda filosofia” ha un inizio e una fine, che coincidono con l’attività umana, cioè l’inizio è il concepimento, mentre la fine è la morte.
Nel terzo capitolo Dante prosegue con il ragionamento sulla seconda filosofia. Dante partendo dal principio aristotelico che tutti gli uomini hanno la brama di sapere, approfondisce la definizione di filosofia. La filosofia non è soltanto la ricerca della verità, ma anche l’amore di essa. Questa conoscenza che si acquisisce attraverso la filosofia, rappresenta la vera nobiltà, che a differenza della nobiltà d’animo, questa viene ereditata da Dio, che la dona a coloro che sono capaci di amarla. Questa nobiltà d’animo è la più difficile da raggiungere, ma Dio la dona a chi lo cerca con ardore. Per Dante questa nobiltà d’animo può essere ottenuta da chiunque, cioè non è riservata solo a coloro che sono nobili per nascita. Dante elenca alcune caratteristiche della vera nobiltà, che sono:
- Sapere distinguere il vero dal falso.
- Avere la libertà di seguire la virtù.
- La sicurezza di non poter essere umiliato.
Nel quarto capitolo Dante conclude il trattato parlando dell’amore. Dante inizia questo capitolo parlando dell’amore, che a differenza di quello trattato nella “vita nuova”, questa volta è riferito alla filosofia. Egli afferma che è stato preso da questa passione sin dalla sua giovinezza, ma non aveva ancora compreso di cosa si trattasse, ma ora grazie alla “divina bontade” ha potuto comprendere che la sua passione era per la filosofia. Dante prosegue il discorso con la spiegazione del titolo della canzone, intitolata “Le dolce rime d’amor ch’i solia”. Dante prosegue dicendo che questa canzone rappresenta la filosofia, che ha il potere di trasformare l’uomo, togliendogli le brutte abitudini e portandolo sulla retta via. Dante conclude il capitolo dicendo che la filosofia ha il potere di trasformare l’uomo, portandolo verso la virtù, come accade nella sua vita, dove è stato tratto fuori dalle cattive abitudini e trasportato sulla retta via. Infine Dante conclude il capitolo e il trattato con la speranza che chi ha letto l’opera non la giudichi male, poiché il suo intento era di portare il sapere a coloro che non possono cibarsi di esso e comunicare la vera nobiltà, che consiste nell’amore per la verità.
Trattati
I quattro trattati che compongono il Convivio rappresentano una sorta di introduzione alla sua opera più importante, la Commedia. Nei quattro trattati vengono affrontati temi fondamentali che verranno poi sviluppati nell’opera successiva. Il primo trattato è un’introduzione e spiegazione degli altri trattati, il secondo tratta della chiave di lettura delle sue canzoni, il terzo parla della sapienza e il quarto parla della vera nobiltà.Conclusione relativa al Convivio dantesco
Il Convivio rappresenta un’opera importante per comprendere il pensiero di Dante Alighieri e il contesto culturale del tempo. Attraverso questo trattato, Dante espone le sue concezioni filosofiche, politiche e morali, delineando il cammino verso la ricerca della sapienza e della virtù. La struttura complessa dell’opera, con i suoi trattati e le relative analisi delle canzoni, testimonia la profondità del pensiero dantesco e la sua capacità di unire elementi filosofici, teologici e poetici in un unico trattato.Domande da interrogazione
- Qual è l'obiettivo principale dell'opera "Il Convivio" di Dante Alighieri?
- Perché Dante sceglie di scrivere "Il Convivio" in volgare anziché in latino?
- Quali sono le tematiche principali affrontate nel "Convivio"?
- Come si differenzia "Il Convivio" dalla "Vita Nuova"?
- Qual è il significato del titolo "Il Convivio"?
L'obiettivo principale de "Il Convivio" è divulgare il sapere filosofico e scientifico a un vasto pubblico, utilizzando il volgare per raggiungere anche coloro che non avevano accesso all'istruzione formale.
Dante sceglie il volgare per rendere l'opera accessibile a un pubblico più ampio, poiché il latino era conosciuto solo da una ristretta élite.
Le tematiche principali includono l'importanza della filosofia per comprendere il mondo, la ricerca della conoscenza e della virtù, e la distinzione tra nobiltà ereditaria e nobiltà acquisita attraverso le virtù.
"Il Convivio" si differenzia dalla "Vita Nuova" per la sua struttura, con una sezione in prosa che funge da spiegazione e commento, mentre nella "Vita Nuova" la prosa serve da introduzione narrativa.
Il titolo "Il Convivio" significa "banchetto di sapienza", riflettendo l'intento di Dante di offrire un banchetto di conoscenza e filosofia a coloro che non hanno avuto accesso al sapere.