Concetti Chiave
- Italo Svevo, nato Ettore Schmitz a Trieste, ha scelto uno pseudonimo che riflette le sue radici culturali italo-tedesche, influenzando la sua opera letteraria.
- Svevo è considerato un pioniere dei romanzi moderni, influenzato dalla psicoanalisi di Freud, utilizzata per esplorare l'inconscio e le emozioni dei suoi personaggi.
- Nei suoi romanzi, Svevo introduce il concetto di "inetto", personaggi che affrontano difficoltà esistenziali senza la forza di cambiare.
- "La coscienza di Zeno" segna un successo critico per Svevo, grazie al supporto di James Joyce, e esplora temi di nevrosi e autoanalisi.
- Svevo adotta uno stile narrativo più colloquiale e psicologico rispetto al romanzo ottocentesco, concentrandosi più sull'interiorità dei personaggi che sugli eventi esterni.
Indice
- Origini e formazione di Italo Svevo
- Carriera e delusioni letterarie
- Incontro con James Joyce
- La rinascita con La coscienza di Zeno
- Psicoanalisi e inettitudine nei romanzi
- Analisi del romanzo Una vita
- Senilità e il tema dell'inettitudine
- Influenza di Joyce e flusso di coscienza
- La coscienza di Zeno: trama e temi
- Differenze tra romanzi ottocenteschi e moderni
- Stile e linguaggio di Svevo
Origini e formazione di Italo Svevo
Il vero nome di Italo Svevo era Ettore Schmitz.
Italo Svevo è uno pseudonimo utilizzato dallo scrittore per indicare la sua duplice origine; infatti:
1. Svevo, perché il padre era di origine austriaca-tedesca; gli Svevi erano, infatti, una delle dinastie imperiali tedesche più importanti del medioevo; es. Federico Barbarossa e Federico II re di Sicilia e fondatore della Scuola Siciliana,
2. Italo, in onore dell’Italia, perché la madre era italiana.
Questa scelta indicava le sue tradizioni culturali ed il suo amore da una parte per l’Italia e dall’altra per la Germania.
Nacque a Trieste nel 1861 da una famiglia agiata di origine ebraica. La sua città d’origine è fondamentale per capire le caratteristiche della sua opera. Infatti, Trieste era una città molto importante, multietnica e capitale della Mitteleuropa (dal tedesco mittel = medio, cioè dell’Europa centrale), decentrata rispetto ai centri culturali italiani (Firenze, Milano, Roma), ma molto aperta agli influssi della cultura europea e posizionata a metà tra il nord ed il sud dell’Europa, cioè tra l’Europa latina (Italia, Francia, Spagna, che erano state dominate dai Romani) e l’Europa del nord (Germania, Austria e Paesi scandinavi) con una cultura nordica con scarse influenze romane.
Infatti, Svevo ricevette un’istruzione bilingue, sia in italiano e sia in tedesco. Con lui nacque un nuovo tipo di intellettuale, cioè egli fu il primo di una lunga serie di autori che non esercitavano più il mestiere di intellettuale vero e proprio, ma si dedicavano alla letteratura solo per hobby, per passione e non per mestiere. Svevo, infatti, fu nella sua vita un ragioniere e lavorò sempre in banca.
Fu mandato dal padre a studiare in un istituto commerciale della Baviera (regione che si trova al sud della Germania) per imparare anche bene la lingua tedesca, di cui approfondì la letteratura solo per il desiderio di sapere e di conoscere.
Carriera e delusioni letterarie
Collaborò da giornalista anche ad alcuni giornali, scrivendo articoli di argomento letterario, filosofico e teatrale.
Pubblicò a sue spese i primi due romanzi: Una vita (1892) e Senilità (1898), che furono considerati dalla critica in modo negativo e ritenuti due insuccessi. Svevo, a proposito, fu molto deluso e decise di abbandonare il mondo delle pubblicazioni della letteratura, dedicandosi invece con maggior profitto all’economia e al mondo degli affari.
Incontro con James Joyce
Trascorse diversi periodi all’estero per motivi di lavoro e nel 1905 conobbe lo scrittore James Joyce, scrittore di madre lingua inglese, che insegnava a Trieste e che divenne molto amico di Svevo e suo insegnante di inglese. Fu proprio Joyce che lo convinse a riprendere a scrivere romanzi, convinto del suo talento e delle sue capacità letterarie.
La rinascita con La coscienza di Zeno
Infatti, Svevo seguì il consiglio di Joyce e nel 1919, riprese a scrivere un nuovo romanzo intitolato La coscienza di Zeno e pubblicato nel 1923.
Il nuovo romanzo ottenne il favore del pubblico e della critica, grazie anche a Joyce che lo pubblicizzò presso alcuni intellettuali francesi e presso Eugenio Montale, famoso poeta ligure del Novecento, che in una conferenza del 1925 lo presentò in modo positivo, suscitando grande interesse nella critica italiana ed europea.
Svevo si trasferì definitivamente a Trieste e, mentre si stava dedicando alla composizione di un quarto romanzo, morì a causa di un incidente stradale nel settembre del 1928.
Psicoanalisi e inettitudine nei romanzi
1. Svevo è considerato il primo autore di romanzi moderni; scrive solo romanzi e non poesie;
2. approfondisce lo studio della psicoanalisi, la nuova scienza scoperta agli inizi del Novecento dal medico austriaco Sigmund Freud, il quale aveva scoperto in maniera del tutto nuova che le malattie mentali e le fobie depressive non sempre vanno curate con i farmaci, ma si possono curare con altri metodi, per esempio attraverso la psicoanalisi e l’analisi dell’inconscio, la parte più nascosta della mente e della coscienza di ciascuno di noi. Freud, infatti, nel suo manuale intitolato Interpretazione dei sogni, affermava che proprio il momento in cui si sogna è liberatorio delle paure e delle angosce che si vivono durante la giornata e che si sedimentano nell’inconscio e fuoriescono durante la notte attraverso i sogni. La psicoanalisi è un settore della psicologia che si occupa proprio degli aspetti più nascosti del nostro io e delle reazioni emotive, spesso non controllate ed irrazionali, che ognuno di noi manifesta e non riesce a spiegare;
3. Svevo studiò con passione la psicoanalisi di Freud e applicherà questo metodo alla narrazione dei suoi romanzi e soprattutto alla descrizione dei suoi personaggi per studiare a fondo la loro psicologia e i loro aspetti emotivi ed irrazionali che appartengono all’inconscio (o subcoscienza);
4. nei suoi romanzi introduce un nuovo tipo di personaggio, cioè l’inetto, da cui deriva il sostantivo inettitudine. I protagonisti dei suoi romanzi, infatti, sono tutti personaggi inetti. Come sostiene Freud e la psicoanalisi, l’inettitudine è una condizione dell’animo in cui l’uomo, pur non essendo soddisfatto di quello che fa, non ha la forza e la volontà di cambiare per migliorare. Questa forma di nevrosi si può curare con l’aiuto dello psicanalista, sottoponendosi a terapie che consistono in sedute psicoanalitiche per combattere il disagio esistenziale che l’inettitudine provoca.
Analisi del romanzo Una vita
Il primo romanzo di Svevo si intitola “Una vita”. Fu pubblicato nel 1892 e risultò un grande insuccesso da parte del pubblico e della critica, perché ritenuto troppo innovativo rispetto alla tradizione dei romanzi dell’Ottocento. In particolare, l’opera era ambientata nella società borghese di Trieste e rappresentava nel protagonista la figura dell’inetto, Alfonso Nitti, un impiegato mediocre, alienato dalla realtà e vittima delle proprie incapacità. Egli non riesce ad instaurare un rapporto neppure con i suoi colleghi di lavoro ed è schiacciato dalla propria incapacità a reagire di fronte alle decisioni da assumere nelle vita. Alla fine, preferisce suicidarsi piuttosto che combattere ed affrontare la realtà con coraggio.
Senilità e il tema dell'inettitudine
Anche questo secondo romanzo fu inizialmente un insuccesso. Ignorato completamente dalla critica e dal pubblico dei lettori. Il titolo deriva da senex, parola latina che significa vecchio. Infatti, il protagonista, Emilio Brentani, è un impiegato che vive ormai come un anziano, condannato ad una precoce vecchiaia, come dice il titolo. Anche lui rappresenta la figura dell’inetto, cioè dell’uomo inadeguato che ha fatto poco nella vita; egli avrebbe ancora sogni da realizzare, ma è condannato nella sua mediocrità ed ormai si sente incapace di cercare una rivincita ai suoi fallimenti.
Influenza di Joyce e flusso di coscienza
Dopo l’insuccesso dei primi due romanzi, Svevo decise di non scrivere più e di dedicarsi solo alle sue attività economiche e lavorare nell’industria del suocero. Fu però determinante nella sua vita l’incontro con lo scrittore inglese James Joyce che si trovava a Trieste e da lui Svevo imparò bene l’inglese e ricominciò a parlare di letteratura. Joyce era già uno scrittore affermato ed innovativo, perché aveva scritto un importante romanzo, il primo grande romanzo inglese moderno, intitolato L’Ulisse, che era già un grande successo non solo in Inghilterra, ma anche in Europa.
Nel romanzo L’Ulisse, Joyce aveva per la prima volta parlato di “flusso di coscienza”, cioè di una particolare condizione dell’animo umano durante la quale escono dalla coscienza, senza una logica, tutte le sensazioni ed i ricordi nascosti. Infatti, il romanzo di Joyce presenta un racconto in cui i protagonisti attraverso il flusso di coscienza lasciano parlare di più le emozioni e i sentimenti, piuttosto che i fatti che accadono.
Svevo rimane molto affascinato dal concetto di “flusso di coscienza”, anche se egli nei suoi romanzi dà più importanza alla trama piuttosto che al libero esprimersi delle emozioni. Svevo infatti preferì utilizzare, piuttosto che il flusso di coscienza, il “monologo interiore”, cioè seguire una logica nei ragionamenti dei personaggi e descriverla con una trama sotto forma di episodi con una certa consequenzialità del pensiero. Nel flusso di coscienza, invece, c’è una registrazione dei pensieri dei personaggi senza alcun controllo razionale e senza una logica nei ragionamenti.
La coscienza di Zeno: trama e temi
Il protagonista de La coscienza di Zeno si chiama Zeno Cosini. Anche lui viene descritto come un inetto. Il romanzo descrive il suo percorso per tentare di guarire da una nevrosi, che lo fa vivere in un perenne disagio esistenziale. Zeno, però, non è uno sconfitto. Infatti, anche se vive in mondo nel quale si sente schiacciato, alla fine diventa consapevole della propria malattia e decide di iniziare la psicoanalisi come terapia di guarigione. Svevo, in questo modo, vuol affermare che la malattia si supera soltanto quando ci si rende conto di averla e quando si dimostra la volontà di volerla superare, facendosi curare.
Inizialmente, l’dea di Zeno è quella di farsi curare dal dottor S., uno psicanalista che lo seguirà nella sua terapia per cercare di guarire dal vizio del fumo. La trama poi prosegue con il racconto della morte del padre di Zeno e del suo rapporto conflittuale con lui.
Un episodio famoso del romanzo è quello nel quale Zeno ricorda allo psicanalista i suoi diversi tentativi di liberarsi dal vizio del fumo, tentativi tutti falliti a causa della sua mancanza di volontà. In questo episodio descrive il suo rapporto morboso e la sua dipendenza dalle sigarette (pag. 343, L’ultima sigaretta).
In un altro famoso episodio (pag. 350, Un rapporto conflittuale – La morte di mio padre) Zeno descrive uno schiaffo che il padre gli diede in punto di morte e del quale egli non seppe mai spiegarsi il perché; è un dubbio che gli rimase per tutta la vita. Infatti, tra Zeno ed il padre il rapporto era di amore-odio; e solo la morte del padre gli fa capire tutto. Egli infatti prova un senso profondo di colpa per non essersi mai spiegato col padre e non avergli mai mostrato i suoi veri sentimenti.
Il romanzo prosegue con la descrizione della vita di Zeno, del suo matrimonio con Augusta, un matrimonio non d’amore: infatti, Zeno era innamorato della sorella di lei, Ada, che però sposò un altro, Guido Speier, un uomo bello, ricco, elegante, intelligente, detestato da Zeno. Non contento del suo matrimonio, Zeno si fa un’amante; però, riconosce che Augusta sia una buona moglie, ma comunque la tradisce con un amante anche se, tormentato, dal rimorso vorrebbe interrompere questa relazione, ma non ci riesce. Lavorando insieme al cognato Guido, di cui è sempre stato geloso, si sente inferiore a lui. Alla fine, però, quando Guido muore suicida, Zeno capisce di non aver sbagliato tutto; anzi, riesce a salvare l’azienda del suocero e Ada stessa dal fallimento economico del marito.
Il finale è a sorpresa: infatti, il romanzo termina con lo scoppio di un ordigno ed una visione catastrofica del mondo per opera di un uomo più ammalato degli altri, che deve cancellare tutta l’umanità malata e rigenerare il mondo e la terra con una umanità nuova e più sana.
1) Svevo scrive romanzi di tipo psicanalitico, rifacendosi alle teorie di Freud;
2) la psicoanalisi viene applicata per la prima volta alla composizione di un romanzo; è una novità del Novecento;
3) la sua attenzione è concentrata sull’inconscio per analizzare la psicologia dei personaggi;
4) l’inconscio rappresenta la parte più profonda della coscienza, cioè la parte irrazionale di noi stessi;
5) i tre romanzi sono autobiografici. Infatti sono ambientati a Trieste e si riferiscono a fatti reali della vita di Svevo;
6) i protagonisti sono tutti borghesi, impiegati;
7) Zeno è un grande fumatore come era Svevo e Augusta è una brava donna come era la moglie di Svevo.
Differenze tra romanzi ottocenteschi e moderni
Differenze tra romanzo ottocentesco e “La coscienza di Zeno”.
1. esiste una trama chiara con una situazione iniziale; una evoluzione dei fatti e dei personaggi ed una successione cronologica degli eventi;
2. descrizione precisa di ambienti interni ed esterni;
3. narrazione in terza persona;
4. narratore onnisciente, cioè un narratore che sa tutto dei personaggi ed interviene con riflessioni e commenti;
5. lingua letteraria e stile ricercato, secondo i canoni clssici;
6. attenzione alla società e alla descrizione psicologica.
1. personaggi meno caratterizzati dal punto di vista fisico;
2. maggiore attenzione e cura per le caratteristiche interiori e per l’esplorazione dell’inconscio e della coscienza;
3. stile non letterario e più colloquiale;
4. minore attenzione ai classici; i romanzieri per tutto il Novecento, a partire da Svevo in poi, hanno un livello di istruzione differente rispetto ai romanzieri ottocenteschi. Svevo stesso ha un diploma di ragioniere, per niente interessato al latino, ma più attento alla società dell’epoca, più moderna e aperta anche alla cultura europea.
Stile e linguaggio di Svevo
1. La lingua utilizzata è colloquiale, semplice, più attenta al contenuto che alla forma;
2. Svevo utilizza spesso espressioni triestine e prese dal tedesco, perché è il tipico esempio di intellettuale mitteleuropeo, cioè un intellettuale di confine con i Paesi e la cultura dell’Est e del Nord Europa.
Domande da interrogazione
- Qual è il vero nome di Italo Svevo e cosa rappresenta il suo pseudonimo?
- Quali furono le prime esperienze letterarie di Svevo e come furono accolte?
- Come influenzò James Joyce la carriera letteraria di Svevo?
- Quali sono i temi principali nei romanzi di Svevo e come si collegano alla psicoanalisi?
- In che modo "La coscienza di Zeno" differisce dai romanzi ottocenteschi?
Il vero nome di Italo Svevo era Ettore Schmitz. Il suo pseudonimo rappresenta la sua duplice origine: "Svevo" per il padre di origine austriaca-tedesca e "Italo" in onore dell'Italia, per la madre italiana.
Svevo pubblicò a sue spese i suoi primi due romanzi, "Una vita" e "Senilità", che furono accolti negativamente dalla critica, portandolo a deludersi e a dedicarsi all'economia e agli affari.
James Joyce, incontrato da Svevo a Trieste, lo incoraggiò a riprendere a scrivere, riconoscendo il suo talento. Questo incontro fu determinante per la rinascita letteraria di Svevo con "La coscienza di Zeno".
Nei romanzi di Svevo, i temi principali includono l'inettitudine e la psicoanalisi. Svevo applicò le teorie di Freud per esplorare l'inconscio e la psicologia dei suoi personaggi, introducendo il concetto di inettitudine.
"La coscienza di Zeno" si distingue per la maggiore attenzione all'inconscio e alla psicologia interiore dei personaggi, uno stile più colloquiale e una narrazione che esplora la coscienza, in contrasto con la struttura e lo stile più formali dei romanzi ottocenteschi.