Concetti Chiave
- Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, nasce a Trieste da una famiglia tedesca e inizia la sua carriera letteraria con un insuccesso, pubblicando "Una vita" nel 1892.
- Nonostante le critiche iniziali, Svevo viene influenzato da James Joyce e Sigmund Freud, che lo spingono a scrivere "La coscienza di Zeno", pubblicato nel 1923 e apprezzato in Francia.
- Svevo non era apprezzato in Italia ai suoi tempi a causa della distanza culturale di Trieste e del suo stile di scrittura ritenuto poco letterario rispetto agli standard dell'epoca.
- Il suo pensiero riflette un interesse per il positivismo, Darwin e Marx, mostrando un approccio critico verso la società borghese e un atteggiamento ambivalente verso la psicoanalisi.
- "La coscienza di Zeno" utilizza una narrazione in prima persona e un tempo non lineare, con il protagonista che riflette sul suo passato e la sua vita, mettendo in discussione la distinzione tra malattia e salute.
Indice
- Le origini di Italo Svevo
- Primi passi nella letteratura
- Incontri influenti e nuove ispirazioni
- La coscienza di Zeno e il successo
- Trieste e lo stile di Svevo
- Una vita: il primo romanzo
- Senilità: il secondo romanzo
- La coscienza di Zeno: struttura e temi
- Zeno e il complesso di Edipo
- Ironia e critica sociale
Le origini di Italo Svevo
Italo Svevo è pseudonimo di Ettore Schmitz, esso riprende le sue origini culturali. Svevo, infatti, nasce a Trieste quando la città faceva ancora parte dell’impero asburgico da una famiglia tedesca.
Vive in una dimensione periferica rispetto a Roma ma è più vicino all’ambiente culturale di Vienna. La sua città natale è, dunque, italo europea, questo influenza la sua formazione che non fu da letterato. I suoi studi sono da ragioniere in Germania. Torna a Trieste a 17 anni.Primi passi nella letteratura
Il padre nel 1880 fallisce: Italo Svevo è costretto a impiegarsi in una banca. In questo periodo mostra interesse per la scrittura: collabora già dal 1880 con un giornale triestino “l’indipendente” che è irredentista. Nel 1892 pubblica “Una vita” il suo primo romanzo che si rivela un insuccesso totale. Nel 1895 muore sua madre. Durante il funerale incontra una lontana cugina, Lilia Veneziani, di cui poi si innamora e con cui si sposa nel 1896. Il matrimonio costituisce un salto di qualità nella vita di Svevo. Lei è figlia di un importante imprenditore che produce vernici antiruggine per le navi. Dopo il matrimonio quindi lui si licenzia dalla banca e diventa dirigente nella industria di suo suocero. Nei primi anni di questo nuovo lavoro Svevo scrive un secondo romanzo. Nel 1898 pubblica “Senilità” che pure non ha successo.
Incontri influenti e nuove ispirazioni
Negli anni successivi elimina la letteratura e si dedica alla sua attività di dirigente che lo porta a viaggiare per l’Europa. Per i suoi viaggi necessità di conoscere l’inglese. Il suo insegnante è James Joyce con cui instaura un dialogo intellettuale: Joice gli fa leggere i suoi racconti di Dubliners e quindi Svevo gli fa leggere i suoi romanzi. Joyce lo incoraggia a riprendere l’attività da letterato. Inoltre, svevo conosce Freud, scienziato viennese, poiché un suo parente era in cura da lui. Svevo, leggendo le opere di Freud, viene influenzato: sicuramente queste letture condizionano la coscienza di Zeno, ultimo romanzo. Infatti, l’amore per la letteratura e l’incoraggiamento del suo maestro lo portarono a leggere e infine a scrivere di nuovo. Nel 1914, inoltre, era scoppiata la guerra e questo porta un fermo delle industrie, portando Svevo ad avere anche più tempo per dedicarsi alla letteratura.
La coscienza di Zeno e il successo
Nel 1923 viene pubblicata “La coscienza di Zeno”, ancora una volta non apprezzata dalla critica e circondata dal silenzio dei lettori. Questa volta però Joyce invita Svevo a far leggere l’opera a dei francesi. Sono essi che scrivono recensioni molto positive riguardo il terzo romanzo. È Eugenio Montale il primo italiano che recensisce in maniera positiva il libro in Italia. Da lì in poi Svevo diventa un caso letterario e ha i suoi riconoscimenti. Anche le opere precedenti vengono in qualche modo apprezzate. Poi, fomentato dai successi, si cimenta nella stesura di un quarto romanzo ma non lo porta al termine perché nel 1928 ha un incidente d’auto per cui muore.
Trieste e lo stile di Svevo
È significativo che uno scrittore ritenuto fra i più grandi della letteratura italiana del Novecento non era stato apprezzato in Italia al suo tempo. Fra i motivi c’è prima di tutto il fatto che i centri della cultura italiani erano Roma, Milano, Firenze e Torino, mentre Trieste era lontana dai centri italiani. Tuttavia, la sua città natale era un luogo di confronto tra culture diverse: slava, italiana, tedesca, c’era anche una comunità ebraica, e vantava una maggiore vicinanza con Vienna.
Altro motivo: lo stile. Molti letterati gli muovevano la critica di aver usato un italiano poco letterario, poco rigoroso, talvolta assumeva anche modi del parlato. (Era il periodo del lirismo di D’annunzio).
Egli non aveva studiato letteratura ma era stato un autodidatta, aveva letto personalmente.
Nel primo romanzo è influenzato da Flaubert, nel secondo subisce l’influenza degli scrittori russi come Dostoevskij.
Nel terzo è influenzato anche da Joyce per quanto riguarda il voler riportare i pensieri del protagonista, però c’è un’importante differenza nelle tecniche narrative con cui questo viene fatto: Svevo usa il dialogo interiore, l’autore inglese il flusso di coscienza.
Sveva aveva letto anche opere di filosofia, a cui, tuttavia, si accosta in modo originale: condivide contemporaneamente idee di filosofi con sistemi di pensiero antitetici. Prima di tutto lo influenzano i positivisti e Darwin. Il positivismo per l’approccio scientifico e l’analisi della natura, di Darwin apprezza la teoria della selezione naturale, ma non approva la fiducia nel progresso (come Pirandello, mette in discussione l’ottimismo di queste filosofie). Infine, da Marx preleva la visione materialistica della vita, gli riconosce di aver considerato le lotte di classe come dinamiche sociali concrete, però ovviamente non condivide l’anticapitalismo in quanto industriale. Quindi è attratto da tanti pensatori diversi. Come giustificarlo? Lui desume da loro strumenti di analisi, strumenti critici della realtà che gli consentano di capirla a fondo, in particolare la sua attenzione è rivolta alla società borghese tra fino 1800 e i primi anni del 1900. Anche nei confronti della psicanalisi ha un atteggiamento ambivalente. Freud ha spiegato quello che tanti avevano intuito: lo stesso Svevo aveva scritto due romanzi che sono molto psicologici, aveva, quindi, già avuto interesse per quel campo. Però Svevo dice che la psicoanalisi è più utile ai romanzieri che non ai malati, cioè riconosce nella psicoanalisi uno strumento di analisi per la psiche umana con cui mettere in risalto i conflitti dell’uomo ma non gli riconosce il carattere terapeutico: guarisce davvero? È scettico al riguardo.
Una vita: il primo romanzo
Una vita è il suo primo romanzo. Inizialmente si doveva chiamare “un inetto”. Inetto è colui che non è capace di inserirsi nel contesto sociale in cui vive e opera, ha una incapacità di fondo che gli impedisce di scegliere e agire.
Nel 1892 lo pubblica con il nome di “una vita”. Il protagonista, Alfonso Nitti, è un impiegato di banca: Svevo riporta la sua esperienza lavorativa nel romanzo. La banca è vista come un mondo opprimente e la sua realtà è ben descritta, dettagliata e realistica: è evidente l’influenza naturalista.
Nei romanzi di Pirandello il caso fa capitare delle occasioni particolari e il personaggio le coglie. Il protagonista inetto del romanzo di Svevo, invece, non riesce a compiere quei passi che significherebbero il successo nella vita, senza che ci siano motivi razionali. È un antieroe, tutto il contrario del superuomo D’annunziano. Il protagonista vorrebbe entrare nel mondo ma si sente incompreso e si pone in una condizione di conflitto.
Trama: Alfonso Nitti è un impiegato di banca a Trieste che vorrebbe poter essere un letterato ma è ingabbiato nel suo triste lavoro. Un giorno è invitato nel salotto intellettuale di Annetta, la figlia del proprietario della banca, che lui prova a sedurre. Riuscitosi, avrebbe potuto sposarla se lui non avesse rifiutato con il pretesto della malattia della madre, per cui è costretto a tornare nel suo natale paesino di campagna. Tornato a Trieste, Annetta sta per sposare un altro e Alfonso si sente fiero di aver rifiutato un amore fondato sulla cupidigia e forte della sua superiorità si sente pronto a scrivere il suo libro. Nel frattempo, però, è tornato in banca dove gli hanno relegato un ufficio di minore importanza. Non sopportando l’umiliazione, minaccia il proprietario e manda una lettera ad Annetta che però è percepita come un ricatto quindi all’appuntamento si presenta il fratello della ragazza che lo sfida a duello. Alfonso, credendo che Annetta lo desideri, si uccide.
Senilità: il secondo romanzo
Svevo aveva letto gli autori russi e l’influenza del romanzo psicologico si avverte nel suo secondo romanzo. Si riducono le sequenze descrittive dell’ambiente e si sofferma sulla psicologia dei personaggi. Emilio Brentani è il protagonista, anche lui un inetto, ma c’è anche sua sorella Amalia, figura grigia come lui, che vive ai margini, malinconica. Lui si innamora di Angiolina: donna del popolo, attiva e attratta da molti uomini. Emilio chiede aiuto ad un amico-rivale, Stefano Balli, che si dimostra fortunato con le donne. Sia Amalia, sia Angiolina si innamorano di lui. Balli frequenta Angiolina, nonostante gli sforzi vani di Emilio e la sorella Amalia si droga con l’etere e muore. Il romanzo si sofferma sulla vita non vita del protagonista: vita senza esperienze, condizione sospesa, senso di solitudine. Il narratore è esterno.
La coscienza di Zeno: struttura e temi
È dal 1919 che Svevo inizia a dedicarsi alla stesura del suo masterpiece per poi essere pubblicato nel 1923. Sono passati 25 anni dal suo secondo libro: l’autore è cambiato molto, anche la sua posizione economica è migliorata, ha viaggiato e ha fatto esperienze, ha conosciuto teorie importanti prima tra tutte la psicanalisi. In questo arco di tempo inoltre sono cambiate tante cose a livello storico, oltre che a livello culturale come la scoperta della relatività generale. Ci era stata la Prima guerra mondiale e tutti gli Stati erano stati coinvolti.
Il protagonista Zeno è anche lui un inetto: non sa affrontare la sua vita con determinazione. Lo stesso Svevo definisce Zeno un fratello di Alfonso Nitti ed Emilio Brentani. Quello che si modifica radicalmente sono le tecniche narrative utilizzate. I primi due romanzi hanno ancora un impianto ottocentesco con il narratore di terzo grado e una struttura lineare. La coscienza di Zeno è raccontata in prima persona, Zeno svela la sua storia su invito del suo psicanalista a cui si era rivolto perché aveva il vizio del fumo e voleva curarlo. Lo psicanalista si firma dottor S. Questo racconto avrebbe dovuto essere, in base a quanto si dice nel libro, un preludio per una cura psicanalitica vera e propria ma Zeno non accetta la diagnosi del dottor S. e si ritira. Allora lo psicanalista si vendica pubblicando il “racconto”. Come è strutturato, quindi il romanzo?
- Prefazione del dottor S.
- Preambolo di Zeno.
- Racconto della vita di Zeno che però non è in ordine cronologico: Zeno ricostruisce la sua vita intorno a fatti che lui ritiene significativi. I nuclei tematici sono: il fumo, la morte di mio padre, la storia del mio matrimonio, la moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale, Psico-analisi.
Questo comporta che non solo la narrazione è in prima persona ma anche che i fatti non sono disposti in ordine ma con un tempo misto, un ritornare dal presente al passato dal passato al presente. I fatti sono disposti per nuclei tematici. Non c’è un racconto coerente e lineare ma un racconto in cui il lettore segue le riflessioni che fa Zeno.
Zeno e il complesso di Edipo
Zeno si presenta come un inetto, figlio di un commerciante alto-borghese. Ha studiato diritto e chimica senza mai scegliersi fra i due e concludere uno studio. È in conflitto con il padre, (rappresenta una sorta di antagonista) che non si fida di lui. Il padre è determinato e sicuro, lui è debole e insicuro. Per questo motivo la gestione dell’impresa non viene affidata a Zeno ma ad un altro. Zeno manifesta il suo disagio attraverso il suo vizio del fumo: continua a fumare sempre la sua ultima sigaretta.
Nel secondo capitolo si sofferma sulla morte del padre. Zeno è maturo, prova ad aiutare il padre moribondo. Poiché il medico aveva detto di far stare il padre a letto Zeno cerca di trattenerlo ma allora il padre si divincola e gli tira uno schiaffo, morendo così. Caratteristica peculiare è l’ironia. Zeno cerca di capire la motivazione di questo schiaffo. Si addolora ma allo stesso tempo si discolpa. Il memoriale si sviluppa secondo i pensieri della coscienza di Zeno, segue le sue riflessioni e giustificazioni.
Dopo la morte del padre Zeno trova il punto di riferimento in un vecchio signore, solido e perfetto come lui. Decide di sposare una delle sue figlie. Si dichiara alla più bella, Ada, che però è fidanzata e lo rifiuta, si rivolge allora alla seconda ma lei pure declina e quindi si dichiara alla terza e più bruttina: Augusta, che accetta. Il matrimonio si rivela felice, Augusta è la moglie perfetta per Zeno: è dolce e materna e lo protegge ma è anche sicura e forte e rappresenta quindi un punto di riferimento per lui. Tuttavia, per dimostrare la sua abilità di conquistare decide di avere anche una amante: Carla, una cantante povera, che, però, lo lascia per sposarsi con un maestro di musica.
Zeno poi tenta di avviare una attività commerciale con Guido, suo cognato, che ha sposato Ada. Guido non è bravo a gestire gli affari, finge il suicidio già due volte per sfuggire ai suoi problemi, ma la seconda volta muore davvero. Al funerale del cognato Zeno segue il funerale di un altro uomo: di fatto mostra l’odio che aveva per lui, anche se sembra un evento casuale, uno sbaglio. Nel frattempo, scoppia la guerra e Zeno si dà agli affari. Zeno ha successo grazie alle speculazioni e alla guerra e pertanto si sente guarito.
Quale è la diagnosi del dottor S.? Quella di soffrire del complesso di Edipo. (scoperta di Freud). Il complesso prevede che il bambino ami la madre, cosa che poi diventa malattia se, passata l’infanzia, non si supera questa fase e la cui conseguenza è di odiare il proprio padre.
Nell’ultimo capitolo, psicanalisi, Zeno, convinto della sua guarigione, parla dei confini tra malattia e salute, affermando che essi sono labili: tutti gli uomini, in realtà, sono malati e solo quando esploderà tutto perché un uomo metterà un ordigno terminerà la malattia.
Il narratore autodiegetico è presente anche in Pirandello, e tale narratore era percepito come inattendibile. Il narratore nella “coscienza di Zeno” lo è ancora meno. Tutto è costruito secondo la precisa prospettiva di Zeno e il lettore segue la sua coscienza non la realtà effettiva. Lo stesso dottore nella prefazione dice che il memoriale è l’insieme delle verità e delle menzogne di Zeno. Il lettore si pone in un atteggiamento diverso rispetto ai romanzi veristi e naturalistici. È messo in guardia che difficilmente si distinguono le verità dalle bugie. l dottor S. si rivela ancora più incorretto: compie un atto non permesso: pubblica una cosa privata senza consenso. C’ è un’ombra di mistero e incertezza sul romanzo: chi ha ragione?
Ironia e critica sociale
Il romanzo, tuttavia, non è difficile. Svevo racconta con leggerezza e ironia ogni episodio. Zeno sorride anche di sé stesso: autoironia. L’ironia è uno strumento critico importante, indica distacco. Zeno esamina anche il mondo dei così detti sani. Zeno vorrebbe essere come loro e li invidia. Significativo è il ritratto della moglie Augusta, che ha tante certezze. Da un lato Zeno è attratto da ciò ma dall’altro mostra come Augusta rinunci alla voglia di pensare, di riflettere, e faccia le cose perché qualcuno le ha insegnato che si devono fare (come andare in chiesa). L’analisi di sé diventa un’analisi del mondo borghese: si mettono in crisi quei valori. Chi è il malato? Chi si pone domande sulla vita, che è in dubbio e che capisce i suoi limiti? O chi non fa riflessioni su ciò che è stato imposto dal mondo sociale in cui vive e lo accetta semplicemente?
Domande da interrogazione
- Qual è il vero nome di Italo Svevo?
- Dove è nato Italo Svevo?
- Qual è il primo romanzo pubblicato da Italo Svevo?
- Chi è l'insegnante di inglese di Italo Svevo?
- Qual è il romanzo più famoso di Italo Svevo?
Il vero nome di Italo Svevo è Ettore Schmitz.
Italo Svevo è nato a Trieste.
Il primo romanzo pubblicato da Italo Svevo è "Una vita".
L'insegnante di inglese di Italo Svevo è James Joyce.
Il romanzo più famoso di Italo Svevo è "La coscienza di Zeno".