Concetti Chiave
- Leonardo Sciascia utilizza il giallo-poliziesco per esplorare temi come la mafia e la povertà siciliana, offrendo un ritratto della Sicilia come simbolo delle contraddizioni italiane.
- Il giorno della civetta è un romanzo che denuncia l'omertà mafiosa e le complicità politiche, presentando un'indagine che si scontra con la corruzione e la manipolazione della giustizia.
- Il capitano Bellodi rappresenta la lotta contro l'omertà e la mafia, nonostante le difficoltà e le false testimonianze che compromettono le indagini.
- Il romanzo si distingue dal tradizionale giallo poiché, pur svelando la verità, non può affermarla ufficialmente a causa dell'omertà e delle protezioni di cui godono i colpevoli.
- Sciascia utilizza uno stile asciutto e vivace, incorporando dialetti e gergo mafioso per rendere il racconto verosimile, affrontando temi di giustizia e potere in un'Italia controversa.

Indice
Leonardo Sciascia: i temi della sua produzione
Nella fase più matura del Neorealismo, tra il 1945 e il 1950, compaiono racconti ispirati all'attualità storica e alla realtà del sottosviluppo meridionale.
Tra questi compare Leonardo Sciascia, che indaga sugli aspetti del fenomeno mafioso e sulla povertà della Sicilia, tramite opere che oggi sono simbolo di questi argomenti.
Le sue opere offrono alcuni ritratti degli abitanti dell’isola attraverso il genere del giallo-poliziesco, come nel romanzo Il giorno della civetta (1961), in cui denuncia con lucida razionalità l’omertà mafiosa e le complicità del potere politico.
Ne deriva un’immagine della Sicilia specchio ed emblema delle contraddizioni e dei mali dell’intero Paese.
La letteratura per Sciascia è conoscenza della realtà, sostenuta da un razionalismo di stampo illuministico e da un pessimismo che affonda le sue radici nella tradizione meridionalista (da Verga a De Roberto, da Pirandello a Brancati).
Il pessimismo di Sciascia è stato definito pessimismo dialettico, perché nelle sue opere la delusione per la sconfitta della ragione non si risolve in una resa incondizionata agli eventi.
Proprio per questo motivo, già la sua prima produzione, che si colloca negli anni ‘50-60 (Le favole della dittatura 1950, Le parrocchie di Regalpetra 1956, Gli zii di Sicilia 1958) è caratterizzata da una presa di distanza dal documentarismo a vantaggio di una volontà critica di conoscenza della realtà siciliana, storicamente travagliata dallo sfruttamento e dall’oppressione della mafia.
Con Il giorno della civetta (1961), incentrato sul fenomeno della mafia e la sua infiltrazione negli apparati dello Stato, Sciascia abbandona gli stilemi neorealisti e dà inizio a una serie di romanzi che si avvalgono di un particolare uso della struttura giallo-poliziesco, genere che Sciascia adottò a partire dagli anni Settanta.
Nel clima dell’emergenza terroristica degli anni Settanta Sciascia scrive il romanzo breve Todo modo (1974) in cui indaga con lucido pessimismo le trame oscure che legano le forze eversive ad alcuni settori dello Stato e del potere economico.
Il giorno della civetta: trama
Il titolo allude al giorno (metafora di luce della ragione) in cui la civetta (uccello notturno, metafora di morte e di delitto), canterà. In una ambientazione, quindi, che si apre con l'inizio di una nuova giornata in cui tutto può succedere, la mafia canterà, come la civetta: il titolo è profetico di un romanzo che è costruito come un giallo.
Un giorno di nebbia, all’alba, viene assassinato Salvatore Colasberna, proprietario di una piccola ditta di costruzioni edili che ha rifiutato la protezione della mafia.
L’indagine viene affidata al capitano dei carabinieri Bellodi, emiliano ed ex partigiano, quindi animato da convinzioni democratiche e da un forte senso della giustizia. Bellodi dà avvio alle indagini, ma si scontra con la mentalità mafiosa siciliana e con le trame occulte tessute ai danni della giustizia e portata avanti dagli oppositori dello Stato.
Poco dopo viene ucciso anche un contadino, Paolo Nicolosi, che ha visto fuggire uno degli assassini, un certo Zicchinetta, soprannome dell’ex-detenuto Diego Marchica.
Un confidente dei carabinieri, Calogero Dibella, detto Parrineddu, indica Don Mariano Arena come il mandante.
Due boss mafiosi decidono di sopprimere il traditore Dibella, ma Bellodi riesce ugualmente a far arrestare il "padrino" don Mariano Arena e gli esecutori dei delitti, i quali, durante l’interrogatorio si accusano a vicenda.
Questo evento genera preoccupazione tra i politici romani compromessi con la mafia.
I media siciliani sono stati opportunamente manipolati per affermare che l'indagine è andata condotta per il verso sbagliato.
A Roma, durante un dibattito parlamentare, un sottosegretario afferma che la mafia non esiste "se non nella fantasia dei socialcomunisti". Rientrato a Parma, in congedo medico, il capitano Bellodi viene a conoscenza del fatto che la sua indagine è stata annullata dalla diffusione di falsi alibi dei colpevoli.
Di conseguenza, don Mariano esce di prigione. Il capitano però, non getta la spugna, decide di ritornare in Sicilia, per continuare la sua battaglia contro la mafia.
Per ulteriori approfondimenti sulla trama vedi anche qua
Il giorno della civetta: temi
Il tema di fondo del romanzo è l’omertà, unito al problema delle scelte dei cittadini manovrate da alcuni esponenti del potere e della società. Il capitano Bellodi è invece il simbolo della non arresa, neanche di fronte alle testimonianze false.
Il giorno della civetta però, non segue lo schema tradizionale del poliziesco, perché se il giallo è un genere di evasione e intrattenimento, che viene utilizzato per colmare la sete di sapere e di investigazione del lettore, la lettura del romanzo di Sciascia non appaga, specie per il finale che è tutto tranne che risolto. Entrambi, lettore e autore, sanno la verità ma entrambi vengono lasciati con l'amore di chi, nonostante sia a conoscenza di tutto, non può dichiarare risolta la questione. Nel romanzo di Sciascia lo schema è ribaltato, perché l’indagine conduce a una verità che paradossalmente non è possibile affermare e il colpevole si salva protetto dall’omertà del potere. Da qui il carattere impegnato di questo giallo-inchiesta, che fonde storia, intrigo poliziesco e realtà.
Il narratore è esterno alla storia e alterna alla focalizzazione esterna quella interna.
Lo stile è asciutto e rapido, prevalgono la paratassi e il discorso diretto dei personaggi, vivace e dinamico.
Nella scrittura di Sciascia compaiono espressioni del parlato, anche del gergo mafioso, e anche termini dialettali, per rendere il tutto il più verosimile possibile. Ciò si evince soprattutto durante l'interrogatorio del commissario con il "padrino": il dialogo presenta il momento centrale per l'identificazione dei personaggi del giallo. Il boss nega ogni responsabilità, ma sostiene la sua visione mafiosa del mondo, tutto teso ad affermare la propria superiorità, al di là delle leggi e delle regole civili. Riconosce comunque in Bellodi un avversario degno di stima e Bellodi, a sua volta, preferisce il padrino ai politici ammanigliati con la mafia.
Bellodi individua nella ricchezza accumulata in modo illecito e criminale (le tangenti per controllare l’economia, le raccomandazioni agli amici per infiltrarsi nelle imprese edilizie) il punto su cui si potrebbe far leva per incriminare Don Mariano. Tuttavia Don Mariano ostenta una tranquillità assoluta al riguardo: l’aspetto dell’inadempienza fiscale non lo preoccupa. Evidentemente sicuro di farla franca, sposta il confronto sulla sua visione dell’umanità, che rappresenta in una piramide, al cui vertice ci sono gli uomini come lui e il capitano Bellodi: forti, risoluti e decisi, ognuno nel suo ruolo e nelle sue convinzioni. Nel gradino più in basso, invece, ci sono i "quaquaraquà", quelli che starnazzano e parlano troppo ma che, soprattutto, non appaiono capaci di decidere, oppressi dalla paura.
Il commissario dunque, per volere di Sciascia e delle sue considerazioni, appare molto simile al "padrino" e deve riconoscere, mettendo da parte le sue azioni, che comunque ha di fronte un valido nemico. Lo stesso, non si può dire dei suoi complici in alta finanza o ai vertici della politica italiana.
Nel 1962, un anno dopo la pubblicazione del romanzo, venne istituita la Commissione antimafia per la lotta al potere mafioso.
Domande da interrogazione
- Quali sono i temi principali della produzione letteraria di Leonardo Sciascia?
- Qual è la trama del romanzo "Il giorno della civetta"?
- In che modo "Il giorno della civetta" si discosta dal tradizionale schema del giallo?
- Qual è il ruolo del capitano Bellodi nel romanzo e come viene percepito?
- Quali sono le caratteristiche stilistiche del romanzo "Il giorno della civetta"?
I temi principali della produzione di Sciascia includono l'indagine sul fenomeno mafioso, la povertà della Sicilia e le contraddizioni del potere politico. Le sue opere, spesso in forma di giallo-poliziesco, offrono un ritratto critico della realtà siciliana e italiana.
"Il giorno della civetta" narra l'indagine del capitano Bellodi sull'omicidio di Salvatore Colasberna, un imprenditore edile che ha rifiutato la protezione mafiosa. Bellodi si scontra con l'omertà e le trame politiche che ostacolano la giustizia, ma non si arrende nella sua lotta contro la mafia.
Il romanzo di Sciascia si discosta dal tradizionale schema del giallo perché, pur conducendo a una verità, questa non può essere affermata a causa dell'omertà e delle complicità del potere. Il finale non risolve il caso, lasciando lettore e autore consapevoli ma impotenti.
Il capitano Bellodi è il simbolo della giustizia e della non arresa. Nonostante le difficoltà e le false testimonianze, continua la sua battaglia contro la mafia. È percepito come un avversario degno di stima anche dal boss mafioso, don Mariano Arena.
Lo stile del romanzo è asciutto e rapido, con prevalenza di paratassi e discorso diretto. Sciascia utilizza espressioni del parlato e termini dialettali per rendere la narrazione verosimile, alternando focalizzazione esterna e interna per coinvolgere il lettore.