Primo Levi
Nato a Torino nel 1919, Primo Levi si laureò in Chimica nel 1941. Entrato nel 1943 nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà, fu catturato dalle milizie fasciste e deportato dai tedeschi nel Lager di Auschwitz, in quanto ebreo. Riuscito a scampare allo sterminio e a ritornare a Torino, nel dopoguerra esercitò la professione di chimico, dedicandosi parallelamente alla letteratura. Morì suicida nel 1987.Se questo è un uomo
Il libro d’esordio di Primo Levi, che ha goduto di un’immensa diffusione, è un resoconto dell’esperienza dei campi di sterminio nazisti: Se questo è un uomo. È un‘opera che si colloca nel filone documentario che fu ricco in quegli anni di scoperta della realtà, ma si stacca con eccezionale rilievo dallo sfondo del clima neorealistico, elevandosi al livello di un vero e proprio classico.Il libro è una testimonianza sulla barberia estrema dell’universo dei campi di concentramento, sulla sua crudeltà, che mirava prima di tutto a distruggere la sostanza umana stessa del deportato.
Ciò che conferisce forza alla rappresentazione di Levi è l’assenza di emotività e di retorica. Se questo è un uomo è un libro di memorie, un documento e uno studio acutissimo.
La tregua
La tregua (1963) è un’ideale continuazione di Se questo è un uomo, in quanto narra la lunga odissea del ritorno in patria dei deportati. Le sofferenze e le pene sfumano spesso in un umorismo leggero, e la narrazione assume una dimensione avventurosa.Alla Tregua seguono alcune raccolte di racconti:
- Storie naturali (1966)
- Vizio di forma (1971)
- Il sistema periodico (1975)
- La chiave a stella (1978)
- Lilit (1981)
In queste opere si propone un altro aspetto di Primo Levi, ovvero la sua qualità di tecnico che opera nell’industria. Nella sua opera il punto di contatto tra le due culture, quella letteraria e quella tecnico – scientifica, è da individuare nella chiarezza e nell’ordine.
Le ultime opere
Alle tematiche della persecuzione degli ebrei lo scrittore ritorna con un romanzo, Se non ora, quando?, che narra le vicende di un gruppo di partigiani ebrei dell’Europa orientale, sullo schema sempre di un’interminabile odissea, dalla Bielorussia sino a Milano.All’esperienza del Lager è ancora dedicato l’ultimo libro di Levi, un saggio, I sommersi e i salvati, denso di terribili e tormentosi interrogativi.
Analisi dell'arrivo nel lager
Il ventiquattrenne Primo Levi, partigiano sulle montagne valdostane, fu catturato dalle milizie fasciste il 13 dicembre 1943. In quando ebreo, fu internato nel campo di Fossoli, nel Modenese, poi insieme ad altri seicento ebrei italiani fu caricato su un convoglio di vagoni merci piombati e dopo un viaggio durato più giorni, in condizioni spaventose, senza mangiare né bere, giunse al Lager di Auschwitz, in Polonia. Qui i deportati, scesi dal treno, furono privati dei bagagli e di tutti i loro averi. Gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini, poi caricati su dei camion.Nella descrizione dell’impatto dei deportati con la realtà ancora sconosciuta del Lager spicca innanzitutto la loro sofferenza fisica: la fame, la sete, il freddo, la fatica, le percosse. Ma altrettanto e forse più dolorosa è la sofferenza psicologica che viene loro inflitta.
È significativo il contegno del tedesco che alla domanda dell’interprete lo guarda come se fosse trasparente, come se nessuno avesse parlato. Per la folle ideologia nazista l’ebreo non è un uomo, è un essere a cui è consentito infliggere tormento perché per lui non valgono le leggi consuete dell’umanità.
Le condizioni disumane annullano ogni senso di solidarietà, per cui ciascuno pensa solo a sé, spinto da un cieco istinto di sopravvivenza, che lo induce a ricorrere a ogni mezzo pur di procurarsi il poco che gli consenta di sopravvivere.
Il quadro di questo orrore è tracciato da Primo Levi con straordinaria lucidità. Pur rievocando atroci esperienze vissute lo scrittore conserva la capacità di analisi dell’uomo di scienza e la dolente partecipazione umana a tante sofferenze.