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Concetti Chiave

  • Giorgio Caproni, nato a Livorno nel 1912, ha vissuto a Genova e Roma, integrando la sua vocazione poetica con interessi musicali e letterari.
  • Il "Passaggio di Enea" documenta il disincanto post-bellico di Caproni, evidenziando il confronto tra miti antichi e la realtà moderna.
  • "Il seme del piangere" e "Congedo del viaggiatore cerimonioso" esplorano il tema della morte e l'elaborazione del lutto attraverso ricordi e allegorie.
  • Nell'ultima fase poetica, Caproni indaga il mistero dell'esistenza e il male attraverso un linguaggio metafisico e allegorico, come in "Il muro della terra".
  • L'opera postuma "Res amissa" rappresenta un tentativo di identificare il bene perduto, continuando la riflessione sull'origine del male.

Indice

  1. Infanzia e Formazione
  2. Carriera e Successi
  3. Stile Poetico e Temi Ricorrenti
  4. Trilogia della Giovinezza
  5. Lutto e Riflessioni sulla Morte
  6. Ultima Stagione Poetica
  7. Simbolismo e Allegorie

Infanzia e Formazione

Nacque a Livorno il 7 gennaio 1912, suo padre Attilio, ragioniere e musicista dilettante, era un positivista convinto e la madre Anna Picchi, anch’essa amante della musica e del ballo, faceva la sarta e la ricamatrice. Nel 1922, in seguito al fallimento della ditta presso la quale lavorava il padre, la famiglia Caproni si trasferì a Genova, dove il padre aveva trovato un nuovo impiego in un’azienda conserviera, Genova divenne in breve la città d’elezione del futuro poeta.

Nel capoluogo ligure, dopo le scuole elementari si iscrisse a una scuola tecnica, studiando nel contempo violino e composizione all’Istituto musicale Giuseppe Verdi, la sua vocazione poetica si manifestò a fianco di questi interessi musicali, quando volle tentare di comporre dei corali a quattro voci, stendendo anche le parole, oltre alla partitura musicale. Precocissimo lettore, aveva già letto da tempo Dante e i poeti delle origini, ma decisiva si rivela la scoperta di “Allegria” di Ungaretti.

Carriera e Successi

Nel 1935 vinse il concorso a Roma come maestro elementare e si trasferì perciò nella capitale, durante la guerra fu inviato al confine con la Francia, già nel 1942 diede alle stampe un diario di guerra, mutilato dalla censura fascista, con l’armistizio si unì alla resistenza. Il primo vero grande successo venne con “Il muro della terra”, pubblicato nel 1975, ne sono indizio gli inviti che Caproni cominciò a ricevere da prestigiose istituzioni internazionali di cultura per letture di versi e conferenze, il premio Cittadella ottenuto con l’antologia “L’ultimo borgo”.

Stile Poetico e Temi Ricorrenti

Benché coetaneo degli ermetici, Caproni non fu mai un poeta simbolico, ma nutrì i suoi versi semmai di figure e atti allegorici, non per nulla la prima raccolta si chiama “Come un’allegoria”, le scene allegoriche più ricorrenti nelle sue poesie sono legate ai motivi di viaggio, ascensione, città e caccia. Nella conferenza “Sulla poesia” tenuta nel 1984 all’Università di Urbino, Caproni volle dare un ritratto di sé in chiave di modesto artigiano, preoccupato unicamente di scrivere bei versi, mostrando un’indubbia perizia tecnica e una conoscenza tutt’altro che superficiale della tradizione lirica. Per cominciare, tenne in grande considerazione la rima, adottò poi i metri tradizionali, componendo eleganti canzonette, sonetti e litanie, il ricorso frequente di enjambements e versi spezzati mostrano in atto un processo di decostruzione delle forme chiuse tradizionali, alle quali guardò con perenne nostalgia perché erano l’espressione di una concezione unitaria del mondo, quindi nell’atto stesso di riprenderle finì per lacerarle per significare la perdita novecentesca di una visione d’insieme della realtà

Trilogia della Giovinezza

Si compone di tre libri, ultimo dei quali accoglie i testi più recenti, mentre i primi due confluiscono tutte le raccolte precedenti disposte in ordine cronologico, con l’indicazione delle relative date di stesura. “Come un’allegoria”, “Ballo a Fontanigorda” e “Finzioni” formano una trilogia abbastanza unitaria: delimitano la stagione della giovinezza, tra il mare e l’Appenino ligure, popolandosi di volti e sorrisi femminili, di feste borghigiane, musiche e danze. Queste brevi liriche, quasi sempre in forma di canzonetta, evocano il tempo di chi si affaccia e va incontro alla vita, un tempo di adesione fisica, carnale, che pone sintomaticamente in risalto le sensazioni olfattive, ma anche un tempo già segnato dalla morte precoce di Olga, donna amata e sposa promessa che lascia in Caproni il triste presentimento dell’estrema labilità dell’esistenza, mitigato ma non cancellato dal successivo fidanzamento con Rina. Olga è la protagonista di “Cronistoria” interamente dedicati alla sua memoria sono infatti i 18 “Sonetti dell’anniversario” che compongono la seconda e ultima sezione del libro, ma anche nel diario, che si snoda attraverso le 21 liriche della prima sezione eponima, il ricordo di Olga s’insinua ossessivo, riconducendo al tragico evento della sua morte le ragioni del lungo vagabondaggio del poeta tra Roma, Udine, Pisa. Se Cronistoria si ripiega in un lutto intimo e privato, nelle “Stanze della funicolare”, e più compiutamente nel “Passaggio d’Enea”, irrompe la violenza della storia con il dramma collettivo della guerra e la lotta partigiana, il Caproni degli anni ’50, per sua diretta testimonianza sente che “tutto un mondo di istituzioni” si sta dissolvendo e che i miti di un tempo sono ormai svuotati. I tre poemetti del “Passaggio d’Enea” documentano il disincanto della sua coscienza, non più capace di scommettere sulla storia e sulla vita, di l’Enea di Caproni è soltanto una pallida controfigura dell’eroe antico: entrambi sono investiti della missione epocale di ricostruire un mondo distrutto dalla guerra, ma l’uomo moderno si rende conto che ogni sforzo è vano.

Lutto e Riflessioni sulla Morte

Il seme del piangere” e “Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee” compongono un dittico, un filo nero infatti le collega, ossia il pensiero della morte che sovrasta tutti gli esseri viventi, scaturito dall’ennesimo lutto privato con la morte della madre, avvenuta nel 1950, i due libri rappresentano tentativi di esorcizzarlo. Non rimuove da sé il problema della morte, ma mette in campo tutte le sue risorse umane e letterarie per neutralizzare l’angoscia che gli procura il pensiero di essere destinati a svanire nel nulla, privo com’è di una fede, egli non può infatti riporre alcuna speranza nell’aldilà. Il primo è un libro dedicato alla madre morta, il titolo viene estratto da un verso del XXXI° canto del Purgatorio e suona come un invito che rivolge a se stesso, ad asciugarsi le lacrime, per rendere meno acerba la ferita provocata dalla perdita della madre, sente il bisogno di risalire il corso del tempo immaginandola viva e nel fulgore dei suoi anni. Il suo ritratto in movimento prende una piega riconoscibilmente stilnovistica, la ragazza che gira per Livorno in bicicletta è pur sempre una donna angelo che incanta e fa innamorare, in questo caso è proprio il poeta ad immedesimarsi nel fidanzato, non senza una componente edipica. Il secondo invece allinea una serie di personaggi allegorici assunti come portavoce, più che il ricordo di perone conosciute e ormai scomparse, si fa largo il presagio della morte, lo spunto per le poesie è quindi occasionale: spostamenti in treno, escursioni risvegliano in lui l’idea della fine. Il poeta esplora, prega perché Dio esista, l’unico punto fermo in tanta incertezza è la morte.

Ultima Stagione Poetica

Quella che s’inaugura con “Il muro della terra” è l’ultima grande stagione poetica di Caproni, totalmente assorbita nella ricerca di un fondamento metafisico che spieghi e dia uno scopo dell’esistenza del mondo e della vita, anche qui il titolo proviene dalla Commedia dantesca, in questo caso il X° canto infernale. Il muro raffigura il limite contro cui s’infrange ogni sforzo umano di far luce sul mistero dell’universo, ma in quanto racchiude al suo interno la città infernale, il muro rappresenta anche una sorta di prigione esistenziale, il perimetro entro il quale si svolge l’esperienza dell’uomo, che è esperienza tragica del male. Torna così agli orrori della guerra, una memoria ferita e mai risanata che a distanza di anni lo tormenta ancora, davanti allo scatenarsi del male ha solo premura di porre un argine musicale e stilistico all’angoscia, rendendo cantabile la disperazione.

Simbolismo e Allegorie

“Il franco cacciatore” prende lo spunto dal titolo di un’opera in musica del compositore tedesco Von Weber, a suggestionare Caproni è il tema della caccia, che d’ora in avanti diventerà la metafora dominante della ricerca metafisica del poeta, la sua è una speranza disperata di inseguire l’obiettivo del fondamento divino delle cose, che la ragione respinge come un miraggio, Caproni sa quindi già in partenza che tornerà a mani vuote. Continua comunque a cercare Dio perché alla fine se si scoprisse che esistesse, allora il male insito nella storia e nella natura avrebbe una spiegazione e un termine. Dal punto di vista stilistico il processo di rarefazione della scrittura perviene a esiti ormai predefiniti: versi brevi e frammentari. Il tema allegorico della caccia è centrale anche nell’ultima raccolta che Caproni abbia potuto licenziare in vita, ossia “Il conte di Kevenhüller”, dato alle stampe di Garzanti nel 1986, lo spunto viene da un avviso trovato casualmente dal poeta e riprodotto in apertura. Qui, nel dare pubblica notizia dell’avvistamento nei dintorni di Milano, di una feroce bestia che aveva azzannato due fanciulli e stava seminando terrore, veniva promossa una grande battuta di caccia per liberare il territorio da questa minaccia, assicurando una ricompensa a chi fosse riuscito ad abbattere l’animale, sull’avviso compare la firma dell’alto funzionario austriaco responsabile della sicurezza: il conte di Kevenhüller. La bestia può essere intesa come simbolo del male in tutte le sue molteplici forme, soprattutto del male che l’uomo si fabbrica con le proprie mani, Caproni associa la bestia da un lato al Terrore instaurato da Robespierre [la data riportata sul foglio è infatti 14.09.1792], dall’altro al grosso serpente, alla Regina della Notte e alle altre seducenti incarnazioni del male nella vita del giovane protagonista del “Flauto Magico” di Mozart. Ma il poeta lascia intendere che la Bestia è dentro di noi. L’ultima raccolta poetica di Caproni, “Res amissa”, uscì postuma nel 1991 a cura di Giorgio Agamben, l’autore lavorava da tempo a un’idea: se infatti la bestia del conte rappresentava il male, Res amissa, che letteralmente significa cosa smarrita, sta a indicare il bene.

Domande da interrogazione

  1. Quali eventi dell'infanzia e della formazione di Caproni hanno influenzato la sua carriera poetica?
  2. Caproni nacque a Livorno e si trasferì a Genova dopo il fallimento dell'azienda del padre. A Genova, studiò violino e composizione, sviluppando una vocazione poetica parallela ai suoi interessi musicali. La scoperta di "Allegria" di Ungaretti fu decisiva per la sua carriera.

  3. Quali sono stati i principali successi nella carriera di Caproni?
  4. Caproni vinse un concorso come maestro elementare a Roma nel 1935 e pubblicò un diario di guerra nel 1942. Il suo primo grande successo fu "Il muro della terra" nel 1975, che gli valse inviti da istituzioni culturali internazionali e il premio Cittadella.

  5. Come si caratterizza lo stile poetico di Caproni e quali sono i suoi temi ricorrenti?
  6. Caproni non fu un poeta simbolico, ma utilizzò figure e atti allegorici. I suoi temi ricorrenti includono il viaggio, l'ascensione, la città e la caccia. Adottò metri tradizionali e rime, ma spesso decostruì le forme chiuse per esprimere la perdita di una visione unitaria del mondo.

  7. Cosa rappresenta la "Trilogia della Giovinezza" e quali sono i suoi elementi distintivi?
  8. La "Trilogia della Giovinezza" comprende "Come un’allegoria", "Ballo a Fontanigorda" e "Finzioni", che evocano la giovinezza tra il mare e l'Appennino ligure. Le liriche, spesso in forma di canzonetta, riflettono un tempo di adesione fisica e sensazioni olfattive, segnato dalla morte precoce di Olga.

  9. Qual è il significato del simbolismo e delle allegorie nell'opera di Caproni?
  10. Il simbolismo e le allegorie, come nel "Franco cacciatore" e "Il conte di Kevenhüller", rappresentano la ricerca metafisica di Caproni. La caccia diventa una metafora della ricerca del fondamento divino delle cose, mentre la bestia simboleggia il male che l'uomo crea.

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