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Concetti Chiave

  • Le città invisibili di Italo Calvino utilizza il dialogo tra Kublai Khan e Marco Polo come cornice narrativa, esplorando temi come la visione limitata dell'uomo comune e l'intellettualismo dell'esploratore.
  • Marco Polo racconta le città invisibili attraverso immagini mentali ed emblematiche, invitando a non interpretarle letteralmente ma a cogliere il messaggio simbolico dietro la fantasia.
  • Calvino esplora la dialettica tra città invivibili e utopiche, suggerendo che l'immaginazione di città ideali può fungere da vaccino contro la decadenza della civiltà.
  • Le cornici riflettono sul rapporto tra passato e futuro, con Marco Polo che utilizza Venezia come termine di paragone per ogni città, rappresentando il desiderio di un futuro migliore radicato nella memoria del passato.
  • La costruzione delle città è paragonata a un ponte, dove ogni pietra rappresenta i cittadini e il loro contributo al benessere collettivo, sottolineando l'importanza dell'interconnessione tra individui.
In questo appunto di Italiano si tratta dell'opera Le città invisibili di Italo Calvino con attenzione ai suoi dettagli e presentazione dei personaggi e dei luoghi tramite le cornici.
Analisi delle cornici e dei personaggi in 'Le città invisibili' di Calvino articolo

Indice

  1. Prima cornice
  2. Seconda cornice
  3. Terza Cornice
  4. Quarta cornice
  5. Quinta Cornice
  6. Sesta Cornice
  7. Settima Cornice
  8. Ottava Cornice

Prima cornice

Dalle prime battute di Le città invisibili vengono presentati i due personaggi che dialogano in questa cornice, mettendoli in scena senza particolari presentazioni, in medias res.

“L’imperatore dei tartari ascolta il viaggiatore veneziano”, capiamo che sono Kublai Khan e Marco Polo, che ha la funzione di ambasciatore, visitando le terre dell’impero per poi riferire le sue ambascerie all’imperatore. Sono quindi due personaggi storici, il primo è stato infatti un condottiero mongolo fondatore del primo impero cinese (1260-1294, regno Khan) e il secondo un mercante veneziano che era stato al suo servizio per 17 anni, secondo quanto apprendiamo dai suoi racconti. Sono personaggi che, filtrati dall’immaginazione di Calvino, diventano leggendari, astratti, universali, svolgono la dinamica ricorrente qui di seguito in tutte le pagine:

  • Kublai Khan incarna l’uomo comune per la sua visione limitata, non è in grado di andare più in là della coscienza dell’uomo comune;
  • Marco Polo è l’intellettuale, esperto del mondo viaggiatore magari solo mentale ma ha comunque una figura più attiva del primo.

Nel gioco delle parti il primo è quindi quello che rivolge domande, formula congetture, comunica conclusioni provvisorie, mentre il secondo dà risposte o capovolgendo il ragionamento dell’imperatore per mostrarne i limiti e arrivare al problema da un’angolatura diversa e opposta. Essendo un uomo comune, ha momenti di euforia seguiti da depressione, slanci di ottimismo e fasi di cupo pessimismo, quindi oscilla perché è esposto ai mutamenti di clima, è sensibile alla situazione contingente che stimola valutazioni contraddittorie, mentre Marco Polo bilancia tutto e non perde mai la capacità di osservare le cose con lucidità ed equilibrio (incarna il primato della ragione). Questa cornice che avvolge vari gruppi di cartoline, i due interlocutori affiorano per nove volte incastonando agli estremi dieci città e poi via via gruppi più ristretti di 5, è quindi una cornice che ritorna a segmentare il libro per nove volte. È una cornice che si distingue dalle cartoline per essere stampata in corsivo e appare anche dal punto di vista strutturale come una cornice per la presenza ricorrente di riprese tra l’inizio (che apre la strada alle cartoline) e la chiusura, come se la conversazione venisse interrotta dall’esposizione di Marco Polo e poi ripresa alla fine. Questa struttura è esaltata dalla ripresa letterale delle ultime parole e frasi dell’apertura, creando l’idea della cornice che avvolge e naturalmente la cornice dialogica ha una funzione enunciativa o dichiarativa, fornisce le chiavi di lettura utili per decodificare le varie cartoline, non per nulla c’è spesso un rapporto di evocazione e rimando implicito tra la cornice e le città che vengono inserite in quel determinato gruppo.

Seconda cornice

Questa è la prima cornice di chiusura del primo gruppo di dieci città. La chiave fornita da Calvino riguarda il carattere emblematico delle città, l’autore infatti cerca di immaginare la situazione di un mercante veneziano ancora inesperto con la lingua, che deve esprimersi a gesti mostrando gli oggetti. Questo è inoltre un invito a leggere tutte le città come degli emblemi, senza quindi sforzarsi o mettersi nell’ottica di volerle interpretare alla lettera, bisogna cogliere il messaggio enunciato attraverso il prodotto della fantasia [letteratura che si serve di immagini fantasiose ma che hanno una particolare efficacia comunicativa e quindi rimangono impresse]. Se i racconti di Marco Polo sono più efficaci degli altri e Khan lo ascolta più volentieri di altri suoi funzionari, è per la sua capacità di cogliere in maniera emblematica le sue esperienze. Ci addentriamo in un libro che ci propone una serie di immagini mentali, città invisibili, frutto dell’immaginazione e gli stessi personaggi che interloquiscono, acquistano lo stesso valore emblematico delle città: “sarai tu stesso, sire, emblema tra gli emblemi”.

Terza Cornice

Oltre alla dimensione emblematica dell’immaginario cittadino di Calvino, le cornici forniscono anche diversi spunti interessanti circa la dialettica tra città invivibili ed invisibili già dalla prima cornice, dove l’autore entra nel vivo della questione. Punto di partenza è il bilancio talmente fallimentare da diventare scoraggiante, come su Kublai Khan riconoscesse la sua impotenza a questa cancrena che si è estesa, contro questo sentimento di impotenza si vuole opporre l’intellettuale. Calvino vuole aprire una speranza di palingenesi: “solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Khan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti”. Le città utopiche invocate sono quindi una trama molto leggera e sfuggente, delineano possibilità di redenzione ancora non realizzate, ma nella loro fragilità diventano un vaccino contro la degradazione e la fine della civiltà. La ripresa di questo tema avviene all’inizio del quarto gruppo, dove ci appare l’oscillazione umorale di Khan: “le tue città non esistono. Forse non sono mai esistite. Per certo non esisteranno più. Perché ti trastulli con favole consolanti? So bene che il mio impero marcisce come un cadavere nella palude […] perché non mi parli di questo? Perché menti all’imperatore dei tartari, straniero?”. Visione pessimista che lo porta a credere che Marco Polo lo stia quasi ingannando, ma questo risponde con la sua dialettica, pur assecondandolo (il guaio è che l’impero non solo è malato, ma fa anche finta di non esserlo e quindi non combatte), aggiunge: “il fine delle mie esplorazioni è questo: scrutando le tracce di felicità ne misuro la penuria”. Quindi, il poter opporre alle città invivibili nella quali siamo immersi il sogno di città utopiche, è una medicina perché ci fa percepire che viviamo in un mondo malato, ci rendiamo conto del buio in cui ci troviamo grazie alle luci che le visioni immaginarie delle città invisibili ci mostrano. Talvolta però Kublai Khan è euforico, e qui è convinto che l’impero sia fatto “della materia dei cristalli” e rimprovera Marco Polo per non mostragli la grandezza del luogo, ma questo risponde: “Io raccolgo le ceneri delle altre città possibili che scompaiono per farle posto e non potranno più essere ricostruite né ricordate. Solo se conoscerai il residuo d’infelicità che nessuna pietra preziosa arriverà a risarcire, potrai computare l’esatto numero di carati cui il diamante deve tendere”. Certo che bisogna mirare alla città cristallina del diamante, ma per non sbagliare strada e i calcoli, bisogna avere memoria delle infelicità perché se non si prende coscienza di questi mali, si rischia di essere esposti al loro attacco virale.

Quarta cornice

Esordisce Kublai Khan che dice: “alle volte mi pare che la tua voce giunga da lontano, mentre sono prigioniero d’un presente vistoso e invivibile, in cui tutte le forme di convivenza umana sono giunte a un estremo del loro e non si può immaginare quali nuove forme prenderanno. E ascolto dalla tua voce le ragioni invisibili in cui le città vivevano, e per cui forse, dopo morte, rivivranno”. Interessante come sia dichiarato lo scopo del libro, a fronte di uno sguardo che osserva con angoscia e disincanto un mondo invivibile e che sembra arrivato alla fine di un ciclo, quindi ad un orizzonte quasi apocalittico, arriva da lontano la voce di Polo che evoca città invisibili. La voce giunge non a caso da lontano, gli stessi nomi delle città sono esotici ma questa voce tende a liberare la mente di chi ascolta dal sentimento di impotenza che lo attanaglia e lo rende prigioniero di una realtà invivibile. L’identità che ciascuna città conserva per essere se stessa è interessante, Marco Polo dice: “viaggiando ci si accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze”, sta quindi avvenendo una perdita di fisionomia, conseguenza dell'effetto della globalizzazione, di cui Calvino comprende la capacità distruttiva. L’atlante che sfogliano insieme rivela la forma della città che ancora non hanno forma o nome, è importante però che le città per essere utopiche debbano avere una loro forma unica, che le contraddistingua, “dove le forme esauriscono le loro variazioni e si disfano, comincia la fine delle città”, questo fa capire che la morte di una città avviene quando non ha più un volto riconoscibile, nelle ultime carte dell’atlante si trovano città senza forma.

Quinta Cornice

Affronta la questione del rapporto tra passato e futuro, memoria e desiderio a partire da quello che Marco Polo dice, Kublai Khan si fa un’idea e la comunica in forma interrogativa: “Avanzi col capo sempre voltato all’indietro? Ciò che vedi è sempre alle tue spalle? Il tuo viaggio si svolge solo nel passato?”. Interessante perché dà la chiave del raccordo tra memoria e desiderio, noi siamo sempre proiettati in avanti perché la città in cui vogliamo abitare potrebbe non ancora esistere ma sorgere in un domani, ma questo domani si porta dietro la memoria di un passato felice, di un paradiso perduto (paradosso di muoversi in avanti ma col capo indietro alla ricerca nel proprio passato di tratti che appagavano il nostro desiderio). Marco Polo ribalta l’impressione dell’imperatore, dicendo di cercare sempre qualcosa davanti a sé, “e anche se si trattava del passato era un passato che cambiava man mano egli avanzava nel suo viaggio, perché il passato del viaggiatore cambia a seconda dell’itinerario compiuto”. Qui c’è un’osservazione interessante, perché anche nel modo di guardare al passato più remoto, noi siamo portati a cogliere ed enfatizzare gli aspetti che più desideriamo veder realizzati nel futuro, è dalle esigenze di oggi, che vogliono trasformarsi in realizzazioni per domani, che noi ripensiamo al nostro passato alla ricerca di soluzioni o risposte non soddisfacenti. Arrivando ad ogni nuova città, dice Marco Polo, il viaggiatore ritrova un passato che non sapeva di avere. All’inizio di questa cornice Kublai Khan aveva chiesto se lui viaggiasse per rivivere il suo passato o per ritrovare il suo futuro, noi siamo quindi legati alla memoria e pensiamo ad essa come un periodo felice, ma al contempo andiamo nella ricerca del futuro di quello che il passato non ci ha dato.

Sesta Cornice

Si torna a parlare di questa dialettica tra passato e futuro nella sesta cornice, dove viene evocata la città di Venezia, in quanto città d’origine di Marco Polo non può che essere il suo termine di paragone, lui infatti dice che ogni volta che “descrivo una città dico qualcosa di Venezia”, come se cercasse ovunque somiglianza con il luogo che riassumeva le sue aspettative in terre lontane dalla sua patria (Venezia diventa termine di paragone per ogni viaggio). Kublai Khan si lamenta, vorrebbe che tenesse distinta la città d’origine dalle altre che visita per conto suo, ma Marco Polo dice: “per distinguere le qualità delle altre, devo partire fa una prima città che resta implicita. Per me è Venezia”.

Settima Cornice

Altro aspetto che si trova già nella serie del desiderio, è il legame con i sogni, Calvino fa capire in questa cornice che alla radice di ogni convivenza c’è un desiderio che ci attira o una paura che ci respinge. Si arriva in maniera graduale, perché comprendendo come Marco Polo immagina le sue città, Khan lo vuole imitare: “la mente del Gran Khan partiva per suo conto, e smontata la città pezzo per pezzo, la ricostruiva in un altro modo, sostituendo gli ingredienti, spostandoli, invertendoli”. Si diverte anche lui a fare questo lavoro di invenzione e costruzione mentale delle città, partendo dalla città descritte da Polo, “d’ora in avanti sarò io a descrivere le città e tu verificherai se esistono e se sono come io le ho pensate”, qui c’è il solito procedimento: la città prima si immagina a misura di un desiderio con un modello elaborato dalla mente e che possa garantire la felicità, per poi sperimentare viaggiando in cerca di questa città solo pensata per vedere se esiste già. Marco Polo lo induce però alla cautela, non tutte le città mentali ricavate da una composizione di elementi, possono essere fatte esistere perché “bisogna escludere quelle in cui gli elementi si sommano senza un filo che li connetta”. Perché un agglomerato di fattori possa diventare una città, è necessario che abbiamo una coerenza, per costruire un’immagine coerente, d’altro canto il tessuto connettivo “non può che essere o il desiderio [sogno] o la paura [incubo]”. “Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa nasconde l’altra”, la ragione portante che fa da pilastro per la costruzione della città è data in positivo dal desiderio e in negativo dalla paura, di cui si tiene conto per fuggire lontano dalle cause che potrebbero scatenarla per avvicinarsi a motivi di desiderio. “Anche le città credono di essere opera della mente o del caso”, quindi né l’opera razione né il caso possono bastare per sostenere una città, per essere la città dei sogni deve rispondere ad una tua esigenza [quella del desiderio].
Analisi delle cornici e dei personaggi in 'Le città invisibili' di Calvino articolo

Ottava Cornice

Marco Polo descrive un punto, e Kublai Khan chiede quale sia la pietra portante, ma il viaggiatore risponde: “Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, ma dalla linea dell’arco che esse formano” il che confonde l’imperatore, Marco Polo infatti tende sempre a sconvolgere il punto di vista del Gran Khan. Qui troviamo il problema della città, paragonata ad un ponte di pietra, e quindi è curioso ma sensato che il viaggiatore che per descrivere un ponte descriva pietra per pietra: la città è infatti il risultato della combinazione di tante energie e contributi, allora l’imperatore gli chiede di parlare del ponte in generale, dato che non c’è una pietra principale. Marco Polo risponde allora che non esisterebbe alcun ponte se non ci fossero le pietre, esse rappresentano i singoli cittadini, la città è infatti anche formata da essi e la possono rendere felice. L’invito è quindi quello di pensare alla città come un ponte in cui ogni individuo è una pietra che concorre al benessere, robustezza, eleganza, resistenza e funzionalità dell’intera collettività.
Per ulteriori approfondimenti su Città invisibili vedi anche qua

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i personaggi principali presentati nella prima cornice di "Le città invisibili"?
  2. I personaggi principali sono Kublai Khan, l'imperatore dei tartari, e Marco Polo, il viaggiatore veneziano. Kublai Khan rappresenta l'uomo comune con una visione limitata, mentre Marco Polo è l'intellettuale che bilancia la situazione con lucidità ed equilibrio.

  3. Qual è il ruolo delle cornici nel libro "Le città invisibili"?
  4. Le cornici servono a segmentare il libro e a fornire chiavi di lettura per decodificare le varie città descritte. Esse incorniciano i dialoghi tra Kublai Khan e Marco Polo, creando un contesto per le città invisibili e il loro significato emblematico.

  5. Come viene affrontato il tema della memoria e del desiderio nella quinta cornice?
  6. Nella quinta cornice, si esplora il rapporto tra passato e futuro, memoria e desiderio. Marco Polo spiega che il suo viaggio è una ricerca continua di qualcosa davanti a sé, e che il passato cambia a seconda dell'itinerario compiuto, suggerendo che il desiderio di futuro è influenzato dalla memoria del passato.

  7. Qual è il significato della città di Venezia per Marco Polo?
  8. Venezia è il termine di paragone per Marco Polo, poiché ogni volta che descrive una città, dice qualcosa di Venezia. Essa rappresenta le sue aspettative e serve come punto di riferimento implicito per confrontare le altre città visitate.

  9. Come viene descritta la costruzione delle città nella settima cornice?
  10. Le città sono paragonate ai sogni, costruite di desideri e paure. Marco Polo avverte che non tutte le città mentali possono esistere, poiché devono avere coerenza e un filo conduttore, che può essere il desiderio o la paura, per diventare città dei sogni.

Domande e risposte

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