Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • La lettera di Machiavelli a Francesco Vettori, datata 10 dicembre 1513, esplora il conflitto tra libertà interiore e costrizioni esterne, sottolineando il suo desiderio di azione nonostante l'esilio politico.
  • Machiavelli discute del ruolo della fortuna nella vita degli individui rispetto ai principi, evidenziando l'importanza di controllarla attivamente, tema centrale anche ne "Il Principe".
  • La narrazione della sua routine quotidiana, dal lavoro nei boschi al dialogo con i classici, enfatizza l'alternanza stilistica tra lo stile descrittivo e quello più sostenuto delle riflessioni filosofiche.
  • L'autore esprime il desiderio di ottenere un incarico dai Medici, nonostante la sua storia di opposizione, mostrando una complessa dinamica di necessità economica e ambizione personale.
  • Machiavelli illustra il suo impegno intellettuale con la composizione del "De principatibus", sperando che il suo lavoro venga apprezzato e riconosciuto dai Medici per il suo valore politico e personale.

La lettera è indirizzata all’amico Francesco Vettori, ambasciatore di Firenze alla corte papale che, quindi si trova a Roma. Porta la data del 10 dicembre 1513. Francesco Vettori svolse un’attività diplomatica per conto di Firenze, in Germania e in Francia, ma nonostante il ritorno dei Medici, egli conservò l’incarico di diplomatico. Machiavelli, invece, scrive da una tenuta vicino a San Casciano dove si è ritirato dopo essere stato incarcerato e torturato per congiura contro i Medici.

Indice

  1. Vita e Attività di Machiavelli
  2. Contrasti e Fortuna nella Vita
  3. Descrizione della Vita Quotidiana
  4. Riflessioni Serali e Studio
  5. Progetti e Ambizioni Future

Vita e Attività di Machiavelli

Il nucleo fondante del capitolo è costituito dal conflitto tra libertà interiore e costrizioni esterne; lo scrittore anche se costretto alla solitudine, lontano da ogni attività politica, resta comunque sempre un uomo di azione

Per capire meglio il testo, occorre precisare che la lettera è una risposta ad una missiva inviata alla fine del mese di novembre dal Vettori, in cui quest’ultimo informa l’amico della vita che sta conducendo a Roma, come Ambasciatore presso lo Stato Pontificio. Si tratta di una vita che si svolge in un ambiente molto signorile, in cui i rapporti sono di alto livello, come pure gli svaghi e i piaceri.

Contrasti e Fortuna nella Vita

Gli argomenti che lo scrittore fiorentino affronta sono tanti e l’uso di un registro linguistico piuttosto che un altro è evidente. All’inizio il tono è colloquiale e amabile (descrizione delle attività mattutine e pomeridiane]; poi, dopo aver fornito tutta una serie di informazioni, egli passa a trattare della “fortuna”, un argomento che tanta parte occupa nei suoi scritti [e soprattutto ne Il Principe], e a questo punto il tono diventa più sostenuto. Nella vita individuale il ruolo della fortuna è ben diverso da quello che occupa nei confronti di un prìncipe: viene lasciarla agire e aspettare che lasci fare qualcosa anche agli uomini, che nei suoi confronti mantengono quindi un atteggiamento passivo. Ne Il Principe, invece Machiavelli arriva ad affermare che la fortuna deve essere forzata e tenuta sotto controllo, come fa l’uomo nei confronti della donna.. L’alternanza stilistica, in stretta relazione con i diversi atteggiamenti interiori, è particolarmente evidente nelle due sequenze contigue che descrivono le attività della giornata e della sera: nella prima egli fa attenzione al quotidiano e lo stile è piano e descrittivo, anche se l’autore è consapevole di essere costretto ad una forma di abbrutimento (“m’ingaglioffa”, “entro questi pidocchi”). Nella seconda, la tensione stilistica cresce ed abbiamo una sorta di climax finale (noia…. affanno…. povertà…. morte). La stessa situazione si ripete verso la fine in cui si nota il contrasto fra la consapevolezza del proprio valore e l’amarezza della condizione in cui si trova.

Nel testo, Machiavelli manifesta anche il desiderio di ottenere un incarico dai Medici, pur essendo quest’ultimi goli avversari storici della Repubblica che lo scrittore ha servito per 14 anni. In questo caso, egli manifesta la sua incoerenza, anche se la richiesta è solidamente argomentata

Inoltre, in queste pagine, l’autore disegna un’immagine di sé che riprende la condizione dell’intellettuale umanista, cioè di colui in cui lo studio dei classici è dialogo con gli antichi autori e nello stesso tempo anche lezione per il presente.

Magnifico ambasciatore. [L’inizio dello scritto di Machiavelli è ironico, ma affettuoso. Infatti mentre il Vettori gli si rivolge con “compar mio caro (= Caro amico mio”), Machiavelli inizia con “Magnifico ambasciatore”.]

Le grazie divine non giunsero mai troppo tardi [libero adattamento di un verso del Petrarca di cui Machiavelli fa un uso scherzoso] Dico questo perché mi sembrava di non aver proprio perduto, ma almeno smarrito, la vostra benevolenza, dato che voi siete stato per molto tempo senza scrivermi e non ho capito il motivo di questo silenzio. E non facevo attenzione a tutte le motivazioni che mi venivano in mente, eccetto il fatto che temevo che voi aveste tralasciato di scrivermi perché vi era forse stato riferito che non mi ero comportato come buon custode e amministratore delle vostre lettere e io sapevo che eccetto Filippo [Filippo Casavecchia, amico comune di Machiavelli e di Francesco Vettori] e Paolo [fratello di Francesco Vettori], nessun altro le aveva visto con la mia autorizzazione. Ho ricevuto la vostra ultima lettera del 23 novembre, leggendo la quale sono rimasto molto contento nel vedere come voi esercitiate la vostra carica di ambasciatore con calma e senza prendervela troppo e io vi esorto a continuare così, perché chi rinuncia ai propri vantaggi per favorire quelli altrui, finisce col perdere soltanto i suoi, e i servizi resi non gli vengono riconosciuti. E poiché la fortuna interviene sempre nelle cose degli uomini, conviene lasciarla agire, starsene tranquilli e non cercare di provocarla: conviene aspettare che essa permetta di far qualcosa anche agli uomini, e qualora a voi converrà impegnarvi di più nel vostro incarico di ambasciatore, sorvegliare di più l’andamento delle cose, e a me converrà lasciare la campagna e offrire la mia opera.

Descrizione della Vita Quotidiana

Pertanto non posso, contraccambiando le informazioni, che raccontarvi quali sia mia vita. e se voi pensate che valga la pena di scambiarla con la vostra, io sarei contento di fare il cambio.

Mi trovo in campagna, e da quando sono passato attraverso quelle vicende [lo scrittore si riferisce alla prigionia e alla tortura perché accusato di aver complottato contri Medici] non ho trascorso in tutto più di venti giorni a Firenze. Sono andato a caccia di tordi, mi alzavo di buon’ora, preparavo le gabbie per cacciare, ricoprendole di un’apposita sostanza vischiosa, mi recavo al luogo della caccia con un tal carico di gabbie addosso che sembravo Geta, schiavo di Anfitrione, carico dei libri che il padrone aveva portato da Atene. Catturavo minimo due, massimo sei tordi. E così è trascorso il mese di settembre. Poi, questo passatempo, benché fosse congiunto al dispetto di dover stare lontano dalla vita attiva e benché fosse insolito rispetto alle mie consuete occupazioni, mi è venuto a mancare con mio grande dispiacere e ora vi racconterò come trascorro le mie giornate. Mi alzo la mattina con il sole e mi reco in un bosco che faccio tagliare per ricavarne legna, dove resto due ore a controllare il lavoro fatto il giorno precedente e mi trattengo con i boscaioli che hanno sempre qualche litigio in corso, fra di loro o con i vicini.

Venuto via dal bosco, mi reco ad una fonte e da qui in mio uccellatoio [boschetto dove si possono catturare gli uccelli con reti e richiami]: porto un libro sotto il braccio, Dante o Petrarca, o uno di un poeta latino minore come Tibullio, Ovidio o simili: leggo la storia delle loro passioni amorose e quelle dei loro amori; mi ricordo dei miei amori e godo un po’ di restare a fantasticare con questi pensieri. Quindi mi sposto sulla strada, nell’osteria, parlo con coloro che passano, chiedo notizie dei loro paesi, sento varie cose e noto diversi gusti e diversi tipi di uomini. Nel frattempo viene l’ora del pranzo e con la famiglia mangio quei cibi che questa mia povera campagna e le miei limitate possibilità mi permettono. Dopo aver mangiato, ritorno all’osteria: qui trovo l’oste, di solito, un macellaio, un mugnaio due operai della fornace. Con questi compagni, mi trasformo in un perditempo da taverna, giocando per tutto il giorno a cricca e ad altri giochi dai quali nascono zuffe e scambi di insulti; il più delle volte si gioca con i soldi e ci sentono urlare fin da San Casciano. Così immerso in queste cose volgari, impedisco al mio cervello di ammuffire e subisco la mia triste sorte; e sono persino contento che la sorte mi calpesti in questo modo, per vedere almeno se essa ne prova vergogna.

Riflessioni Serali e Studio

Venuta la sera, ritorno a casa e entro nello studiolo. E, giunto sulla porta, mi tolgo i vestiti di tutti i giorni sporchi di fango e indosso abiti degni di essere indossati a corte [In questa descrizione, il senso letterale acquista un senso traslato, metaforico: lo scrittore si libera della meschinità e dell’ingaglioffamento quotidiani e realizza, ora, la parte più autentica di sé] e, vestito decentemente, mi immergo nel mondo degli antichi, nel quale, ricevuto con amore dai suoi “abitanti”, mi nutro di quel cibo che solo mi appartiene e per il quale sono nato. Non provo vergogna a parlare con loro, domando loro la ragione delle azioni compiute ed essi mi rispondono cortesemente; per quattro ore di fila, non provo alcuna forma di noia, mi dimentico di ogni preoccupazione, non temo la povertà e la morte non mi impressiona: mi identifico completamente nella loro persone. E poiché Dante sostiene che la vera scienza implica anche il ricordare quello che si è compreso, io ho annotato ciò che ho imparato nel conversare con loro [gli antichi uomini], ho composto un’operetta intitolata De principatibus, nella quale mi immergo per quanto mi è possibile, nelle questioni relative a questo argomento, discutendo su che cosa è un principato, di quali specie ne esistono, come si conquistano, come si conservano e perché si perdono. E se questa mia estrosità vi piace, il mio progetto non vi dovrebbe dispiacere e dovrebbe essere ben accettato da un principe e soprattutto da un principe nuovo; per questo motivo lo dedico a alla Magnificenza di Giuliano de’ Medici. Filippo Casavecchia ha avuto l’occasione di vedere il mio scritto; vi potrà fornire informazioni dettagliate in merito e delle riflessioni che ho scambiato con lui, sebbene io arricchisca e corregga il testo in continuazione.

Progetti e Ambizioni Future

Voi, carissimo ambasciatore, vorreste che lasciassi questa vita e che venissi a vivere con voi. Lo farò, ma ciò che mi sta occupando, in questo momento, sono alcune faccende che fra sei settimane saranno sistemate. Quello che mi tiene in dubbio è che a Roma, si trovano Pier Soderini e la sua famiglia, e io venendo in città, sarei costretto ad andare a far loro visita e a parlare con loro [Pier Soderini era stato gonfaloniere della Repubblica Fiorentina e dopo il ritorno dei Medici à Firenze, era stato espulso]. Tornando a casa, non mi piacerebbe sbagliarmi, e, credendo di scendere da cavallo, scendere, invece davanti al palazzo del comandante di polizia, perché, sebbene questo dominio dei Medici poggi su valide fondamenta, e su una grande sicurezza, è comunque un regime nuovo e, come tale, è pieno di sospetti. Non mancano, poi, gli zelanti che, per comportarsi come Paolo Bertini [non sappiamo chi sia] manderebbe chiunque in pensione gratis [cioè in prigione], lasciandomi poi a me tutto il fastidio. Vi prego di liberarmi da questa paura e poi vi verrò a trovare a Roma.

Del mio opuscolo, ho discusso con Filippo, soprattutto se fosse il caso di presentarlo a Giuliano de’ Medici e convenuto che sarebbe stato bene presentarglielo, se fosse meglio che glielo portassi personalmente o che glielo facessi avere per interposta persona. Esitavo a darglielo perché temevo che Giuliano non lo avrebbe nemmeno letto e che Filippo Ardinghelli [segretario de papa] acquisisse merito, appropriandosi di questo mio lavoro. D’altra parte, mi spingeva a darlo la necessità economica che mi pungola, e non posso vivere ancora troppo a lungo senza ridurmi ad essere oggetto di disprezzo per la mia povertà. Oltre a questo desiderio, vorrei che i Medici cominciassero a darmi qualche incarico, anche se si trattasse di farmi rotolare un sasso [= un incarico insulso, di nessun rilievo]; e poi se non riuscissi a conquistare la loro fiducia, sarei molto dispiaciuto; e per quanto riguarda questa mia opera [= Il Principe], nel momento in cui venisse letta, si vedrebbe chiaramente che i quindici anni che ho trascorso, occupandomi con zelo di politica, sono stati anni di serio impegno. E ognuno dovrebbe apprezzare il fatto di potersi servire di una persona che ha acquisito una notevole esperienza, mentre lavorava a servizio degli altri. E della mia lealtà non si dovrebbe dubitare perché non sono mai stato sleale non lo diventerò certamente ora; e chi è stato fedele e buono per quarantatré anni, e questa è la mia età, non può e non deve cambiare natura: la povertà in cui mi trovo testimonia la mia lealtà e bontà.

Avrei piacere che voi mi faceste conoscere il vostro parere sul modo più opportuno di consegnare la mia opera a Giuliano de’ Medici, mi raccomando a voi.

Sii felice.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il contesto storico e personale in cui Machiavelli scrive la lettera a Francesco Vettori?
  2. Machiavelli scrive la lettera da una tenuta vicino a San Casciano, dove si è ritirato dopo essere stato incarcerato e torturato per congiura contro i Medici. La lettera è indirizzata a Francesco Vettori, ambasciatore di Firenze alla corte papale, e porta la data del 10 dicembre 1513.

  3. Come descrive Machiavelli la sua vita quotidiana in campagna?
  4. Machiavelli descrive una vita quotidiana semplice e lontana dalla politica, trascorrendo il tempo a cacciare tordi, leggendo classici come Dante e Petrarca, e interagendo con persone comuni in osteria. La sua routine è caratterizzata da attività che lo tengono occupato e gli impediscono di "ammuffire" mentalmente.

  5. Quali sono le riflessioni serali di Machiavelli e come si relazionano con il suo studio?
  6. La sera, Machiavelli si ritira nel suo studiolo, si veste in modo dignitoso e si immerge nello studio degli antichi, dialogando con loro attraverso i testi. Questo momento rappresenta la parte più autentica di sé, dove si dedica alla scrittura del "De principatibus" e si distacca dalle preoccupazioni quotidiane.

  7. Qual è l'atteggiamento di Machiavelli nei confronti della fortuna e come si riflette nei suoi scritti?
  8. Machiavelli discute il ruolo della fortuna nella vita individuale e politica, sostenendo che nella vita personale si dovrebbe lasciarla agire passivamente, mentre nei confronti di un principe, come descritto ne "Il Principe", la fortuna deve essere forzata e controllata.

  9. Quali sono le ambizioni future di Machiavelli e come intende realizzarle?
  10. Machiavelli desidera ottenere un incarico dai Medici, nonostante siano stati avversari storici della Repubblica che ha servito. Intende presentare il suo scritto "De principatibus" a Giuliano de’ Medici, sperando che venga apprezzato e che gli permetta di dimostrare la sua esperienza politica e ottenere un incarico.

Domande e risposte

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