Concetti Chiave
- Nel capitolo VII de "Il Principe", Machiavelli analizza Cesare Borgia come modello di "principe nuovo", salito al potere grazie alla fortuna e all'appoggio di armi altrui.
- Borgia è presentato come esempio di chi acquisisce un principato con fortuna, evidenziando la differenza tra governo ottenuto con fortuna e con virtù.
- Machiavelli attribuisce la caduta di Borgia a una "malignità di fortuna", ma anche a un errore politico nella scelta di appoggiare l'elezione di Giulio II.
- La complessità della posizione di Machiavelli emerge nel contrasto tra fortuna e virtù, che viene ulteriormente esplorato nel capitolo XXV dell'opera.
- Inizialmente, "Il Principe" era destinato a Giuliano de’ Medici, simile a Borgia come "principe nuovo", ma fu poi dedicato a Lorenzo de’ Medici.

Indice
Il Valentino: Cesare Borgia nel capitolo VII
In questo capitolo fondamentale del Principe, Machiavelli prende in esame la figura di Cesare Borgia (detto il Valentino, perché duca di Valentinois, antica provincia in Francia).
Egli fu uno spregiudicato principe, scomparso nel 1507, e qui proposto come modello di “principe nuovo”, ovvero di quella tipologia di principi che diventano tali dopo essere stati prima privati cittadini. Il suo caso era, inoltre, emblematico di coloro che acquisiscono un principato con armi di altri (nel caso di Borgia le armi dei francesi) e grazie a circostanze fortunate (per il Valentino essere figlio del papa). In questo capitolo Machiavelli, che torna sulla questione dell’acquisizione e del mantenimento del principato, oppone due tipi di governo: quello conquistato con la fortuna, facile da ottenere e difficile da conservare, e quello ottenuto con la virtù, difficile da conquistare, ma facile da mantenere. Su questo sfondo, la vicenda politica di Cesare Borgia, nell’economia generale del trattato, viene assunta come modello da imitare per chiunque divenga principe non per vincoli ereditari. A differenza di Francesco Sforza, esempio di principe per virtù, Borgia sale al potere sfruttando la fortuna e godendo dell’appoggio di armi altrui. La sua capacità politica si manifesta però nell’abile e attento lavoro volto a rafforzare il suo potere e a dare solide fondamenta al nuovo principato. Le azioni del Valentino possono dunque costituire un autentico manuale di comportamento del principe moderno e, al contempo, dimostrare come il principe virtuoso debba saper controllare razionalmente il piano degli eventi e agire con prudenza per volgerli a proprio vantaggio.
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La “malignità di fortuna” e l’errore del Valentino
Questo quadro perfetto appare però incrinato dall’esito della vicenda di Cesare Borgia che, dopo la morte del padre, il papa Alessandro VI, vede compromessa la sua costruzione politica, fino alla caduta finale. Machiavelli assegna inizialmente alla fortuna la responsabilità di questa conclusione negativa, insistendo sulla natura eccezionale della sua malignità: “Se adunque si considererà tutti i progressi del Duca, si vedrà quanto lui avesse fatto gran fondamenti alla futura potenzia, li quali non giudico superfluo discorrere, perché io non saprei quali precetti mi dare migliori ad un Principe nuovo, che lo esempio delle azioni sue; e se gli ordini suoi non gli giovarono, non fu sua colpa, perché nacque da una straordinaria ed estrema malignità di fortuna. Aveva Alessandro VI nel voler fare grande il Duca suo figliuolo assai difficultà presenti e future.”. Nel finale, invece, sembra propendere per un’interpretazione diversa: l’elezione di Giulio II fu un errore di calcolo grave che il Valentino, al di là delle circostanze negative che si abbatterono su di lui (la morte del padre, la sua stessa malattia), avrebbe dovuto e potuto evitare: «Errò adunque el duca in questa elezione, e fu cagione dell’ultima ruina sua». In questo modo Machiavelli, persino contraddicendo se stesso, sembra voler riportare sotto il controllo della ragione la vicenda eccezionale del Borgia, sottraendone la fine all’azione imprevedibile della fortuna e addebitandone la caduta a un errore politico. Il capitolo VII innesta sul tema del principato nuovo, quello più generale del rapporto tra fortuna e virtù, che sarà ripreso esplicitamente nel capitolo XXV, rivelando la natura complessa, e a tratti contraddittoria, della posizione di Machiavelli al riguardo.
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Cesare Borgia e Giuliano de’ Medici
Nella famosa lettera del 1513 che annuncia la stesura del Principe, Machiavelli, scrivendo a Francesco Vettori, manifesta l’intenzione di dedicare in fase iniziale il libro a Giuliano de’ Medici. Al tempo circolavano voci sulla volontà di papa Leone X di dotare il fratello Giuliano di uno Stato e la scelta sembrava orientata soprattutto su un principato nuovo in Emilia, comprendente le città di Parma, Piacenza, Modena e Reggio. È chiaro che, con queste premesse storiche, l’esempio del duca Valentino era particolarmente adatto a descrivere la situazione in cui si sarebbe venuto a trovare Giuliano: come Borgia, infatti, anche Giuliano da privato cittadino sarebbe diventato principe. Come Borgia, avrebbe probabilmente fondato il suo principato nuovo nelle terre oggi dell’Emilia-Romagna; come Borgia, si sarebbe appoggiato sul potere del papa. Questa affinità tra le due figure doveva essere chiara agli occhi dei lettori del tempo. Lo stesso Machiavelli, in una lettera del 1515, si soffermerà sullo stretto legame tra le due figure, ribadendo la sua ammirazione per il Valentino. A causa della prematura morte di Giuliano de’ Medici l’opera verrà poi dedicata a Lorenzo de’ Medici. E in conclusione presenta un’esortazione diretta alla signoria affinché riunifichi la penisola sotto il suo dominio cacciando l’invasore straniero.
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Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo di Cesare Borgia nel capitolo VII de "Il Principe" di Machiavelli?
- Come Machiavelli interpreta la caduta di Cesare Borgia?
- Qual è la relazione tra Cesare Borgia e Giuliano de’ Medici secondo Machiavelli?
- Perché Machiavelli dedica "Il Principe" a Lorenzo de’ Medici invece che a Giuliano?
- Qual è il messaggio finale di Machiavelli ne "Il Principe"?
Nel capitolo VII, Machiavelli esamina Cesare Borgia come modello di "principe nuovo", un esempio di chi diventa principe da privato cittadino, sfruttando la fortuna e le armi altrui, ma dimostrando abilità politica nel consolidare il potere.
Machiavelli attribuisce inizialmente la caduta di Borgia alla "malignità di fortuna", ma poi suggerisce che un errore politico, l'elezione di Giulio II, fu determinante, mostrando una visione complessa del rapporto tra fortuna e virtù.
Machiavelli vede un parallelismo tra Borgia e Giuliano de’ Medici, entrambi privati cittadini destinati a diventare principi, con Giuliano che avrebbe potuto seguire l'esempio di Borgia nel fondare un principato nuovo.
L'opera fu dedicata a Lorenzo de’ Medici dopo la morte prematura di Giuliano, nonostante l'iniziale intenzione di Machiavelli di dedicarla a quest'ultimo, in parte per le aspettative di un principato nuovo per Giuliano.
Machiavelli conclude con un'esortazione alla signoria dei Medici affinché unifichi l'Italia sotto il suo dominio, cacciando l'invasore straniero, riflettendo il desiderio di stabilità e potere centralizzato.