Indice
I strofa
Quan lo rius de la fontanas’esclarzis, si cum far sol,
e par la flors aiglentina
e·l rossinholetz el ram
volf e refranh ez aplana
son dous chantar et afina,
dreitz es qu’ieu lo mieu refranha.
II strofa
Amors de terra lonhdana,per vos totz lo cors mi dol.
E no·n puosc trobar meizina
si non vau al sieu reclam
ab atraich d’amor doussana
dinz vergier o sotz cortina
ab dezirada companha.
III strofa
Pois del tot m’en falh aizina,no·m meravilh s’ieu n’aflam:
quar anc genser crestiana
non fo, ni Dieus non la vol,
juzeva ni sarrazina.
Ben es selh pagutz de mana,
qui ren de s’amor gazanha!
IV strofa
De dezir mos cors no finavas selha ren qu’ieu plus am,
e cre que volers m’enguana
si cobezeza la·m tol;
que plus es ponhens qu’espina
la dolors que ab joi sana:
don ja non vuolh qu’om m’en planha.
V strofa
Senes breu de pargaminatramet lo vers, que chantam
en plana lengua romana,
a·n Hugon Brun per Filhol:
bo·m sap quar gens peitavina,
de Beiriu e de Guiana,
s’esgau per lui e Bretanha.
Trasposizione in italiano moderno - I strofa
Quando il rio della sorgente [che sorga dalla sorgente]si fa chiaro, come è solito,
e sboccia la rosa canina,
e l’usignolo sul ramo
svolge, riprende e forbisce
il dolce suo canto e lo affina,
[cioè in primavera. Il poeta mette in parallelo il risvegliarsi del canto dell’usignolo, in mezzo al rifiorire della stagione e la rinascita del suo canto e dunque la rinascita del poeta stesso]
è bene che io riprenda il mio
II strofa
“Amore di terra lontana,[non è l’amore “di una terra lontana”, cioè un genitivo, né l’amore “che viene da una terra lontana”, genitivo di provenienza, bensì un amore “ caratterizzato dalla lontananza, cioè un genitivo di specificazione qualitativa. L’espressione si ritrova anche nella poesia moderna, in “Alcyone” di D’Annunzio e in G. Carducci.]
per voi il cuore mi duole”
[In questo verso, il termine “lo cors” può essere inteso sia come “cuore” - dal latino “cord/cordis” - , sia come corpo - dal latino corpus/corporis - . Si tratta di un’ambiguità molto frequente nella poesia provenzale che tende a escludere la fisicità dalla “fin’amnor”, alcuni studiosi traducono con “il mio essere”, che rende l’idea in modo più preciso]
e non posso trovare medicina
se non nell’eco del suono del vostro nome
per la lusinga di un dolce amore
nel giardino o dietro cortina [si tratta delle cortine del letto e quindi un’allusione evidente alla consumazione del rapporto sessuale],
in compagnia beneamata.
III strofa
Poiché non ne ho mai l’occasione,non c’è da stupirsi se lo bramo,
non vi fu mai, né Dio lo vuole,
più bella cristiana,
né giudea o saracena:
è ben pagata con manna [con cibo divino. La manna è il cibo, disceso dal cielo che nutrì, in modo miracoloso gli ebrei nel deserto] chi guadagna
un po’del suo amore
IV strofa
Il mio cuore non finisce di desiderarecolei che io amo di più;
e credo che la volontà mi inganni
se la mia concupiscenza me la toglie;
[il desiderio carnale, cioè la concupiscenza (covezeza) se fosse lascato libero di sfrenarsi, avrebb4e la paradossale conseguenza di annullare la volontà di possedere l’amata; è proprio l’insoddisfazione del desiderio che tiene desta, in tensione, la volontà di unirsi a lui]
è più pungente della spina
il dolore che la gioia d’amore risana!
[la gioia d’amore sana il dolore del desiderio insoddisfatto, pungente come una spina. Tuttavia, questa “goia d’amore” non è il possesso fisico della persona amata, che segnerebbe la fine del desiderio; è invece la gioia stessa dell’innamoramento, impossibile separarlo dal dolore del desiderio. Proprio per questo, alla fine della strofa, il poeta scrive di non volere essere compianto da nessuno: la lontananza e quindi l’impossibilità assoluta di raggiungere la donna amata, è garanzia della durata della passione amorosa, in cui consiste la vera gioia dell’innamorato.]
Dunque non voglio che mi si compianga.
V strofa
Senza foglio di pergamena [soltanto oralmente]invio questi versi cantando,
[da notare il carattere orale e cantato della canzone, in contrapposizione a un testo scritto sulla pergamena]
in schietta lingua romanza
a Messer Ugo Bruno, tramite Fihol;
[Messer Hugo Bru era il signore, discendente della dinastia dei Lusignano e regnava sulle terre del Poitou, del Berry e della Gyenne. Fihol è il nome dei giullare a cui il poeta affida di diffondere la diffusione della sua canzone]
sono lieto che gli abitanti del Poitou
del Berry e della Guyenna
da lei sia rallegrata, e anche gli abitanti della Bretagna.
Commento
La canzone risale al XII secolo ed è scritta in lingua provenzale del Medioevo. Il tema è quello dell’amore caratterizzato dalla lontananza per il quale il poeta si strugge; tuttavia, egli è consapevole che il possesso fisico della donna amata estinguerebbe l’intensità della passione amoroso.Con il ritorno della primavera e il ridestarsi del canto dell’usignolo, anche il poeta torna al suo canto per celebrale l’amore per la donna amata, bellissima, ma distante. Il poeta non chiede di essere compianto, mas desidera tenere vivo lo struggimento del desiderio, per quanto sia più pungente di una spina: se venisse appagato con il possesso fisico dell’amata, l’amore stesso verrebbe meno. Egli affida dunque al giullare Filhol la propria canzone, destinandola a Messer Ugo Bruno, signore della dinastia di Lusignano.