Fabrizio Del Dongo
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Indice

  1. I strofa
  2. II strofa
  3. III strofa
  4. IV strofa
  5. V strofa
  6. Trasposizione in italiano moderno - I strofa
  7. II strofa
  8. III strofa
  9. IV strofa
  10. V strofa
  11. Commento
  12. Il tema dell’amore-lontananza
  13. La contraddizione del sentimento amoroso
  14. Circostanze sociali legate alla canzone

I strofa

Quan lo rius de la fontana
s’esclarzis, si cum far sol,
e par la flors aiglentina
e·l rossinholetz el ram
volf e refranh ez aplana
son dous chantar et afina,
dreitz es qu’ieu lo mieu refranha.

II strofa

Amors de terra lonhdana,
per vos totz lo cors mi dol.
E no·n puosc trobar meizina
si non vau al sieu reclam
ab atraich d’amor doussana
dinz vergier o sotz cortina
ab dezirada companha.

III strofa

Pois del tot m’en falh aizina,
no·m meravilh s’ieu n’aflam:
quar anc genser crestiana
non fo, ni Dieus non la vol,
juzeva ni sarrazina.
Ben es selh pagutz de mana,
qui ren de s’amor gazanha!

IV strofa

De dezir mos cors no fina
vas selha ren qu’ieu plus am,
e cre que volers m’enguana
si cobezeza la·m tol;
que plus es ponhens qu’espina
la dolors que ab joi sana:
don ja non vuolh qu’om m’en planha.

V strofa

Senes breu de pargamina
tramet lo vers, que chantam
en plana lengua romana,
a·n Hugon Brun per Filhol:
bo·m sap quar gens peitavina,
de Beiriu e de Guiana,
s’esgau per lui e Bretanha.

Trasposizione in italiano moderno - I strofa

Quando il rio della sorgente [che sorga dalla sorgente]
si fa chiaro, come è solito,
e sboccia la rosa canina,
e l’usignolo sul ramo
svolge, riprende e forbisce
il dolce suo canto e lo affina,
[cioè in primavera. Il poeta mette in parallelo il risvegliarsi del canto dell’usignolo, in mezzo al rifiorire della stagione e la rinascita del suo canto e dunque la rinascita del poeta stesso]
è bene che io riprenda il mio

II strofa

“Amore di terra lontana,
[non è l’amore “di una terra lontana”, cioè un genitivo, né l’amore “che viene da una terra lontana”, genitivo di provenienza, bensì un amore “ caratterizzato dalla lontananza, cioè un genitivo di specificazione qualitativa. L’espressione si ritrova anche nella poesia moderna, in “Alcyone” di D’Annunzio e in G. Carducci.]
per voi il cuore mi duole”
[In questo verso, il termine “lo cors” può essere inteso sia come “cuore” - dal latino “cord/cordis” - , sia come corpo - dal latino corpus/corporis - . Si tratta di un’ambiguità molto frequente nella poesia provenzale che tende a escludere la fisicità dalla “fin’amnor”, alcuni studiosi traducono con “il mio essere”, che rende l’idea in modo più preciso]
e non posso trovare medicina
se non nell’eco del suono del vostro nome
per la lusinga di un dolce amore
nel giardino o dietro cortina [si tratta delle cortine del letto e quindi un’allusione evidente alla consumazione del rapporto sessuale],
in compagnia beneamata
.

III strofa

Poiché non ne ho mai l’occasione,
non c’è da stupirsi se lo bramo,
non vi fu mai, né Dio lo vuole,
più bella cristiana,
né giudea o saracena:
è ben pagata con manna [con cibo divino. La manna è il cibo, disceso dal cielo che nutrì, in modo miracoloso gli ebrei nel deserto] chi guadagna
un po’del suo amore

IV strofa

Il mio cuore non finisce di desiderare
colei che io amo di più;
e credo che la volontà mi inganni
se la mia concupiscenza me la toglie;
[il desiderio carnale, cioè la concupiscenza (covezeza) se fosse lascato libero di sfrenarsi, avrebb4e la paradossale conseguenza di annullare la volontà di possedere l’amata; è proprio l’insoddisfazione del desiderio che tiene desta, in tensione, la volontà di unirsi a lui]
è più pungente della spina
il dolore che la gioia d’amore risana!
[la gioia d’amore sana il dolore del desiderio insoddisfatto, pungente come una spina. Tuttavia, questa “goia d’amore” non è il possesso fisico della persona amata, che segnerebbe la fine del desiderio; è invece la gioia stessa dell’innamoramento, impossibile separarlo dal dolore del desiderio. Proprio per questo, alla fine della strofa, il poeta scrive di non volere essere compianto da nessuno: la lontananza e quindi l’impossibilità assoluta di raggiungere la donna amata, è garanzia della durata della passione amorosa, in cui consiste la vera gioia dell’innamorato.]
Dunque non voglio che mi si compianga.

V strofa

Senza foglio di pergamena [soltanto oralmente]
invio questi versi cantando,
[da notare il carattere orale e cantato della canzone, in contrapposizione a un testo scritto sulla pergamena]
in schietta lingua romanza
a Messer Ugo Bruno, tramite Fihol;
[Messer Hugo Bru era il signore, discendente della dinastia dei Lusignano e regnava sulle terre del Poitou, del Berry e della Gyenne. Fihol è il nome dei giullare a cui il poeta affida di diffondere la diffusione della sua canzone]
sono lieto che gli abitanti del Poitou
del Berry e della Guyenna
da lei sia rallegrata, e anche gli abitanti della Bretagna.

Commento

La canzone risale al XII secolo ed è scritta in lingua provenzale del Medioevo. Il tema è quello dell’amore caratterizzato dalla lontananza per il quale il poeta si strugge; tuttavia, egli è consapevole che il possesso fisico della donna amata estinguerebbe l’intensità della passione amoroso.
Con il ritorno della primavera e il ridestarsi del canto dell’usignolo, anche il poeta torna al suo canto per celebrale l’amore per la donna amata, bellissima, ma distante. Il poeta non chiede di essere compianto, mas desidera tenere vivo lo struggimento del desiderio, per quanto sia più pungente di una spina: se venisse appagato con il possesso fisico dell’amata, l’amore stesso verrebbe meno. Egli affida dunque al giullare Filhol la propria canzone, destinandola a Messer Ugo Bruno, signore della dinastia di Lusignano.

Il tema dell’amore-lontananza

L’amore, caratterizzato dalla lontananza è un concetto tipico della fin’amor della poesia provenzale ed ha un valore positivo: la lontananza garantisce la durata del desiderio. Infatti se l’uomo riuscisse a congiungersi sessualmente con l’amata e ad ottenere così la soddisfazione fisica, l’amore verrebbe meno. L’amore “da lontano” viene, pertanto, idealizzato, quasi in tono romantico, ma non è un amore spirituale. Infatti, Rudel allude in modo molto esplicito al tormento della sensualità insoddisfatta che la distanza rende più acuto.

La contraddizione del sentimento amoroso

L’amore lontano presenta una contraddizione di ordine psicologico: da un lato troviamo il dolore derivato dal desiderio inappagato e dall’altro la gioia dell’amore che continuamente alimenta la condizione dell’amante. Questo spiega perché la poesia si apre con un’immagine primaverile che invita il poeta a riprendere il suo canto. Questo canto, però, non è un canto allegro, visto che si parla de tormento causato dalla lontananza dell’oggetto amato. Eppure si tratta di un canto di gioia amorosa; infatti, l’amore cortese dei trovatore è un amore che trova in se stesso le proprie ragioni di letizia interiore e quindi non può essere mai infelice.

Circostanze sociali legate alla canzone

L’ultima strofa ci fornisce delle indicazioni preziose sulle circostanze sociali che all’epoca dei trovatori, accompagnavano i componimenti poetici. Lo scritto è stato composto per essere cantato fa un trovatore e la menzione di Messer Ugo Bruno e dei suoi feudi ci fa capire che il pubblico era formato da aristocratici delle corti di Provenza.

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