Concetti Chiave
- Jacopo Passavanti, frate domenicano del Trecento, svolse importanti incarichi religiosi e scrisse il "Trattato della vera penitenza".
- Il racconto enfatizza la presunzione di sperare nel pentimento all'ultimo momento, evidenziando l'imprevedibilità della morte.
- Il Conte di Matiscona è descritto come un uomo peccatore e superbo, inconsapevole del giudizio divino e della morte imminente.
- Il cavaliere misterioso simboleggia il diavolo, apparendo per portare via il Conte come punizione per la sua vita dissipata.
- Nell'iconografia medioevale, il diavolo è spesso raffigurato come una bestia o un cavaliere, talvolta identificato con il cavallo stesso.
Indice
Presentazione dell’autore
Jacopo Passavanti era un frate domenicano, vissuto nella Firenze della prima metà del Trecento. Nel corso della sua vita ebbe diversi ed importanti incarichi religiosi nei conventi romani o toscani. Fra l’altro, fu anche sovrintendente alla costruzione di Santa Maria Novella e vicario generale della diocesi di Firenze. Le prediche durante la Quaresima del 1354, hanno costituito l’opera Trattato della vera penitenza.Presentazione del racconto
Nel racconto, lo scrittore predilige il terribile in modo da poter attirare il pubblico e convincerlo della sua tesi. Nel testo, oggetto del commento, sostiene il concetto secondo cui è presuntuoso che Dio conceda all’uomo di pentirsi in extremis, dopo aver condotto una vita dissipata. La morte può giungere in qualsiasi momento, anche se si gode di un’ottima salute, come succede al Conte di Matiscona (= forse l’odierna Mâcon), protagonista del racconto.Trasposizione in italiano moderno
“Come può l’uomo ragionevolmente sperare che Dio gli accordi benevolmente del tempo altro tempo, dal momento che il tempo che gli ha dato, fino ad ora l’ha usato dedicandosi ai vizi ed oltraggiando Dio stesso?Credere di poter disporre del tempo futuro non è speranza, bensì un atto di cieca presunzione. Contro costoro, Dio spesso mostra una giusta vendetta, privandoli del tempo che usavano in modo superbo contro Dio e che speravano, in modo presuntuoso in una vita molto più lunga.
Secondo quanto scrive Elinaldo [un erudito e cronista francese del XII-XIII secolo], a Matiscona viveva un Conte, un uomo dedito alla vita mondana e grande peccatore, nei confronti di Dio era superbo e nei confronti del prossimo spietato e crudele. Ed essendo assai benestante, con tante ricchezze, sano e forte di salute, non pensava assolutamente di morire e nemmeno che le cose di questo mondo gli potessero essere sottratte che dovesse essere sottoposto al giudizio divino. Un giorno di Pasqua, mentre si trovava nel suo palazzo circondato da molti cavalieri e giovani nobili oltre da molti rispettati cittadini che festeggiavano con lui, ad un tratto uno sconosciuto a cavallo entra dalla porta del palazzo senza dir nulla a nessuno: visto dove si trovava il Conte con i suoi amici, essendo stato scorto da tutti e, udendolo, si rivolse al Conte dicendogli: “Su, Conte, alzati e seguimi. Il Conte. Impaurito,, si alzò tutto tremante e si mise a seguire il cavaliere sconosciuto, a cui nessuno osava rivolgere la parola. Arrivato alla porta del palazzo, il cavaliere ordinò al Conte di salire su di un cavallo, già tutto bardato: afferrandolo per le redini e trascinandoselo dietro correndo velocemente, lo conduceva in aria, in modo che tutta la città lo vedesse, mentre il Conte emetteva dei lamenti, gridando: “Venite in mio soccorso, o cittadini, aiutate il vostro Conte, povero sventurato. E gridando così spari dalla vista dei presenti e finì, per l’eternità nell’inferno, in compagnia dei Demoni.”
Analisi - L’iconografia medioevale del diavolo
La narrazione ha una struttura lineare e la vicenda è raccontata da un narratore esterno, cioè estraneo alla vicenda o testimone di quanto avvenuto. Gli avvenimenti seguono un ritmo incalzante e forse, per questo, il racconto appare più potente e drammatico.Lo scrittore utilizza uno dei topos frequenti nella narrativa degli exempla del Medioevo, cioè la comparsa del diavolo, sotto forma di cavaliere misterioso che porta via il peccatore, lasciando nel terrore tutti i presenti.
Nell’iconografia medioevale il diavolo ha spesso l’aspetto di una bestia feroce; a volte, anche il cavallo si indentifica col diavolo oppure è il suo strumento. Di tale iconografia si ricorderà anche il Manzoni, che nella prima stesura dei Promessi sposi – Fermo e Lucia - immagina che don Rodrigo, colpito dalla peste, viene portato via dal lazzaretto da un cavallo nero. Successivamente questa soluzione fu eliminata perché comportava troppe implicazioni simboliche e lo scrittore preferì lasciare nel mistero la sorte del signorotto.
Domande da interrogazione
- Chi era Jacopo Passavanti e quale opera importante ha scritto?
- Qual è il tema centrale del racconto presentato nel testo?
- Come viene descritto il Conte di Matiscona nel racconto?
- Qual è il ruolo del cavaliere misterioso nel racconto?
- Come viene rappresentato il diavolo nell'iconografia medioevale secondo l'analisi del testo?
Jacopo Passavanti era un frate domenicano vissuto nel Trecento a Firenze, noto per le sue prediche durante la Quaresima del 1354, che hanno costituito l'opera "Trattato della vera penitenza".
Il racconto sottolinea la presunzione di sperare nel pentimento in extremis dopo una vita dissipata, evidenziando che la morte può arrivare inaspettatamente, come accade al Conte di Matiscona.
Il Conte di Matiscona è descritto come un uomo mondano, peccatore, superbo verso Dio e crudele verso il prossimo, che non pensava alla morte né al giudizio divino.
Il cavaliere misterioso rappresenta il diavolo, che appare improvvisamente per portare via il Conte, simbolizzando la punizione divina per la sua vita peccaminosa.
Nell'iconografia medioevale, il diavolo è spesso raffigurato come una bestia feroce o un cavaliere misterioso, a volte identificato con un cavallo, che è il suo strumento per portare via i peccatori.