Concetti Chiave
- Il "Cantico delle creature" è considerato il primo testo poetico della letteratura italiana per il suo rilievo storico e artistico, nonostante non sia il primo scritto in volgare.
- La morte è rappresentata come un passaggio verso una nuova esistenza eterna, parte della bellezza e armonia del mondo creato da Dio.
- Dio è il destinatario principale della lode, esaltato per la sua onnipotenza e bontà, e a cui appartengono la "laude", la "gloria" e l'"honore".
- La ripetizione del termine "Laudato" sottolinea la celebrazione di Dio attraverso le meraviglie della natura, evidenziando il legame tra Creatore e creature.
- Il testo utilizza il dialetto umbro con latinismi, presenta una struttura semplice e lineare, e adotta ripetizioni e parallelismi per esprimere una preghiera popolare in stile elevato.
Indice
Il cantico delle creature
Il Cantico delle creature (in latino Laudes creaturarum), del 1224, scritto in volgare umbro, pur non essendo il primo scritto in volgare con finalità letterarie, per il suo rilievo storico e artistico è considerato il primo testo poetico della letteratura italiana.
Lode a Dio e armonia
Il Cantico attraverso tutti gli elementi del mondo creato (il sole, la luna, le stelle, il vento, l’acqua il fuoco, la terra)
è sostanzialmente un inno di lode rivolto a Dio. Sono codificati nel testo anche alcuni elementi tipici della religiosità francescana: il senso di profonda armonia ,che lega l’uomo al Creato e a Dio, e di fratellanza umana basata sulla semplicità e sulla purezza dei valori evangelici originari. Nella sua semplicità, la composizione di san Francesco trasmette il sentimento di meraviglia di fronte alla scoperta della bellezza e dell’armonia del mondo, di cui anche la morte è parte integrante. Tutto vi è collocato in una dimensione di profonda serenità, destinata ad estendersi ben oltre i limiti della vita terrena, poiché per coloro che saranno nelle «sanctissime voluntati» di Dio ci sarà la beatitudine nell’aldilà. Questa gioiosa religiosità contrasta apertamente con le immagini apocalittiche dominanti in certa predicazione del tempo, per le quali il mondo era soltanto il regno del peccato e del male. A questa concezione Francesco contrappone una visione che lo spinge ad autodefinirsi “il giullare di Dio”, rimarcando in questa maniera una considerazione totalmente nuova della sfera terrena: non più regno del male e del peccato ma riflesso della volontà divina.
La morte e la trascendenza
Una tensione che sale si coglie anche nella struttura compositiva del Cantico, in cui si parte dalla considerazione del mondo sensibile, tangibile (acqua, fuoco, terra) per poi arrivare al punto di passaggio verso l’ultrasensibile: la morte. È infatti con essa che l’uomo realizza il distacco dal mondo e, con la perdita delle corporalità, si trova proiettato nella trascendenza. La morte, cioè, non è il punto finale, ma il punto iniziale di una nuova esistenza che si svolge sotto il segno dell’eternità. Perciò anch’essa merita la lode (come tutto ciò che è creato da Dio).
Non c’è nulla nella realtà che non abbia in sé l’impronta positiva della divinità. Ma anche perché è il vero punto di svolta. È una nascita nuova, un momento in cui, la possibilità di staccarsi da tutti gli altri esseri del mondo per ricongiungersi con il suo Creatore è data all’uomo. La morte stessa viene quindi privata della sua connotazione negativa e diventa un fondamentale tassello della parabola esistenziale dell’uomo, a conferma che niente accade nel mondo che non risponda al disegno d’amore di Dio.
Invocazione e celebrazione
Il componimento poetico presenta al suo interno un netto cambiamento di tono nel passaggio dalla prima alla seconda parte. L’autore inizia con una solenne invocazione a Dio – che è poi lo scopo principale della composizione – che con una citazione dai Salmi è definito nell’incipit «Altissimu». A qualificarlo sono infatti l’onnipotenza e la bontà, come segnalano i successivi aggettivi del primo verso. A Dio appartengono, proprio per le sue qualità intrinseche, le «laude», la «gloria», l’«honore» e qualunque forma di benedizione. In questa accumulazione di aggettivi, si coglie dunque, fin dall’inizio, una caratteristica saliente della composizione: il poeta concentra su Dio la massima attenzione, e con consapevole scrupolo sceglie accuratamente i termini più adatti e calzanti per focalizzare i sentimenti del lettore sull’unico destinatario della lode. E che Dio sia l’unico obiettivo a cui si deve guardare lo conferma la seconda strofa, in cui campeggia quel «solo» riferito all’unico Essere verso cui convergono le lodi dell’uomo. Questa premessa, molto densa dal punto di vista dottrinale, lascia subito dopo il passo alle strofe in cui si celebra la lode di Dio attraverso l’elencazione di tutti gli elementi visibili per l’uomo nel mondo terreno.
La ripetizione (o “anafora”) continua del termine «Laudato», posto significativamente in posizione eminente all’inizio di ogni strofa, rappresenta il motivo dominante della composizione. La lode viene giustificata, via via, dalle meraviglie offerte dalla natura e dall’universo: si parte con lo spettacolo degli astri, quindi lo sguardo scende verso la terra e si concentra sui quattro elementi tradizionali (acqua, aria, fuoco, terra). Tutto quanto esiste giova all’esistenza dell’uomo e alla perpetuazione delle immutabili leggi del Creato; ma soprattutto rimanda costantemente a Dio, che dà senso e realtà a tutto. Alla celebrazione di Dio attraverso l’evocazione degli elementi naturali segue poi la comparsa dell’uomo, con le sue passioni e i suoi limiti. Allora Dio viene celebrato perché, oltre ad avere attribuito le virtù alla Natura, ha anche instillato nell’uomo stesso la capacità di perdonare. Per tutto ciò, come si legge nella strofa finale, è giusto e bene lodare e benedire Dio per i tanti doni che Egli ha concesso agli uomini. E ciò deve avvenire, come segnala l’ultimo, importantissimo termine, ponendosi in una condizione di umiltà. In questa maniera la chiusura si salda al presupposto iniziale, là dove il santo sottolineava l’abissale distanza tra Dio e l’uomo, indegno perfino di nominarlo.
Struttura e linguaggio del cantico
La lingua del Cantico è il dialetto umbro, con frequenti latinismi sia a livello fonetico e grafico («tucte», «spetialmente », «pretiose», «sanctissime», «rengratiate ») sia a livello lessicale («laude», «gloria», «splendore», «clarite»). La lode a Dio viene espressa in forma di prosa rimata abbastanza vicina alle sequenze liturgiche latine e divisa in versetti ricchi di assonanze interne. Dal punto di vista formale, la struttura è semplice, anche in virtù della finalità pratica del testo che doveva risultare fruibile a tutti i fedeli come strumento di preghiera. La sintassi stessa è lineare, fondata sull’accumulo di proposizioni principali spesso reggenti una relativa («Laudato si’… per sor’acqua, la quale…»; «Laudato si’… per frate focu, per lo quale...»). Frequenti sono perciò le ripetizioni e i parallelismi (ad esempio le riprese sintattiche, tematiche e lessicali che legano i vv. 17- 19, relativi a «frate focu», ai precedenti vv. 6-9, riferiti a «messor lo frate sole»). Inoltre, molto ricca risulta l’aggettivazione, il che costituisce sul piano espressivo un aspetto stilistico molto innovativo. Per questi motivi il testo di Francesco è stato definito un mirabile esempio di preghiera popolare realizzata in uno stile elevato.
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza storica e artistica del "Cantico delle creature"?
- Come viene rappresentata la morte nel "Cantico delle creature"?
- Qual è il ruolo di Dio nel "Cantico delle creature"?
- In che modo il "Cantico delle creature" esprime il rapporto tra il Creatore e le creature?
- Quali sono le caratteristiche linguistiche e stilistiche del "Cantico delle creature"?
Il "Cantico delle creature", scritto nel 1224 in volgare umbro, è considerato il primo testo poetico della letteratura italiana per il suo rilievo storico e artistico, nonostante non sia il primo scritto in volgare con finalità letterarie.
La morte è vista come una nuova nascita e un punto di passaggio verso l'eternità, parte integrante della bellezza e dell'armonia del mondo creato da Dio, e merita quindi lode.
Dio è il destinatario principale della lode, descritto con aggettivi che ne esaltano l'onnipotenza e la bontà, e a cui appartengono la "laude", la "gloria", l'"honore" e ogni forma di benedizione.
Il testo utilizza la ripetizione del termine "Laudato" per celebrare Dio attraverso le meraviglie della natura e dell'universo, sottolineando la connessione tra il Creatore e le sue creature, inclusi gli esseri umani.
Il "Cantico" è scritto in dialetto umbro con frequenti latinismi, presenta una struttura semplice e lineare, e utilizza ripetizioni e parallelismi, rendendolo un esempio di preghiera popolare in uno stile elevato.