Fabrizio Del Dongo
Genius
5 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • La "questione della lingua" nel XVI secolo in Italia nasce dalla frammentazione politica e dall'esigenza di un'identità culturale comune, con due posizioni principali: lingua parlata vs lingua letteraria.
  • Baldesar Castiglione e i sostenitori della lingua cortigiana vedono la lingua come espressione di stile e comportamento raffinato, ma trascurano l'unità linguistica nazionale.
  • Pietro Bembo si oppone alla lingua cortigiana, sostenendo una lingua letteraria stabile basata sui grandi scrittori del Trecento, come Petrarca e Boccaccio, per mantenere l'identità culturale.
  • Vincenzo Calmeta propone la lingua della corte papale come lingua nazionale, ma Bembo critica la sua variabilità e inadeguatezza a causa delle inclinazioni linguistiche dei papi.
  • Giovanbattista Gelli critica l'approccio di Bembo, sostenendo che il fiorentino, pur in evoluzione, possa diventare il riferimento culturale italiano per la sua bellezza intrinseca.

Indice

  1. La frammentazione politica italiana
  2. La questione della lingua
  3. Proposte linguistiche contrastanti
  4. Le idee di Pietro Bembo
  5. L'opposizione al Bembo

La frammentazione politica italiana

Mentre in Francia, Spagna e Inghilterra le monarchie assolute confermano e consolidano la loro struttura, in Italia i vari staterelli sono incapaci di unificarsi e di superare i particolarismi. Per contrasto, questa situazione così diversa, esaspera l’esigenza di affermare un’identità comune italiana che coinvolga almeno la cultura e la lingua. Da questo, emerge una questione dibattuta da molto tempo: quale italiano deve essere utilizzato in Italia? Di fronte a tanta frammentazione politica, che comportamento deve essere assunto dai letterati italiani? Quale deve essere l’autorità linguistica riconosciuta? Quale capitale, almeno ideale, deve essere individuata per regolare l’uso della nuova lingua?

La questione della lingua

L’insieme di questi interrogativi dà luogo a quella che nel XVI secolo è chiamata “questione della lingua”. Sostanzialmente, le posizioni più importanti sono due:

1) quella di coloro che sono principalmente interessati alla lingua parlata

2) quella di coloro che hanno come obiettivo la lingua letteraria, cioè la lingua degli scrittori. Pertanto, se da un lato si cerca di privilegiare la lingua viva che possa essere parlata realmente da tutti, dall’altro, il sostegno va ad una lingua che garantisca uno scambio culturale fra le classi colte, non parlata quotidianamente e non certo appannaggio dalle classi sociali più basse.

Proposte linguistiche contrastanti

La prima proposta è quella di coloro che sostengono la lingua cortigiana, sostenuta da una serie di uomini di corte, come Baldesar Castiglione, educati nell’ambiente brillante delle signorie italiane del Centro-Sud. Essi considerano la lingua come una realtà connessa al comportamento e alla buona educazione e, proprio per questo, sono più interessati a come si debba scrivere e nona come si debba parlare in una società raffinata. In realtà, questi sostenitori della lingua cortigiana non perseguono un’unità linguistica nazionale perché a loro importa soprattutto che la lingua sia ovunque parlata con purezza di stile e ciò costituisce la debolezza principale della proposta cortigiana.

Le idee di Pietro Bembo

Contrariamente a quanto sostiene Baldesare Castiglione, le idee linguistiche di Pietro Bembo fanno una netta distinzione fra lingua scritta e lingua orale. Egli si oppone categoricamente alla lingua cortigiana: essa è improponibile perché una tale lingua è strettamente legata ad un sistema politico frammentato e quindi è priva di ogni garanzia di unità. Egli polemizza soprattutto contro Vincenzo Calmeta che, in uno scritto, oggi andato purtroppo perso, propone, come lingua nazionale, quella della corte papale. Il Bembo, a questo proposito, controbatte che, fra tutte le corti italiane possibili, quella pontificia è la meno adatta se vogliamo assegnare alla lingua l’obiettivo di unificazione: infatti, a Roma, i papi cambiano e ognuno porta con sé le proprie inclinazioni linguistiche che variano a seconda del luogo di provenienza. Pertanto, in Italia manca un centro valido come luogo di elaborazione di una lingua nazionale per cui la questione della lingua parlata rimane una partita persa in partenza. Per questo, il Bembo pone la sua attenzione soltanto alla lingua scritta e in tale interesse possiamo vedere la forma mentis di un umanista che si pone alla ricerca di regole e di modelli sicuri, nella convinzione, però, che l’Italia è storicamente destinata a rimanere divisa in tante realtà politiche diverse, L’unica possibilità di mantenere una propria identità culturale è far uso di una lingua letteraria fissa e stabile che il Bembo individua nei grandi scrittori del Trecento: Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa. Una simile decisione di ritornare ad un toscano letterario vecchio di 200 anni suscitò polemiche e ironia perfino nei fiorentini che avvertivano il carattere antiquato della lingua del XIV secolo. Per il Bembo, invece, la lingua del Quattrocento non era ammissibile perché troppo contaminata e posta in concorrenza dalla presenza del latino umanista.

L'opposizione al Bembo

L’opposizione al Bembo si basa anche su di un’ideologia linguistica alternativa: il primato della pratica concreta della lingua. Giovanbattista Gelli, nella sua opera Ragionamento, del 1551, arriva fino a negare che i tempi non sono ancora maturi per fissare regole precise di una lingua come il fiorentino, dato che è ancora in evoluzione. Comunque, il fiorentino può costituire il punto di riferimento della cultura italiana per la sua bellezza intrinseca e poiché manca un’autorità che sia in grado di imporlo con la forza, esso viene adoperato da tutti per “amore”.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la principale questione linguistica discussa in Italia nel XVI secolo?
  2. La principale questione linguistica è quale italiano debba essere utilizzato in Italia, con posizioni contrastanti tra chi privilegia la lingua parlata e chi sostiene la lingua letteraria.

  3. Quali sono le proposte linguistiche contrastanti presentate nel testo?
  4. Le proposte contrastanti includono la lingua cortigiana, sostenuta da uomini di corte, e la lingua letteraria proposta da Pietro Bembo, che si basa sui grandi scrittori del Trecento.

  5. Qual è la posizione di Pietro Bembo riguardo alla lingua nazionale?
  6. Pietro Bembo si oppone alla lingua cortigiana e propone una lingua letteraria fissa e stabile, basata sui modelli di Petrarca e Boccaccio, per mantenere un'identità culturale italiana.

  7. Quali critiche vengono mosse contro le idee di Pietro Bembo?
  8. Le critiche includono l'idea che la lingua del Trecento sia antiquata e che il fiorentino, pur in evoluzione, possa essere un punto di riferimento per la cultura italiana per la sua bellezza intrinseca.

  9. Qual è l'opinione di Giovanbattista Gelli sulla questione della lingua?
  10. Giovanbattista Gelli ritiene che i tempi non siano ancora maturi per fissare regole precise per una lingua come il fiorentino, ma riconosce la sua bellezza e il suo uso diffuso per "amore".

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community