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Concetti Chiave

  • Leopardi sviluppa il suo pessimismo partendo dalla modernizzazione che la ragione impone, annullando le illusioni naturali e provocando infelicità.
  • Lo Zibaldone e le Operette Morali rappresentano il passaggio dal pessimismo iniziale alla consapevolezza delle contraddizioni tra natura e umanità.
  • Leopardi teorizza il desiderio insaziabile di piacere umano come conseguenza di una natura indifferente, portando alla noia e alla disillusione.
  • Il pessimismo leopardiano si trasforma in una critica all'ottimismo e alla superficialità umana, promuovendo un "pessimismo eroico" fondato sulla solidarietà.
  • La "social catena" proposta da Leopardi è un invito all'unione degli uomini per affrontare il dolore inflitto dalla natura, promuovendo amore e rispetto reciproci.
In questo appunto di letteratura italiana si descrive la figura di Leopardi e in particolare sul suo pessimismo o rifiuto dell'ottimismo partendo dall'analisi dello Zibaldone fino alle Operette morali e le sue ultime composizioni.
vita di Giacomo Leopardi

Indice

  1. Inizio del pessimismo leopardiano: dallo Zibaldone alle Operette morali e la teoria del piacere
  2. Ultimo pessimismo leopardiano: dalla noia alla social catena

Inizio del pessimismo leopardiano: dallo Zibaldone alle Operette morali e la teoria del piacere

Dall’ estate del 1817 al dicembre 1832 scrive lo Zibaldone, inizialmente chiamato scartafaccio.
Si pensa che la ragione sia la causa storica dell’infelicità umana, pur non mettendo in dubbio la verità delle sue scoperte, perché il suo avanzamento produce la modernizzazione della società ma annulla le illusioni messe nell’uomo dalla natura.
“La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola.

Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto piú difficilmente sarà grande, quanto piú sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni.”
Concepisce la natura come benigna che dona agli uomini attraverso una forza misteriosa, un potere insito, le illusioni, i sogni, le fantasticherie che sono vissute attraverso la facoltà immaginativa, in particolare il poeta sente ciò. La natura, poi, è una madre che opera secondo un piano armonico e provvidenziale ma imputando al processo di civiltà e scienza lo stato di infelicità e dolore in cui versa l’umanità.
La crisi del 1819 rivela a Leopardi il vuoto, il nulla delle cose e il tedio che ne deriva anche se non annulla l’accezione positiva della natura , madre delle illusioni nonostante la sofferenza che provocano.
C’è uno iato profondo antico e moderno in cui si svela la vacuità delle favole e tutto appare nella sua tragicità. Avviene la morte violenta delle favole: è più poetico pensare all’ inutilità dei sogni e le credenze passate che ritornare indietro e rivivere il tutto perché vivendo il passato nella consapevolezza che non ritornerà più, si crea una nostalgia infinita.
Viene, quindi, introdotta la teoria della Doppia visione
Tra il 1823 e il 1828 Leopardi smette di scrivere poesie in quanto viene meno la condizione sentimentale dell’ispirazione, vive un “duro sopore”, intuisce l’impossibilità di fare poesia nel mondo moderno.
È il periodo delle Operette Morali, opere filosofiche satiriche e scritte con uno sguardo spietato, lucido e ironico sulla realtà. Si sostiene che tutto ciò che esiste è fatto di materia in grado di pensare e sentire. La materia, però, degli esseri senzienti deve subire con sofferenza le mutazioni della materia inorganica: c’è una contraddizione tra il sistema della natura e le vite dei singoli. La somma dei dolori è maggiore dei piccoli piaceri e quindi o si vive una vita vitale come quella degli antichi ovvero ricca di passioni e sentimenti oppure vivere come i selvaggi arrivando alla soglia minima della sensibilità e consapevolezza.
Sempre nel 1823 elabora nello Zibaldone la teoria del piacere. Gli uomini provano un desiderio di piacere illimitato e mai placabile perché è insita in essi, esseri finiti, un’inclinazione all’infinito che non può essere soddisfatto con elementi materiali. Da qui c’è la concezione di una natura maligna che non si cura dei suoi figli e ha donato loro una natura per cui si desidera ciò che non può essere concesso.
La noia, allora, diventa un senso legato da un inappagato desiderio di felicità e da coloro che hanno coscienza della vanità delle cose: chi vive la dimensione emotiva della fragilità vedendo frustrato il proprio bisogno assoluto. È un senso che accompagna tutti gli uomini, e la responsabilità cade sulla natura che alimenta il desiderio di piaceri irrealizzabili. L’”l’apparir del vero” fa svanire la speranza che il domani sia diverso dal presente, obbligando l’uomo a rimandare a un domani migliore la ricerca della felicità.
Nella Ginestra, inoltre, si mostra come Leopardi polemizzi contro il ritorno di una concezione di tipo spiritualista perché ciò significa che si sta verificando un allontanamento da quegli ideali forti che hanno veramente portato alla crescita della civiltà. Si inneggia, infatti, alla libertà ma si riflette con pensieri fortemente condizionati dall’autorità e dai dogmi.
Questa retrogressione, secondo il poeta, è legata alla vigliaccheria dell’uomo che non è abbastanza coraggioso da guardare verso la verità dell’infelicità ontologica umana. Sfugge, perciò, alla filosofia la quale proprio ciò rivela e si rifugia nella religione
per maggiori informazioni sulle tre fasi del pessimismo leopardiano vedi anche qui

Ultimo pessimismo leopardiano: dalla noia alla social catena

Il pessimismo di Leopardi non assume mai un carattere scettico, di sfiducia e diffidenza nei confronti del prossimo. Lo stesso Benedetto Croce afferma che il pensiero di Leopardi sia stato influenzato dalla sua condizione di salute precaria dando all’universo un valore individuale mentre Timpanaro sostiene che le condizioni di salute di Leopardi avessero influenzato il suo pensiero e non poteva non essere così ma ciò non significa che l’origine del pessimismo coincida con la malattia in quanto ha una valenza filosofica e argomentata. Il pessimismo non è, però, del tutto un’esperienza spirituale ma è la piena consapevolezza che l’uomo porta la sua sofferenza per essere tale divenendo anche un sistema conoscitivo.
Più che parlare di pessimismo, sarebbe allora, più giusto parlare di rifiuto dell’ottimismo, di un atteggiamento consolatorio che porta l’uomo a pargoleggiare (assumere una condotta spensierata come quella di un bambino), assegnandosi poteri che non ha. I suoi bersagli diventano la stoltezza e la viltà dell’uomo, pieno di sé e incapace di tenere gli occhi sull’orrido vero, e di comprendere la propria infinita piccolezza di creature perse nel cosmo.
Leopardi unisce la volontà di affrontare con coraggio le sofferenze dell’esistenza (“pessimismo eroico”) all’intelligenza dell’uomo, a cui si appella affinché sappiamo progettare contro la natura, in nome della fratellanza e della pietas, ovvero di un sentimento d’amore e di rispetto nei confronti del prossimo.
Afferma una morale umile, nell’auspicare una vita associata all’insegna della solidarietà, una vita non felice, ma più giusta e pietosa. Invita a preservare l’unico dono concesso all’uomo, la sua umanità, non accrescendo le sofferenze del mondo con odi e rivalità.
Leopardi, Giacomo - L'evoluzione del suo pessimismo articolo
Ancora nella Ginestra, Leopardi cerca di delineare il comportamento che l’uomo dovrebbe mettere in pratica per alleviare il dolore infertogli dalla natura stessa, madre che inganna i suoi figli: non si deve essere superbi nè arroganti nei confronti di questa potentissima e allo stesso tempo indifferente forza ma, soprattutto, non si deve combattere da soli questa battaglia. Il sogno leopardiano consiste proprio in questo: un’unione tra gli uomini (“social catena”) per sopportare ed affrontare il nemico comune attraverso un sentimento di “vero amor”.

per maggiori informazioni sull'evoluzione del pessimismo leopardiano vedi anche qui

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'origine del pessimismo leopardiano secondo lo Zibaldone?
  2. Il pessimismo leopardiano ha origine dalla convinzione che la ragione, pur essendo vera nelle sue scoperte, causa l'infelicità umana annullando le illusioni naturali, come descritto nello Zibaldone.

  3. Come Leopardi descrive la natura e il suo rapporto con l'uomo?
  4. Leopardi vede la natura come una madre benigna che dona illusioni e sogni, ma anche come una forza indifferente che contribuisce all'infelicità umana, poiché gli uomini desiderano piaceri infiniti che non possono essere soddisfatti.

  5. Qual è il significato della "teoria del piacere" di Leopardi?
  6. La teoria del piacere di Leopardi suggerisce che gli uomini hanno un desiderio illimitato di piacere che non può essere soddisfatto, poiché la natura ha dato loro un'inclinazione all'infinito che non può essere appagata con elementi materiali.

  7. In che modo Leopardi critica la società moderna nelle Operette Morali?
  8. Nelle Operette Morali, Leopardi critica la società moderna con uno sguardo satirico e ironico, sostenendo che la vita moderna manca di passioni e sentimenti, e che la somma dei dolori supera i piccoli piaceri.

  9. Qual è il messaggio centrale della "Ginestra" riguardo alla condizione umana?
  10. Nella "Ginestra", Leopardi invita a unire gli uomini in una "social catena" per affrontare insieme le sofferenze inflitte dalla natura, promuovendo la solidarietà e un "vero amor" come risposta alla condizione umana.

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