Concetti Chiave
- "Il porto sepolto" è una raccolta di 32 liriche scritte durante la guerra, in cui Ungaretti esprime la precarietà della vita in trincea attraverso un diario poetico.
- "L’allegria" riunisce le poesie di Ungaretti scritte durante il conflitto, riflettendo un bilancio provvisorio e un'esperienza ambivalente tra vita e morte.
- Con "Sentimento del tempo", Ungaretti esplora il tema della caducità e l'influenza del tempo, ispirandosi a Roma e ai poeti classici come Petrarca e Leopardi.
- "L’ultima stagione" comprende "Il dolore", che affronta i lutti personali e la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, con un richiamo alla pietà e alla fratellanza.
- La raccolta postuma "Terra promessa" e "Un grido e paesaggi" riflettono sulla vecchiaia e sulla ricerca di una terra promessa, con un tono autobiografico e universale.
Indice
La genesi del "Porto Sepolto"
Stampato in piena guerra, nel 1916, presso una tipografia di Udine, allinea 32 liriche tutte composte in zona di operazioni belliche in meno di un anno, con l’aspetto di un diario: tutti i testi recano infatti in calce l’indicazione del luogo e del giorno di stesura e sono disposti in ordine cronologico. La scelta di questa forma traduce fedelmente l’esperienza di vita maturata in trincea dal fante Ungaretti, quotidianamente esposta all’incontro fatidico con la morte ed è connaturata nel diario l’idea dell’estrema precarietà della vita in cui si riassume l’esperienza universale della guerra, il soldato sembra infatti non essere padrone del proprio destino.
Struttura e significato delle liriche
La sequenza diaristica si presenta incastonata in una cornice di contenimento formata da due coppie di liriche: “In memoria” e “Il porto sepolto”, “Italia” e “Poesia”, inoltre dalle date apposte in calce ai 4 testi in questione si evince che la stesura di tre di essi, il primo e gli ultimi due, avvenne al termine dell’iter compositivo del libro, quindi dopo che ebbe maturato il progetto di dare alle stampe le poesie scritte in trincea. Appare evidente dunque che la composizione di queste liriche obbedisce al proposito di conferire all’opera un’impronta organica, destina i testi di cornice ad una funzione di dedica e di enunciazione della propria poetica, e l’ultima lirica di nome “Porto sepolto”, ha forma epistolare ed è indirizzata ad Ettore Serra, similarmente dona omaggio anche a Sceab con la lirica di apertura “In memoria”.
L'evoluzione poetica di Ungaretti
Ungaretti si preoccupa di chiarire la concezione della poesia, lo fa evocando l’antico porto di Alessandria d’Egitto, da molto tempo non più visibile a causa del bradisismo del terreno che l’ha fatto sprofondare. Il poeta è quindi chiamato a scendere nelle profondità della propria anima e trarre da lì i suoi canti, assegna quindi alla lirica la funzione orfica di risalire al primordio del mondo, alla condizione originaria di innocenza. Le poesie di questa raccolta, come si capisce dal titolo, non parlano solo di battaglie, di morti o di trincee, la direzione che preferisce imboccare è quella della discesa nell’abisso dei canti e nella primitiva innocenza, in “Lindoro di deserto” viene infatti introdotto il tema dell’alba che rinvia all’archetipo della creazione. Dai testi non salgono mai parole di rancore, sfida o maledizione del nemico, solo di fratellanza e amore. Maturò la propria poetica della parola anche a contatto con alcune qualificanti esperienze letterarie, che si accompagnava a uno stile ellittico e allusivo: dai simbolisti come Apollinaire, fino agli haiku giapponesi [tre versi che danno un immagine semplice e tratta dal mondo della natura, normalmente è l’ultimo verso, chiamato kigo, a contenere il riferimento stagionale].
La pubblicazione di "Allegria di naufragi"
Finita la guerra, concepì il proposito di pubblicare una nuova edizione del porto sepolto, in una tiratura più conveniente e in una versione accresciuta, comprensiva delle altre liriche composte durante il conflitto, così nel 1919 uscì “Allegria di naufragi”, nel quale volle raccogliere tutta la propria produzione in versi. Si tratta di un bilancio ancora molto provvisorio in cui sembra più preoccupato di esibire l’intensità del proprio lavoro piuttosto selezionare i risultati più sicuri, nelle edizioni successive subì infatti un prosciugamento, passando da 105 a 76 componimenti e cambia anche il titolo, solo “L’allegria”. La sistemazione definitiva le restituisce maggiore coerenza, accorpando le liriche in cinque sezioni cronologiche:
1. Ultime, poesia composte a Milano prima dell’entrata in guerra dell’Italia e uscite sula fiorentina “Lacerba”, considerate le ultime prove del suo apprendistato poetico, frutti di imitazione, dal quale poi si sarebbe distaccato;
2. Il porto sepolto, ospita i testi scritti dal poeta soldato al tempo di guerra;
3. Naufragi, ospita i 15 testi del 1917, ossia l’anno della disfatta di Caporetto nella quale naufraga rovinosamente un intero esercito;
4. Girovago, ospita i 5 testi del 1918, girovago è il fante Ungaretti sbalzato con il proprio reggimento da un fronte all’altro;
5. Prime, poesie o prose liriche composte tra Parigi e Milano, che preannunciano la stagione di “Sentimento del tempo”;
Allegria di naufragi è un ossimoro, lui ama infatti avvicinare i contrari sino a fonderli nel segno di un’esperienza ambivalente, qui il naufragio fa pensare a rotte che si perdono, a imbarcazioni che vanno a schiantarsi contro gli scogli, allude quindi ad un destino avverso, un tragico fallimento, a cui ovviamente sono annessi i sentimenti di terrore. L’allegria è quindi “il sentimento della presenza della morte da scongiurare”, chi combatteva al fronte sapeva infatti fin troppo bene che la propria vita era appesa ad un filo e questo sentimento di precarietà invece di indurlo alla disperazione lo fa affezione ancora di più alla vita, e quindi la gioia scaturisce da una reazione istintiva che chiede di godere dell’esistenza. La parola naufragio ricorre due volte: ennesimo frangente drammatico dell’esperienza con la morte e la gloria della vita eterna.
La raccolta "Sentimento del tempo"
Terza raccolta poetica uscita nel 1933 in duplice edizione, presso Vallecchi a Firenze e presso Novissima a Roma, anche se l’opera avrebbe assunto al propria vera forma solo nelle edizioni successive: quella del 1936 con un incremento di 7 testi e quella del 1943 con l’ultimo assestamento dei testi. Le 70 liriche sono suddivise in 7 sezioni: “Prime”, “La fine di Crono”, “Sogni e accordi”, “Leggende”, “Inni”, “La morte mediata” e “L’amore”. La genesi di questa raccolta coincide con il decisivo trasferimento a Roma, che non fornisce all’ispirazione solo scorci poetici e fondali paesaggistici, ma trasmette a Ungaretti la sua anima stessa, il senso di tempo e di memoria, dello splendore e del fatale declino di ogni civiltà, la città si offre quindi come specchio emblematico dell’azione vanificatrice del tempo sull’intero corso della storia. Pone all’origine della sua nuova raccolta il sentimento tragico della fuga del tempo e in questo orizzonte elegge a modelli Petrarca e Leopardi, due poeti che si erano trovati l’uno a riesumare una letteratura antica mutilata e ridotta alle rovine, l’altro a dover fare lucidamente i conti con la decadenza della civiltà a cui si era legato. Tutto è quindi legato ad un sentimento di caducità, perfino l’estate viene vista nella sua violenza distruttrice: luce meridiana che acceca e calore che brucia e polverizza, come si nota in “Di luglio” del 1931. Fu anche influenzato dal Barocco romano, di ascendenza barocca è infatti il sentimento dominante della vanità delle cose terrene, destinate a consumarsi sotto l’incalzare rapinoso del tempo, che consegna le civiltà al disfacimento, a questa sconsolata visione si lega peraltro la religiosità del libro. Il Barocco rappresenta per lui il tramite della sua fede inquieta che si aggrappa all’idea dell’eterno per far fronte all’orrore altrimenti insopportabile della fine ma, mentre invoca il soccorso di Dio, quasi dispera di essere ascoltato, schiavo com’è della carne e questa religiosità dai toni drammatici esplode in “Inni”, lacerati tra il timore dell’ira divina con Michelangelo iniziatore del Batocco, e il bisogno del perdono.
Il progetto incompiuto di "Terra promessa"
Chiusa la stagione di “Sentimento del tempo”, si mise a lavorare a “Terra promessa” con l’intenzione di cantare un autunno inoltrato, dal quale si distaccasse l’ultimo segno di giovinezza, tuttavia i lutti privati che lo colpirono e la tragedia della seconda guerra mondiale lo distrassero dal progetto in quanto cause di una sofferenza più grande ed urgente e quindi fu preceduta da “Il dolore”. Quest’ultimo è una raccolta che allinea sei sezioni: le prime tre ai lutti domestici, le rimanenti alla catastrofe bellica, “Giorno per giorno” è una sequenza di 17 frammenti in cui annota il proprio struggente tormento di padre che non riesce a rassegnarsi per l’incolmabile vuoto lasciato dal bambino, a salvarlo dalla disperazione non c’è che la certezza cristiana di poterlo riabbracciare un giorno. Nella seconda parte della raccolta dà conto delle atrocità della guerra, prima descrivendo lo scempio di “Roma occupata” e poi in “Ricordi” l’orrore di tante ingiuste morti, forte della fede conquistata legge i tragici eventi come il diabolico frutto dell’allontanamento dell’uomo dalla legge divina. Il poeta allora leva alta la propria voce con un’eloquenza insolita per richiamare alla pietà e alla fratellanza, l’ultima parola è di speranza: pur consapevole del fatto che solo un mondo non abitato dagli uomini potrebbe essere al riparo dal male, non si dà per vinto e continua a cercare “un paese innocente”. “Terra promessa” avrebbe dovuto essere un libro insieme autobiografico e universale, in cui avrebbe dato conto della vanità di tutti i beni terreni, sebbene il titolo sia di ascendenza biblica preleva i personaggi dall’Eneide di Virgilio: tutti all’inseguimento di un’utopica terra promessa ma anche tutti costretti a constatare di aver riposto le proprie speranze in mete ingannevoli poiché l’unica terra promessa è quella che ci attende alla fine dei tempi.
La poesia della vecchiaia
“Un grido e paesaggi” ci porta nella poesia della vecchiaia di Ungaretti, il grido è quello emesso da Antonietto in punto di morte e il padre lo rievoca nella lirica “Gridasti: soffoco” che indugia sugli ultimi attimi di vita del figlio e sui mesi riti della sepoltura, su tutti i testi aleggia però il motivo dominante della vecchiaia intorno alla quale lui medita con insistenza e vede la morte come una liberazione. “Il taccuino del vecchio” quasi interamente occupato dagli “Ultimi cori per la terra promessa” che si ricollegano alla raccolta del 1950, ma senza la proiezione leggendaria dei motivi lirici sui personaggi e sulla vicenda epica virgiliana, lo scenario mediterraneo è addirittura sostituito con quello desertico del Sinai, qui si riappropria della prima persona estendendola ad un “noi” corale indicando l’universalità della sua condizione.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine del "Porto Sepolto" di Ungaretti?
- Come si evolve la poetica di Ungaretti nelle sue opere?
- Cosa rappresenta "Allegria di naufragi" e come si sviluppa?
- Qual è il significato della raccolta "Sentimento del tempo"?
- Quali sono i temi principali della poesia della vecchiaia di Ungaretti?
"Porto Sepolto" è stato stampato nel 1916 durante la guerra, raccogliendo 32 liriche scritte in zona di operazioni belliche, con un aspetto di diario che riflette l'esperienza di vita in trincea di Ungaretti.
Ungaretti evolve la sua poetica evocando l'antico porto di Alessandria d'Egitto, scendendo nelle profondità dell'anima per trarre canti che risalgono all'innocenza primordiale, influenzato da esperienze letterarie come i simbolisti e gli haiku giapponesi.
"Allegria di naufragi" è un ossimoro che unisce l'esperienza ambivalente della guerra, pubblicato nel 1919, raccoglie tutta la produzione poetica di Ungaretti durante il conflitto, subendo poi un prosciugamento e una riorganizzazione in cinque sezioni cronologiche.
"Sentimento del tempo", pubblicata nel 1933, riflette il sentimento tragico della fuga del tempo, influenzata dal trasferimento a Roma e dal Barocco romano, esplorando la caducità e la vanità delle cose terrene attraverso 70 liriche suddivise in sette sezioni.
Nella poesia della vecchiaia, Ungaretti medita sulla morte come liberazione, evocando il grido del figlio Antonietto e riflettendo sull'universalità della condizione umana, come visto in "Un grido e paesaggi" e "Il taccuino del vecchio".