Concetti Chiave
- La novella "La roba" di Giovanni Verga narra la vita di Mazzarò, un uomo ossessionato dal possesso di terre, che finisce per vivere isolato a causa della sua avidità.
- Mazzarò è rappresentato come un "self made man" che, partendo dal nulla, accumula ricchezze grazie al duro lavoro e a investimenti oculati, ma rimane solo e senza affetti.
- Nonostante la sua ricchezza, Mazzarò vive in modo frugale, non concedendosi lussi e mantenendo uno stile di vita umile, esemplificato dai pasti a base di pane e cipolla.
- Verga utilizza la tecnica dello straniamento per far apparire la normalità come strana, e viceversa, rendendo la smisurata avidità di Mazzarò una qualità invidiata dai compaesani.
- La figura di Mazzarò anticipa quella di Mastro don Gesualdo, un altro personaggio verghiano che, pur condividendo l'ascensione sociale, sviluppa legami affettivi che portano alla sua rovina.

Indice
La novella di Verga: “La roba”
La novella di Verga, “La roba”, contenuta, come abbiamo accennato, nella raccolta “Novelle Rusticane”, racconta la vita di Mazzarò, un uomo talmente ossessionato dal possedere terreni e “roba”, che si ritrovò solo, allontanato da tutto e tutti.
Riportiamo una breve sinossi dell’opera, nella quale vengono ripercorsi i momenti salienti della vicenda. Camminando per la campagna, un viandante, chiede per svago di chi sia la terra lungo cui sta camminando, e gli viene risposto essere di Mazzarò, così come l'immensa vigna e la grande fattoria: ogni lembo di terra apparteneva a Mazzarò. A vederlo, non si direbbe che Mazzarò, descrittoci nella novella come un uomo basso e piccolo, possedesse tante terre. Ma egli era un uomo che, come Mastro don Gesualdo, protagonista di un’altra famosa novella di Verga, si era fatto da solo, e sin da piccolo lavorava costantemente quattordici ore al giorno, a costo anche di ammalarsi pur di lavorare, qualsiasi tempo ci fosse: soleggiato, tempestoso o ventoso, egli non se ne curava né si dava per vinto. Così, con tanto impegno, Mazzarò si era ritrovato a lottare e a lavorare così tanto che alla fine tutta la roba del padrone per cui lavorava divenne sua, pezzo dopo pezzo. Mazzarò, a differenza del padrone, quando poteva acquistava terre, e non sperperava mai i soldi, né si concedeva lussi di alcun genere, e faceva investimenti intelligenti ottenendo più roba di quanta ne avesse il re. Nonostante disponesse di un'ingente somma di denaro, Mazzarò non viaggiava mai con dodici tari in tasca e faceva sempre dei pasti umili mangiando pane e cipolla. Egli era solito spronare i suoi lavoratori, specialmente i più giovani, e non concedeva mai più del necessario o della solita paga. Quando gli veniva detto che avrebbe dovuto cominciare a pensare alla sua anima poiché prossimo alla morte e senza eredi né moglie, dato che l'unica donna della sua vita era stata sua madre, egli perdeva il senno ed usciva gridando ed ammazzando il bestiame gridando "vientene con me, roba mia!". La novella termina con Mazzarò, che prossimo alla morte e consapevole di non poter più far nulla con tutta la roba accumulata, distrugge con una mazza la sua “roba”.
Per ulteriori approfondimenti sulle Novelle Rusticane di Verga vedi qui
Mazzarò e la figura del "self made man"
La novella di Mazzarò venne pubblicata nel 1880, dunque nove anni prima della famosa novella “Mastro don Gesualdo”. Il personaggio di Mazzarà dunque, che anticipa quello di Mastro don Gesualdo, rispecchia l’immagine del self made man, l’uomo che si è “fatto da solo”, partendo dal nulla e accumulando ricchezze. Egli è uscito dalla sua situazione di lavoratore sfruttato, proprio lavorando sodo, ed è arrivato a conquistare una posizione di prestigio. Pertanto è un esempio di rivalsa sociale. Tuttavia, queste origini umili non lo hanno fatto desistere dal diventare un uomo avaro e attaccato a ciò che possiede. Un uomo che, come visto, non regala né concede nulla, poiché si è fatto da solo e dà un proprio valore alle sue terre e alla sua “roba”. Come Mazzarò anche Mastro don Gesualdo si è procurato tutti i possedimenti grazie al duro lavoro e alla forza di volontà, ma quest'ultimo racchiude in sé una figura molto più complessa e sviluppata a tutto tondo, poiché infatti Mastro don Gesualdo proverà dei sentimenti d'affetto non solo verso la sua roba, conquistata con molta fatica, ma soprattutto verso una moglie e una figlia, i due amori che lo porteranno alla sua rovina. Mazzarò invece, proprio per ossessione verso la propria roba, ha perso tutti i propri affetti e allontanato chiunque gli si avvicinasse. Egli è solo, prossimo alla morte, e gli rimane solo il bene effimero della sua “roba”.
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Lo straniamento e lo straniamento rovesciato
La tecnica dello straniamento consiste nel far apparire la normalità come strana (si pensi all'episodio dell'affetto mostrato dalla madre nei confronti di Ranocchio, incompreso da Rosso Malpelo che lo trova strano) adottando un punto di vista estraneo all’oggetto. Fu un artificio letterario molto utilizzato da Verga per far uscire il lettore dall’automatismo della percezione. Lo straniamento rovesciato, al contrario, si ha quando ciò che è strano viene fatto apparire come normale (si pensi alla spropositata avidità di Mazzarò per la roba che viene considerata del tutto normale dai compaesani al punto che un difetto diventa virtù, una qualità da invidiare ed elogiare). Molti altri esempi di straniamento si ritroveranno nella grande opera di Verga, I Malavoglia, nella quale i protagonisti ci vengono raccontati attraverso le parole dei paesani, che continuamente emettono giudizi facendo apparire “strano” un comportamento che è strano ai loro occhi, ma che in realtà rispecchierebbe la norma.
Per ulteriori approfondimenti sullo stile di Verga vedi qui
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale della novella "La roba" di Giovanni Verga?
- Chi è Mazzarò e quale figura rappresenta nella novella?
- Come viene utilizzata la tecnica dello straniamento nella novella?
- In che modo Mazzarò differisce da Mastro don Gesualdo, un altro personaggio di Verga?
- Qual è il destino finale di Mazzarò nella novella?
Il tema centrale della novella "La roba" è l'ossessione di Mazzarò per il possesso di terre e beni materiali, che lo porta a una vita di solitudine e alienazione.
Mazzarò è un personaggio che incarna il "self made man", un uomo che si è fatto da solo accumulando ricchezze attraverso il duro lavoro, ma che diventa avaro e ossessionato dai suoi possedimenti.
La tecnica dello straniamento viene utilizzata per far apparire la normalità come strana e viceversa, come nel caso dell'avidità di Mazzarò, che viene vista come una virtù dai compaesani.
Mazzarò differisce da Mastro don Gesualdo in quanto è completamente ossessionato dalla sua "roba" e non ha legami affettivi, mentre Mastro don Gesualdo prova sentimenti d'affetto verso la sua famiglia, che alla fine lo portano alla rovina.
Il destino finale di Mazzarò è la solitudine e la consapevolezza della futilità dei suoi beni, che lo porta a distruggere la sua "roba" con una mazza prima di morire.