Concetti Chiave
- Giovanni Verga, nato a Catania nel 1840, è un importante esponente del verismo italiano, influenzato da autori francesi e russi, noto per il suo romanzo epistolare "Storia di una capinera".
- La poetica di Verga si sviluppa attraverso un processo di maturazione culturale e ideologico, distanziandosi dai temi patriottici per abbracciare la realtà contadina e popolare con un approccio oggettivo e impersonale.
- Le novelle di Verga, tra cui "Vita dei Campi", segnano l'inizio del verismo italiano, caratterizzate da un narratore anonimo popolare e da un focus sui protagonisti marginalizzati dalla società.
- "Mastro-don Gesualdo" rappresenta l'ascesa e la caduta di un uomo ambizioso, enfatizzando il fallimento dell'ideologia del possesso materiale e la solitudine di Gesualdo.
- "I Malavoglia" è considerato il capolavoro di Verga, raccontando la storia di una famiglia di pescatori siciliani che affronta avversità e tragedie, con una critica sottesa al progresso e alla disgregazione dei valori tradizionali.

Verga: vita, opere e stile
Verga nasce a Catania il 2 settembre 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri di tradizione liberale.
I testi a cui si ispira durante la sua educazione sono principalmente i romanzi francesi: tra i suoi preferiti vi sono autori come Dumas.
Dopo essersi iscritto alla noiosa facoltà di Giurisprudenza di Catania, si dedica totalmente alla letteratura e al giornalismo politico-culturale. Vive con entusiasmo le vicende legate alla spedizione dei Mille, arruolandosi nella Guardia nazionale. Nel 1865 decide di stabilirsi a Firenze, capitale d'Italia: il giovane scrittore siciliano percepiva la necessità di uscire dalla soffocante atmosfera della provincia catanese. Immersosi nella vita culturale e mondana, frequenta i salotti letterari, conoscendo alcuni rinomati intellettuali italiani.
Raggiunge il primo successo con la pubblicazione di Storia di una capinera, nel 1871, romanzo epistolare che racconta la vicenda di una fanciulla, conosciuta realmente da Giovanni, costretta a farsi monaca a causa della morte della madre e dell'indigenza della famiglia. Presto arriva però l'epidemia del colera e la giovane è libera di vivere per un periodo a casa del padre, inizialmente entusiasta, successivamente si innamora del vicino e inizia una tormentosa vicenda in cui Maria, la monaca, non conoscendo questo sentimento nuovo per lei, si ammala di depressione, essendo convinta di aver tradito Dio.
Nel 1872 Verga si trasferisce a Milano, dove allarga la sua cultura letteraria, leggendo i romanzieri russi. Conosce inoltre Emilio Treves, primo editore italiano che diviene il suo, di editore.
Con la pubblicazione di Nedda, nel 1874, viene riconosciuta la conversione di Verga al Verismo. In realtà, il racconto presenta una sola novità: l'ambientazione siciliana e il conseguente uso di personaggi di umile condizione sociale. L'autore utilizzerà le tecniche narrative veriste soltanto nella seconda metà degli anni '70.
L'interesse per il naturalismo francese induce Verga a elaborare una nuova tecnica narrativa: nel 1878 pubblica Rosso Malpelo ed altri racconti veristi, che verranno raccolti in Vita dei Campi (1880).
Data l'ironia del destino, con la pubblicazione dei Malavoglia (1881) inizia il periodo di decadenza dell'autore. Le sue opere veriste vengono accolte freddamente. Il successo del Mastro-don Gesualdo riesce a risollevare la situazione dello scrittore, sebbene non riesca a completare il progetto del ciclo dei Vinti.
Nel 1893 decide di ritornare definitivamente a Catania, sviluppando un carattere sempre più pessimista e aggressivo. Morirà nel 1922.
La Poetica
Verga, con la composizione di Nedda, si allontana dai temi patriottici e mondani della sua iniziale produzione, rappresentando il mondo contadino e popolare (fase verista).
Il passaggio al Verismo non è sicuramente considerabile come un evento improvviso, ma si giustifica alla luce di un processo di maturazione ideologico e culturale più complesso.
L'amicizia con Capuana fu un elemento fondamentale per il progresso dell'autore: si deve a Luigi, infatti, la diffusione delle teorie letterarie del romanzo naturalista.
Il vero punto di svolta letterario di Verga si ha con la novella Rosso Malpelo (1878), in cui Verga non si limita ad un bozzetto, ma delinea chiaramente la sua decisione di utilizzare uno stile e un modo di raccontare inediti, che adottino nuovi canoni come l'oggettività e l'impersonalità (rifiutando così ogni possibile riflessione o commento dell'autore).
L'interesse di Verga nei confronti del modello letterario di Zola, maggiore esponente del naturalismo francese, è sicuramente meno teorico rispetto all'interesse di Capuana, poiché Giovanni è più intenzionato a creare storie e personaggi in cui si potesse percepire la vita nella sua verità. Per quest'ultimo, a differenza di Zola, il verismo non deve risolversi solo in un metodo scientifico in grado di trasformare lo scrittore in uno scienziato: bisogna invece fare dell'attività narrativa un potente strumento d'osservazione della realtà.
Oltre i criteri dell'oggettività e dell'impersonalità, Verga supera i principali limiti del naturalismo: la sua narrazione si affida alla condensazione, a ellissi e ritmi accorciati; egli rifiuta l'uso del dialetto, mirando ad un orizzonte nazionale.
Un'altra differenza tra Zola e il siciliano è delineata dal rapporto tra scienza, romanzo e progresso. Se per Zola è necessario applicare gli assiomi della medicina sperimentale alla letteratura, facendo uso dei tre momenti salienti del metodo scientifico (osservazione, ipotesi e verifica), in modo da poter utilizzare il nuovo romanzo naturalista come potente mezzo di denuncia (J'Accuse!!!) dei mali della società, non è possibile dire lo stesso per il punto di vista verghiano.
Dall'impostazione dello scrittore siciliano traspare una sostanziale sfiducia nei confronti della scienza e della sua applicabilità all'arte. Alla base di questa sfiducia vi è una critica del progresso e un conservatorismo, annidati nel pensiero dell'autore.
Contrapposto ad un “interesse scientifico”, in Verga vi è dunque un interesse verso la dimensione antropologica che esplora i temi dello spazio familiare e dei piccolo borghi, creando romanzi che possiedono una funzione indiretta di denuncia ma che al tempo stesso, non possono migliorare la società, la quale mai cambierà (metafora dell'ostrica).
Se Zola e i suoi seguaci privilegiano dunque Parigi come campo d'osservazione, perché in un paese politicamente corretto come la Francia, la capitale ne riassume la Nazione, lo stesso non fu fatto da Verga. Anzi, quest'ultimo e tutti gli autori del Verismo italiano valorizzano le varietà regionali, che rappresentano una ricchezza e una complessità straordinarie dal punto di vista artistico, sociale e antropologico.
La descrizione della vita morale, sentimentale e affettiva dei ceti più bassi è un punto cardine dello stile di Verga. Pur rischiando di scontrarsi col perbenismo etico e religioso, l'autore tratta di tutti i loro comportamenti, ma con un'importante innovazione. La descrizione del popolo non è più effettuata dall'alto: egli non guarda questo mondo con l'occhio della persona colta e rinuncia ad ogni forma di giudizio.
Per far questo Verga riprende gli usi, i costumi locali, recupera raccolte di proverbi, ricostruisce abitudini e mentalità, adottando l'artificio della regressione: arretrando dalla propria visione borghese del mondo, assume l'ottica di valori e il modo di esprimersi della comunità popolare di cui sta raccontando le vicende.
Nelle novelle e nei romanzi veristi, la forma deve essere inerente al soggetto: non deve esserci alcuno scarto tra voce narrante e voce dei personaggi. Per questo motivo Verga utilizza il narratore anonimo popolare, che racconta i fatti dall'interno di una comunità di cui condivide schemi mentali, valori e lingua. La posizione dell'autore, però, riesce ad arrivare indirettamente al lettore tramite l'uso dell'artificio dello straniamento: tecnica che si basa sul principio di far apparire al lettore strano ciò che è normale o viceversa.; grazie a questa tecnica il lettore comprende che i valori presentati dai personaggi non possono essere condivisi, ed è dunque necessario un rovesciamento della gerarchia dei valori presentatagli dal romanzo. In questo modo, nonostante il suo silenzio, l'autore fa percepire il senso della sua posizione, della sua critica e della sua visione del mondo.
In Verga appare una visione sostanzialmente materialistica dell'esistenza, dominata dagli egoismi individuali e dall'affermazione del forse sul più debole. Nei suoi personaggi è possibile intravedere ciò che realmente pesa su ognuno di loro: una fatalità, un destino inevitabile ormai segnato, che costituisce il limite di ogni aspirazione. Nella sua ottica, ogni illusione è esclusa: il progresso non è altro che una macchina mostruosa che stritola e distrugge i deboli, i fiacchi, i vinti. Egli riconosce il carattere determinato e irreversibile del corso storico, mostrando come dietro al progresso, così esaltato, si nascondano tragedie individuali, drammi e sconfitte collettive.
Le Novelle
L'infelice storia della raccoglitrice di olive nel bozzetto siciliano Nedda costituisce un momento fondamentale per la coscienza artistica dell'autore: per la prima volta, nella figura di Nedda appare un sentimento di rassegnazione nei confronti del suo destino di povertà e di stenti che le hanno “indurito” il corpo e l'intelligenza, mostrando in tutta la sua crudeltà
il tema dell'esclusione sociale e della severa logica economica, la quale si basa sulla legge del più forte. Dal punto di vista stilistico, è possibile notare un narratore esterno identificabile con l'autore, che assume una posizione chiaramente riconoscibile, orientando il lettore.
Con la raccolta di novelle Vita dei campi (1880) si realizza il primo esperimento della letteratura italiana verista. Quasi tutte le novelle sono incentrate su un solo protagonista, caratterizzato da isolamento e marginalità rispetto all'ambiente circostante. L'amore è ancora un sentimento spesso presente, ma non più come sentimento languido e assoluto ma come passione divoratrice, irresistibile e bestiale, che facilmente sfocia in tragedia.
Nelle novelle la rivoluzione stilistica verghiana è compiuta: l'autore scompare e il suo posto è preso da una voce narrante popolare. La tecnica dell'impersonalità costituisce uno stile anticlassicistico.
Anche le Novelle Rusticane (1883) sono percorse da pessimismo e desolazione. La novità in questa raccolta è data dalla presenza di figure potenti: reverendi, amministratori, proprietari. Verga non è più interessato a personaggi eccentrici: i personaggi di questa raccolta sono tutti collocabili nel cuore della struttura economica patriarcale e contadina. Emerge il tema della roba, che troverà sviluppo nelle vicende di Mastro-don Gesualdo.
Mastro-don Gesualdo
Dopo la pubblicazione dei Malavoglia, Verga comincia a redigere il successivo romanzo: Mastro-don Gesualdo. Molto diverso dal precedente, rappresenta il romanzo dell'eroe moderno, del quale vengono esaltate intelligenza, tenacia ed energia che però lo conducono comunque alla sconfitta. La storia di Gesualdo si svolge in un ambiente più ricco ed ampio di Aci Trezza, il romanzo spazia dal mondo di operai e contadini ai possenti borghesi ed aristocratici. Ambientato a Vizzini, tra il 1820 e il 1848, viene raccontata la storia di Gesualdo Motta, uomo venuto dal nulla che grazie alle sue doti diviene ricchissimo e potente. Tremendamente ambizioso e dominato da un senso di rivalsa sociale, tradisce le sue origini contadine, passando dal suo originale titolo di mastro al titolo di don. Il matrimonio con un'aristocratica decaduta, Bianca Trao, segna l'inizio della sua decadenza: spezza totalmente i legami con la famiglia e non viene accettato dal ceto nobiliare, che lo tratta come un intruso poiché ancora considerato come muratore. Nemmeno la figlia Isabella gli dona soddisfazione: viene sposata da un anziano duca che sperpera tutta la fortuna del suocero.
Disprezzato da tutti i suoi parenti, Gesualdo si rinchiude in se stesso, riflettendo sui momenti essenziali della propria esistenza, prendendo coscienza della vanità della fatica volta all'accumulo.
Il romanzo è diviso in quattro parti che si dividono in due movimenti: l'ascesa (affermazione e trionfo di Gesualdo) e la caduta (declino e sconfitta del personaggio). La figura di Gesualdo domina per tutto il romanzo, sparisce la coralità dei Malavoglia. Anche in questo romanzo, la storia incide sulla vita di Gesualdo: i moti del 48 ne sono un esempio.
Il Mastro è detto anche romanzo della roba. In effetti, esso rivela il totale fallimento dell'ideologia della roba: essa porta a comportamenti obbligati non desiderati. La tentazione conduce ad una forte lacerazione interiore ed affettiva.
La debolezza del morente abbandonato lo porta alla mercé di chi tenta di appropriarsi dei suoi ultimi giorni di vita: questa morte anti-idillica rende impossibile il lieto fine.
Gesualdo comprende che la sua vita è stata priva di senso.
I Malavoglia
La volontà che spinse Verga a scrivere il romanzo nasce dal successo riscosso da Nedda. Pubblicato nel 1881, I Malavoglia è considerato il capolavoro dell'autore siciliano.
Ma l'idea nacque da un altro testo, fra i più famosi di Vita dei Campi che venne pubblicato nel 1879 su un periodico e che indirizzò il lettore verso un nuovo mondo e un nuovo modo di fare verismo, che poi sarà di ispirazione per tutti coloro che arriveranno successivamente: la silloge verghiana. Questo scritto non fece altro che presentare l'idea, appunto, e i personaggi che vivranno tra le pagine dei Malavoglia. Infatti, lo scenario iniziale è quello di una Sicilia totalmente divisa: borghesi e benestanti che vivono in un ambiente basso miserevole.
La forma è quella di una lettera che Verga sembra scrivere ad un'amica di alta estrazione sociale ma nel contesto reale di una Aci Trezza abbandonata a se stessa.
Anche la vicenda dei Malavoglia, infatti, ha inizio nel 1863 ad Aci Trezza. Questa famiglia di pescatori proprietari di una barca (La Provvidenza), soggetto collettivo del romanzo, abitano la “casa del nespolo”. Capofamiglia è il nonno, Padron 'Ntoni, padre di Bastianazzo; dal matrimonio di quest'ultimo con Maruzza sono nati cinque nipoti: 'Ntoni, Mena, Luca, Alessi e Lia.
Per iniziativa di Padron 'Ntoni la famiglia stringe un affare che garantirà sicurezza economica alla famiglia: il trasporto di un carico di lupini: la prosperità economica sarà coronata dal matrimonio tra Mena e Brasi, figlio del ricco pescatore Cipolla. La sciagura piove sulla famiglia: Bastianazzo muore nel naufragio della barca e 'Ntoni è lontano per la leva militare. La famiglia si ritrova in debito e senza barca. Il nonno, quindi, decide di vendere la casa per saldare il debito ma giunge la notizia della morte di Luca e anche la madre muore di colera. Il giovane 'Ntoni torna in paese e viene arrestato dopo aver accoltellato il brigadiere don Michele, che aveva una relazione con Lia: il processo rende pubblica la relazione e Lia fugge in città, andando a prostituirsi. Alessi, rimasto fedele alle tradizione, prosegue la lotta contro le avversità e riesce a riacquistare la "casa del nespolo", ristabilendo l'ordine della famiglia.
Attorno alla famiglia vi è il coro di Aci Trezza, pettegolo e curioso, che commenta continuamente ciò che accade, donando una fortissima unità strutturale e stilistica al romanzo.
La storia si dipana in un periodo che va dal 1863 al 1878: sono richiamati alcuni dati storici quali la battaglia navale di Lissa (1866) e l'epidemia di colera (1867). Vi è una profonda vaghezza di indicazioni cronologiche e una minima descrizione del mondo prossimo al paese, poiché così noto e abituale che non necessita di dettagli, al quale si oppone il mondo grande e lontano, soglia dell'ignoto. Lo spazio chiuso (il borgo di Trezza) rappresenta l'idillio familiare legato a codici di comportamento tradizionali ed è immerso in un ciclo temporale sempre uguale a se stesso; lo spazio aperto (ciò che si trova oltre Trezza) rappresenta il progresso, che travolge i codici tradizionali sostituendoli con le leggi del profitto, immerso in un tempo lineare e cronologico scandito dagli eventi.
Il finale del romanzo sancisce la vera natura anti-idillica dei Malavoglia: ogni volontà di cambiamento si risolve in un disastro, seguendo l'ideale dell'ostrica. Il pessimismo di Verga è assoluto: la sua posizione politica fortemente conservatrice è la logica conseguenza di una concezione del mondo che vede nei cambiamenti solo un male.
Dal punto di vista narrativo, Verga abbandona la narrazione delegata dei Malavoglia per dare spazio ad un giudizio critico diretto: con cui commenta e spiega la vicenda.
Per mantenere comunque una forma di impersonalità, Verga rende i dialoghi predominanti: si rifugia nello spazio del non-detto e non-esplicitato, aderendo al parlato dei borghesi e dei ricchi, ben inseriti nelle attività produttive.
Per approfondimenti su Giovanni Verga vedi anche qua
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali influenze letterarie di Giovanni Verga?
- Come si manifesta il Verismo nelle opere di Verga?
- Qual è il significato del romanzo "Mastro-don Gesualdo"?
- Quali sono i temi principali de "I Malavoglia"?
- In che modo Verga utilizza la tecnica dello straniamento?
Verga è stato influenzato principalmente dai romanzi francesi, in particolare da autori come Dumas, e successivamente dai romanzieri russi durante il suo soggiorno a Milano.
Il Verismo di Verga si manifesta attraverso l'uso di tecniche narrative come l'oggettività e l'impersonalità, evitando riflessioni personali e adottando una narrazione che rispecchia la vita reale e le condizioni sociali dei personaggi.
"Mastro-don Gesualdo" rappresenta l'ascesa e la caduta di un uomo che, nonostante la sua intelligenza e ambizione, è sconfitto dalla società e dalle sue stesse aspirazioni, evidenziando il fallimento dell'ideologia della "roba".
"I Malavoglia" esplora temi come la lotta contro le avversità, la disgregazione familiare, e il contrasto tra tradizione e progresso, con un forte pessimismo riguardo al cambiamento sociale.
Verga utilizza lo straniamento per far apparire al lettore come strani i valori normali dei personaggi, spingendo il lettore a riconsiderare e rovesciare la gerarchia dei valori presentati nel romanzo.