giadamazzocchi77
Ominide
44 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • Boccaccio è il precursore dell'umanesimo e si distingue per il suo approccio realistico e terreno, distaccato dal divino, rispetto ai suoi predecessori Dante e Petrarca.
  • Il Decameron è un'opera che esplora la nascita della borghesia, affrontando la fortuna e le relazioni umane senza filtri religiosi, rappresentando così un antidoto al caos della peste del 1348.
  • Boccaccio si rivolge a un pubblico specifico, composto da donne e mercanti, e utilizza la prosa per rendere le sue opere accessibili a un pubblico meno colto rispetto a Dante e Petrarca.
  • Il Decameron esplora temi come la fortuna, la natura e l'industria, evidenziando l'ingegnosità umana di fronte all'imprevedibilità della vita e affrontando l'amore come forza naturale e istintiva.
  • La struttura delle novelle del Decameron enfatizza la parola giusta al momento giusto, con una narrazione che si snoda tra ordine e disordine, e mette in luce la critica sociale verso le ipocrisie del clero e della borghesia mercantile.

Indice

  1. Boccaccio e l'Umanesimo
  2. Il Decameron e la Borghesia
  3. Boccaccio e la Prosa
  4. Boccaccio e le Influenze Culturali
  5. Fiammetta e la Rappresentazione Femminile
  6. Boccaccio e la Fortuna
  7. Giovanni Boccaccio: Vita e Formazione
  8. Boccaccio e la Letteratura
  9. Il Ritorno a Firenze e il Decameron
  10. Boccaccio e la Visione Terrena
  11. Il Realismo Boccacciano
  12. Il Decameron e la Peste
  13. La Lieta Brigata
  14. Struttura del Decameron
  15. Temi del Decameron
  16. Amore e Eros nel Decameron
  17. La Parola Giusta
  18. Motti e Battute di Spirito
  19. Amore e Beffa
  20. Ottica Laica del Decameron
  21. Fonti e Stile del Decameron
  22. Proemio e Dedica alle Donne
  23. Ser Ciappelletto e l'Inganno
  24. Andreuccio e la Fortuna
  25. Tancredi e Ghismonda
  26. Lisabetta e Lorenzo
  27. Federigo e Monna Giovanna
  28. Madonna Oretta e il Motto
  29. Frate Cipolla e la Beffa
  30. Calandrino e l'Elitropia
  31. Guido Cavalcanti e la Brigata
  32. Griselda e la Nobiltà d'Animo

Boccaccio e l'Umanesimo

Boccaccio è il terzo autore che chiude l'età medievale. È l'autore che maggiormente anticipa l'umanesimo sia per quanto riguarda i temi sia per quanto riguarda il distacco medievale. Non è completamente antropocentrico, è il più grande studioso di dante che sia mai esistito.

La sua opera principale è il Decameron, dopo diversi studi è comunque legata alla commedia, la sfera d'azione è molto terrena e ha poco a che fare con il divino.

Il Decameron e la Borghesia

Il Decameron rappresenta l'opera che salta la borghesia nascente: nell'epoca di Boccaccio ci troviamo in un periodo storico dove si sta affermando la figura del borghese attraverso quella del mercante.

Il fatto che Boccaccio stesso lo dedichi ai mercanti e alle donne e ci fa capire come il popolo cambi perché con Dante il pubblico era universale e si era affidato un compito da profeta, petrarca invece aveva la funzione di poeta laureato, poeta che voleva diffondere la poesia come elemento tornatore come un valore assoluto, la poesia come unico elemento che poteva rendere eterne alcune concezioni ed è il padre della poesia volgare.

Boccaccio e la Prosa

Con Boccaccio viene intrapresa una via nuova, quella della prosa perchè si dedica ad un pubblico meno colto. Inoltre Boccaccio è l’unico autore che conosce il greco rispetto a Dante e Petrarca.

Boccaccio e le Influenze Culturali

È un autore diverso anche nel modo di vivere perché è un figlio ileggittimo, vive l’adolescenza a Napoli dove suo padre lo riconosce in un secondo momento ed è Napoli che lo mette in corrispondenza con una serie di influenza delle culture greche, latine e ha un'apertura diversa dai suoi predecessori. Anche boccaccio ha un rapporto con i classici ma più leggero.

Fiammetta e la Rappresentazione Femminile

La donna che lui ama è Fiammetta, ma il modo in cui ritrae la sua figura è tutto nuovo, non è una figura ascetica ma neanche idealizzata, è una figura concreta assimilata ad un personaggio realistico.

Boccaccio e la Fortuna

Si parla di una Francesca rovesciata, la quale è considerata una peccatrice per dante anche se c'è una certa volonta di mettere una luce non del tutto negativa ma comunque è peccatrice; al contrario di Boccaccio che vede Francesca una donna che pecca per amore, una donna che ama in modo naturale, che è l'ispiratrice delle donne delle sue opere. Tutte le sue donne nelle opere saranno reali a contrario della Griselda dell'ultima novella. Si abbandona quell'essere prostrati dal dolce stilnovo, di avere la donna lontana, la donna diventa reale, tangibile. Le due opere preparative al Decameron ci fanno capire che è una visione più reale, umana. In Boccaccio non ci sarà la provvidenza ma la fortuna.

Giovanni Boccaccio: Vita e Formazione

Giovanni Boccaccio nasce nel 1313, e trascorre la sua infanzia a Firenze. Intorno al 1327 si trasferisce a Napoli e approfitta della vicinanza con la corte di Roberto d’Angiò per frequentare nobili e uomini di cultura. Per quanto riguarda gli studi, inizialmente studia diritto canonico, ma poi decide di dedicarsi alla letteratura, con grande disappunto del padre.

Boccaccio e la Letteratura

Nel percorso di formazione di Boccaccio, contano molto gli ambienti frequentati a Napoli:

- la corte angioina: interesse per la letteratura cortese e romanza

- gli ambienti universitari: rappresentano il contatto con la cultura scolastico-giuridica

Tutto questa porta il poeta a sperimentare diversi generi letterari, componendo due poemi in ottave (Filostrato, Teseida) e un romanzo in prosa (Filocolo).

Il Ritorno a Firenze e il Decameron

Il ritorno a Firenze e il capolavoro: Tra il 1340 e il 1341, Boccaccio decide di tornare a Firenze, dove fa fatica ad abituarsi alla vita del comune. Nel 1348, Boccaccio si trova a Firenze, sconvolta dell’epidemia di peste. Infatti, tra il 1349 e il 1351, il poeta scrive il Decameron.

Boccaccio si trova a dover affrontare diversi viaggi in qualità di ambasciatore, e a Padova incontra Francesco Petrarca. Tra i due nasce una grande amicizia, fatta anche di condivisione di libri e di contatti. Verso la metà degli anni sessanta, scrive la sua ultima opera involgare: il Corbaccio. Quest’opera parla del sogno che avrebbe salvato Boccaccio dall’amare una donna vedova. È un esempio di opera moralistica caratterizzata dalla satira. Negli ultimi anni della sua vita, si dedica allo studio della commedia, a cui affianca il titolo di “Divina”.

Boccaccio e la Visione Terrena

La visione di Boccaccio è molto particolare, in quanto il poeta si sofferma sugli eventi del mondo terreno, come passioni e amori. Infatti, i protagonisti delle sue opere sono uomini e donne che affrontano la variabilità e imprevedibilità del reale. Sceglie anche di rappresentare il mondo senza filtri religiosi e citando anche quelli che sono gli aspetti meno nobili, contrariamente a Dante. Il Decameron si fonda sull’etica della parola, e le novelle rappresentano un vero e proprio argine al caos della pestilenza. La loro enunciazione, infatti, si presenta come un antidoto contro il virus che sta disgregando la società e l’immortalità.

Il Realismo Boccacciano

Il realismo “boccacciano” è stato molto discusso, infatti, in quanto le trame siano imprevedibili, proprio come la vita concreta.

Anche i personaggi appaiono molto realistici, poichè sono esposti alla naturalità delle loro inclinazioni. Quindi se uno dei giovani mostra una particolare propensione per qualcosa non va ostacolata ma assecondata e guidata.

Il Decameron e la Peste

Il Decameron è un’opera unitaria che prende forma dopo il 1348, cioè dopo la diffusione della peste a Firenze. All’origine del componimento c’è un fatto storico: l’epidemia di peste del 1348 che devastò l’Italia. Nell’introduzione, Boccaccio parla di un “orrido cominciamento”, ovvero uno scenario di morte collettiva. Questa situazione iniziale, infatti, ricorda il primo canto della Commedia di Dante. La peste e il contagio spingono gli individui ad aver paura gli uni degli altri e si genera quindi una disgregazione. Il poeta propone, infatti, una società in cui siano preservati i valori di una civiltà fondata sulla relazione.

La Lieta Brigata

Per colpa della peste, dieci giovani si allontanano da Firenze e si ritirano in campagna, costituendo una piccola comunità (“la lieta brigata”). Quando la brigata scappa per la peste, rappresenta un tentativo da parte di Boccaccio di creare un ordine alternativo (politico sociale) rispetto a quello corrotto della Firenze del tempo. Questa piccola comunità, infatti, costituisce una risposta al disordine causato dalla peste, la quale diventa per la brigata un’occasione educativa. Il messaggio del libro, quindi, è che per combattere questa crisi etico-civile, il rimedio va cercato nell’istinto vitale guidato dalla ragione. Alla fine dell’opera, i giovani torneranno insieme a Firenze.

Struttura del Decameron

Il libro è suddiviso in dieci parti, che corrispondono ad ogni giornata. Ogni giorno prevede l’elezione di un re o di una regina che deve scegliere un tema che tutti dovranno rispettare. Tutte le novelle si aprono con una piccola introduzione e finiscono con una conclusione più articolata. La narrazione è sospesa il venerdì e il sabato per ragioni religiose. Le eccezioni sono che due giorni sono a tema libero e che uno dei novellatori, Dioneo, è autorizzato a non rispettare il tema della giornata, dimostrando il rapporto dialettico fra ordine e disordine.

Il raggio d’azione delle novelle è molto ampio, in un arco temporale che va dal presente fino al mondo antico. Negli itinerari del Decameron spiccano i luoghi ben conosciuti da Boccaccio, come Napoli o i luoghi delle sue missioni diplomatiche.

Temi del Decameron

Il Decameron propone dei personaggi diversi, come ad esempio la figura del mercante. I mercanti, infatti, devono fare conto con la casualità della fortuna e l’imprevedibilità dell’esistenza. Ai mercanti Boccaccio oppone la civiltà cortese e cavalleresca, seguendo il suo sogno di una sintesi ideale fra i due modelli. Un altro aspetto innovativo dell’opera di Boccaccio è il ruolo femminile. Nel proemio, infatti, il poeta dedica l’opera alle donne, che sono le destinatarie. Anche all’interno del componimento, le figure femminili spiccano come interlocutrici privilegiate. La donna, infatti, incarna un ideale di letteratura e poesia, ed è un essere dotato di istinti naturali positivi e di rivendicare il proprio ruolo attivo e di poter scegliere, al contrario delle donne angelicate dello Stil Novo.

Temi cardine dell’opera:

- Fortuna: il suo condizionamento porta i personaggi a salvare sé stessi o i propri beni

- Natura: pulsione istintiva presente in ciascun individuo e reclama i propri diritti spesso soffocati dai pregiudizi e ipocrisie sociali.

- Industria: ingegnosità, scaltrezza e prontezza (risorse di cui gli esseri umani dispongono per farsi valere e per prendere una rivincita sulle convenzioni sociali e sulla fortuna).

Amore e Eros nel Decameron

Per quanto riguarda l’amore, gli sono dedicate la quarta e la quinta giornata. Per Boccaccio, l’eros è una forza natura e istintiva, quindi positiva e vitale. Il suo eros è anche democratico: l’amore sincero dovrebbe annullare le differenze sociali, ma questo non riesce quasi mai ad avverarsi. Forte è l’influenza della tradizione romanza, che offre a Boccaccio numerosi modelli letterari.

La Parola Giusta

Al centro del libro si colloca “la parola giusta al momento giusto”, che si addice alle persone capaci di adattarsi alle circostanze.

Motti e Battute di Spirito

Ai “motti”, ovvero le battute di spirito per uscire da una situazione difficile, è dedicata la sesta giornata. Boccaccio propone quindi una teoria del motto, che deve essere intelligente ma non impulsivo. Due personaggi della sesta giornata, il cavaliere di Madonna Oretta e Frate Cipolla sembrano ribadire che sull’uso del linguaggio si misurano la conoscenza e il successo della vita.

Amore e Beffa

Il tema dell’amore, nella settimana e ottava giornata, si intreccia con il tema della beffa. Il modello dell’amore è quello dei fabliaux francesi, in cui Boccaccio accentua il comico (riconducibili a Cecco Angiolieri). Infatti, i personaggi più usati sono il prete, il marito sciocco o la donna in balia dell’istinto sessuale.

Nella decima giornata c’è un cambiamento di prospettiva, in quanto la scena è incentrata sul mondo aristocratico e cortese. Essa definisce un modello di comportamento mondano in cui gli ideali cavallereschi e feudali vengono armonizzati con quelli positivi del ceto mercantile.

Ottica Laica del Decameron

A dominare il Decameron è un’ottica laica, in cui il trascendente non è negato ma appare insondabile al giudizio degli uomini e sottratto all’analisi diretta dello scrittore. Infatti Boccaccio non riflette sulle questioni teologiche come invece ha fatto Dante. Quello che gli interessa è il modo in cui gli uomini interpretano il culto religioso, che nei fedeli degenera in fanatismo e superstizione e nel clero in imbroglio. Da qui nasce la polemica contro il mondo ecclesiastico. Boccaccio non intende mettere in discussione le verità di fede ma l’immoralità di molti religiosi.

Fonti e Stile del Decameron

Boccaccio, nella stesura del Decameron, utilizza diverse fonti scritte, tra cui le più importanti sono l’exemplum (un racconto con fini pedagogici) e il Novellino (una raccolta di novelle). Dal punto di vista lessicale, il Decameron si dimostra intrecciato alla tradizione a cui Boccaccio si è ispirato: la poesia provenzale, la lirica siciliana e Dante.

Infine, la prosa utilizzata è polifonica, cioè una prosa corale.

Proemio e Dedica alle Donne

Nel proemio, Boccaccio spiega principalmente a chi dedica e a chi rivolge l’opera. Infatti, il poeta spiega di aver sofferto per amore e di essere stato poi riempito dal conforto infatti egli ritiene doveroso restituire a sua volta il conforto a chi è tormentato.

La novità del Decameron consiste nella volontà del suo autore di risarcire le donne della scarsa considerazione sociale riservata alle loro pene, offrendo loro un rimedio: mentre gli uomini hanno molteplici distrazioni che possono diminuire la malinconia d’amore Boccaccio propone come antidoto alla noia e alle pene d’amore delle donne la lettura e l’ascolto di storie per distrarsi.

Nell’incipit, il Galeotto viene definito “cognominato”, in quanto è un sottotitolo e deve essere un tramite tra le donne e i loro amori.

Nel testo è menzionata anche la noia, che è considerata come qualcosa di angoscioso e che pervade l’anima. Le donne, inoltre, sono definite come “vaghe”, aggettivo che sembra richiamare l’incostanza che spesso viene attribuita alle donne.

Infine, è menzionata anche la fortuna, che sostituisce la provvidenza all’interno del Decameron; la fortuna è casuale ed è diversa dal fato perché essa può essere piegata dall’influenza dell’uomo mentre il fato no. Galeotto fa riferimento anche al V canto dell’Inferno perché fu il tramite per l’amore tra Paolo e Francesca.

Una delle tematiche che pone a confronto i tre padri della letteratura italiana è il tema dell’amore a cui Boccaccio dedica due giornate perchè l’amore aveva spopolato nel medioevo ma in maniera diversa: prima nel dolce stilnovo, poi ascetico con Dante, poi in chiave bucolica, idilliaca ma contrastata in petrarca. Lo avevamo visto in una versione cavalleresca ma in tutte queste versioni nessuna ci fornisce la versione dell'amore come slancio naturale. Boccaccio invece parla dell'amore come slancio naturale con conseguenze sia negative che positive.

Nell'atto dell'amore, è la natura che si segue. Declinato in senso più erotico, non abbiamo più un amore immaginato o ascetico ma amore corporale come Paolo e Francesca anche se nella Commedia era aulicizzato in Boccaccio no, viene visto con le sue forme più volgari. Il tema è presente anche nelle giornate precedenti e in quelle successive, è un po' un filo rosso. L'eros per boccaccio è una forza naturale istintiva, che rende l'uomo libero e vivo.

L'eros è l'amore fisico mentre l'amore è solo sentimento, l'aspetto più platonico. Parliamo di un amore ostacolato dalla religione e dalla società.

Boccaccio va ad indagare una realtà reale a differenza di Dante che fa riferimento ad una realtà ascetica, Boccaccio si rivolge a tematiche più materiali e contemporanee a differenza di petrarca che opera una rielaborazione poetica della sua realtà circostante e va a delitterarizzare quella che è la materia che tratta. Abbiamo per la prima volta un elemento realista.

Se Dante vuole prevalentemente mettere in evidenza quelli che sono gli elementi negativi al mondo a cui appartiene, Boccaccio dice che il mondo è variegato proprio perché caratterizzato da elementi positivi e negativi e anche negli elementi negativi si possono trovare elementi positivi quindi Boccaccio non è cosi intransigente sulla situazione politica e sociale nonostante viva a Napoli e a Firenze.

Boccaccio ha una visione completamente diversa del mondo ed ha un pubblico completamente diverso, non si rifà ad un pubblico universale, perché vuole che la sua opera sia letta da un pubblico specifico, un pubblico legato prevalentemente a realtà specifiche che sono donne e mercanti di cui parla successivamente in una pausa iniziale all'interno del decameron dove lui afferma che si vuole giustificare dalle critiche rispetto alle novelle. Scrive novelle dedicate alle donne perchè erano costrette a rimanere chiuse in casa a lavorare e patire e per alleviare le loro pene d’amore e fargli compagnia, boccaccio le dedica a loro.

Ser Ciappelletto e l'Inganno

Ser Ciappelletto è un falsario, traditore della chiesa e della religione. Proprio per queste sue doti da ladro viene assunto da messer Musciatto Franzesi che gli affida la gestione dei suoi affari in Francia. In casa dei due usurai fiorentini che lo ospitano si ammala inaspettatamente e la situazione si aggrava sempre di giorno in giorno. Gli usurai non volevano chiamare un prete perché con tutti i peccati commessi in vita, nessun prete lo avrebbe assolto. Tuttavia ser ciappelletto decide di chiamare un parroco e di confessarsi, dipingendosi come l’uomo più santo di tutti. Dopo essere assolto, venne venerato da tutti.

Nella novella che introduce la prima giornata a tema libero, Boccaccio afferma di voler aprire il Decameron nel nome di Dio. Allo stesso tempo, il poeta mostra come la parola possa risultare ingannevole, ma non per questo sminuire le intenzioni dei credenti. Il motivo dominante che conduce le prime tre novelle è quello religioso e quella di Ciappelletto si occupa in particolar modo dell’ipocrisia della borghesia mercantile. Il tema che conduce la narrazione e che sarà uno dei punti fermi dell’intera opera è l’inganno. La tecnica usata da Ser Ciappelletto per salvare se stesso e i propri ospiti è quella del rovesciamento, che si attua attraverso i meccanismi dell’antifrasi e della parodia.

Andreuccio e la Fortuna

La seconda giornata è dedicata al racconto di vicende in cui una situazione sfavorevole si risolve in un finale lieto.

Andreuccio, giovane mercante, giunge a Napoli da Perugia per fare affari, ma per la sua ingenuità cade vittima dell’inganno di una prostituta che lo deruba. Dopo aver fatto incontri pericolosi e rischiato la morte per tre volte, riesce a scamparla e torna a casa più ricco di prima.

TEMA: fortuna. Si tratta di una novella di formazione: il lieto fine a cui il protagonista va incontro dipende dall’esperienza acquisita, ovvero dal fatto che Andreuccio apprende l’arte di vivere. La vicenda mette in luce una visione della fortuna come forza cieca ed imprevedibile che però può essere in parte contrastata dall’ingegno.

Tancredi e Ghismonda

TANCREDI E GHISMONDA (collegamento al canto v dell’inferno)

Tancredi, principe di Salerno, uomo di grande umanità e indole generosa, è padre di Ghismunda, figlia che ama, in modo quasi ossessivo, al punto che prima ne ritarda il matrimonio e poi, quando lei è rimasta vedova, fa di tutto per impedirle di risposarsi, allo scopo di trattenerla a sé. Col passare del tempo, comincia a nutrire il desiderio di innamorarsi: da tempo non prova le gioie dell’amore, da tempo non giace con un uomo e vorrebbe almeno un amante. La ragazza incontra Guiscardo, povero e di umili origini. L’amore è subito corrisposto da lui. È un amore segreto. Successivamente Guiscardo verrà scoperto da Tancredi il quale lo ucciderà e dopo Ghismunda per dolore si toglie la vita.

La novella apre la quarta giornata, dedicata agli amori con fine tragico. Da questa novella affiorano echi di letture medievali e classiche.

Per la prima volta in questa novella l’amore diventa il vero protagonista: un amore in cui si incontrano la dimensione sensuale e corporea, tragica e letteraria, basata su molti rimandi alla tradizione poetica provenzale e al romanzo bretone. I tre personaggi principali di questa novella appaiono investiti dall’amore: Tancredi geloso della figlia, Ghismonda interprete consapevole della propria passione e Guiscardo come modello della nobiltà d’animo e di cuore che sovrasta quella di sangue.

Il vertice del triangolo costituito dai tre personaggi della novella lo occupa la donna ovvero Ghismonda, nella quale si saldano le ragioni dell’istinto naturale e dell’éros da un lato, e la dignità di un animo virtuoso dall’altro. Ghismonda è capace di amare, ma soprattutto sa difendere le ragioni del proprio amore con perfetto dominio della parola. La donna rivendica fino in fondo la propria autonomia decisionale. Principio universale presente in questa novella: naturalità dell’istinto amoroso.

Nel discorso di Ghismonda ricorrono tre aspetti che rimandano al V canto dell’Inferno con Paolo e Francesca: la superiorità della nobiltà di cuore su quella di sangue; la fine tragica di un amore che unisce gli amanti nella vita come nella morte; il fatto che siano chiamate a spiegare il proprio amore le donne e non gli uomini.

C’è però una differenza tra i due personaggi: Francesca si giustifica con argomenti tipici della tradizione cortese come la forza travolgente della passione amorosa contro cui nulla possono le deboli difese del soggetto. Ghismonda invece rifiuta che le sia attribuita una qualsiasi debolezza e assume la responsabilità della propria scelta che rivendica come naturale. Mentre l’amore di Francesca era una forza irrazionale quello di Ghismonda ricostituisce un ordine.

Lisabetta e Lorenzo

A Messina vivono tre giovani fratelli, ricchi mercanti. I tre hanno una sorella, Lisabetta, una ragazza bella, onesta e gentile. A servizio dei fratelli c’è il garzone Lorenzo. È un bel ragazzo e Lisabetta, vedendolo ogni giorno, se ne innamora. Lorenzo se ne accorge, ricambia l’interesse e i due prendono a frequentarsi.

La tresca però viene scoperta da uno dei fratelli mentre una sera Lisabetta si reca al quotidiano incontro con l’amante. Il fratello di Lisabetta non rivela niente a nessuno e attende il mattino. Fattosi giorno, racconta agli altri due fratelli ciò che ha visto la notte prima. Insieme decidono di non denunciare l’accaduto e di attendere l’occasione buona per porre rimedio a questa storia. L’occasione si presenta quando i tre fratelli dicono di dover andare in città, portando con sé Lorenzo, ignaro dell’agguato che i tre gli avrebbero teso. In un bosco, i tre uccidono e seppelliscono il povero Lorenzo, in modo che non potesse essere ritrovato. Tornati a casa, dicono a tutti che lo hanno inviato lontano per affari. Furono creduti, poiché erano soliti inviarlo lontano per commerci.

Lisabetta comincia a chiedere spesso di Lorenzo ai fratelli. La giovane si dispera per l’assenza dell’amato, lo chiama continuamente ogni notte; e Lorenzo una notte le appare in sogno, pallido e scompigliato, coi panni tutti strappati e fradici. Lorenzo, le racconta che i fratelli lo hanno ucciso e le indica anche il luogo in cui è stato sepolto.

Lisabetta, credendo al sogno, con la scusa di una passeggiata, si reca nel luogo indicato e, arrivata, tolte le foglie secche che ricoprivano la terra rivoltata, comincia a scavare: non le serve molto tempo e trova il corpo dell’amato. Il sogno era veritiero. Avrebbe voluto portarselo dietro tutto e seppellirlo degnamente, ma era impossibile: così, preso un coltello, ne taglia la testa e seppellisce il resto. La affida alla domestica e la porta a casa.

Comincia a piangere con la testa di Lorenzo nella propria camera. Dopo averla lavata con lacrime e baci, la seppellisce avvolta in un tessuto in un vaso di usato per piantare le spezie. Ricoperta la testa con la terra, vi pianta il basilico. Così comincia a passare le sue giornate a piangere e a piangere su quel vaso di terracotta pieno di basilico, che cresce verde e rigoglioso. Lisabetta inizia a star male per questa perdita.

I fratelli si insospettiscono e portano via il vaso. Questo furto, la fa ammalare definitivamente e tuttavia lei continua a chiedere il vaso. I fratelli si stupiscono di tanta insistenza e vanno a vedere che cosa contenga. Tolta la terra, scoprono nel drappo la testa non ancora decomposta coi capelli crespi: è quella di Lorenzo. Preoccupati, temono che la cosa si possa sapere in giro.

La sotterrano senza dire nulla e, partiti da Messina, si trasferiscono a Napoli e dopo aver sistemato ogni loro affare Lisabetta muore di dolore.

Il ceto mercantile non è immune dagli amori tragici e lo dimostra la vicenda di Lisabetta da Messina, una giovane donna costretta a rinunciare al proprio amato in nome dell’onore e delle convenzioni sociali. Lisabetta è vittima del suo tempo. In questa novella viene affrontato il tema degli amori tragici che riprendono quelli precedenti come Paolo e Francesca. Dante non giustifica Francesca per essersi lasciata travolgere dalla passione mentre Boccaccio si pone in difesa di Lisabetta e prova pietà per lei, in quanto Boccaccio aveva una visione naturalistica e classica dell’amore e rende le donne protagoniste mentre nella Commedia ci sono pochi personaggi femminili.

Federigo e Monna Giovanna

Siamo nella quinta giornata, dedicata agli amori felici grazie alla benignità di qualcuno o alla fortuna. Federigo degli Alberighi è un giovane gentile e cortese, nato in una nobile famiglia fiorentina dell’antica nobiltà guerriera, per la precisione. Federigo si innamora di una nobildonna chiamata monna (madonna) Giovanna.

Quest’ultima è sposata e quindi in nessun modo potrebbe ricambiare il sentimento e non ha molta stima di Federigo, dominato dagli inquieti sentimenti dell'amore impossibile. Dopo la morte del marito di Giovanna, per dimostrare il suo amore verso la donna, si rovina al punto che gli restano un piccolo podere e il suo amatissimo falcone, con il quale si guadagna da vivere e di che mangiare cacciando. Viene organizzato un banchetto ma federigo a corto di dispense cucina il suo falchetto.

I fratelli di giovanna lo incitano a risposarsi nuovamente e lei pensandoci su accetta a patto che il marito fosse federigo.

Federigo viene presentato come un nobile ma soprattutto nobile d'animo, si riprende la scia del dolce stilnovo ovvero l'incontro di due cuori nobili. C'è questa considerazione che colui che è nobile d'animo e che quindi sacrifica tutto per una donna nobile d'animo sicuramente verrà ricompensato. Viene ripreso l'ideale di amor cortese non solo stilnovista ma rifacendosi all'idea dell'amore cortese provenzale. L'amor cortese come qualcosa che scaturisce l'incontro tra due cuori nobili. Questi due cuori si incontrano ma in un epoca differente.

Giovanna lo mette alla prova in tutti i modi tanto che lui sacrifica ciò che ha di più caro, il falcone.

Quando giovanna decide di sposare federigo ci rendiamo conto di quanto sia una scelta autonoma e ci fa capire che la donna ha un valore di scelta.

Viene affrontato anche il tema del dono, dell'aprirsi agli altri nelle due parti della novella; nella prima parte si tratta di un donare smodato che in nome della liberalità cortese conduce il protagonista alla bancarotta mentre nella seconda parte il dono si concretizza nel sacrificio del falcone. Federigo sposando Giovanna ritorna ricco perchè il cuore nobile fa breccia in un altro cuore nobile e viene ricompensato.

Madonna Oretta e il Motto

Racconta un aneddoto che ha avuto per protagonista la nobildonna fiorentina Oretta, sposata con il nobile Geri Spina. Durante un soggiorno in campagna, Oretta partecipa ad una lunga escursione insieme ad un gruppo di uomini e donne cortesi; per alleviare la noia e la fatica uno dei suoi compagni le propone di farle passare il tempo raccontandole una delle storie più belle mai sentite, al punto che invece che a piedi le sembrerà di essere a cavallo. Madonna Oretta accetta volentieri l’offerta e il cavaliere comincia il suo racconto.

Egli però non è abile con le parole e la storia, che di per sé sarebbe stata molto piacevole, si prolunga senza motivo, tra ripetizioni, errori e correzioni. Il narratore si confonde, anticipa i colpi di scena. Oretta, non potendo più sostenere lo strazio dell’ascolto, ormai certa che il suo accompagnatore non sarà in grado di portare a termine il racconto, gli domanda di lasciarla proseguire a piedi, poiché il cavallo che lui le aveva fornito per abbreviare il viaggio, cioè la novella, si era rivelato inefficace.

La sesta giornata ha come tema il motto arguto e la pronta risposta. Boccaccio paragona il saper ben parlare ad una buona andatura a cavallo. Sottolinea l’importanza del motto e del saper novellare.

Frate Cipolla e la Beffa

Dioneo racconta una novella che ha come protagonista frate Cipolla. Frate Cipolla, abituato a sfruttare a fine di lucro la superstizione popolare, si prepara a mostrare la penna dell’arcangelo Gabriele agli abitanti di Certaldo. Due amici si divertono a sostituire la finta reliquia con dei carboni. Frate Cipolla, quando se ne accorge, dà libero sfogo alla sua abilità retorica per sottrarsi all’inganno. La folla ne rimane conquistata mentre i due amici si congratulano con il frate per aver beffato i beffatori.

Al centro della vicenda si pone il tema della beffa e si tratta di una beffa nella beffa. Si crea pertanto una sottile complicità tra beffatori e beffati determinata dal ribaltamento dei ruoli. Un altro aspetto è la natura gratuita della beffa: non c’è un utile o economico nell’inganno dei due amici ma soltanto il piacere di divertirsi.

Calandrino e l'Elitropia

Calandrino, ingenuo credulone e avido, si lascia ingannare da due compagni dediti agli scherzi ovvero Bruno e Buffalmacco che gli parlano di una pietra magica, l’elitropia che renderebbe invisibili. Calandrino abbocca all’amo e pensa di aver trovato la pietra giusta ma quando poi ritorna a casa dalla moglie che riesce a vederlo e gli parla, dà la colpa alle donne perché fanno perdere il potere della pietra.

La novella di Calandrino presenta un modello ideale della costruzione e del funzionamento delle novelle di beffa che hanno una parte rilevante nel Decameron. Imparentata con il motto, la beffa si organizza secondo linee di svolgimento ripetitive che ne costituiscono l’essenza. Se nel motto tutto è affidato all’efficacia della parola fulminea capace di rovesciare in un’istante una situazione critica, nella beffa la costruzione, l’organizzazione raffinata e ricercata prevalgono sul risultato.

Guido Cavalcanti e la Brigata

La novella si apre con il ricordo dell’usanza delle classi fiorentine più agiate della fine del XIII secolo di riunirsi in gruppi secondo le contrade di appartenenza per tenere banchetti, divertirsi, celebrare insieme le festività cittadine. Tra queste brigate, c’è quella di Betto Brunelleschi, che vuole far entrare nel proprio gruppo Guido Cavalcanti, per il prestigio del suo nome e per le sue virtù nobili. Il poeta ci viene descritto da Elissa, narratrice di questa novella, con grandi onori e lodi, che ne sottolineano soprattutto la spiccata propensione alla filosofia e le doti di uomo di cultura.

Inoltre, Elissa sottolinea che proprio l’amore per la filosofia e la conoscenza, che ha fatto avvicinare Guido alla corrente dell’epicureismo, lo ha anche isolato dal resto degli uomini, così da farlo sembrare altezzoso e superbo. Cavalcanti viene così fermato un giorno dalla brigata di Betto presso la porta di San Giovanni, dove si trovano le tombe dei primi abitanti di Firenze. Betto e i suoi uomini circondano Guido e, con intento scherzoso ma anche desiderando “dargli briga”, gli chiedono di giustificare sia il suo rifiuto di unirsi a loro sia il suo ateismo.

Guido risponde con una arguta, ma enigmatica risposta.

I membri della brigata rimangono attoniti, poiché non hanno compreso il motto del poeta-filosofo, che viene però compreso e spiegato da Betto: per Cavalcanti, filosofo e poeta coltissimo, gli uomini della brigata sono “idioti e non letterati” e quindi assomigliano in tutto e per tutto ai cadaveri contenuti nelle tombe di San Giovanni, dove quindi si trovano a casa.

In questa novella Boccaccio esalta Guido Cavalcanti come emblema dell’intellettuale che non viene compreso dalla massa, che in lui vede solo, in maniera molto superficiale, una figura originale e solitaria, presa in maniera ossessiva dai propri pensieri. La “beffa” di Guido ai danni della brigata di Betto vuole invece ribadire proprio questa distanza incolmabile tra la gente comune e chi detiene il privilegio della cultura e del sapere: per questo Guido paragona i suoi avversari a dei morti, cioè a corpi ormai privi di vita e di senno.

Da questo episodio traspare anche la prospettiva con cui nel Decameron si guarda al tempo passato e ai valori ch’esso incarna: Boccaccio, infatti, esclude del tutto dalla rappresentazione la questione politica.

Griselda e la Nobiltà d'Animo

Griselda è l'ultima novella del Decameron di Boccaccio, viene raccontata nella decima giornata e ha al centro il tema della magnanimità e della forza d'animo.

Il narratore della giornata è Dioneo e racconta questa novella che è quella più famosa, tradotta in latino da petrarca. È una novella molto discussa. Alcuni hanno detto che è una novella ironica e sarcastica altri hanno detto che rappresenta l'emblema dell'altezza d'animo (rifacimento alla divina commedia in chiave terrena). Secondo un’altra interpretazione, Griselda è un “esempio” di resistenza alle avversità della Fortuna, una delle grandi forze in gioco in tutto il Decameron. Secondo ancora un’altra interpretazione all’interno di questa novella prevale il ruolo della donna che restando in silenzio alle provocazioni dell’uomo e sopportando le crudeltà, è lei a beffare il marito e Boccaccio mette in evidenza la sua intelligenza.

Griselda, una giovane contadina, è scelta da Gualtieri, marchese di Saluzzo, come sua sposa. Gualtieri in seguito la costringe a una serie di prove crudeli, senza apparente motivo, fino a fargli credere di aver ucciso i loro due figli. Nonostante tutto, Griselda dimostra una resistenza inimmaginabile e continua a provare un sentimento sincero per il marito. Solo dopo anni, il marchese rivelerà di aver fatto tutto questo per mettere alla prova la capacità di sopportazione della donna.

La Griselda è un esempio di nobiltà d'animo posto in contrapposizione con la nobiltà di stirpe.

Centrale nel racconto è la contrapposizione tra i due protagonisti, Gualtieri e Griselda: essi si fronteggiano nella dimensione sociale in cui il marchese si trova in una posizione di superiorità.

Inoltre il tema della non coincidenza tra nobiltà di sangue e nobiltà d’animo. Essa è rovesciata nell’opposizione tra la matta bestialità e l’umiltà di Griselda.

L’ultima novella del libro appare in rapporto con la prima, ruotando entrambe intorno al tema dell’eccesso. Ciappelletto esercitava la sua malizia con un gusto gratuito della cattiva azione; Griselda risponde alle provocazioni del marchese con il silenzio di una virtù eroica. In entrambe è presente una storia paradossale tenuta dal registro comico nel primo caso e quello drammatico nel secondo. Le due novelle racchiudono il contenuto delle dieci giornate: tutti i casi della vita gestiti in situazioni reali grazie all’uso ragionevole della parola (motti), mantenendo la propria libertà e dignità.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo del Decameron nella rappresentazione della borghesia emergente?
  2. Il Decameron di Boccaccio rappresenta un'opera che evidenzia l'emergere della borghesia, in particolare attraverso la figura del mercante. Boccaccio dedica l'opera ai mercanti e alle donne, segnando un cambiamento rispetto al pubblico universale di Dante e alla poesia laureata di Petrarca.

  3. In che modo Boccaccio si distingue dai suoi predecessori Dante e Petrarca?
  4. Boccaccio si distingue per l'uso della prosa e per la sua conoscenza del greco, a differenza di Dante e Petrarca. Inoltre, Boccaccio ha un approccio più terreno e realistico, con un'attenzione particolare alle influenze culturali greche e latine.

  5. Come viene rappresentata la figura femminile nelle opere di Boccaccio?
  6. Boccaccio rappresenta le donne in modo realistico e concreto, come nel caso di Fiammetta, che non è idealizzata ma assimilata a un personaggio realistico. Le donne nelle sue opere sono reali e dotate di istinti naturali positivi, in contrasto con le figure angelicate dello Stil Novo.

  7. Qual è la visione di Boccaccio riguardo all'amore e all'eros nel Decameron?
  8. Boccaccio vede l'eros come una forza naturale e istintiva, positiva e vitale. L'amore nel Decameron è democratico e dovrebbe annullare le differenze sociali, anche se raramente accade. L'eros è rappresentato come un elemento che rende l'uomo libero e vivo.

  9. Quali sono i temi principali del Decameron e come vengono affrontati?
  10. I temi principali del Decameron includono la fortuna, la natura e l'industria. La fortuna è vista come una forza imprevedibile, la natura come una pulsione istintiva e l'industria come l'ingegnosità umana. Questi temi sono affrontati attraverso novelle che esplorano la variabilità e l'imprevedibilità della vita.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community