Concetti Chiave
- Giovanni Boccaccio è nato a Certaldo nel 1313 e ha vissuto un'importante fase della sua vita a Napoli, dove ha sviluppato un interesse per i classici latini e la letteratura volgare.
- Le opere del periodo napoletano, come "Il Filostrato" e "Il Filocolo", riflettono gli ideali cortesi e cavallereschi, ispirandosi alla narrativa medievale in lingua d’oil.
- Il "Decameron" è una raccolta di 100 novelle, strutturata in una cornice narrativa che vede dieci giovani rifugiarsi in campagna durante la peste per mantenere vivi i valori sociali e morali.
- Temi centrali del "Decameron" includono la Fortuna, l'amore in chiave laica e la centralità dell'agire umano, con storie che esplorano la molteplicità della realtà e la tendenza all'unità.
- Lo stile narrativo del "Decameron" è caratterizzato da una varietà di voci e linguaggi, con un uso del tempo narrativo che varia a seconda delle esigenze della storia.
Indice
- Infanzia e formazione di Boccaccio
- Ritorno a Firenze e crisi spirituale
- Opere napoletane e ideali cortesi
- La caccia di Diana: un poemetto mitologico
- Il Filostrato: amore e mito omerico
- Il Filocolo: amore e avventure
- Il Teseida: poema epico in volgare
- Ameto e le ninfe: allegoria e virtù
- Trionfi e saggezza umana
- Fiammetta: introspezione e amore
- Africo e Mensola: amore pastorale
- Temi del Decameron: amore e fortuna
- Molteplicità e unità nel Decameron
- Centralità dell'agire umano nel Decameron
- Lisabetta da Messina: amore e tragedia
- Nastagio degli Onesti: amore e redenzione
- Chichibio e la gru: astuzia e fortuna
- Guido Cavalcanti: cultura e cortesia
- Calandrino e la pietra invisibile: beffa e ingenuità
Infanzia e formazione di Boccaccio
Nasce probabilmente a Certaldo (vicino Firenze) nel 1313, figlio del mercante Boccaccino di Chellino. Nel 1327, il padre si trasferisce a Napoli per lavoro e porta con sé il figlio, che per 14 anni ha occasione di venire a contatto con molte persone e frequentare l’ambiente colto e aristocratico della città, grazie al quale si appassiona ai classici latini e ai poeti più recenti quali Dante e Petrarca. --> si interessa al volgare e matura uno spirito di osservazione della realtà.
Ritorno a Firenze e crisi spirituale
Nel 1340, in seguito al fallimento della banca di Bardi, di cui il padre era socio, Boccaccio torna a Firenze dove è oramai conosciuto come un personaggio illustre. Ottiene così importanti incarichi come quello di ambasciatore.
Nel 1348, Firenze è colpita dalla peste e fra le vittime vi è anche il padre di Boccaccio. In seguito ad una crisi spirituale prende, come Petrarca, gli ordini minori e, a questa crisi, si aggiunge anche una grande delusione politica --> per il solo fatto di essere amico di persone che hanno partecipato ad un complotto, viene allontanato da incarichi pubblici per 5 anni.
1362 --> torna a Certaldo dedicandosi allo studio, alla meditazione e alla scrittura. Muore nel 1375.
Opere napoletane e ideali cortesi
Le opere scritte dal poeta nel suo soggiorno a Napoli riflettono gli ideali cortesi e cavallereschi della letteratura medievale (amore come fonte di ingentilimento, culto del gesto altruistico, gusto per l’avventura), i testi classici e anche le forme letterarie popolari quali i cantari (poemi cavallereschi cantati nelle piazze).
La caccia di Diana
La caccia di Diana: un poemetto mitologico
Poemetto di 18 canti in terzine, che celebra in chiave mitologica (ninfe) alcune donne conosciute dal poeta presso la corte. Le ninfe, seguaci di Diana (dea della caccia), si ribellano alla dea ed offrono le loro prede di caccia a Venere, che trasforma gli animali in bellissimi uomini; Tra questi vi è anche il giovane Boccaccio che, grazie all’amore, diviene un uomo pieno di virtù: il poemetto racchiude, dunque, la concezione cortese e stilnovistica dell’amore che ingentilisce ed eleva l’uomo.
Il Filostrato: amore e mito omerico
Il Filostrato (in greco «vinto d’amore») è un poemetto scritto in ottave che ricava il suo argomento dalla narrativa medievale in lingua d’oil, in particolare da un romanzo del ciclo classico: il Romanzo di Troia. Boccaccio presenta le vicende di personaggi del mito omerico con vesti e psicologie feudali e cavalleresche. L’opera contiene la dedica alla donna amata e il titolo fa riferimento al soprannome che l’autore stesso assume nel proemio dell’opera. Il poeta proietta l’esperienza autobiografica dei suoi amori napoletani. La narrazione è lineare ed elegante per rispondere ai gusti cortesi del pubblico.
Il Filocolo: amore e avventure
Il Filocolo (in greco «fatica d’amore») è un romanzo questa volta in prosa. La storia ha come protagonisti Florio, figlio di un re saraceno, e Biancifiore, schiava cristiana abbandonata da bambina. I due fanciulli crescono assieme e da grandi, in seguito alla lettura del libro di Ovidio Ars Amandi si innamorano (come era successo per Paolo e Francesca dopo avere letto Ginevra e Lancillotto). Tuttavia il padre di Florio decide di separarli vendendo Biancifiore a dei mercanti. Florio decide quindi di andarla a cercare e dopo mille peripezie (da qui il titolo Filocolo) la rincontra. Infine, il giovane si converte al Cristianesimo e sposa la fanciulla.
L’opera è sempre ispirata ad un poemetto in lingua d’oil: il Cantare di Florio e Biancifiore. Caratteristiche --> ampie descrizioni e prosa complessa.
Il Teseida: poema epico in volgare
Il Teseida è un poema epico in ottave in cui si rievocano le gesta del re ateniese Teseo che combatte contro Tebe e le Amazzoni. L’opera costituisce il primo caso in assoluto nella nostra storia letteraria di poema epico in volgare e già si manifesta la tendenza di Boccaccio a isolare nuclei narrativi sentimentali, cosicché il vero centro della narrazione finisce per essere l’amore dei prigionieri tebani Arcita e Palemone, molto amici, per Emilia, regina delle Amazzoni e cognata di Teseo; il duello fra i due innamorati si conclude con la morte di Arcita e le nozze tra Palemone ed Emilia.
Ameto e le ninfe: allegoria e virtù
È una narrazione in prosa, alternata a componimenti in terzine cantati da vari personaggi (genere detto prosimetro); riprende elementi della poesia pastorale antica (idealizzazione della vita dei pastori). Vi si racconta la storia di Ameto, un rozzo pastore che un giorno incontra delle ninfe devote a Venere e si innamora di una di esse, Lia. Nel giorno della festa di Venere le ninfe si raccolgono intorno al pastore e gli raccontano le loro storie d’amore. Alla fine Ameto è immerso in un bagno purificatore e comprende così il significato allegorico della sua esperienza: infatti le ninfe rappresentano la virtù e l’incontro con esse lo ha trasformato da essere rozzo e animalesco in uomo.
Temi dell’amore che ingentilisce l’animo, celebrazione della bellezza femminile, edonismo.
Trionfi e saggezza umana
È un poema in terzine di cinquanta canti. L'autore racconta di aver visitato in sogno un castello, dove ha visto dipinti i trionfi della Sapienza, della Gloria, dell'Avarizia, dell'Amore e della Fortuna e accompagna la sua descrizione con numerose digressioni di carattere enciclopedico. Anche in questa opera, come si vede, lo schema allegorico dantesco è trasformato in senso laico: non si tratta di un viaggio mistico a Dio, ma della conquista di una saggezza morale tutta umana.
Fiammetta: introspezione e amore
È un romanzo in prosa narrato dal punto di vista di una dama napoletana abbandonata e dimenticata dal giovane fiorentino Panfilo. La sua lontananza le crea grande tormento accresciuto dal fatto che Fiammetta è sposata e deve nascondere al marito il motivo della sua infelicità. L’opera ha la forma di una lunga lettera, rivolta alle donne innamorate; la confessione di Fiammetta consente una minuziosa introspezione psicologica. La narrazione dal punto di vista della donna è un elemento assolutamente innovativo rispetto ad una tradizione letteraria nella quale la donna era stata oggetto e non soggetto amoroso.
Concezione naturalistica dell’amore, legittimo in ogni sua manifestazione concetto che sarà alla base del Decameron.
Africo e Mensola: amore pastorale
È un poemetto in ottave di ambiente pastorale, che rievoca le origini di Fiesole a Firenze. Al centro vi è l’amore di due giovani, il pastore Africo e la ninfa Mensola, contrastato dalle leggi imposte dalla dea Diana, che costringe le ninfe alla castità. Lo sfondo delle vicende è quello di una natura idilliaca e un’atmosfera di ingenua favola.
Il poemetto risente di modelli classici come Virgilio e Ovidio, e lo spazio è lasciato alla rappresentazione ideale di un mondo popolare, con un linguaggio e un ritmo facili.
Innocenza dell’amore giovanile --> altro tema che avrà peso nel Decameron.
- scritto dopo l’epidemia della peste a Firenze
Il libro è costituito da una raccolta di 100 novelle, narrate in 10 giorni da 10 giovani: da qui il titolo, che dal greco significa appunto “di 10 giorni” (sottinteso “novelle”). Le novelle sono inserite in una struttura narrativa chiamata cornice che serve proprio ad incorniciare le 100 novelle dando loro un ordine.
Trama della cornice --> Durante la peste che nel 1348 devasta Firenze, una brigata di sette fanciulle e tre giovani di elevata condizione sociale decide di cercare scampo dal contagio e dalla dissoluzione morale della città ritirandosi a vivere in campagna. Qui i dieci giovani trascorrono il tempo tra banchetti, canti, balli e giochi, e ogni giorno durante le ore più calde del pomeriggio si ritrovano tutti insieme per raccontarsi una novella ciascuno.
Il libro di apre con un Proemio in cui Boccaccio dichiara qual è lo scopo principale per cui ha composto l’opera: le donne che sono afflitte da pene d’amore che, non avendo possibilità di trovare distrazione da esse (poiché a loro sono vietate tutte le attività che occupano l’esistenza dell’uomo come la caccia, il gioco...) devono intrattenersi in qualche modo.
Subito dopo il Proemio, è inserita l’introduzione alla I giornata, che contiene una lunga e angosciante descrizione della peste e di come essa stia disgregando i valori sociali, civili e i raffinati costumi. L’obbiettivo dei dieci giovani è infatti quello di mantenere in vita le regole essenziali della socialità: celebrazione della forza e intelligenza dell’uomo.
Le vicende sono, per la maggior parte, ambientate nella realtà cittadina, borghese e mercantile, contemporanea o di un recente passato. Boccaccio dedica molta attenzione al mondo mercantile (da cui peraltro proviene), per esaltare l’intraprendenza dell’individuo. Ciò non vuol dire però che Boccaccio non riconosca i limiti della logica mercantile e borghese, infatti comprende che l’esclusivo attaccamento ad essa può anche generare una crudeltà disumana.
Accanto a questo, nel Decameron si coglie anche una nostalgia del mondo cavalleresco e al valore della cortesia, che secondo lo scrittore, è un mondo conciliabile a quello mercantile, poiché chi si dimostra abile con il denaro, può conservare una sincera ammirazione per le antiche virtù (culto della misura, magnanimità…).
Temi del Decameron: amore e fortuna
•la fortuna
Propria del mondo mercantile, e non solo, è l’idea che la realtà sia dominata da una forza imprevedibile: la Fortuna. Essa consiste in un complesso accidentale di fenomeni e circostanze, non più regolato da una volontà superiore visione pienamente laica.
•l’amore
Anche l’Amore è visto in una prospettiva laica. Esso è una forza che scaturisce dalla Natura una forza sana e positiva, che è vano e anzi una colpa cercare di reprimere. Boccaccio vede con favore chi adopera ogni mezzo per raggiungere il suo fine amoroso --> concezione naturalistica dell’amore che si svilupperà nel Rinascimento.
Forme in cui esso si presenta:
- fonte di ingentilimento
- stimolo all’industria
- novelle divertenti e licenziose (ovvero “che si abbandona agli eccessi”)
- situazioni tragiche o patetiche
Molteplicità e unità nel Decameron
•la molteplicità del reale, ma tendenza all’unità
Boccaccio dimostra un’aperta disponibilità verso la vita in ogni sua manifestazione, senza scelte idealizzanti. Nei suoi racconti appaiono figure appartenenti a tutti i gradi della società e ogni tipo di ambientazione, nello spazio e nel tempo. Egli predilige il mare perché, con il suo mutare imprevedibile, diventa metafora della Fortuna e la città, in particolare Firenze, spazio aperto a tutte le esperienze.
Queste presenze molteplici però, non appaiono caotiche nel complesso, ma si coglie chiaramente il proposito di Boccaccio di ordinarle in schemi armonici. Un esempio è la presenza della cornice, oppure delle corrispondenze e delle simmetrie presenti all’interno dell’opera (es. nella I novella si parla di vizi, mentre nella X di virtù).
Centralità dell'agire umano nel Decameron
•la centralità dell’agire umano
Boccaccio non si sofferma mai a descrivere oggetti, ambienti per il puro gusto di rappresentarli: essi hanno rilievo solo in quanto sono funzionali allo svolgimento dell’azione narrativa. I profili dei personaggi, allo stesso modo, si compongono per lo più attraverso le azioni. Al centro della concezione boccacciana vi è infatti l’agire dell’uomo.
Il genere della novella --> racconto breve in prosa che raggiunge la sua forma più compiuta nel Decameron. È indirizzato essenzialmente ad un pubblico di non letterati strumento espressivo più duttile.
Voci narranti --> le voci narranti sono molte: quella dell’autore che si esprime nella cornice (narratore di primo grado) e quelle dei dieci giovani che raccontano le novelle (narratore di secondo grado). Questi ultimi però non sono personaggi approfonditi psicologicamente, per cui si può parlare di queste voci come un unico narratore in generale.
Tempo narrativo --> nella cornice e nelle novelle di norma le vicende sono raccontate rispettandone l’ordine cronologico. Un aspetto interessante è quello del trattamento della durata: se lunghi periodi di tempo vengono a volte narrati in poche righe, alcune scene seguono la reale durata degli eventi, a seconda delle esigenze.
La voce narrante --> il discorso del narratore è caratterizzato da uno stile “alto”, da periodi molto lunghi e procedimenti retorici in essi seguendo il modello della prosa latina. Il suo periodare classicamente è soprattutto dovuto ad un’esigenza espressiva: anche nello stile infatti si ritrova la sua tendenza a ridurre ad un’unità armonica la molteplicità, ad esempio, costruendo gerarchicamente i periodi di modo che ciò che è essenziale in essi venga messo al primo posto e nelle subordinate tutto ciò che è accessorio.
Le voci dei personaggi --> il linguaggio è multiforme poiché si adegua ai diversi ceti sociali e aree geografiche dei personaggi. A seconda delle condizioni sociali e degli argomenti trattati, possiamo trovare ampi discorsi in stile sostenuto nelle novelle più tragiche e pesanti, ma anche in quelle leggere per creare contrasto, oppure, nelle novelle di argomento comico, possiamo trovare battute rapide, ricche di elementi popolareschi e dialetti.
Lisabetta da Messina: amore e tragedia
Lisabetta da Messina è la quinta novella presente nel Decamerone di Boccaccio. La novella, narrata da Filomena, racconta la storia di Lisabetta, giovane fanciulla che vive a Messina con i suoi tre fratelli, i quali sono diventati ricchi subito dopo la morte del padre. La ragazza si innamora del giovane Lorenzo, proveniente da Pisa, il quale si occupava degli affari di tipo economico dei suoi fratelli. Questi ultimi, non appena scoprono dell'innamoramento della sorella nei confronti del giovane pisano, escono con lui e lo uccidono.
Triangolo amoroso --> tema dell’amore contrastato, schema triangolare Donna amante – Oggetto d’amore – Antagonista.
Interpretazione --> scontro tra due forze potenti che portano alla rovina: amore e “ragion di mercatura”. L’amore si incarna in Lisabetta, la seconda nei fratelli, che contrastano l’amore solo perché potrebbe danneggiare il loro buon nome. Lisabetta, per quanto vittima, risulta alla fine vincitrice perché fa fuggire i fratelli da Messina.
Costruzione narrativa --> lisabetta, a differenza degli altri personaggi, non prende mai parola. Questo silenzio è usato da Boccaccio per indicare la sua condizione immutabile di vittima.
Nastagio degli Onesti: amore e redenzione
Amici e parenti di Nastagio degli Onesti (un ricco nobile di Ravenna) gli consigliarono di andarsene da Ravenna, in modo da dimenticare il suo amore inappagato; il ragazzo, ormai consumato d'amore, si trasferì a Classe, poco lontano dalla sua città.
Un venerdì all'inizio di maggio Nastagio vide nella pineta una ragazza correre nuda e in lacrime, inseguita da due cani che la mordevano e da un cavaliere nero. Nastagio difese la fanciulla ma l'uomo a cavallo gli chiese di non intromettersi. Si presentò come Guido degli Anastagi, raccontandogli di essere in realtà già morto per essersi suicidato, e rincorrere la ragazza era un modo per scontare la propria pena infernale. L'uomo si era infatti suicidato poiché la fanciulla non corrispondeva il suo amore. Nastagio organizzò un banchetto per amici e parenti il venerdì successivo, durante il quale rivide la scena straziante alla quale lui aveva assistito una settimana prima. La giovane Traversa, impressionata, si ricordò dell'amore che il padrone di casa provava nei suoi confronti e, per paura di subire la stessa condanna, acconsentì immediatamente a sposare Nastagio, tramutando il proprio odio in amore.
Temi chiave --> amore a lieto fine, la caccia infernale, exemplum (racconto al fine di dimostrare la veridicità di un discorso) al fine di terrorizzare l’uditore con la visione delle pene dell’aldilà.
Chichibio e la gru: astuzia e fortuna
Currado Gianfigliazzi, nobile cavaliere dedito alla caccia, un giorno, cacciò una gru che consegnò al suo cuoco veneziano Chichibio. Mentre egli cucinava, l’amata Brunetta, attratta dal profumo invitante della gru, lo minacciò per farsene regalare una coscia. Quando a cena fu servita ai commensali, Currado rimase stupito nel vedere e sentire da Chichibio che le gru hanno una sola coscia e una sola zampa, così minacciò il cuoco chiedendogli di provare quello che aveva detto. Al mattino, Currado e Chichibio, in riva al fiume, videro delle gru che dormivano su una zampa. Currado, però, per mostrare al cuoco che aveva ragione lui, si avvicinò alle gru e urlò; allora le gru si svegliarono e, spiccando il volo, mostrarono la seconda zampa. In sua difesa, Chichibio rispose che se avesse urlato così anche alla gru cucinata la sera precedente, anche lei avrebbe mostrato la seconda zampa. Così Currado rise nel sentire la risposta pronta di Chichibio e si riappacificò con il suo signore.
Temi --> uso sapiente della parola, intervento della fortuna
Guido Cavalcanti: cultura e cortesia
Al tempo, era usanza che gentili uomini si riunissero, banchettassero e calvassero assieme, talora che partecipassero a tornei. Tra le varie brigate, vi era quella di Betto Brunelleschi, che aveva sempre cercato di far divenire Guido Cavalcanti, suo membro.
Quest'ultimo, infatti, oltre ad essere uno dei migliori filosofi del mondo, possedeva la virtù della cortesia. Accadde un giorno che Cavalcanti, partito dalla sua dimora, percorresse la strada che conduceva al cimitero e lì si attardasse.
Lo videro gli uomini appartenenti alla brigata di messer Betto e gli si accostarono per provocarlo, domandandogli cosa avrebbe fatto una volta scoperto che Dio non esiste, sua teoria. Guido rispose loro con il suo motto, centro della novella e celebrazione della cultura: "Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace", mentre teneva una mano posata sopra una lapide. Così detto, subito si allontanò dalla brigata con un agilissimo balzo. Il motto, poi esplicitato da Brunelleschi, sostiene che senza la cultura l'uomo è equiparabile ai morti, i quali risiedono, appunto, nel cimitero. Ecco che Cavalcanti, così descritto, possiede il massimo grado di perfezione le virtù ammirate da Boccaccio ed è la realizzazione più alta del suo ideale di uomo.
Temi --> Cavalcanti possiede, oltre alla cortesia, la virtù fisica (legata alla rivalutazione rinascimentale del corpo), dell'industria (ossia la prontezza nel superare gli ostacoli e nel togliersi d'impiccio) e della cultura.
Calandrino e la pietra invisibile: beffa e ingenuità
Calandrino era un uomo di scarsa intelligenza, faceva il pittore e stava sempre insieme ai suoi due amici Bruno e Buffalmacco, i quali lo burlavano per la sua stupidità.
Un giorno Maso del Saggio, un giovane capace, avendo sentito parlare di lui, decise di procurargli una beffa facendogli credere che esisteva una pietra che rendesse invisibili. Subito, Calandrino lo disse ai suoi due amici, i quali facilmente capirono la beffa ma non la svelarono al povero sciocco. I tre uomini si diressero al Mugnone, un posto in cui si trovavano quelle pietre. Calandrino ne raccolse molte e credette di essere divenuto invisibile. I due amici lo assecondarono e, ridendo sotto i baffi, iniziarono a tirargli delle pietre incolpandolo poiché li aveva lasciati soli. Lui era lì, ma non disse nulla a Bruno e a Buffalmacco.
Calandrino tornò a casa, ma nel frattempo la notizia della burla era stata diffusa per tutta la città dai suoi due amici. Quando tornò a casa, Calandrino si accorse che la moglie poteva vederlo e diede la colpa a lei se l’effetto della pietra era sparito, per questo iniziò a picchiarla. In quel momento arrivarono a casa sua Bruno e Buffalmacco che, dopo aver riconciliato i due sposi trattenendo a stento le risate, se n'andarono.
Temi --> beffa come manifestazione della virtù dell’industria, pregiudizio contro le donne (che fanno perdere virtù alle cose).
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza della formazione di Boccaccio a Napoli?
- Come si manifesta la crisi spirituale di Boccaccio al suo ritorno a Firenze?
- Quali sono i temi principali delle opere napoletane di Boccaccio?
- Qual è la struttura narrativa del Decameron e il suo scopo principale?
- Come viene rappresentato l'amore nel Decameron?
A Napoli, Boccaccio entra in contatto con l'ambiente colto e aristocratico, appassionandosi ai classici latini e ai poeti come Dante e Petrarca, sviluppando un interesse per il volgare e un acuto spirito di osservazione della realtà.
Dopo il fallimento della banca di Bardi e la morte del padre durante la peste del 1348, Boccaccio attraversa una crisi spirituale che lo porta a prendere gli ordini minori e a vivere una grande delusione politica, venendo allontanato da incarichi pubblici.
Le opere napoletane di Boccaccio riflettono gli ideali cortesi e cavallereschi della letteratura medievale, come l'amore che ingentilisce, il culto del gesto altruistico e il gusto per l'avventura, ispirandosi anche ai testi classici e alle forme letterarie popolari.
Il Decameron è una raccolta di 100 novelle narrate in 10 giorni da 10 giovani, con una cornice narrativa che ordina le novelle. Lo scopo principale è intrattenere le donne afflitte da pene d'amore, offrendo una distrazione attraverso storie che celebrano la forza e l'intelligenza dell'uomo.
Nel Decameron, l'amore è visto in una prospettiva laica come una forza naturale e positiva, che non deve essere repressa. Si manifesta come fonte di ingentilimento, stimolo all'industria, e attraverso novelle divertenti, licenziose, tragiche o patetiche, riflettendo una concezione naturalistica che si svilupperà nel Rinascimento.