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Occorre allora approfondire tali aspetti nascosti che riguardano non l’accesso alla
realtà, quanto a quale tipo di realtà si fa accesso e che contraddistinguono questo nuovo
sciame emotivo.
84 Ivi, pp. 356-357.
85 S. Petrucciani, Democrazia, cit., pp. 286-288.
86 D. Palano, Bubble Democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione, cit., p. 25. 25
2.2 Bolle, schiume e polarizzazione
Internet permette un accesso diretto, in prima persona, alla realtà ma,
ciononostante, presenta degli aspetti più oscuri che si celano dietro alla nostra
navigazione online. Per comprendere che cosa succede, è possibile usufruire di una
metafora: la metafora della bolla. Una bolla è una sacca di gas o di vapore che viene
immesso in un’altra sostanza, la quale rimane divisa da tutto il resto. La situazione che
si viene a creare ad opera di Internet, e in modo peculiare con i social media, non è
molto diversa da questa immagine: ognuno diventa un punto fisso che valuta tutto ciò
con cui si imbatte nella navigazione; infatti, esprimere preferenze è fondamentale per
potersi indirizzare dove meglio si crede, ma, contemporaneamente, proprio queste
vengono sfruttate dagli algoritmi su cui si basano i social media. Quindi, se da un lato
la navigazione è libera, dall’altro i nostri filtri personali vengono assunti da tutto ciò
che rimane nascosto: più si naviga, più l’esperienza viene personalizzata. Eli Pariser
definisce questo fenomeno come filter bubble:
La nuova generazione di filtri di Internet esamina le cose che sembra che ti piacciano - le cose
reali che hai fatto o le cose che piacciono alle persone come te - e cerca di estrapolare. Sono
motori di previsione, che creano e perfezionano costantemente una teoria su chi sei e cosa farai
e vorrai dopo. Insieme, questi motori creano un universo unico di informazioni per ognuno di
noi - quella che ho chiamato filter bubble - che altera radicalmente il modo in cui incontriamo
87
idee e informazioni.
L’utente verrà a contatto unicamente con ciò che lo aggrada e, di conseguenza,
si crea una vera e propria bolla che lo circonda e verrà scambiata per la ‘vera realtà’
quando è solo una ‘realtà costruita’ isolata da tante altre, ugualmente ad hoc. Se
l’obbiettivo dei media era quello di offrire fatti comuni a tutti verso cui ognuno poteva
costruire la sua opinione, ora è l’opinione che ognuno ha su qualcosa che offre il punto
di partenza per affrontare il mondo.
Questo nuovo modo di usufruire dei media permette di recuperare un fenomeno
88
sotto spoglie diverse: la censura. Tradizionalmente, la censura è l’oscuramento di
informazioni e siti da parte di organi statali, in quanto permettono l’accesso a contenuti
ritenuti dal regime, al fine di garantire una certa obbedienza e una certa visione dei
87 E. Pariser, The Filter Bubble. What the Internet is hiding from You. The Penguin Press, New York
2011, pp. 12-13.
88 Ivi, pp. 114-115. 26
fatti che, chi è al potere, vuole per i suoi sudditi. Diversamente da questo modello, il
tipo di censura operato dai social media non dipende da qualcuno che riveste ruoli in
alto, ma dall’utente stesso. Pariser, a tal proposito, scrive come il sogno della
disintermediazione, ossia la venuta meno dei media, sia solo apparente poiché gli stessi
media hanno cambiato solo modo di presentarsi, da visibili ad invisibili: «L'ascesa del
networking non ha eliminato gli intermediari, ma ha cambiato la loro identità. E mentre
il potere si è spostato verso i consumatori, nel senso che abbiamo una scelta
esponenzialmente maggiore su quali media consumiamo, il potere non è ancora
89
detenuto dai consumatori». Nella convinzione di poter navigare liberamente nel mare
di internet, gli algoritmi ci conducono solo in aree di interesse affini ai nostri gusti,
con delle conseguenze simili alla censura di regime: tralasciando fatti, informazioni,
contenuti, la coscienza viene assopita e si crea una illusione di verità che, pur essendo
costruita a tavolino, è scambiata per l’unica possibile. Se però il primo tipo di censura
offre una base comune a tutti, il secondo non garantisce nulla di ciò. Fino a quando
questa logica si riduce al mercato, e quindi permette ad ogni utente di poter trovare
prodotti che possano accordarsi a ciò che necessita o che già possiede, permette di
90
avere una visione chiara e ordinata di ciò che serve e non serve. Ma spostandosi
nell’ambito della sfera pubblica, gli effetti hanno un peso rilevante perché una
divisione netta tra l’utile e il non utile diventa fuorviante, tutt’al più otteniamo un
discredito nei confronti della verità. Non è un caso che proprio questa sia la vittima
per eccellenza di questa nuova struttura della sfera pubblica.
In questo contesto, definire il concetto di verità assume un valore centrale. Ai
fini qui proposti, è possibile concepire la verità come un condensato frutto di un
approccio etico ai più svariati contenuti che, seguito da diverse comunità di esperti,
91
può essere colato verso il basso, verso il grande pubblico. L’opinione dell’esperto
ovviamente sarà più precisa e complessiva di quella del cittadino, ma ciò non toglie
nulla alla possibilità del secondo di dialogare con suoi simili riguardo a quella e
prendere una posizione. Di conseguenza, il cittadino farà i conti con ‘il-mondo-come-
89
Ivi, pp. 52-53.
90 Ivi, § 1.
91 L. McIntyre, Post-Truth, The MIT Press, Cambridge, 2018 pp. 23-26. McIntyre si focalizza in
particolare sulla definizione di scienza, ma il ragionamento può essere esteso ad ogni ambito. 27
92
è per orientarsi al suo interno. Ciò che è stato detto fin qui riguardo al concetto di
‘verità’, con i social media decade totalmente, facendosi spazio un altrettanto concetto
eteronomo ricco di interpretazioni: la post-verità. Se in precedenza c’era la
constatazione e il confronto con dei fatti, ora tutto viene considerato una mera opinione
indipendentemente da chi l’ha espressa e, così, il centro del rapporto con il mondo
passa da essere la realtà all’utente stesso: l’unico mondo che viene considerato reale è
‘il-mondo-come-deve-essere’, frutto delle preferenze di chi le esprime in prima
93
persona. Entro questa situazione, tanto la posizione dell’esperto che quella dell’uomo
comune hanno lo stesso peso:
A differenza del passato, ognuno si sentirebbe autorizzato a offrire non solo una propria visione
del mondo, ma soprattutto una visione del mondo che si propone e pretende di essere ‘vera’,
senza che sia ritenuta necessaria alcuna legittimazione ‘istituzionale’, e cioè senza che
94
intervenga la mediazione da parte di agenzie di verità istituzionalizzate.
Se però tutto è uguale, allora anche le notizie false, le fake-news, rientrano
poiché, non esistendo più un metro di paragone comune e la fiducia verso chi sta in
alto, tutto diventa lecito. Le fake-news si presentano come notizie qualsiasi che
vengono proposte al grande pubblico offrendo interpretazioni più disparate su ogni
95
fatto: da complotti a dati mai verificati. Il loro obbiettivo è semplice: diffondere
dubbi tra le persone affinchè chi le ha prodotte ottenga qualcosa in cambio. Non è un
caso, allora, che siano diffuse da persuasori occulti o regimi autoritari, nello scopo di
96
minare dall’interno le democrazie e creare instabilità per approfittarne. Per poter
preservare un fondo minimo di verità, gli esperti hanno cercato di arginare il problema
tramite il fact-checking, un controllo per valutare e verificare le notizie passando al
97
vaglio le fonti da cui sono tratte. Anziché però salvarla, viene ulteriormente affossata:
proprio perché quella notizia viene ostacola, appare allora evidente che nasconde una
verità a cui nessuno deve avere accesso e quindi, da strumento per salvare un fondo di
92 La definizione di ‘il-mondo-come-è’ (the-world-as-it-is) e quella usata più avanti di ‘il mondo-come-
deve-essere’ (the-world-as-it-should-be) sono espressioni coniate da Miroshnichenko, cfr. A
Miroshnichenko, Post-journalism and the death of newspaper. The media after Trump: manifacturing
anger and polarization, cit., § 11.
93 Vedi nota precedente.
94 D. Palano, Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione, cit., p. 162.
95 L. McIntyre, Post-Truth, cit., pp. 96-100.
96
D. Palano, Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione, cit., pp. 49-51.
97 A. Miroshnichenko, Post-journalism and the death of newspaper. The media after Trump:
manifacturing anger and polarization, cit., pp. 109-110. 28
credibilità, diventa ciò che dissuade ulteriormente il grande pubblico andando a
98
confermare ulteriormente la bolla in cui ogni utente vive.
L’ambiente digitale, dunque, costruisce dei media che sono sempre più
99
dipendenti dai lettori e la verità viene fagocitata dal regno delle opinioni. Mancanti
di una bussola di orientamento comune, il punto di vista soggettivo domina
incontrastato con la conseguenza che tutto ciò che è sufficiente per confermare o
smentire qualcosa riguarda i sentimenti scaturiti nei suoi confronti: il sentimentalismo
diventa l’unico strumento per muoversi tra le notizie e le informazioni. A voler
ridimensionare il fenomeno, il fact-checking ha una possibilità di poter almeno
convincere una parte degli utenti, ma esisteranno sempre coloro che non sarà possibile
raggiungere. Data la velocità e la quantità di notizie che galleggiano nel mare di
Internet, se anche una notizia viene smentita, è sempre troppo tardi: avendo già
100
raggiunto milioni di utenti, il suo obbiettivo è già stato ottenuto. La sua
disseminazione sovrasta e domina ogni tentativo di confutarla: una volta che la notizia
entra nella bolla di un utente, le possibilità di fare marcia indietro sono esigue.
Decaduta la verità e fallito, almeno in parte, l’obbiettivo del fact-checking,
rimane la grande distesa del regno della post-verità entro cui pensare che non possano
esistere punti di contatto tra le bolle di ogni utente sarebbe pura utopia, o distopia, a
seconda della prospettiva. Per poter comprendere come gli utenti si muovono al suo
101
interno, occorre fare riferimento a una seconda metafora: la schiuma. La schiuma è
una dispersione di gas in un mezzo, prevalentemente liquido, con la relativa
formazione di tante piccole boll