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La sua visione si mostra come un’analisi critica rispetto all’idea che è sovente
trovare del concetto “smart” e quella da me riportata nei precedenti capitoli. Attraverso
possibile comprendere gli ostacoli legati all’evento di
questo scambio di opinioni è stato
cui tanto si è parlato e completare il quadro relativo al progetto smart che in particolare
riguarda la città di Torino. 72
Dopo aver letto il vostro rapporto sul tema Smart City sono arrivata alla
conclusione che è stato un argomento molto dibattuto. In che posizione si può collocare
questo fenomeno così esteso?
Il nostro rapporto è una visione un po’ critica sul concetto di smart city. Uno
degli aspetti sui quali ci siamo dibattuti molto è quello relativo al concetto di smartness.
riguarda senz’altro gli
Questo concetto aspetti territoriali e fisici delle città, con una
differenza: ciò che esisteva già e viene fatto meglio, e ciò che invece prima non era
possibile fare e adesso lo si è eseguito ex-novo attraverso le nuove tecnologie. Senza
dubbio le ICT sono applicate per migliorare e rendere più efficiente la qualità della vita
e della città, ma è importante considerare questa differenza; ed è da qui che nasce il
nostro dibattito.
71 Ricercatore presso il Dipartimento Interateneo Territorio del Politecnico e Università degli Studi di
Torino ed è docente di Geografia presso la Prima Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. Svolge
attività di ricerca sul tema delle trasformazioni delle città europee contemporanee, con particolare
attenzione ai processi di governance multilivello e alle politiche di coesione territoriale
72 Santangelo M., Aru S., Pollio A., Smart City. Ibridazioni, innovazioni e inerzie nelle città
contemporanee, Carocci editore, Roma, 2013. 53
Ho notato che viene spesso messo in questione il concetto di governance e della
partecipazione dei cittadini ai progetti smart. Ma nel caso della città di Torino, quanto
questi sono informati sul fenomeno?
In generale, le ICT sono fantastiche dal punto di vista della partecipazione dei
cittadini perché permettono di partecipare su qualsiasi cosa e in qualsiasi momento: per
chi vuole e chi sa. A Torino c’è stata molta promozione sul sito del progetto SMILE e
della fondazione Torino Smart City attraverso dei video. Hanno svolto numerose
ecc… senz’altro quindi un certo
iniziative: feste di piazza, la smart week, tipo di
messaggio è passato, chiaramente positivo. In realtà, è decisamente più complessa come
tant’è che
operazione rispetto a quello che mostra, Torino Smart City ha due aspetti
secondo me interessanti. Il primo è che, come altre volte si è fatto a Torino, si è creato
una specie di “contenitore” che, nella notevole scarsità di fondi che caratterizza questi
anni, è stato riempito di iniziative già presenti a Torino ma che potevano essere lette
come smart. Non sono state promosse iniziative del tutto ex-novo, bensì hanno saputo
sapientemente integrare delle cose pre-esistenti. Il secondo aspetto è che Torino Smart
City è un ente strumentale: la fondazione è nata per far ricerca di un certo tipo attraverso
fondi nazionali ed europei; esiste in funzione di questi fondi e in funzione di una certa
costituita dall’assessore
politica tecno-sostenibile Lavolta (una politiche che per altro
continua ad esistere). Ma a mio parere è un ente che in base alla nuova politica in atto,
cambia il proprio nome. Per questo motivo è un utilizzo del tutto strumentale;
non ci vedo un’innovazione dal punto di vista del disegno e delle
personalmente
Tant’è che il progetto
strategie. SMILE è stato creato in parallelo al terzo piano
strategico, nonostante siano due cose diverse tra loro. Gli obiettivi di SMILE sono
sicuramente interessanti perché molto pratici. Di quei 45 punti che vengono presentati,
sono presente iniziative che sarebbero successe a prescindere dal progetto, ma che
essendo state legate al logo SMILE sono state integrate al progetto. Manca la visione
strategica di lungo periodo e poi sono comunque molto sperimentali, sia perché si
applica una nuova tecnologia ad una funzione già esistente; sia perchè riguardano target
o di persone o di aree molto ridotte. E come si fa ad estendere a tutta la popolazione o
alla città? Costa. 54
Indubbiamente qualche aspetto negativo è presente. Ma come mai, allora, la
un’iniziativa
smart city viene letta per lo più come positiva?
ha un po’ questo vizio:
La smart city propone soluzioni a problemi che una
soluzione ce l’hanno già; c’è una soluzione al problema
e purtroppo non della
partecipazione dei cittadini, se non quella di incentivare l’utilizzo del proprio
è molto
smartphone e connettersi. Non bastano i totem sparsi per la città. L’idea
solution driven (guidato dalla soluzione): se so di avere la soluzione pronta, allora
accenno al problema. Esiste un discorso di smart city sul consumo di suolo o
sull’inquinamento a scala reale ed efficace? Solo sperimentazioni e monitoraggio, che è
ma tuttavia c’è una retorica
giusto, che si fonda sul non far vedere le cose che non si
possono fare. è stato firmato proprio con l’intento di diminuire
Eppure il Patto dei Sindaci
notevolmente l’impatto ambientale entro il 2020. Come mai?
73
Il Patto dei Sindaci nasce da quello, però in realtà si è esteso a tanto altro,
proprio perché i fondi deliberati non erano esclusivamente vincolati alla questione
energetica ed ambientale, perciò si è reso necessario allargare il prospetto ed i settori di
intervento. È un dato di fatto: non è produttivo soffermarsi su azioni esclusivamente
legate alla questione energetica se ci sono fondi che posso ricevere anche per altri
settori ed applicare ad altre iniziative.
Questo può portare a perdere di vista il concetto di sostenibilità ambientale?
Secondo me, la sperimentalità insita nelle azioni smart fa sì che non si possa
neanche stabilire se è sostenibile o meno perché altrimenti sarebbe troppo puntuale nel
tempo e nello spazio. Se mai dovessero diventare azioni davvero a lungo termine e che
riguardano tutta la popolazione, avrebbe senso parlare di sostenibilità, e comunque
dovremmo aspettare gli effetti dell’azione. Per come è impostato il concetto è molto più
73 Patto dei Sindaci (Covent of Mayors) coinvolge e impegna le amministrazioni locali e regionali a
raggiungere e superare l'obiettivo di riduzione del 20% delle emissioni di CO2 entro il 2020 aumentando
l'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Questo si basa su una decisione politica
volontaria. La visione smart delle città in questa politica è finalizzata prevalentemente alla sostenibilità
ambientale (mitigazione e adattamento), alla innovazione tecnologica e all'inclusione sociale. 55
marketing e poca efficacia. Banalmente non si è avuto neanche il tempo di vedere dei
risultati di queste azioni; si tratta molto di un discorso di prospettive future. E poi il
nome è molto furbo: è tutto molto positivo, compresi gli obiettivi; tutto risulta semplice,
C’è sicuramente un’innovazione
persino le nuove tecnologie. sociale, ma a primo
impatto sembra solo marketing.
Trattandosi di marketing può accadere che il concetto di smartness si sia
trasformato in una moda con poca efficacia?
A mio parere il concetto di smartness è nato come moda o meglio è uno dei
tentativi che cambiano nome di volta in volta per definire un modello di sviluppo. Altri
esempi sono: la città piattaforma, la città digitale, la città intelligente, la città creativa.
Di sicuro rispetto agli altri è talmente vago che può comprenderli tutti. Se ci si occupa
di smart city come fenomeno, si può parlare di moda che con il tempo potrà anche
cambiare; se invece approfitto del fenomeno per concentrare la mia attenzione sul
rapporto tra città e tecnologia, allora si tratta di qualcosa di più interessante. Questo
rapporto risulta senza dubbio utile capire le problematiche legate alla città e ai cittadini.
O si sposa la volontà di analizzare questo rapporto, o diventa effettivamente un modello
che deve essere venduto per marketing. Che non dico sia completamente sbagliato,
anche perché è servito a portare al centro dell’attenzione questo rapporto complesso a
cui non si prestava abbastanza attenzione, e cioè di come la tecnologia stia cambiando la
città. Soffermandoci al caso torinese, cosa è stato fatto in termini di riqualificazione
fisica? Considerato che è uno dei temi primari in città.
Credo che ormai tutti gli interventi pubblici di riqualificazione del patrimonio
edilizio vengano svolti sempre tenendo conto di tutte una serie di standard di risparmio
energetico che ricadono nella smartness. In generale sono tutte azioni fatte a norma di
legge, ma senza volerlo si inseriscono nel concetto di smartness proprio perché
rispettano degli standard smart. Nel caso di Torino ci si concentra più su edifici isolati
che interi quartieri; anche perché i fondi non sono mai stati eccessivi e questo è uno dei
motivi per cui il concetto di smart city è diventato così affascinante: in un momento di
56
carenza di fondi, attingere a fondi che avessero il logo smart è stato importante per le
città. Sono state definite delle esigenze pre-esistenti e inserite nel famoso contenitore
“smart”. 74
Quindi anche il progetto TAPE , come confermato anche dal prospetto, non ha
ricevuto molti finanziamenti?
La questione è singolare, ma in buona parte il suo successo è arrivato al
momento di maggior crisi economica proprio perché era un modo per poter attingere a
sia dall’UE che sul favorire l’innovazione. La
dei fondi dallo Stato; puntando città si è
semplicemente piegata a questa logica.
Allora perché creare un progetto così ampio se non può essere coperto neanche
per metà?
In realtà sono solo delle intenzioni: si mettono su carta una serie di buone azioni
con un reale senso. Il TAPE ha influenzato il modo di utilizzare una serie di fondi e di
città. È un po’ il senso dei piani strategici, questo ad
attuare delle trasformazioni in
esempio è quello sull’energia. Il senso è quello: ragionare sulle possibilità di
trasfo