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TRADUZIONI LIBERE
Sicuramente la parte più interessante del lavoro di traduzione di Eco
riguarda i testi in cui egli si concede maggiore libertà di resa, dettata in
particolare dalla necessità di produrre delle variazioni che avessero senso
per il lettore italiano, sebbene fortemente “infedeli” nei confronti
dell’originale. Alcuni degli esercizi di Queneau prevedono un lavoro
soprattutto sul contenuto, per cui il testo base è modificato attraverso
delle litoti, in forma di pronostico, di sogno, di comunicato stampa; in
questi casi, le versioni si prestano alla traduzione propriamente detta.
Altri esercizi, invece, riguardano il modo di esprimere un concetto, per
cui il testo di partenza è interpretato attraverso dei metagrafi, quali
anagrammi e lipogrammi; in questi casi, spiega Eco, il lavoro di
traduzione richiede un interventi di rimaneggiamento da parte del
traduttore, volto, ovviamente, a ottenere lo stesso effetto, o il più
possibile simile, nella lingua di arrivo. Così, continua Eco, se per
esempio nel testo di partenza l’autore ha deciso di riscrivere il testo base
evitando l’utilizzo di parole che contenessero la vocale “e”, traducendo
quella particolare versione, l’obiettivo dovrebbe essere quello di
mantenere il proposito iniziale, ossia evitare l’uso di una determinata
47
vocale, se possibile la stessa scelta dall’autore del testo di partenza, o,
nel caso in cui ciò non sia fattibile, cambiare vocale. Anche nel caso di
quegli esercizi contenenti riferimenti a forme poetiche ben precise,
spiega ancora Eco, la traduzione si è concretizzata in un
rimaneggiamento radicale; così si avrà modo di vedere, per esempio, con
l’originale francese dal titolo “Alexandrins”, con riferimenti parodici alla
tradizione letteraria francese, come Eco ha scelto di raccontare la stessa
storia con un riferimento, parimenti parodico, a un canto Leopardiano, Il
passero solitario, intitolando l’esercizio “Canzone”. Una delle variazioni
gioca su una serie di anglicismi, che mostra la predilezione di Queneau
19
per l’inserimento letterario di termini stranieri ; come osserva Eco,
tradurre degli anglicismi francesi in anglicismi italiani non è affatto
difficile, in quanto è sufficiente immaginare come un italiano che parla
un inglese “maccheronico” pronuncerebbe determinate parole. Uno
degli Exercices, inoltre, gioca con gli italianismi; come spiega Eco, si
sarebbe potuto lasciare il testo originale, ma in realtà ciò che per un
francese suonerebbe come un italianismo non avrebbe lo stesso effetto
per un italiano; la decisione di Eco, dunque, è stata quella di invertire:
poiché l’italiano si presta bene ai gallicismi, visto che molte parole del
nostro vocabolario hanno discendenza francese, l’esercizio è stato
tradotto introducendo dei gallicismi nel testo. Di seguito si propone
l’analisi in dettaglio di “Distinguo”, “Alexandrins”, “Ampoulé”,
“Vulgaire”, “Précieux”, “Maladroit”, “Modern Style” e “Sonnet”.
BERGHEAUD L., Queneau et le formes intranquilles de la modernité, Honoré
19
Champion, Paris, 2010, p. 351. 48
3.2 D
ISTINGUO
Distinguo Distinguo
Dans un autobus (qu'il ne faut pas prendre Un bel dì sul torpedone (non la torre col
pour un autre obus), je vis (et pas avec une pedone) scorsi (ma non preteriti) un tipo (non
vis) un personnage (qui ne perd son age) un carattere a stampa) ovvero un giovinotto (che
coiffé d'un chapeau (pas d'une peau de non era un sette da poco cresciuto), munito (sì,
chat) cerné d'un fil tressé (et non de tril ma non scimunito) di un cappello incoronato
fessé). Il possédait (et non pot cédait) un (non incornato) da un gallone (non di birra), e
long cou (et pas un loup con). Comme la con un lunghissimo collo (non postale). Costui
foule se bousculait (non que la boule se si mette ad apostrofare (ma non a virgolettare),
fousculat), un nouveau voyageur (et non un passeggero (a cui però non vende
un veau nouillageur) déplaça le susdit (et almanacchi) e lo accusa (anche se non è un
non suça ledit plat). Cestuy rala (et non dolore) di pestargli i piedi (non del verso) ad
cette huitre hala), mais voyant une place ogni fermata (che non è una ragazza caduta in
libre (et non ployant une vache ivre) s'y una retata). Poi la smette di protestare (ma le
précipita (et non si près s'y piqua). Plus cambiali non c'entrano) e si lancia (non
tard je l'aperçus (non pas gel à peine su) motovedetta) su di un posto libero (che non è in
devant la gare Saint-Lazare (et non là où alternativa al posto stopper). Due ore dopo lo
l'hagard ceint le hasard) qui parlait avec un ritrovo (non nel senso di club) alla stazione
copain (il n'écopait pas d'un pralin) au Saint-Lazare (che non è un luogo per appestati),
sujet d'un bouton de son manteau (qu'il ne dove un tale (che non è un racconto inglese) gli
faut pas confondre avec le bout haut de son dà il consiglio (non d'amministrazione) di
menton). soprelevare (senza bisogno di permessi edilizi)
un bottone (ma non nel senso di un enorme
contenitore di frassino per liquidi fermentati).
49
Umberto Eco trasforma un esercizio basato sulle omofonie che
caratterizzano la complessa eleganza della lingua francese in un gioco di
equivoci lessicali fondato su omonimie e omografie. Distaccandosi dal
piano esclusivamente fonetico in cui si concentra Queneau, Eco crea
un'ampia rete di suggestioni: osservando, ad esempio, la parola
“torpedone”, è possibile notare come egli scomponga questo termine
apparentemente composto (“non la torre col pedone”), richiamando il
gioco sonoro fornito dal poeta francese (“Dans un autobus, qu'il ne faut
pas prendre pour un autre obus”); attuando quindi un trasferimento dal
piano fonetico al piano lessicale. Frequente è nella traduzione italiana
l'utilizzo di parole polisemiche: è il caso di parole come tipo (“non un
carattere a stampa”), gallone (“non di birra”), collo (“non postale”),
accusa (“anche se non è un dolore”), protestare (“ma le cambiali non
c'entrano”), lancia (“non motovedetta”), ritrovo (“non nel senso di
club”), consiglio (“non d'amministrazione”), soprelevare (“senza
bisogno di permessi edilizi”), bottone (“ma non nel senso di un enorme
contenitore di frassino per liquidi fermentati”). La prerogativa della
lingua italiana di possedere numerose parole polisemiche, il cui
significato varia sensibilmente in funzione del contesto in cui viene
utilizzata, rappresenta per Eco un mezzo estremamente efficace per il
mantenimento dell'equivocità che colpisce e diverte il lettore del testo
originale. L'oscillare tra un campo semantico e un altro è riscontrabile
anche nei meccanismi di derivazione utilizzati da Eco, volti alla
creazione di parole nuove, appartenenti ad un campo semantico diverso
da quello della parola di base, come in “scimunito” (da munito), o
50
“incornato” (da incoronato). Curioso è, inoltre, il caso di “apostrofare
(ma non a virgolettare) un passeggero”, caratterizzato da un sottile
gioco tra due sfumature di significato: mentre nel primo caso si tratta di
un verbo polisemico, che non indica esclusivamente l'apposizione di un
apostrofo a una parola per indicarne l'elisione, ma anche il rivolgersi
inaspettatamente e improvvisamente a qualcuno (solitamente in modo
scortese), il secondo verbo è un derivato del termine “virgolette”, quindi
dotato di un'unica valenza semantica, ossia quella di chiudere una o più
parole tra virgolette, nella scrittura e nella stampa. L'equivoco suggerito
da Eco in questo passo risulta così fondato non più soltanto sull'ambito
semantico, ma anche sul legame tra i due termini apparentemente
lontani, nato dai naturali collegamenti sinaptici che un parlante nativo
attua, spesso inconsciamente: sebbene portatori di significati differenti,
“apostrofare” e “virgolettare” risultano a prima occhiata imparentati, a
causa della loro appartenenza superficiale al mondo della punteggiatura.
A differenza di Queneau, che in questo esercizio si diverte a creare
parole prive di senso o di legame logico attraverso meccanismi di
inversione o scambio delle prime due lettere di numerose parole, al fine
di giustificare l'omofonia (come ad esempio in “coiffé d'un chapeau, pas
d'une peau de chat” o in “cerné d'un fil tressé, et non de tril fessé”), Eco
non solo utilizza termini sensati, ma rende anche più elegante lo stile
linguistico adottato attraverso un riferimento letterario a Leopardi: in
“apostrofare un passeggero (a cui però non vende almanacchi)”,
l'equivoco si costruisce su una presunta conoscenza del lettore circa la
letteratura italiana dell'Ottocento, in particolare l'opera leopardiana
51
“Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero”, cardine
della poetica del piacere dell'autore. La traduzione italiana di Distinguo
presenta infine due casi di somiglianza tra l'italiano e due lingue
romanze: in particolare, nel primo Eco sfrutta la vicinanza, sul piano
fonetico, della parola francese “Saint-Lazare” al termine italiano
“lazzaretto”; la precisazione dell'equivoco “che non è un luogo per
appestati” si spiega ricordando la funzione di isolamento svolta da tale
posto nel quale venivano confinati portatori di malattie contagiose.
Il secondo esempio si fonda su un caso di omografia tra inglese e
italiano: in “un tale (che non è un racconto inglese)”, il termine italiano
“tale” presenta la stessa grafia dell'inglese “tale”, la differenza è nella
pronuncia e ovviamente nel significato. 52
3.3 A
LEXANDRINS
Alexandrins Canzone
Un jour dans l'autobus qui porte la lettre S/ Sulla pedana d’autobus antica/
Je vis un foutriquet de je ne sais quelle es-/ pollastro solitario sopra l’Esse/
Pèce qui râlait bien qu'autour de son turban/ sussulti e vai, nel pieno mezzogiorno,/
Il y eüt de la tresse en place de ruban./ il collo lungo come lunga calle./
Il râlait ce jeune homme à l'allure insipide,/ Al cappello d’intorno/
Au col démesuré, à